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    Predefinito L'islam è antiisraeliano...ne siamo proprio sicuri?

    ISLÀM E GIUDAISMO
    don Curzio Nitoglia
    LA TESI DI PADRE THÉRY
    Nel 1955 il famoso teologo domenicano
    Padre Théry (1), sotto lo pseudonimo di
    Hanna Zakarias, pubblicava De Moïse à
    Mohammed, due ponderosi volumi compendiati
    poi nell’unico tomo Vrai Mohammed et
    faux Coran (2), in cui studiava approfonditamente
    la questione delle origini dell’Islàm.
    Nel presente articolo cercherò di riassumere
    e illustrare le tesi contenute nei suoi libri,
    corroborandole anche con altri seri studi
    ed avvalendomi della consulenza di un noto
    orientalista dell’Università di Torino.
    I testi del Padre Théry non si trovano più
    in commercio, ma l’essenziale della sua tesi è
    stato ripreso dall’abbé J. Bertuel, la cui opera è
    ancora reperibile nelle librerie francesi (3). Del
    Théry scrive Bonnet-Eymard che «deve essere
    considerato come il fondatore dell’“esegesi
    scientifica” del Corano…, benché resti… il
    grande assente da tutte le bibliografie sul tema.
    È certo che l’anonimato [o lo pseudonimo
    di H. Zakarias n.d.r.] e l’edizione privata, voluti
    per non esporre a rappresaglie i religiosi e i
    sacerdoti che lavoravano nei territori dell’Islàm,
    hanno danneggiato le sue opere. Se
    fosse stata pubblicata sotto il vero nome
    dell’autore, medievalista ben conosciuto
    nell’ambiente della ricerca scientifica, avrebbe
    senza dubbio goduto di un’accoglienza più favorevole
    da parte degli Islamisti, ma li avrebbe
    forzati a controbattere apertamente. Facendo
    finta di ignorare l'identità di Hanna Zakarias
    che, molto rapidamente, non fu più un segreto
    per nessuno, essi poterono presentarlo senza
    rischio “sottovoce, come un imbroglione e un
    ignorante; il disprezzo per l'autore ricadeva
    evidentemente sulla sua opera”» (4). Fu solo
    nel 1960 (5), un anno dopo la sua morte, che la
    rivista dei domenicani di Roma Angelicum tolse
    ufficialmente l’anonimato all’opera del
    Théry, riassumendo concisamente ma con esattezza
    il contenuto dei primi due volumi (6).
    Le conclusioni cui perviene l’eminente
    teologo e storico domenicano possono essere
    così riassunte:
    1) l’Islàm è soltanto la religione giudaica postmessianica,
    spiegata agli arabi da un rabbino.
    2) Maometto non è mai stato ispirato da
    Dio. Si convertì al Giudaismo talmudico,
    spinto da sua moglie Khadigia, ebrea di nascita,
    ed aiutò il suo maestro, il rabbino della
    Mecca, ad attuare il suo progetto di giudaizzazione
    dell’Arabia.
    3) Il Corano è stato composto e redatto
    dal rabbino della Mecca e Maometto era solo
    un “proselite della porta”.
    4) Il Corano primitivo (traduzione e compendio
    arabo del Pentateuco di Mosè) è stato
    redatto da un rabbino ebreo, ma dopo
    Maometto andò smarrito (VII sec.). L’attuale
    Corano non contiene più, come il primo, la
    traduzione e l’adattamento della storia sacra
    d’Israele; è soltanto un libro di aneddoti, di
    storie, quasi una sorta di rapporto stilato dallo
    stesso autore sulle sue vicende apostoliche,
    per cui bisognerebbe chiamarlo più correttamente
    “Gli Atti dell’Islàm”. Tali “Atti” costituiscono
    la sola fonte autentica che ci consenta
    di conoscere le origini dell’Islàm, cioè
    in sostanza la giudaizzazione dell’Arabia, di
    cui il rabbino della Mecca, Maometto e sua
    moglie Khadigia furono i primi autori.
    Solo lo studio critico degli “Atti dell’Islàm”
    (o attuale Corano) ci può fornire una solida
    base per una ricostruzione delle origini
    dell’Islàm, ovvero della conversione dell’Arabia
    al Giudaismo talmudico. Gli ebrei erano
    presenti in Arabia e abitavano tra le diverse
    oasi del deserto arabico e le tre città di Medina,
    La Mecca e Taif. Erano particolarmente numerosi
    a Medina (più di metà della popolazione).
    I cristiani erano meno numerosi degli ebrei,
    ma non erano cattolici romani; appartenevano
    invece a sette eretiche, quali il Giacobitismo e
    il Nestorianesimo, e al Cristianesimo d’Abissinia,
    fortemente mischiato di elementi giudaici.
    5) Gli “Atti dell’Islàm”, proprio perché
    scritti da un rabbino, sono essenzialmente
    anticristiani. I musulmani non sono nient’altro
    che arabi convertiti al Giudaismo talmudico
    a partire dal VII sec.
    LA MECCA
    Nel VI sec. La Mecca divenne uno dei più
    importanti centri commerciali della penisola
    araba. Qui fin dal II secolo, secondo il Padre
    Théry, esisteva il tempio della “Ka‘ba”, una
    specie di cassa attualmente lunga 12 metri, larga
    10 e alta 15, posta su un piedestallo di marmo
    di 25 cm. e coperta da un tappeto nero
    cambiato annualmente. Nella “Ka‘ba” si trova
    una pietra nera, visibile ancor oggi (7), di cui si
    ignora la provenienza e la datazione; secondo i
    musulmani vi fu portata direttamente dall’arcangelo
    Gabriele. Nel VI secolo la “Ka‘ba” era
    anche ripiena di sassi grezzi raccolti nei deserti
    d’Arabia, ritenuti divinità e adorati come tali;
    la gran massa di persone che la frequentava
    4
    La “Ka‘ba” in una antica miniatura turca
    era formata da arabi politeisti, che veneravano
    oltre la pietra nera incastonata nella “Ka‘ba”
    anche i sassi e gli idoli in essa raccolti (8).
    A La Mecca, secondo la tesi del Padre
    Théry, viveva anche una comunità ebrea, guidata
    da un rabbino molto preparato, fine conoscitore
    del Talmùd, il quale avrebbe concepito
    il progetto di convertire gli arabi politeisti alla
    religione giudaica post-biblica. Per raggiungere
    il suo scopo si sarebbe servito di un giovane
    arabo, Maometto, sposato con l’ebrea Khadigia;
    questa è in sintesi, secondo il Padre Théry,
    la storia delle origini dell’Islàm: la conversione
    dei politeisti arabi al Giudaismo talmudico.
    NASCITA E MATRIMONIO DI MAOMETTO
    Si ritiene comunemente che Maometto sia
    nato nel 580, anche se non si ha una documentazione
    certa. La sua famiglia era povera, come attesta
    il rabbino della Mecca negli “Atti
    dell’Islàm” (l’attuale Corano) (9), ed egli, rimasto
    orfano assai presto, pare sia stato accolto dallo
    zio Abu Tàlib, carovaniere della Mecca. Era
    un bambino sveglio ed intelligente, e lo zio lo
    portava spesso con sé nelle carovane che conduceva
    a Gaza. Maometto si sposa con Khadigia
    (10), una donna più anziana di lui ma molto ricca,
    dal carattere forte e intraprendente, se è vero,
    come afferma il Padre Théry, che fu lei a prendere
    l’iniziativa del matrimonio, e comunque volitiva
    e dominatrice di un marito timoroso di
    perdere la sua posizione. “All’età di 25 anni
    Maometto si sposa” (11). Questo matrimonio con
    un’ebrea spiega l’evoluzione del giovane arabo,
    perché sua moglie lo spingerà ad abbandonare
    gli idoli della “Ka‘ba” per aderire alla religione
    giudaica post-biblica; dopo di lei sarà il rabbino
    della Mecca a formarlo alla religione d’Israele e
    a lanciarlo tra gli arabi come suo portavoce.
    LA CONVERSIONE DI MAOMETTO AL
    GIUDAISMO
    Il culto degli idoli è ancora molto diffuso
    a La Mecca quando una voce comincia a
    predicare un messaggio nuovo per le orecchie
    dei politeisti arabi.
    “Lo giuro per Allah (leggi: Yahwé), che ha
    creato il maschio e la femmina. Chi fa l’elemosina
    e chi teme Dio sarà ricompensato. Quanto
    a chi è avaro e ripieno di sé, sarà precipitato
    nell’abisso. A cosa gli servirà la sua ricchezza?
    Io vi avverto fin d’ora che vi è un fuoco divorante
    per coloro che non temono Dio” (12).
