Keine Experimente
Le elezioni tedesche e la “sgermanizzazione” della Germania
di Florian
Ora che Angela Merkel è stata confermata cancelliera e può governare finalmente con l’alleato preferito, ovvero i liberali, la Germania può rimettere in moto quel programma di riforme che era stata impedito finora dalla presenza dei socialdemocratici nella Grossa Coalizione.
In Germania il conservatorismo ha assunto nel dopoguerra un carattere moderato, accorto e pragmatico, simboleggiato da un vecchio slogan di Adenauer: keine experimente, nessun esperimento. Su queste basi, durante la guerra fredda la CDU si è adoperata fruttuosamente nel modernizzare la Germania nel rispetto della sua storia e della sua tradizione. Oggi però la Germania corre un rischio, quello di non essere più “tedesca”. Ancora all’epoca di Kaiser Franz e dell’Ispettore Derrick si poteva affermare consapevolmente che i deutschen (dell’ovest) rimanevano tali senza per questo essere più considerati nazisti o antioccidentali. Ma il pericolo di una Germania “tedesca” si ripropose in tutta Europa al momento dell’unificazione, dopo che i fratelli dell’est si erano sottratti al soffocante regime comunista. Per tale ragione fu chiesto alla Germania, già a suo tempo de-nazificata, di “sgermanizzarsi” e considerarsi in primo luogo il motore dell’integrazione europea. A questo proposito contribuirono in larga misura socialisti e verdi che, tornati al governo nel 1998 con Schroeder, sulla scia di un moderno riformismo, hanno incarnato la Germania nell’epoca della globalizzazione: liberale, tollerante, multiculturale. Non più Monaco, ma Berlino.
La sgermanizzazione della Germania ha portato sensibili cambiamenti in politica come in società. La politica, tradizionalmente legata allo schema bipartitico CDU-CSU/SPD, ha segnalato la forte ascesa di nuovi soggetti politici d’intento modernizzatore e d’impronta fortemente occidentale (liberali, verdi), e il ritorno dei veterocomunisti (Linke), che hanno trovato nelle regioni dell’est un consistente bacino elettorale. Per quanto riguarda la società, invece, la sgermanizzazione ha significato il progressivo abbandono del modello tradizionalista e la modernizzazione dei costumi e degli stili di vita, in un passaggio dalla campagna alla città e dalla città al cosiddetto villaggio globale. I nuovi tedeschi sono cittadini sempre più sprovincializzati e cosmopoliti, sensibili ai diritti dell’individuo e delle minoranze, ovvero politicamente corretti. Non c’è da stupirsi se siano andati in brodo di giuggiole quando Barack Obama è andato a salutarli nella sua tournèe europea preelettorale.
Ieri la Merkel ha vinto, ma a guardare bene i risultati elettorali si può notare come le forze più propriamente conservatrici - CDU e CSU in testa – non solo non si siano rafforzate, ma abbiano continuato a perdere consenso. Al contrario delle forze che più si identificavano con la modernizzazione (i liberali e i verdi), o con la protesta (Linke). Il trend della CDU-CSU è invece negativo, segno di una costante disaffezione dell’elettorato, fattosi tra l’altro sempre più anziano. Mentre la conservatrice CSU crolla in Baviera, perdendo per la prima volta la maggioranza assoluta dei consensi, la scena politica è occupata dal liberale Westerwelle, difensore dei diritti civili e gay confesso. Se si identifica il moderno conservatorismo con il perseguimento di politiche liberiste allora si può azzardare che la Germania abbia davvero fatto qualche passettino verso destra, ma se rapportiamo il conservatorismo al tradizionalismo allora i conti è difficile che tornino.
