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  1. #1
    AC Milan 1899
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    Red face Medio Oriente: Fini invitato in Palestina

    Fonte: Alleanza Nazionale

    MEDIO ORIENTE:
    FINI INVITATO IN PALESTINA

    ROMA - Il ministro degli Esteri Gianfranco Fini si recherà nelle prossime settimane in visita nei Territori palestinesi. Fini, ha «accettato con piacere» l’invito rivoltogli dal collega palestinese Nabil Chaath. «Fini è il ministro degli esteri italiano - ha spiegato Chaath - e per noi l’Italia non è semplicemente un paese europeo o un paese Mediterraneo, ma è un paese molto vicino per la sua gente, i suoi governi e il suo spirito. La nostra relazione con l'Italia è qualcosa di esistenziale». Il ministro palestinese ha aggiunto che «sfortunatamente Frattini non è potuto venire, Berlusconi neppure. Ho sollecitato il sottosegretario Boniver a invitare ovviamente Berlusconi, ma il mio interlocutore è Fini e mi piacerebbe molto accoglierlo in Palestina».
    Intanto dall’Aja, dove si è svolta la riunione di Euromed giungono segnali di cauto ottimismo sul Medio Oriente. Secondo il ministro degli esteri tedesco Joschka Fischer gli ostacoli verso la pace «sono immensi, ma c’è una nuova opportunità e resta da vedere se sarà colta». Il prossimo appuntamento cruciale, per Fischer, è rappresentato dalle elezioni presidenziali palestinesi del 9 gennaio prossimo. «L'altra sfida è lo smantellamento delle colonie israeliane e il ritiro delle truppe dalla striscia di Gaza».
    Dal canto suo il coordinatore delle Nazioni Unite per la pace in Medio Oriente ha incontrato ieri i dirigenti israeliani per convincerli sulla serietà dell’intenzione della Siria di riprendere senza condizioni i negoziati di pace. «C’è un’opportunità oggi e potrebbe passare rapidamente, deve essere colta subito», ha detto a Gerusalemme Terje Roed-Larsen dopo un incontro con i membri della Commissione esteri del parlamento israeliano. La proposta di negoziati è stata accolta con freddezza da Israele, che ha chiesto alla Siria «di mettere prima termine a tutte le attività terroristiche, che hanno origine dal suo territorio».

  2. #2
    AC Milan 1899
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    Speriamo di non dovercene pentire.......

  3. #3
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    voglio sentire quelli di A.S.

    Finalmente, Fini attua una politica di amicizia sia verso Israele che verso la Palestina come giusto che sia.

  4. #4
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    Fini in Palestina


    Sarà senz'altro il solito inutile viaggetto diplomatico dove, come da routine, Fini esporrà la sua linea politica del tutto originale e innovativa per quanto riguarda l'annosa questione mediorientale:
    "Mi auspico che si arrivi ad avere 2 popoli in 2 stati liberi"
    ....un genio, ci voleva un genio dellapolitica!

    Comunque, sono MOLTO ma MOLTO curioso di vedere se Fini andrà a deporre una corona di fiori nei campi profughi dove Sharon fece ammazzare centinaia di Persone innocenti, magari indossando il tipico copricapo palestinese!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! !!!!!!!!!!!!
    "Io non sono un numero....sono un'uomo libero!"

  5. #5
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    Ciao Giò, non sono di AS (per il momento..),ma prima di poter dire qualcosa pensò bisognerà vedere, se ci andra , e cosa dirà..
    No?
    Al momento mi sembra piuttosto sbilanciato su posizioni filo-israeliane, e le dichiarazioni sul muro di Israele (una delle cose che mi ha spinto a fuggire via da AN il prima possibile) gridano ancora vendetta..