    Come conosce bene l’Antico Testamento
    questo oratore della Mecca, che divide l’umanità
    in due categorie: coloro che temono Dio e
    che credono alla Resurrezione, al Giudizio, al
    Cielo e all’Inferno e gli infedeli, gli avari, gli
    orgogliosi! Nelle sue prediche ritroviamo reminiscenze
    vetero-testamentarie e talmudiche:
    “Lo giuro per il fico e per l’olivo, lo giuro per il
    monte Sinai …Coloro che credono e fanno il
    bene riceveranno retribuzione” (13). Ma chi è
    questo predicatore che ridicolizza gli idoli della
    “Ka‘ba”, che annuncia l’esistenza di un Dio
    unico (“Yahwé” in ebraico, “Allah” in arabo),
    che giura sul fico e sull’olivo, i due alberi della
    felicità terrestre dell’Antico Testamento? È
    certo uno che conosce e annuncia la religione
    d’Israele. Se si applica la critica storica, poi, si è
    obbligati a concludere, secondo il Padre Théry,
    che questo predicatore è un ebreo.
    È l'oratore stesso a porgerci questa conclusione
    con le sue affermazioni: “Tutto
    quello che vi annuncio è contenuto nelle pagine
    venerate” (14), “le pagine di Mosè e
    d’Aronne” (15). “Idolatri della Mecca, non
    sapete che Dio ha parlato, sul Monte Sinai, a
    Mosè? È proprio Yahwé (il Dio unico) che
    ha rivelato a Mosè il “Corano ebraico”, il solo
    Corano (Libro Santo) che sia mai esistito,
    il Corano glorioso del Monte Sinai” (16).
    A partire da questo testo il rabbino della
    Mecca darà una traduzione in arabo e sarà il
    primo Corano arabo scritto, poi smarrito e
    sostituito dall’attuale “Corano”, che forse
    andrebbe chiamato con maggiore esattezza
    “Atti dell’Islàm”.
    I discorsi che vi si trovano non contengono
    nulla che non sia giudaico, o meglio vetero-
    testamentario, e convalidano la tesi che
    l’autore sia un ebreo che conosce in modo
    approfondito l’Antico Testamento e il Talmùd,
    cioè il rabbino de La Mecca.
    L’uditorio del rabbino tuttavia non vuole
    rinunciare ai propri idoli ancestrali per convertirsi
    al Dio unico “Yahwé”. Tra gli astanti vi è
    però un giovane arabo che ha sposato
    un’ebrea: e la sera Maometto, clandestinamente,
    spinto dalla moglie, va alla casa del rabbino
    per conoscere la nuova religione. Apprende
    così che vi è un solo Dio, che le sue parole sono
    state raccolte da Mosè sul Monte Sinai e sono
    state scritte in un Libro (il Pentateuco), in
    arabo chiamato CORANO. Dato che Maometto
    non è in grado di leggere e capire il Corano
    ebraico, sarà il rabbino a leggerglielo e
    spiegargli oralmente le vicende di Abramo,
    Isacco, Giacobbe, Giuseppe, Mosè.
    5
    Maometto impara anche la nuova professione
    di fede dettatagli dal rabbino: “Yahwé è unico:
    è il solo. NON HA GENERATO e non è stato
    generato. NESSUNO È EGUALE A LUI” (17).
    Che bella professione di fede giudaicotalmudica
    e anticristiana (il Padre NON HA
    GENERATO il Figlio; in Dio NON vi sono
    TRE PERSONE EGUALI e distinte)!
    Maometto non nasconde più la sua conversione,
    la rende pubblica, rompe ogni legame
    con l’idolatria della “Ka‘ba”. La Mecca è
    scossa: questo arabo sposato con un’ebrea
    non rischia forse di rovinare il vecchio Panteon
    della città? La “Ka‘ba” è uno dei santuari
    più ricchi del paese, e Maometto sta per
    rovinarlo! A fronte di queste accuse lanciategli
    dai suoi compatrioti vi era la protezione
    del rabbino sul suo discepolo: “Dillo, o Maometto:
    Infedeli! Io non adorerò ciò che voi
    adorate. E voi non adorate ciò che io adoro.
    … A voi la vostra religione, a me la mia” (18).
    Secondo il Padre Théry, a fianco di Maometto
    non vi è mai stato “Allah” rivelatore,
    ma soltanto un ebreo, che gli ha raccontato
    le storie dei Patriarchi contenute nel Pentateuco
    di Mosè. Il padre domenicano arriva a
    tale conclusione dopo aver provato che la
    conversione di Maometto al Giudaismo, è
    avvenuta sotto la forte pressione della moglie
    al limite del ricatto psicologico, conversione
    che doveva servire alla giudaizzazione
    della razza araba, come era nell'intento del
    rabbino della Mecca.“Un fatto è certo, leggendo
    gli “Atti dell’Islàm”… un arabo, Maometto,
    marito di Khadigia, dopo aver preso
    lezioni da un rabbino, s’è convertito al Giudaismo,
    primo tra gli arabi. …Maometto non
    sarà nient’altro che il portavoce di un ebreo,
    l’allievo di un rabbino, per un’impresa strettamente
    e assolutamente ebraica” (19).
    LA FORMAZIONE RELIGIOSA DI
    MAOMETTO E IL SUO APOSTOLATO
    Maometto ora sa che gli idoli della “Ka‘ba”
    sono muti, che Dio non ha parlato. “Oh! Che
    notte solenne la notte della Rivelazione!” (20).
    Avvenne sul Monte Sinai, Mosè era accompagnato
    da tutto il popolo eletto ai piedi della
    montagna, una voce lo chiamò e Dio gli rivelò
    la Legge, gli consegnò un Codice, il Corano,
    che è sia un libro religioso sia un codice legislativo,
    in ebraico “Toràh” (il messaggio religioso
    di “Yahwé” e la sua legge). E il Corano ebraico
    o “Toràh” avrebbe dovuto dirigere tutti gli uomini
    (21). In conclusione per il Théry, non è
    “Allah” che ha rivelato a Maometto la storia di
    Israele, Maometto non è un profeta ma solo
    l’allievo devoto di un rabbino, il monte Hirà,
    come duplicato del Sinai non esiste: Maometto,
    in sostanza, è solo il canale attraverso il quale
    filtra l’insegnamento rabbinico per la giudaizzazione
    dell’Arabia. Gli arabi che poi hanno
    seguito Maometto hanno gradatamente messo
    da parte l’origine giudaico-rabbinica dell’Islàm,
    per affermare e marcare sempre di più la rivelazione
    di “Allah” a Maometto per la gloria degli
    arabi stessi, che hanno quindi soppiantato
    gli ebrei nella loro missione.
    GLI INSEGNAMENTI DEL RABBINO A
    MAOMETTO
    Con la conversione di Maometto al Giudaismo,
    secondo il Théry, il lavoro del rabbino
    non è finito, perché il suo vero fine era la conversione
    di tutti gli arabi alla Sinagoga giudaica.
    Il suo compito adesso è quello di formare
    lo spirito del neofita, di farne un apostolo del
    Giudaismo tra i suoi connazionali; Maometto
    sarà così istruito profondamente sulla storia di
    Israele, imparerà a pregare come gli ebrei, a
    prosternarsi verso l’oriente, ad invocare il nome
    del Dio Unico (ma non Trino!). Nell’ambito
    delle conoscenze religiose, “Gli Atti
    dell’Islàm” non portano nulla di nuovo alla
    letteratura giudaico-talmudica e alla storia sacra
    dell’Antico Testamento: un paradiso terreno,
    o meglio carnale, è promesso a coloro
    che si sottometteranno al Dio Unico d’Israele.
    L’apologetica usata per la conversione degli
    arabi si fonda non sui motivi di credibilità e
    sui “preambula fidei”, ma sugli istinti più elementari
    dell’uomo, sulla promessa di una vita
    futura di piaceri appetibili in cambio della
    conversione al Giudaismo (22). Spinto dalla
    moglie, ammaestrato dal rabbino, il giovane
    cammelliere non poteva lasciarsi sfuggire l’occasione
    che gli si presentava: divenne l’apostolo
    del Giudaismo tra gli arabi.
    REAZIONE DEGLI ABITANTI DELLA
    MECCA DI FRONTE ALLA PREDICAZIONE
    DI MAOMETTO
    Di fronte alla predicazione della storia sacra
    di Israele, gli abitanti della Mecca rispondono
    malamente e con animosità. Non vogliono
    seguire il giovane arabo convertitosi
    alla religione della moglie. Anche se confortato
    dal rabbino, Maometto è scoraggiato ed
    è tentato di ritornare alla sua vecchia idola-
    6
    tria. “Sono stati sul punto di sedurti e di allontanarti
    da ciò che ti abbiamo insegnato” (23).