Nonostante sia la Merkel che lo stesso Westerwelle siano lontani dal libertarismo che ha caratterizzato il partito Tory al tempo della Signora Thatcher, il rischio che le riforme economiche finiscono col provocare effetti imprevisti e magari non auspicati anche in ambito sociale, come è già avvenuto in Inghilterra, riguarda anche la Germania. Per quanto Margaret Thatcher fosse provvista di una sana formazione vittoriana, contrariamente alle sue intenzioni, le riforme liberiste da lei promosse nel modernizzare l’Inghilterra esaltarono le pulsioni individualiste ed edoniste del suo stesso elettorato cosicché i suoi discepoli, come Michael Portillo, univano già il liberalismo economico al liberalismo sociale, facendo assomigliare tristemente i nuovi tories ai vecchi liberali di Manchester.
Il conservatore tradizionale non è affatto ostile al mercato e non è nemmeno un immobilista sul piano sociale, ovvero non chiede la cristallizzazione della tradizione, che proprio in quanto tale si alimenta del cambiamento. Riguardo quest’ultimo, però, il conservatore si augura che avvenga lentamente, per gradi, e che non crei scompensi e rotture nel corpo sociale. Keine experimente, come diceva saggiamente Adenauer. Il che non significava star fermi, e difatti la sua Germania ferma non lo fu mai, ma camminare adagio con prudenza e rispetto per i valori ereditati. Valori che in quanto vecchi non è detto che per questo non siano validi, piuttosto il contrario. I nuovi conservatori, però, a volte si dimenticano di essere conservatori e, invece di seguire il prudente modello antico, volgono alla conquista di nuovi diritti individuali con un impeto e una fiducia nel futuro non minori di quelli tipici dei loro avversari di sinistra. Per cui essi capita sovente che essi vincono conquistando l’elettorato dell’avversario, incuranti del fatto che il loro bacino tradizionale si assottigli sempre più. Questo è purtroppo accaduto nella Francia di Sarkozy e sta per accadere nell’Inghilterra di Cameron, nell’Italia di Fini ed è possibile che accada anche nella futura Germania del duo Merkel-Westerwelle. Per quanto, a differenza di francesi, inglesi e italiani, il carattere del popolo tedesco sia molto più tradizionalista.
Negli anni novanta del secolo scorso l’orologio del mondo è schizzato avanti ad una velocità impressionante, in quanto il lascito, non voluto, del conservatorismo libertario degli anni ottanta, è stato il presuntuoso e folle liberalismo socialdemocratico del decennio successivo. La globalizzazione ha significato il progressivo indebolimento delle specificità e delle sovranità nazionali, speculazioni finanziarie con l’indebolimento del potere d’acquisto, famiglie allargate, libertinismo sessuale, omosessualità galoppante, neofemminismo di riporto, multiculturalismo al seguito di impressionanti flussi migratori, declino inesorabile delle religioni tradizionali a vantaggio di spiritualità individualistiche e sincretiche. Tutto ciò ha rappresentato il trionfo del liberalismo tout court, la cui “sinistra” ha potuto incidere sul piano sociale una volta che la “destra” aveva opportunamente arato la strada sul fronte dell’economia. E poiché non vi sono stati sensibili ripensamenti sulla direzione di marcia, il rischio è che ieri, in Germania, se la destra ha vinto, il conservatorismo – quello autentico – possa aver avuto l’ennesima battuta d’arresto.
Per queste ragioni auspichiamo che la Signora Merkel, caratterizzatasi già per lo stile rigoroso e impeccabile, e per il suo intelligente pragmatismo, continui nella politica dei piccoli passi che ha contraddistinto felicemente la passata legislatura. Che il suo occhio accorto e vigile impedisca l’accelerarsi di quei processi disgregativi che da alcuni anni stanno affliggendo la Germania, la scristianizzazione, la frantumazione dei vincoli comunitari, la perdita di coscienza nazionale, la cosiddetta Ostalgie, che spinge molti tedeschi dell’est a rimpiangere il vetusto regime comunista, lo svilupparsi di mode abiette sponsorizzate dal modernismo cosmopolitista. La Signora Merkel dovrebbe adoperarsi per riportare i tedeschi nella loro Germania, obiettivo molto più importante, oggi, per un conservatore, che favorire ulteriormente lo sviluppo economico. Se questo dovesse essere perseguito a danno della tradizione, non vorremmo rimpiangere allora l’arretratezza. Keine experimente, appunto.