  6. #6
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    IL VOLO DI FINI CON LA BIMBA PALESTINESE MALATA

    Malaka, 2 anni e nove mesi appena, occhi neri profondi e capelli ricci lunghi legati sulla nuca, guance paffute, ride e scherza a bordo dell'Airbus 319 messo a disposizione dalla presidenza del consiglio che vola da Tel Aviv verso Roma, e guarda negli occhi chi la sta portando in Italia per permetterle di curarsi: il ministro degli esteri Gianfranco Fini.
    La sua dolcezza e il suo sorriso dolce hanno catturato tutta la squadra di diplomatici. Il capo della diplomazia italiana ha dato il suo appoggio decisivo a una iniziativa umanitaria promossa dall'Ansa: fare uscire dall'inferno di Gaza la piccola palestinese perche' possa essere curata in un ospedale italiano, il policlinico Umberto I della Sapienza. Ad accompagnare la bambina il padre, un giornalista palestinese, e la giovane moglie del nonno paterno. La madre non ha potuto viaggiare con lei perche', essendo una profuga rientrata a Gaza dall'Arabia Saudita, non possiede passaporto ma solo un lasciapassare giordano con il quale puo' uscire dai territori ma non rientrarvi.

    ''Abbiamo scoperto che mia figlia era malata solo 10 giorni fa - racconta il padre - ci eravamo preoccupati perche' la piccola soffriva di forti disturbi intestinali, di nausea e vomito. Dalle analisi del sangue il terribile responso''.
    Le strutture mediche di Gaza, disastrate dopo anni di guerra strisciante con Israele nella seconda Intifada, non offrono garanzie per una malattia cosi' grave. Io ringrazio il Governo italiano e il ministro Fini per averci permesso di portare con tanta rapidita' nostra figlia a Roma. Ma non posso non pensare a tutti quei bambini palestinesi che non hanno avuto la stessa fortuna di mia figlia''.

    L'Ansa ha chiesto l'aiuto della Farnesina per la piccola Malaka. Diplomatici italiani si sono attivati a Roma, Gerusalemme, a Tel Aviv, e il ministro Fini ha deciso di cogliere l'occasione della missione di 48 ore a Gerusalemme e Ramallah per portarla personalmente in Italia. Organizzare l'uscita da Gaza della bimba non e' stato facile: per i palestinesi negli ultimi quattro anni di Intifada violenta e' diventato quasi impossibile uscire dalla Striscia. Le autorita' militari di Gerusalemme che controllano i valichi di Gaza e danno accesso al territorio israeliano, concedono con il contagocce i permessi di uscire ai palestinesi dalla Striscia.

    Al suo arrivo a Ciampino la bambina e' stata accolta da uno staff di medici e specialisti del reparto di Ematologia del policlinico Umberto I. Malaka e' ora uno dei tanti bambini palestinesi che vengono curati in Italia grazie alla struttura dell'Istituto Mediterraneo di Ematologia che fa capo ai professori Mandelli e Lucarelli e che cura in particolare patologie come la leucemia e la talassemia, endemiche in tutta l'area del Mediterraneo.

  7. #7
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    FINI, ABU MAZEN SARA' UN OTTIMO PRESIDENTE ANP

    ''Se come mi auguro sara' eletto presidente alle elezioni del 9 gennaio prossimo sono sicuro che Abu Mazen sara' un ottimo presidente della Anp''. Lo ha detto il ministro degli esteri, Gianfranco Fini, in una conferenza stampa congiunta con il responsabile palestinese nel quartier generale dell'Anp a Ramallah dove e' sepolto Yasser Arafat.
    Al termine dell'incontro con il presidente dell'Olp, Fini ha precisato di essere convinto che ''Abu Mazen sara' in grado di garantire il futuro benessere del suo popolo per realizzare quanto previsto dalla Road Map''. Secondo il capo della diplomazia italiana Abu Mazen conosce bene la necessita' di combattere la violenza, contrastare il terrorismo e attivare tutti i meccanismi necessari per la ripresa economica nel Paese''.

    L'Italia si impegnera' in questo senso, ha assicurato Fini ''sia nei rapporti bilaterali che in ambito Ue.''. Per Fini inoltre ''non c'e' altro modo per la ripresa dei negoziati di pace in Medio Oriente che ''quello del dialogo e della trattativa''.

  8. #8
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    Non è andata proprio male...