    IL CORANO ARABO: IL “CORABÒR”
    E IL “CORABSCRÌT”
    Secondo il Padre Théry l’obiezione degli
    abitanti della Mecca, che il Corano rivelato
    da Dio a Mosè è scritto in ebraico e che pertanto
    essi non possono né leggerlo né capirlo,
    induce il rabbino a riscriverlo in arabo.
    Nella prima fase dell’apostolato del rabbino
    non si trova traccia di un testo religioso per
    gli arabi; nella seconda, invece, che inizia
    con la sura LXXX, il rabbino racconta agli
    idolatri che esiste un libro di Verità e di direzione,
    composto di fogli molto antichi, scritti
    da Abramo, Mosè, Aronne. Questi fogli formano
    il Corano, cioè un Libro o libro di Mosè.
    Tuttavia quando il rabbino, nella sura
    LXXXV, 21, parla per la prima volta di un
    Corano glorioso “su una tavola conservata”,
    si riferisce ancora al Corano di Mosè (o Pentateuco)
    in lingua ebraica. Solo negli “Atti
    dell’Islàm” si farà allusione ad un Corano in
    lingua araba (24): “Lo abbiamo reso facile
    per la tua lingua”, ed anche “L’abbiamo rivelato
    sotto forma di rivelazione araba” (25).
    In conclusione, il Corano in arabo appare
    come l’opera di un rabbino che ha tradotto
    e adattato in lingua araba il Pentateuco
    mosaico e non contiene nessun nuovo dogma,
    nessuna originalità, nessuna nuova Rivelazione.
    “Allah” non è nient’altro che la
    traduzione araba di “Jahwé” (il Dio Unico).
    Il Corano ha per autore “Jahwé ”, che lo ha
    consegnato in lingua ebraica a Mosè nel
    1280 a. C. ed è stato fatto conoscere agli
    arabi con una traduzione del VII sec. d. C.
    Secondo il Padre Théry, Maometto consegnerà
    il Corano arabo ai suoi connazionali
    in due momenti successivi, dapprima oralmente
    e in un secondo tempo per scritto. La
    prima tappa è quella del “CORABÒR”
    (CORano AraBo ORale), la seconda quella
    del “CORABSCRÌT” (CORano AraBo
    SCRITto), traduzione in arabo del Corano
    ebraico di Mosè.
    LA COMPOSIZIONE DEL CORANO E
    L’ATTIVITÀ LETTERARIA DEL RABBINO
    DELLA MECCA
    Recitano i versetti 86-87 della sura XV:
    “In Verità il tuo Signore è il Creatore, l’Onnisciente.
    Noi t’abbiamo già portato I SETTE
    (VERSETTI) DELLA RIPETIZIONE e
    DEL CORANO SUBLIME”.
    Questi due versetti sono indirizzati dal rabbino
    a Maometto per dirgli che il suo Signore
    è il Creatore, e non gli idoli della “Ka‘ba”. Il
    loro autore è colui che ha già composto i sette
    versetti della Ripetizione ed il Corano sublime,
    cioè il medesimo rabbino che ha composto
    gli “Atti dell’Islàm”e il Corabscrìt.
    1) LA “PREGHIERA DELLE LODI”
    OVVERO “I SETTE VERSETTI DELLA
    RIPETIZIONE”. L’autore è evidentemente
    un ebreo: “Il tuo Signore è l’Onnisciente”, non
    quindi gli idoli della “Ka‘ba”. Nell’affermare
    poi di aver già “portato i sette versetti della Ripetizione”,
    ricorda all’allievo di aver già composto
    “sette versetti” speciali prima del Corabscrìt.
    Questi versetti infatti sono ben diversi da
    quelli contenuti nel Corabscrìt, e formano un
    tutto molto netto, concreto, breve: sono destinati
    ad una ripetizione frequente; da qui il nome
    di “Versetti della Ripetizione”. Sono brevi,
    recitati frequentemente, quindi sono una
    preghiera; sono la preghiera in sette versi che i
    musulmani premettono alla loro raccolta di
    sure. Per arrivare a tale conclusione il Padre
    Théry si fonda sull’esegesi del versetto 87 della
    Sura XV degli “Atti dell’Islàm”, che recita:
    “T’abbiamo già portato i sette (versetti) della
    Ripetizione e del Corano sublime”. Egli dimostra
    che tale preghiera è stata composta già
    all’epoca della sura XV ed è posteriore al Corabòr,
    che il rabbino raccontava a Maometto.
    Durante tale periodo non vi è alcuno
    scritto arabo del rabbino della Mecca, che si
    serve unicamente del “Corano” di Mosè (o
    Pentateuco) in ebraico, per fare “catechismo”
    a Maometto in lingua araba, trasformandolo
    così in Corabòr. Inoltre il rabbino
    parla prima dei “Sette Versetti della Ripetizione”
    e poi del “Corano Sublime”, dando
    una priorità cronologica alla “preghiera delle
    lodi” rispetto al Corabscrìt, redatto con fine
    apologetico per consentire agli arabi,
    ostili alla predicazione di Maometto, di conoscere
    direttamente da un testo scritto la
    Rivelazione di Yahwé sul Monte Sinai. La
    “Preghiera delle Lodi”, invece, contemporanea
    del “Corabscrìt” non è un’opera apologetica,
    e, rivolgendosi agli arabi GIÀ convertiti
    al Giudaismo, presuppone l’esistenza
    di una comunità di musulmani ormai convertiti
    al Dio d’Israele, dopo aver abbandonato
    gli idoli della “Ka‘ba”.
    2) IL CORANO ARABO SCRITTO
    (CORABSCRÌT).
    7
    Mentre componeva la “Preghiera delle
    Lodi”, il rabbino lavorava anche alla traduzione
    in arabo del Corano di Mosè, il Corabscrìt
    o Corano sublime di cui parla la sura
    XV, vers. 87. Ma che cosa significa esattamente
    Corano? È uno scritto destinato alla
    recita, un libro che si legge ad alta voce e
    che si salmodia, ed è anche un libro di insegnamenti.
    Traducendo e adattando in arabo
    il Pentateuco mosaico il rabbino aveva come
    scopo unico quello di insegnare agli arabi la
    rivelazione sinaitica; è per questo che il Corabòr
    ed il Corabscrìt non sono altro che una
    ripetizione (orale e scritta) del Corano di
    Mosè. Negli “Atti dell’Islàm” (l’attuale Corano)
    si legge: “Il libro di Mosè è un modello
    (una guida) della Misericordia divina” (26).
    Dio è l’autore delle verità che contiene,
    avendole rivelate a Mosè nel 1280 sul Monte
    Sinai, come confermano le sure del Corano
    arabo: “Esso (Corano) è la conferma di ciò
    che era prima di lui (Pentateuco). Non è che
    la spiegazione del libro del Signore dei Mondi”
    (27). “Prima di questo qui (Corano arabo)
    vi era il libro di Mosè: è un libro che conferma
    l’altro, in lingua araba” (28).
    3) GLI ATTI DELL’ISLÀM.
    Oggi conosciamo un libro chiamato impropriamente
    “Corano”, che comprende 114
    capitoli o sure e 6.226 versetti. Non vi è identità
    - afferma il Padre Théry - tra il Corano
    arabo, composto dal rabbino della Mecca nel
    VII secolo, ed il Corano ufficiale che possediamo
    oggi (che sarebbe meglio definire “Atti
    dell’Islàm”); in definitiva il “Corano” attuale
    non è quello originale. In effetti ai vv. 86-87
    della XV sura l’autore ricorda a Maometto
    che ha già composto due opere, una “Preghiera
    delle Lodi” e il “Corano Sublime”:
    questa affermazione mostra che è quindi anche
    autore di una TERZA OPERA, quella
    attuale che comprende la XV sura. Perciò ci
    troviamo in presenza di tre opere distinte:
    1. La Preghiera delle Lodi o Sette versetti.
    2. Il Corano arabo (orale o scritto)
    [smarrito].
    3. Un terzo scritto (che include la sura
    XV, i cui vv. 86-87 ci parlano delle due opere
    precedenti). Soltanto leggendo i vv. 86-87 si
    può concludere che l'opera alla quale appartengono,
    chiamata volgarmente o erroneamente
    Corano, è nettamente diversa dal “Corabòr”
    o dal “Corabscrìt”, e andrebbe chiamata
    Pseudo-Corano o “Atti dell’Islàm”. Le
    differenze esistenti tra le due opere, il Corano
    arabo e il “Corano attuale” sono di tre tipi.
    1° DIFFERENZA CRONOLOGICA.
