Oggi "Il Fatto quotidiano" compie un mese di vita. Rispetto ai primi giorni di uscita siamo migliorati molto, ma la strada da percorrere è ancora lunga. Anche perché in redazione siamo in pochi e a volte si vede... Ieri, per esempio, ho passato il pomeriggio a tagliare un ottimo pezzo sugli affari di Berlusconi in Russia. Poi verso le sette e mezza di sera, mi sono messo a scrivere il mio. E visto che la nostra chiusura avviene alle 20 l'ho fatto molto in fretta. Il risultato? Non proprio da premio Pulitzer. Ripensandoci sono persino riuscito a parlare di "due storie parallele che non convergono, ma anzi collimano tra loro". Credo che nemmeno Aldo Moro o un geometra ubriaco sarebbero riusciti ad esprimersi peggio.

Ma in fondo è inevitabile. Stiamo mettendo a punto l'organizzazione del lavoro e la qualità dei titoli, è vero. Ma il tempo resta poco.
L'unica consolazione è sapere che scriviamo sull'acqua. Che il nostro giornale il giorno dopo è buono solo per incartarci il pesce. O almeno dicono che sia così per tutti gli altri quotidiani. Anche se comincio a sospettare che "Il fatto" sia qualcosa di diverso. Ci sono lettori che addirittura lo collezionano. E pure io qualche volta lo rileggo. Per questo temo che le mie "convergenze parallele" non le dimenticherà nessuno.
(Vignetta di bandanax)



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