  9. #9
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    PACE IN PALESTINA, UN RUOLO ATTIVO PER L'ITALIA
    La lotta al terrorismo punto qualificante della nuova strategia diplomatica in Medio Oriente

    GERUSALEMME. I due giorni israelo-palestinesi di Gianfranco Fini hanno chiarito fuori da dubbi ed interpretazioni capziose quali sono le linee di politica estera dell’Italia in relazione a questo importante aspetto della più generale crisi mediorientale. Il nostro ministro degli Esteri rivendica un “ruolo attivo” del nostro paese, rifuggendo da quello del mediatore che, a suo giudizio, sarebbe presuntuoso.
    Questo ruolo Fini l’ha avviato in questi giorni con una serie di incontri tra le due parti. Giovedì aveva visto, nell’ordine, Sharon ed il collega israeliano Shalom, nel pomeriggio il primo ministro palestinese Abu Ala e quindi il responsabile delle relazioni internazionali Nabiil Shaat. Ieri era ritornato a Ramallah per un colloquio con il futuro presidente palestinese Abu Mazen e, con l’occasione, ha visitato la tomba di Arafat. In precedenza, Fini aveva avuto uno scambio di vedute con Blair, reduce dall’Iraq, e con Shimon Peres.
    Due giorni di intensi colloqui, con il tempo di visitare in questa circostanza natalizia il Santo Sepolcro e la Chiesa della Natività di Betlemme, che sono serviti a mettere a punto una svolta nella nostra politica estera all’insegna, e su questo Fini ha insistito, della continuità.
    In questa azione dobbiamo distinguere due tempi. Il primo, avviato già da Fini prima, a titolo di presidente di Alleanza nazionale e poi di vicepresidente del Consiglio, aveva, e continua ad avere, come obiettivo quello di richiamare l’”attenzione” dell’Ue su quali sono i problemi di Israele, che si trova di fronte ad un’offensiva terroristica che, per gravità, è la seconda dopo quella che ha come teatro l’Iraq. Il secondo, avviato con questa visita, è aiutare i palestinesi a facilitare le condizioni che possano rendere possibile la fine della violenza e la riapertura del dialogo. L’Europa negli ultimi anni aveva mostrato, in parallelo con una sua scarsa incisività nello svolgere un ruolo in questa crisi, accenni critici verso la posizione israeliana.
    Questo mentre nel mondo, ma sul nostro continente in particolare, si sono avvertiti in maniera preoccupante, fenomeno che Fini ha denunciato ripetutamente e con particolare vigore, manifestazioni di antisemitismo.
    Riequilibrare le valutazioni dell’Europa verso la questione centrale di Israele - la sua sicurezza in un mutato quadro strategico e con una nuova minaccia quale l’iperterrorismo – è stato il primo impegno di Fini. Ed anche per quanto riguarda l’Italia si trattava, ed è quanto ha fatto anche personalmente Berlusconi, di bloccare una deriva che, apparentemente filopalestinese, in realtà finiva col rafforzare le ambiguità della politica di Arafat, oscillante tra terrorismo e proclami di pace.
    La strategia di Fini dell’”attenzione” verso lo Stato ebraico è stata demagogicamente interpretata come uno schiacciamento della nostra politica estera sulle posizioni israeliane. Questa missione ha consentito, fuori da ogni dubbio, di chiarire termini ed obiettivi della nostra politica estera, quali sono chiaramente emersi in questi due giorni di colloqui con israeliani e palestinesi. Per i primi oggi l’Italia è il migliore amico che lo Stato ebraico abbia in Europa.
    Questa consapevolezza, chiaramente espressa, ha consentito a Fini di impegnarsi in quel “ruolo attivo”, favorito dall’uscita di scena di Arafat e da un rinnovato impegno americano. Così il ministro degli Esteri, nel concreto, si è presentato ai palestinesi come sostenitore del loro diritto all’autodeterminazione, mostrando simpatia per la loro “causa”, disposto ad aiutarli ad affacciarsi da quella “finestra di opportunità” che le ultime novità hanno aperto su questa parte vitale dello scenario mediorientale.