    All’epoca della sura XV, il “Corabòr” e il “Corabscrìt”
    sono già ultimati: “Ti abbiamo già portato
    il Corano Sublime”. Si può quindi affermare
    che il “Corabscrìt” sia stato composto all’inizio
    del secondo periodo della Mecca: “Ti abbiamo
    reso facile, per la tua lingua araba, il Corano
    di Mosè”. L’adattamento del Corano di Mosè è
    ormai terminato quando il rabbino scriveva gli
    “Atti dell’Islàm” che contengono la sura XV;
    ma il libro cui questa appartiene non è ancora
    compiuto interamente: iniziato con l’apostolato
    del rabbino, ne racconta le peripezie e lo segue
    finché è in vita. Sarà compiuto solo con la fine
    dell’apostolato del rabbino per la conversione
    di Maometto e tramite lui dell’intero popolo
    arabo. Per la sua natura questo libro, che è come
    un diario della vita apostolica del rabbino
    della Mecca, ed ha somiglianze con “Gli Atti
    degli Apostoli” di noi cristiani, è stato definito
    dal Padre Théry gli “Atti dell’Islàm”, probabilmente
    ultimato nella sua stesura definitiva a
    Medina, anche se iniziato a La Mecca.
    2° DIFFERENZA DI SCOPI.
    IL Corano arabo è essenzialmente: a) un
    libro di preghiere ebree, destinate a far
    prendere coscienza della Provvidenza di Dio
    agli arabi della Mecca, a far loro abbandonare
    il politeismo per abbracciare la fede in
    Yahwé. b) È anche un libro liturgico: come si
    recita la Toràh (o Corano ebraico) in ebraico
    nelle sinagoghe, così i giudeo-arabi o musulmani
    (sottomessi a Yahwé, Dio Unico di
    Israele) dovranno nelle loro assemblee recitare
    il Corano arabo, in lingua araba.
    Gli Atti dell’Islàm, al contrario, non sono
    né un libro di preghiere, né un libro liturgico,
    ma la cronaca del lavoro apostolico del
    rabbino della Mecca e di Maometto.
    3° DIFFERENZE LETTERARIE.
    8
    Il matrimonio di Maometto con Khadigia, raffigurata
    velata e con la fiamma intorno al capo
    (Miniatura turca XVI sec.)
    - Il Corano arabo doveva essere essenzialmente
    un libro dogmatico, di insegnamento,
    stabile ed immutabile.
    - Gli Atti dell’Islàm ci raccontano, invece,
    le mille peripezie dell’affermarsi, a La Mecca,
    della religione giudaico-rabbinica e le violente
    lotte del periodo medinese. È una vera
    CRONACA che ci narra le reazioni degli abitanti
    della Mecca i quali non vogliono rinunciare
    ai loro idoli e alle gesta di Maometto,
    sotto l’influsso di Khadigia e del rabbino. «In
    breve – conclude il Padre Théry – il libro degli
    “Atti”, che tutti chiamano oggi “il Corano”,
    non è il Corano arabo, o l’adattamento
    in arabo del Corano di Mosè. Delle tre opere
    composte in arabo dal rabbino della Mecca, si
    sono conservate, fino ad oggi, la “Preghiera
    delle Lodi” e “Gli Atti dell’Islàm”» (29).
    LA SORTE DEL CORANO ARABO
    IL CORANO ARABO È PERSO. Sorge
    spontanea una domanda: “Che fine ha
    fatto?” Bisognerebbe cercare nella massa di
    manoscritti arabi per vedere se esiste una
    versione araba del Pentateuco ed una volta
    trovatala confrontarla con i racconti brevi
    della storia sacra di Mosè che troviamo negli
    “Atti dell’Islàm”. Il fatto certo - secondo il
    Padre Théry - è che il vero Corano arabo è
    smarrito. Esso non era altro che la spiegazione
    delle principali storie dell’Antico Testamento
    scritte in ebraico. Oggi nessuno possiede
    tale libro. I musulmani contemporanei
    di Maometto e del suo maestro lo possedevano;
    quelli attuali non lo possiedono più.
    L’unico scritto del VII secolo ancora in loro
    possesso è la “Preghiera delle Lodi” o i “Sette
    versetti della Ripetizione”, posta come prologo
    ai loro “Atti”, anch’essi del VII secolo.
    Tuttavia negli “Atti dell’Islàm” si trovano
    degli ESTRATTI (oltre alla storia della giudaizzazione
    dell’Arabia) del Corano arabo
    vero. Gli “Atti” hanno quindi un’enorme importanza
    per la conoscenza dell’esistenza
    della data dell’autore del “Corabscrìt” e, parzialmente,
    del suo contenuto. È quasi come
    se, per assurdo, si fossero smarriti i quattro
    Vangeli, ma si fossero conservati gli “Atti degli
    Apostoli”. Grazie agli “Atti dell’Islàm”
    siamo in grado di conoscere qualcosa
    sull’origine dell’Islàm: anche gli “Atti” sono
    un libro giudaico, ma di un Giudaismo DILUITO,
    per non urtare la suscettibilità degli
    arabi idolatri. Il rabbino, secondo il Théry, si
    accontenta di parlare dell’esistenza di un Dio
    Unico, della sua bontà, della Resurrezione.
    Quanto alla storia sacra che costituiva l’essenza
    del vero Corano, negli “Atti” è appena
    accennata, perché dei personaggi dell’Antico
    Testamento (Mosè, Abramo, Noè, ecc.) vi
    sono solo richiami e vaghi ricordi.
    La perdita del Corano è un fatto grave, ma
    è attenuato dalla presenza degli “Atti”, che ne
    permettono una parziale ricostruzione. Quanto
    poi alle congetture sulla sorte del Corano
    arabo autentico, si può pensare che sia stato
    distrutto a Medina da Othmàn o Abu-Bakr,
    oppure che sia andato perso… ma non si possono
    avere certezze in tal senso.
    I PRIMI MUSULMANI
    Il primo periodo della Mecca è caratterizzato
    dall’apostolato del rabbino e dalla
    conversione di Maometto al Giudaismo; il
    secondo dalla presenza del Corano arabo
    orale con il quale Maometto catechizzerà i
    suoi connazionali.
    Egli ormai fa parte dei “prosternati” (30),
    che nella letteratura rabbinica sono gli adoratori
    di Yahwé, cioè gli ebrei. Maometto
    prega prosternato come loro, frequenta la sinagoga,
    ha la loro ‘fede’. Riunisce gli arabi
    per farli diventare anch’essi prosternati.
    Qui occorre analizzare una parola fondamentale,
    che basta da sola a farci capire l’essenza
    dell’Islàm. I grandi dell’Antico Testamento
    furono grandi perché SOTTOMESSI
    A DIO e il Corano arabo li presenta come
    modelli da seguire: il musulmano perciò (o
    l’arabo che accetta il Corano arabo) è un
    SOTTOMESSO a Dio, un MUSLIM (o musulmano).
    E i Patriarchi furono sottomessi
    alla volontà di Dio e quindi “musulmani”.
    All’epoca del rabbino maestro di Maometto,
    i termini musulmano e Islàm non rappresentano
    una nuova religione, ma la religione del
    passato rispetto al Cristianesimo, la religione
    mosaico-talmudica che rifiuta proprio la divinità
    del Cristo. I musulmani per eccellenza
    sono quindi gli ebrei; gli arabi li dovranno
    imitare, sono musulmani per partecipazione.
    La religione dei musulmani (o dei sottomessi
    a Dio) si chiama ISLÀM e non è nient’altro
    che la religione della Sinagoga giudaico-talmudica
    esportata in Arabia: Islàm quindi significa
    SOTTOMISSIONE TOTALE ALLA
    VOLONTÀ DI DIO. “Colui che Yahwé
    (o Allah, in arabo) vuole salvare / dilata il
    suo cuore fino all’Islàm [alla sottomissione
    totale della sua volontà a Dio]” (31). Verrà un
    9
    tempo in cui gli arabi, volendo far dimenticare
    le loro origini giudaiche (quanto alla religione
    che abbracciarono nel VII secolo con
    Maometto), si dichiareranno i soli ed autentici
    MUSULMANI e non più i MUSULMANIZZATI;
    i soli rappresentanti dell’ISLÀM
    e non gli ISLAMIZZATI. Sarà questo l’inizio
    della grande montatura religiosa del bacino
    mediterraneo (32), la quale ci presenterà
    “Allah” che rivela al suo profeta Maometto
    il Corano, ossia la religione musulmana o
    islamica come un qualcosa di proprio degli
    arabi, nuovo popolo eletto da Dio, totalmente
    “sottomessi” alla sua Volontà.
