God bless America batte yankee go home
Verrebbe da chiosare la giornata di Bush in Italia con le parole finali che ha usato il Papa alla fine dell’udienza concessagli: God bless America. Dio la benedica. E la conduca per mano, e la trattenga quando è impulsiva, e gliela metta sul capo quando non ragiona, e la sostenga quando è in difficoltà, e la corregga quando sbaglia, e l’aiuti a rialzarsi quando cade, e ne fortifichi la volontà perché è pur sempre il più grande, più potente, più religioso baluardo della democrazia nel mondo.
In fin dei conti, questo è il messaggio che ha ricevuto George Bush ieri a Roma. Delle tre personalità che ha incontrato, nessuna gli ha detto di lasciar stare l’Iraq, di «go home», di tornarsene a casa. La minore di quelle personalità, Berlusconi, non glielo poteva dire nemmeno se lo avesse pensato. Ma non gliel’ha detto Ciampi, e soprattutto non gliel’ha detto Giovanni Paolo II. Entrambi gli hanno detto: fa finalmente quello che dici di voler fare, trasferisci la piena sovranità agli iracheni, porta dentro l’Onu, dialoga con l’Europa se vuoi battere il terrorismo. Sia che Bush pensi davvero che questa è la strada giusta, sia che non lo pensi, allo stato delle cose non può fare altro, e forse dovrà fare anche qualcosa di più se vuol convincere oggi il vero destinatario di questo viaggio in Europa: Jacques Chirac.
Le manifestazioni contro di lui non hanno avuto né la forza politica, né l’autorità morale, né l’imponenza numerica per mandargli un messaggio diverso da quello di Ciampi e del Papa. Quelli di «yankee go home» erano pochi, comunque molto meno di quelli di «pace in Iraq». E questo è un bene, perché l’occasione - la celebrazione del sessantennale della liberazione di Roma - non consentiva di mescolare il popolo della pace con i militanti anti-americani. Ieri avevamo scritto: meno saranno e meglio sarà. Così è andata.
Il centrosinistra, dopo tanti sbandamenti e corteggiamenti, ieri ha avuto finalmente la forza di prendere nettamente le distanze, non dai violenti, il che è facile, ma dall’humus di piazza nel quale i violenti si possono permettere di gridare «dieci, cento, mille Nassiriya» o sparare petardi contro la scuola dell’aeronautica. In un paese libero ci saranno sempre dei Bernocchi e dei Casarini, ma quando infangano la causa per cui dicono di battersi finiscono per provocare la ripulsa anche di chi fino a ieri li ha protetti. Questo è successo ieri al corteo, e non sarebbe accaduto se Prodi, i Ds, la Margherita, non avessero disertato, dicendo chiaramente che con quella gente non si prende neanche un caffè.