Primo Piano
E un filosofo “scorretto” divide la Francia
Vento di polemiche in Francia. Ad alimentarlo sono le dichiarazioni di un filosofo dal nome impossibile, Alain Finkielkraut, una sorta di Fini (inteso come Massimo) d’Oltralpe, che un giorno sì e l’altro no manda in malora il politically correct denunciando: l’antirazzismo è una ideologia menzognera, e diventerà il comunismo del XXI secolo.
Il fuoco alle polveri in un Paese particolarmente sensibile ai temi della libertà e dell’eguaglianza quale la Francia, che sta faticosamente cercando di uscire dall’emergenza banlieu, lo ha dato lo stesso Finkielkraut affermando che la rivolta nelle periferie parigine «non è né sociale né economica ma etnico-religiosa, opera di islamici arabi e neri. Se i teppisti fossero stati bianchi, come a Rostock, in Germania - ha argomentato l’intellettuale - tutti avrebbero evocato il fascismo. Ma quando è un arabo a incendiare una scuola, allora è ribellione».
Risultato di queste affermazioni: una denuncia del Movimento contro il razzismo e per l’amicizia fra i popoli. È seguita una pronta retromarcia del filosofo, che si è detto «vittima di fraintendimenti» e secondo un costume sempre in voga se l’è presa con i giornalisti: «La lezione che ne traggo è che io non devo più dare interviste in particolare a giornali dei quali non controllo destino o traduzione». Salvo poi tornare all’attacco. «Si pensava che la risposta al razzismo fosse una società multirazziale. Ora una società multirazziale può anche essere una società multirazzista. So che le mie parole sono scabrose. Ma diciamo le cose chiaramente: gente di stirpe francese ha anche preso parte ai moti, ma il grosso era costituito da giovani di origine africana e nord-africana. Qualsiasi generalizzazione è sbagliata. Il razzismo è la generalizzazione. Ma l’antirazzismo rischia di diventare ora una profezia autorealizzatrice». Speriamo che stavolta «destino» e «traduzione» del suo pensiero corrispondano agli intendimenti del filosofo, parte di quegli “elementi incontrollati” che - secondo il settimanale Le Point - “nonostante la vigilanza della polizia del pensiero” osano “chiamare gatto un gatto” e “sfidare il coprifuoco ideologico in vigore da tre decenni”.
Ma non basta: Finkielkraut mette in guardia su Le Monde dal fatto che il modello Shoah «plana oramai su tutti gli orrori collettivi» mentre non ci potrà essere riconciliazione tra neri, ebrei ed arabi fatta «sulle spalle della verità». Il tutto, naturalmente, salvo smentita.
A. A.
--------------------------------------------------------------------------------