    DISPUTE TRA I CRISTIANI DELLA
    MECCA ED IL RABBINO
    I cristiani che vivevano a La Mecca, secondo
    il Théry, avevano sottovalutato gli inizi
    della predicazione del rabbino, ma cominciarono
    ben presto ad inquietarsi quando videro
    i progressi del Giudaismo tra il popolo arabo.
    Maometto aveva già convinto qualcuno dei
    suoi compatrioti e il rabbino aveva già tradotto
    in arabo il Pentateuco e vi aveva aggiunto
    le integrazioni talmudiche ed anticristiane. I
    cristiani si decisero allora ad entrare pubblicamente
    nella disputa che vedeva opporsi gli
    idolatri ai giudaizzanti. Come il rabbino aveva
    predicato a Maometto i personaggi dell’Antico
    Testamento, così i cristiani dovettero predicare
    loro i personaggi del Nuovo Testamento
    e specialmente San Giovanni Battista, la Madonna
    e Nostro Signor Gesù Cristo. Non possediamo
    naturalmente il testo delle prediche
    dei cristiani della Mecca, ma negli “Atti
    dell’Islàm” leggiamo le risposte del rabbino, e
    a partire da queste possiamo risalire a quelle.
    Naturalmente i cristiani non rifiutano la rivelazione
    sinaitica. Come ogni buon cristiano
    accettano l’Antico Testamento, perfezionato
    nel Vangelo di Gesù Cristo; rifiutano però le
    favole talmudiche che hanno storpiato la Rivelazione
    sinaitica. Il punto nodale che separa
    il cristiano dall’ebreo (e quindi dal musulmano)
    è il dogma dell’Unità e Trinità di Dio e
    della Incarnazione, Passione e Morte di Nostro
    Signor Gesù Cristo. I cristiani della Mecca
    predicavano la SS. Trinità e l’Incarnazione
    del Verbo eterno, Nostro Signor Gesù Cristo
    crocifisso dai giudei, per mantenere gli arabi
    al Cristianesimo e liberarli dal Talmudismo.
    La conversione di Maometto al Giudaismo
    era assai pericolosa per il Cristianesimo, che
    in Arabia aveva già conosciuto momenti di
    fortuna e di successi. Sulla base delle risposte
    fornite dal rabbino della Mecca negli “Atti
    dell’Islàm”, si può evincere che i cristiani della
    Mecca avessero incentrato la loro predicazione
    (per convertire gli idolatri al Cristo, mantenere
    cristiani gli arabi già convertiti ed impedire
    che l’apostolato di Maometto tra i suoi
    compatrioti portasse frutti) su tre temi principali:
    San Giovanni Battista, la Madonna SS. e
    Nostro Signor Gesù Cristo. E sono proprio
    questi tre temi che il rabbino riprende, contrattaccando,
    negli “Atti dell’Islàm” allorché
    mischia ai suoi racconti sui Patriarchi dell’Antico
    Testamento (che sono i veri muslim, cioè
    sottomessi) alcune storie del Nuovo Testamento,
    svuotate di ogni sapore cristiano, anzi
    con un contenuto essenzialmente anti-cristiano.
    Le storie del Battista, di Maria e di Gesù
    negli “Atti dell’Islàm”, sono soltanto la risposta
    del Giudaismo alla predicazione dei cristiani
    della Mecca e avevano come unico scopo
    quello di convertire gli arabi al Giudaismo.
    Non è vero che il Corano attuale ha dei punti
    di contatto col Cristianesimo! Al contrario!
    Se il rabbino parla di Gesù è solo per dire che
    non era Dio, era un grand’uomo, ma non Dio
    e questo - evidentemente - non è un punto di
    contatto col Cristianesimo, ma di rottura. I tre
    personaggi del Vangelo, il Precursore di Gesù,
    la Madre di Gesù e Gesù stesso non sono presentati
    come oggetto di fede musulmana, ma
    sono confutati, svuotati di ogni valore cristiano.
    In breve Gesù Cristo, negli “Atti
    dell’Islàm”, non è il Cristo del Vangelo, la seconda
    Persona della SS. Trinità incarnatasi nel
    seno di Maria, per cui il Battista non è il Precursore
    del Messia né Maria è la Madre di
    Dio. Queste figure hanno perso del tutto
    nell’attuale Corano ogni significato cristiano,
    anzi esse sono l’opposto del Cristianesimo che
    è la Religione della divinità di Gesù Cristo. Se
    il rabbino ha contrattaccato, lo ha fatto per rispondere
    alle obiezioni mosse al suo apostolato
    dai cristiani della Mecca, che annunciavano
    il Cristo crocefisso “follia per gli idolatri e
    scandalo per i giudei”. È quindi ora di smettere
    di presentare l’attuale Corano, ecumenicamente,
    come un libro rispettoso del Cristianesimo!
    (Tali proposizioni non vengono da “Allah”
    e da Maometto suo profeta, ma dal rabbino
    della Mecca successore dei crocefissori
    di Nostro Signor Gesù Cristo).
    Gli “Atti dell’Islàm” ci parlano del Battista
    (33), ma totalmente separato da Gesù Cristo
    (di cui invece è il Precursore), come uno dei
    tanti miracoli che Yahwé ha fatto ad Israele: è
    10
    una persona dell’Antica Alleanza che non ha
    nulla a che fare con la Nuova ed Eterna. Anche
    la Madonna SS. negli “Atti dell’Islàm” (34)
    non ha nulla in comune con la Vergine Maria,
    Madre di Dio. Come già aveva fatto per il
    Battista, il rabbino sposta Maria nell’Antica
    Alleanza ed ignora ogni rapporto di Maria
    con la Nuova ed Eterna. Nonostante ciò si
    trovano sempre, purtroppo, dei cristiani ammalati
    di sincretismo che vogliono a tutti i costi
    vedere nel “Corano” un rispetto ed una devozione
    mariana che non esiste assolutamente
    se non nella loro fantasia. Ad esempio secondo
    il rabbino Maria SS. è la Maria sorella di
    Mosè ed Aronne, vissuta 1200 anni prima della
    Madonna (35): “O sorella d’Aronne, tuo padre
    non era un padre indegno, né tua madre
    una prostituta”. Infine veniamo a Gesù, “pietra
    d’angolo e d’inciampo”. Lo pseudo-Corano
    cercherà di distruggere la sua Persona divina,
    che fa sussistere in Sé due nature, quella
    divina ab æterno e quella umana, assunta nel
    seno della Beata Vergine Maria. Gesù, per il
    rabbino, non è che un Profeta ebreo e sarebbe
    blasfemo chiamarlo Dio… Ma qualcuno, come
    ci narra il Vangelo, aveva già gridato alla
    bestemmia quando sentì Gesù stesso affermare
    di essere Dio: e costui era Caifa, sommo sacerdote
    della religione giudaica! E lo pseudo-
    Corano mette specialmente in guardia contro
    questa, secondo loro, pericolosa eresia di fare
    del Cristo Dio: “Yahwé ha dato a Mosè la
    Scrittura, per avvertire coloro che dicono: ‘Dio
    ha preso per sé un figlio’… Mostruosa parola
    che esce dalle loro bocche. Non dicono che bugie”
    (36); “In verità Yahwé… non ha preso né
    compagna né figlio” (37). Per il Corano attuale
    Gesù non è che un servo di Yahwé, un buon
    profeta, ma non è assolutamente il Figlio di
    Dio, consustanziale al Padre
    ALTRE AUTORITÀ
    Vi sono altre autorità, che possono essere
    citate come controprova della conclusione
    a cui giunge il Padre Théry. Eccone alcune.
    Secondo Edouard Pertus, Maometto
    avrebbe frequentato a La Mecca alcuni cristiani-
    giudaizzanti, e ciò spiegherebbe la falsa
    interpretazione del Cristianesimo contenuta
    nel Corano, quale, ad esempio, la negazione
    della divinità di Nostro Signor Gesù
    Cristo e della divina maternità di Maria, professata
    già da Nestorio (38).
    Anche lo storico ebreo Bernard Lazare
    afferma che “Maometto fu nutrito dello spirito
    giudaico” (39). La posizione di uno dei più
    famosi Islamologi attuali, Bernard Lewis (anch’egli
    ebreo) è la seguente: “Gli ebrei, compresi
    quelli ‘convertiti’ al Cristianesimo, restavano
    degli orientali; nello scontro sulla
    questione orientale, prendevano le parti
    dell’Asia contro l’Europa, del mondo islamico
    contro quello cristiano. L’AMICIZIA
    FRA EBREI E MUSULMANI ERA UN
    FATTO SCONTATO… Per molti secoli, più
    in passato che ora, ovviamente [dopo la creazione
    dello Stato di Israele, n.d.r.], LA MAGGIORANZA
    DEL POPOLO EBRAICO
    HA MANIFESTATO UNA VIVA SIMPATIA
    PER I MUSULMANI. Un nemico comune
    è un gran vincolo d’amicizia e DAL
    MOMENTO CHE I CRISTIANI ERANO
    NEMICI SIA DEI MUSULMANI CHE
    DEGLI EBREI, QUESTI DUE POPOLI
    HANNO STRETTO UNA SORTA D’ALLEANZA
    FRA LORO. …Al tempo delle
    crociate gli ebrei furono gli alleati che aiutarono
    i musulmani a respingere la marea
    dell’invasione cristiana… ed in Spagna gli
    ebrei sono stati gli alleati e gli amici fedeli dei
    mori contro gli abitanti cristiani del paese.