    L’Italia, ha sottolineato Fini, paese mediterraneo, non può ignorare la realtà geopolitica alla quale appartiene e nella quale grande ed importante è la presenza di quel mondo arabo al quale, a pieno titolo, appartengono i palestinesi. Nei confronti dei quali il ministro degli Esteri promette impegno per aiuti economici, diretti a migliorare le difficili condizioni di vita della popolazione e per favorire il piano di Abu Mazen di mettere ordine nella caotica situazione dei servizi di sicurezza. In questo quadro si colloca l’accordo, in gestazione, di addestrare in Italia i loro quadri.
    Ma come è possibile e a quali condizioni, dopo un’Intifada che ha seminato di morti i due campi, riavviare il processo di pace? Fini è stato esplicito: le autorità palestinesi — l’augurio è che Abu Mazen il 9 gennaio sarà il successore formale di Arafat — operino per bloccare la violenza e concorrano a combattere il terrorismo. Questa è la precondizione che pongono gli israeliani e che Fini, condividendola, ha trasmesso ai suoi interlocutori palestinesi. Abu Mazen ha mostrato, nell’incontro alla Muqata, di recepirlo con chiarezza. Ha detto esplicitamente quel che era stato già espresso nei colloqui, e cioè che l’obiettivo della nuova dirigenza palestinese è convincere i gruppi che hanno fatto ricorso al terrorismo a porvi fine e a partecipare al processo democratico.
    Che è un’altra delle condizioni per poter imboccare quella Road Map verso la pace che, tutti sono concordi, non ha alternativa. Abu Mazen, in questo contesto, ha fatto riferimento a contatti con i paesi limitrofi, (che Fini visiterà a gennaio), in grado di aiutarlo in questo obiettivo. Per inciso, Hamas, la più forte delle organizzazioni terroristiche, è sponsorizzata dagli Hezbollah libanesi (protetti dai siriani), che gli israeliani vorrebbero inserire nella lista internazionale dei terroristi.
    Se a Gerusalemme Gianfranco Fini ha capitalizzato un’amicizia che mette l’Italia al riparo da ambiguità, a Ramallah ha ricevuto l’esplicito invito da Abu Mazen di far valere questo riconoscimento, sia sul versante israeliano e americano, sia nel promuovere tutte quelle iniziative che possano portare ad imboccare la Road Map. La conferenza di Londra, voluta da
    Blair, che è stato a Gerusalemme ed a Ramallah, è una di queste. Fini, che ha incontrato il Primo ministro inglese e ha compiuto con lui un ampio giro d’orizzonte, ha chiarito che si tratta di una delle iniziative previste dalla Road Map, ma non della vera e propria conferenza di pace. Che deve essere adeguatamente preparata, una volta che saranno soddisfatte le condizioni — democratizzazione delle strutture palestinesi e lotta al terrorismo — senza le quali lo stesso dialogo è impossibile. Una visita, quella del nostro ministro degli Esteri, che si è conclusa con un bilancio molto positivo per l’Italia, e nella quale non sono mancati gesti e simboli che anche in politica hanno il loro valore. La corona di fiori deposta da Fini sulla tomba di Arafat e la bambina palestinese, bisognosa di cure nel nostro paese, che l’ha accompagnato nel viaggio di ritorno, sono la testimonianza che la pietà cristianamente intesa non è morta.

  10. #10
    SMF
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    In origine postato da cristiano72
    Ciao Giò, non sono di AS (per il momento..),ma prima di poter dire qualcosa pensò bisognerà vedere, se ci andra , e cosa dirà..
    No?
    Al momento mi sembra piuttosto sbilanciato su posizioni filo-israeliane, e le dichiarazioni sul muro di Israele (una delle cose che mi ha spinto a fuggire via da AN il prima possibile) gridano ancora vendetta..
    A mio parere Fini, per riconquistarsi la fiducia di tutti (anche la mia) deve smetterla di fare il filo-israeliano in modo eccessivo.

 

 
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