    …Gli ebrei avevano prosperato nella Spagna
    musulmana ed avevano trovato rifugio
    nella Turchia musulmana. …Nulla nell’Islàm
    era paragonabile a quell’odio specifico… diretto
    contro gli ebrei nel mondo cristiano. …Si
    potrebbe… parlare di una TRADIZIONE
    GIUDAICO-ISLAMICA, dato che LA RELIGIONE
    MUSULMANA, …È STRETTAMENTE
    LEGATA AI SUOI PROGENITORI
    EBRAICI” (40).
    Per chiunque legga il Corano l’influsso del
    Giudaismo è evidente. Quanto poi all’interpretazione
    di tale influsso esistono diverse
    spiegazioni: c’è chi, come il Padre Théry, vede
    nel Giudaismo l’unico motore dell’Islàm, chi,
    come il Pertus, vede influssi giudaici e nello
    stesso tempo, anche se meno forti, nestoriani
    o di cristiano-giudaizzanti. Resta il fatto acquisito
    del rapporto causa-effetto tra Giudaismo
    post-biblico e Islàm, anche perché le eresie
    antitrinitarie o negatrici della divinità di Cristo
    (come il Nestorianesimo) furono ampiamente
    fomentate dal Giudaismo (41). Lo stesso
    Pertus riconosce che “il Corano fu profondamente
    impregnato, se non ispirato dal Giudaismo”
    (42). Ecco perché le parole di Arafat (il
    capo dell’O.L.P.) non devono stupirci: “IL
    GIUDAISMO È UNA PARTE DELLA
    MIA RELIGIONE” (43); “VOGLIAMO LA
    PACE CON I NOSTRI CUGINI EBREI”
    11
    (44). Anche René Sirat, presidente dei rabbini
    europei, ha ribadito il legame che unisce il
    Giudaismo all’Islàm e l’opposizione che regna,
    al contrario, tra Israele e la Chiesa cattolica
    romana. L’ex rabbino capo di Francia ed
    oggi presidente del consiglio permanente della
    Conferenza dei rabbini europei ha dichiarato
    a “30 GIORNI”: “Mi auguro che sia possibile
    la stessa qualità di dialogo con i cristiani e con
    i musulmani. CON QUESTI ULTIMI NOI
    EBREI NON ABBIAMO ALCUN CONTENZIOSO
    TEOLOGICO RELIGIOSO,
    PERCHÉ I MUSULMANI NON SOSTENGONO
    DI ESSERE IL VERO ISRAELE
    [come i cristiani]. Per loro noi siamo …il popolo
    del Libro. DI CONSEGUENZA IL
    DIALOGO CON LORO SARÀ MOLTO
    PIÙ FACILE” (45).
    «La polemica ebraica – scrive il Messori (46)
    - [è] convinta che IL VANGELO IN SE STESSO
    (con quella sua vicenda di Passione e morte
    di Gesù anche per responsabilità del Sinedrio)
    costituisca una fonte perenne di ostilità antigiudaica.
    Per dirla con la bruta sincerità di uno
    scrittore ebreo: ‘Fino a quando qualcuno prenderà
    come storico il racconto evangelico della
    passione di Gesù, vi sarà pericolo per noi’.
    L’Islamismo non è invece considerato altrettanto
    rischioso per gli ebrei, e si tende ad
    attribuire solo alle PARTICOLARI CIRCOSTANZE
    STORICHE lo scontro tra la
    Stella di David e la Mezzaluna musulmana.
    Per il passato anzi vi fu uno stretto legame
    tra Islàm ed ebraismo in funzione anticristiana:
    L’Islàm si stanziò qui [in Israele]
    col fattivo aiuto e tra le grida di esultanza di
    quegli stessi ebrei che ora tentano… di combatterlo
    con le armi.
    Maometto muore nel 632. Bastano poco
    più di vent’anni alle orde arabe uscite dal deserto
    per giungere in Occidente. …Un blitz
    vittorioso senza precedenti e che è meno inspiegabile
    solo se si pensa al RUOLO CHE
    VI EBBERO ANCHE LE COMUNITÀ
    EBRAICHE. È infatti storicamente appurato
    che, per avversione al Cristianesimo, GLI
    EBREI GIOCARONO IL RUOLO DI
    ‘QUINTE COLONNE’ A FAVORE DEI
    MUSULMANI. Non è leggenda, ma verità
    che sta anche nelle cronache arabe: si giunse
    a consegnare agli assedianti [musulmani] le
    chiavi delle città e a svelare i punti deboli
    della difesa. È un fatto che l’arrivo della cavalleria
    araba fu salutato con entusiasmo da
    parte ebraica. …Come scrive … Daniel Rops:
    “Gli ebrei si fecero, e con gioia, i furieri
    dei conquistatori musulmani. …NEI MOMENTI
    DELLE INVASIONI, LE COMUNITÀ
    GIUDAICHE FURONO COSTANTEMENTE
    CON GLI ASSALITORI”» (47).
    Già nel 1833 lo studioso ebreo Abraham
    Geiger pubblicò il famoso libro Was hat
    Mohammed aus dem Judenthume aufgenommen?
    (Che cosa ha assimilato Maometto
    dall’Ebraismo?), in cui, studiando l’influsso
    della religione giudaica postcristiana su
    quella Islamica, evidenziava gli elementi veterotestamentari
    e rabbinici nei primi testi
    islamici e arrivava alla conclusione che si
    trattava di CONTRIBUTI EBRAICI
    ALL’ISLÀM (48).
    Questo primo studio, che precede quello
    del Padre Théry di ben centotrent’anni, fu
    seguito poi da molti altri. “Alcuni studiosi
    arrivarono perfino ad ipotizzare che Maometto
    avesse avuto insegnanti o educatori
    ebrei che gli avevano fornito i rudimenti della
    sua religione” (49). Tali opinioni furono anche
    condivise dal noto arabista scozzese Richard
    Bell e dal grande studioso svedese Tor
    Andrae, professore di religioni comparate.
    «Più di recente si sono avuti nuovi approcci
    sull’argomento delle …influenze ebraiche.
    Mentre l’origine ebraica di alcuni concetti
    islamici è stata evidenziata inizialmente da
    studiosi ebrei, per lo più rabbini...
    Molto recentemente l’opera di due giovani
    studiosi …ha presentato la relazione
    storica fra Ebraismo e Islàm in una luce del
    tutto nuova, in cui il ruolo svolto dall’Ebraismo
    nell’Islàm viene descritto come qualcosa
    di ben più importante di un semplice ‘contributo’
    o di una ‘influenza’. Questo lavoro
    che dipinge L’ISLÀM come una specie di
    DERIVATO …dell’ebraismo (50) ha suscitato
    violente controversie» (51).
    Bernard Lewis, uno dei più noti orientalisti
    contemporanei (52), cita anche Hanna
    Zakarias (pseudonimo del padre Théry),
    “ben noto studioso domenicano” (53). È interessante
    ritrovare nel libro (54) del Lewis le
    analogie tra Ebraismo e Islàm e una contrapposizione
    tra Ebraismo e Cristianesimo
    molto più radicale di quella esistente tra
    Giudaismo e Islàm. Infatti “mentre gli ebrei
    riconoscevano l’Islàm come una religione
    strettamente monoteista dello stesso tipo
    della loro, avevano alcuni dubbi, condivisi
    dai musulmani, circa il Cristianesimo. …Era
    meno grave testimoniare che Maometto era
    il profeta di Dio, piuttosto che affermare che
    Gesù era il Figlio di Dio…
    12
    Anche per quanto riguarda le regole alimentari
    Ebraismo e Islàm sono molto simili
    tra loro e dissimili dal Cristianesimo» (55).
    Il problema dei rapporti tra Giudaismo e
    Islàm è stato recentemente trattato anche da
    Shelom Goitein, professore emerito presso
    l’Università Ebraica di Gerusalemme e attualmente
    membro dell’Institute for Advanced
    Study di Princeton, il quale afferma: “La città
    di Medina …ospitava una popolazione ebraica
    così grande che sotto il suo esempio… fu in
    grado di preparare i suoi vicini Arabi ad accettare
    la religione monoteistica” (56).
    Medina, centro principale dell’attività di
    Maometto, fu originariamente una città di
    Kohanim (sacerdoti) ebraici. “La testimonianza
    più eloquente del carattere giudaico delle
    comunità israelite d’Arabia …si trova nello
    stesso Corano, che continuamente fa riferimento
    ai loro rabbini. Il Corano allude più
    volte al sabato come ad un giorno di riposo e
    al digiuno giudaico e ad altre leggi …le quali
    si riscontrano nella letteratura talmudica”(57).
    Il Corano dice (58) che la Resurrezione
    avverrà in un batter d’occhio; e questo versetto,
    fa notare lo studioso, viene recitato dagli
    ebrei tre volte al giorno.
    “Infine nel Libro Sacro dell’Islàm si sono
    trovati inequivocabili ‘Midrashim’ giudaici,
    che finora non sono stati rintracciati nella letteratura
    ebraica. …Perciò, se troviamo nel
    Corano iscrizioni che lodano gli ebrei perché
    osservano il sabato o li rimproverano perché
    così non fanno, queste leggende possono essere
    scaturite solo da una fonte ebraica” (59).
    Il Goitein si chiede allora di quale religione
    si sia servito Maometto come suo modello
    immediato o quali siano stati i suoi
    maestri, dato che il Corano allude più volte
    a persone che istruirono il Profeta.
    La risposta può essere triplice.
    Una prima tesi sostiene che il Corano contiene
    una grande quantità di materiale che si
    può far risalire sia a fonti giudaiche che cristiane.
    Però (seconda tesi) ciò che Maometto dice
    riguardo a Gesù Cristo e al Cristianesimo non
    si può applicare a nessuna delle diverse confessioni
    cristiane di allora e dunque la proposta
    cristiana andrebbe scartata. Infine (terza tesi)
    potrebbe essere esistita una terza tradizione di
    tipo gnostico esoterico, che potrebbe avere influenzato
    Maometto, una specie di gnosticismo
    cristiano riconducibile, quale antitradizione
    parassitaria, alla Càbala spuria giudaica.
    È in pratica la tesi di Harnack, secondo
    cui “l’Islàm è un rimaneggiamento della religione
    ebraica su suolo arabo, dopo che la
    stessa religione ebraica ha subito modifiche
    da un cristianesimo gnostico-giudaico” (60).
    Secondo il Goitein, però, questa tesi non
    può essere sostenuta, poiché la predica di
    Maometto non contiene nessuna reale idea
    gnostica e rivelerebbe un atteggiamento religioso
    assai diverso da quello dei circoli esoterici.
    La seconda tesi, come si è visto, sembra
    escludersi da sé: non resta quindi che
    scandagliare la pista ebraica nella formazione
    dell’Islàm.
    Goitein sostiene che “nell’ultimo periodo
    della sua attività, a Medina, MAOMETTO
    FU INFLUENZATO IN MANIERA CONSIDEREVOLE
    DAL PENSIERO E DAI
    MODI DI VITA DEGLI EBREI. …LA
    SPIRITUALITÀ DI MAOMETTO, con il
    suo irriducibile monoteismo [interpretato in
    funzione antitrinitaria, n.d.r.] EBBE IN CIÒ
    MOLTO DELLO SPIRITO DEL GIUDAISMO.
    …l’ipotesi che Maometto, all’inizio
    della sua attività di profeta, fosse principalmente
    ispirato da cristiani …compresi i giudeo-
    cristiani, sembra sia da scartare nel modo
    più assoluto per il semplice fatto che non
    c’è alcun riferimento alla figura (persino al
    nome) di Cristo. …Si ha l’impressione che
    Maometto abbia fatto uno studio specifico
    dei …dogmi cristiani unicamente in una fase
    molto più tarda della sua attività” (61).
    La figura dominante del Corano, d’altronde,
    è Mosè, citato più di cento volte contro
    le quattro di Gesù Cristo. Inoltre le storie
    su Mosè pervadono tutto il Corano e non sono
    limitate a certi capitoli specifici. Il gruppo
    ebraico, che influenzò Maometto, non era
    dunque una setta giudeo-cristiana ed ebionita,
    poiché il CORANO PRESENTA DELLE
    AFFINITÀ STRETTISSIME CON LA
    LETTERATURA TALMUDICA.
    La soluzione posta dal Goitein perciò è
    quella dell’influsso del Giudaismo-talmudico
    sull’Islàm. “La battaglia che Maometto così
    gloriosamente e facilmente ha vinto sugli arabi
    compatrioti è stata decisa molti secoli prima
    sulle colline della Giudea. I VALORI reali
    DELLA FEDE IN UN SOLO DIO… GIUNSERO
    A MAOMETTO, come egli mai cessò
    di mettere in evidenza, da ISRAELE” (62).
    L’Islàm, come il Giudaismo, è una religione
    di ‘Halaka’, cioè un precetto che regola
    MINUZIOSAMENTE tutti gli aspetti
    della vita. “Di fronte a queste considerazioni
    - conclude Goitein, confermando la conclusione
    del Théry - si è portati a pensare che
    13
    L’INFLUENZA DEL GIUDAISMO SULL’ISLÀM
    DELLE ORIGINI DEVE ESSERE
    STATA MOLTO CONSIDEREVOLE,
    SE NON DECISIVA” (63).
    Un altro noto storico e giornalista, Paul
    Johnson, scrive assai lucidamente sui rapporti
    tra Islàm e Giudaismo: “…l’Islàm fu in
    origine un movimento eterodosso all’interno
    del Giudaismo, divergendone al punto da diventare
    una religione a sé stante. … La presenza
    ebraica in Arabia è molto antica …
    Durante i primi tempi dell’era cristiana il
    Giudaismo si diffuse nell’Arabia settentrionale
    e alcune tribù divennero interamente
    ebraiche. Ci sono prove che poeti ebrei siano
    fioriti nella regione di Medina nel VII secolo,
    ed è perfino possibile che uno stato dominato
    da ebrei sia esistito lì in quel periodo.
    Secondo fonti arabe, circa venti tribù in Medina
    e dintorni erano ebree …L’influenza
    del Cristianesimo, che ai suoi occhi [di Maometto,
    n.d.r.] non poteva apparire strettamente
    monoteistico, fu molto lieve… Sembra
    che l’obiettivo di Maometto fosse quello
    di distruggere il paganesimo politeistico della
    civiltà delle oasi, trasmettendo agli arabi il
    monoteismo etico ebraico in un linguaggio
    che essi potessero capire ed in termini adatti
    ai loro costumi. Egli accettò il Dio degli
    ebrei e i loro profeti …il Corano essendo il
    sostituto arabo della Bibbia. Lo sviluppo da
    parte di Maometto di una religione a se stante,
    ebbe inizio quando si rese conto che gli
    ebrei di Medina non erano disposti ad accettare
    la sua versione araba arbitrariamente
    elaborata del Giudaismo” (64).
    Sostanzialmente dello stesso avviso, riguardo
    all’origine dell’Islàm dal Giudaismo
    ed alla successiva ‘rottura’, è anche Lea Sestrieri:
    “In contatto con gli ebrei… gli arabi
    avevano acquistato una certa familiarità con
    l’idea monoteista. Non meraviglia perciò che
    in un determinato momento uno di essi… abbia
    sentito il richiamo del Dio unico. …È
    molto probabile… che gli arabi di religione
    essenzialmente idolatrica, arrivassero all’orrore
    dell’idolatria attraverso il contatto costante
    con gli ebrei, che da secoli vivevano tra
    loro. …L’essenza della dottrina di Maometto
    può essere riassunta in questi punti: credere
    in Dio, negli Angeli, nelle Scritture… Ad essi
    può aggiungersi: la preghiera, l’elemosina, i
    digiuni, i pellegrinaggi a La Mecca. Ognuno
    di questi punti si riallaccia alla fede e alla pratica
    ebraica, compresa l’idea del pellegrinaggio
    (in cui solo la città cambia)” (65).
    La Sestrieri si domanda come si sia prodotta
    la rottura tra Giudaismo e Islàm, che
    oggi continuano a chiamarsi cugini (cfr. nota
    n° 51) e risponde: “La separazione tra Giudaismo
    e Cristianesimo fu determinata … dal
    carattere cristologico di Gesù [e dalla divinità
    di Gesù, n.d.r.]… Ma nella predicazione di
    Maometto non vi sono dottrine che costituiscano
    una separazione dall’ebraismo” (66).
    Ecco spiegato in breve quanto si cerca di
    provare: tra Cristianesimo ed Ebraismo vi è
    una opposizione di contraddizione di carattere
    teologico: per il Cristianesimo Gesù è
    Dio; per il Giudaismo Gesù non è Dio. Tra
    Islàm e Giudaismo, invece, non vi è nessuna
    opposizione di carattere teologico, mentre vi
    è opposizione di contraddizione tra Cristianesimo
    e Islàm riguardo i due Misteri principali
    della Fede: Unità e Trinità di Dio e Incarnazione,
    Passione e Morte di Gesù Cristo,
    vero Dio e vero Uomo.
    Secondo la Sestrieri la rottura tra Giudaismo
    e Islàm avvenne per motivi caratteriali o
    personali; infatti “per una personalità come
    quella di Maometto la sfiducia degli ebrei
    dettata da superiorità e tradizione… furono
    più che sufficienti per produrre la rottura…
    Si potrebbe concludere perciò che la separazione
    Ebraismo-Islamismo è solo in parte religiosa;
    fu dettata essenzialmente dal desiderio
    di predominio dell’Islàm” (67).
    Un altro eminente studioso, Günter
    Stemberger, ammette la dipendenza dell’Islàm
    dal Giudaismo: “ALL’INIZIO L’EBRAISMO,
    …HA FORTEMENTE INFLUENZATO
    L’ISLÀM, anche se in seguito
    ne subì l’influenza feconda. …Proprio
    l’ambiente politico-culturale dell’Islàm ha
    contribuito alla diffusione del Giudaismo
    rabbinico” (68); entra poi nei dettagli e conferma
    l’influsso rabbinico su Maometto: “Già
    molto prima di Maometto esistevano in Arabia
    comunità ebraiche: esse svilupparono
    un’intensa attività missionaria …MAOMETTO
    ebbe così l’opportunità di incontrarsi con
    loro e di conoscerne la tradizione. …Egli
    BASÒ AMPIAMENTE LA SUA DOTTRINA
    SULLA TRADIZIONE BIBLICOEBRAICA.
    …Vi sono TANTISSIMI ELEMENTI
    CHE COLLEGANO chiaramente
    IL CORANO e il pensiero islamico posteriore
    ALLA TRADIZIONE EBRAICA” (69).
    Lo Stemberger passa poi ad elencare i
    punti di contatto tra Islamismo e Giudaismo:
    la fede, la legge religiosa ed il materiale narrativo,
    cose che già abbiamo visto nel corso
    14
    dell’articolo. Sembra però opportuno soffermarsi
    sulle prescrizioni legali riguardo ai cibi.
    Maometto riprende sostanzialmente i divieti
    già noti al Giudaismo, anche se pur con
    meno proibizioni. Tuttavia “si permette ai
    musulmani di mangiare la carne macellata
    dagli ebrei” (70).
    Il Verminjon risponde alla domanda sollevato
    dalla Sestrieri, sulla rottura tra Giudaismo e
    Islàm, facendo un pararallelo con Lutero: «Lutero…
    si schierò per gli ebrei e fu da questi sostenuto;
    ma quando il fuoco dell’eresia fu acceso,
    essi, facendo macchina indietro, si ritirarono.
    Per tale voltafaccia lo stesso Lutero li investì
    con l’opuscolo Gli ebrei e le loro menzogne… Il
    rabbino Camerini riconosce che la Riforma, tenendo
    occupati i cristiani a lottare tra loro (proprio
    come era voluto dal Giudaismo), segnò una
    tregua alle persecuzioni antisemite. …E non si
    pensi che allo stesso sorgere del Maomettanesimo
    sia stato estraneo l’intervento della Sinagoga.
    Maometto, in principio, fu aiutato da ebrei
    col consiglio e con l’oro. Ma UNA VOLTA
    CHE TALE RELIGIONE SI DIFFUSE, ESSI
    TROVARONO IL MODO DI RITIRARSI
    ALLA CHETICHELLA. …Fu, in realtà, il fanatismo
    di un pugno di ebrei, fra i più reputati
    della città di Medina, che gettò le fondamenta
    della potenza politico-religiosa dell’Islàm. Dopo
    di che, più facilmente, si arguisce quanto il
    Giudaismo abbia interesse a che i “goim” lottino
    tra loro e siano al massimo grado divagati da
    quelle cose che risultino più distraenti» (71).
    Sembra quindi del tutto lecito affermare
    che, se il Marxismo è una versione laicizzata
    del Giudaismo talmudico, l’Islamismo è un
    Giudaismo semplificato ed armato contro i
    cristiani. È proprio dell’Islàm voler imporre
    la mezzaluna con la spada, mentre la Chiesa
    ammette il ricorso alla forza solo per impedire
    all’eretico di spargere l’errore nella società
    (72) o per difendersi dall’attacco di un
    ingiusto aggressore, fosse anche un non battezzato
    sul quale non ha giurisdizione.
    “La guerra contro gli infedeli è uno dei
    doveri più sacri raccomandati dall’Islàm.
    …la guerra santa non deve né cessare né essere
    interrotta prima che il mondo sia tutto
    sottomesso all’Islàm” (73).
    Come non essere preoccupati, allora, di
    fronte al fenomeno sempre più invadente di
    milioni e milioni di musulmani che si sono
    infiltrati nell’Europa (una volta) cristiana
    per volerla musulmanizzare?
    Nel 1981 il dr. Israël Shahak (presidente
    della Lega israeliana dei diritti dell’uomo,
    professore di chimica all’Università ebraica
    di Gerusalemme) scriveva un’appendice ad
    un articolo intitolato: “La religione ebrea e le
    sue attitudini rispetto alle altre nazioni” (in
    Khamsin N° 9, 1981, Ithaca Press, London).
    Tale appendice è stata tradotta in francese
    da Jacques Monnot, e riportata come postfazione
    al libro “L’Azyme de Sion” del generale
    Moustafà Tlass (prima edizione francese
    1990, Damasco, Siria, pagg. 303-365).
    Ebbene anche il dott. Shahak ammette, in
    tale appendice, che “l’Islàm è considerato
    [dal sistema giuridico giudaico, n.d.a.] più favorevolmente
    del Cristianesimo” (op. cit.,
    pag. 328). «IL GIUDAISMO È IMPREGNATO
    - spiega il dott. Shahak - DI UN
    PROFONDO ODIO VERSO IL CRISTIANESIMO...
    Tale odio risale all’epoca in cui il
    Cristianesimo era ancora debole... Tale attitudine...
    è fondata su due elementi principali:
    in primo luogo, sull’odio e le calunnie contro
    Gesù... In secondo luogo per ragioni teologiche,
    ...secondo le quali il Cristianesimo è posto
    (dall’insegnamento rabbinico) tra le religioni
    idolatriche. Tutto ciò a causa della dottrina
    cristiana sulla Santissima Trinità... Invece
    L’ATTITUDINE DEL GIUDAISMO
    VERSO L’ISLÀM È RELATIVAMENTE
    BENEVOLA... Il Corano, a differenza del
    Nuovo Testamento, non è condannato ad essere
    bruciato. Non è onorato come la legge
    islamica onora i rotoli della Torah, ma è trattato
    come un libro normale.
    15
    Maometto com’è raffigurato sulla copertina
    del libro di P. Théry
    La maggior parte delle autorità rabbiniche
    riconoscono che l’Islàm non è idolatra»
    (op. cit., pagg. 362-365).
    CONCLUSIONE: I RAPPORTI ATTUALI
    TRA MONDO PALESTINESE E STATO
    D’ISRAELE
    In questo articolo si è trattata la questione
    delle origini storiche dell’Islàm, sulla base di
    studi scientifici seri e documentati; per quanto
    riguarda invece i rapporti attuali tra Palestina
    e Stato d’Israele il discorso è diverso.
    Bisogna perciò concludere che tra Giudaismo
    e Islàm il rapporto è SOSTANZIALMENTE
    di causa ed effetto. Tuttavia, ACCIDENTALMENTE
    (cioè date le circostanze
    storiche che hanno fatto sì che Israele occupasse
    con la forza i territori palestinesi), il mondo
    arabo si è trovato in una situazione conflittuale
    con Israele. Questo, però, non è dovuto a cause
    religiose (essendo l’Islam una emanazione del
    Giudaismo talmudico), ma soltanto a cause
    contingenti e accidentali, di ordine politico-militare
    (74). Mi sembra che non si possa negare tuttavia
    che la reazione del mondo islamico all’imperialismo
    ebraico (che sta realizzando il Nuovo
    Ordine Mondiale) sia da considerare come
    qualcosa di positivo, “per accidens et non per
    se” (direbbero gli scolastici). Non bisogna però
    esagerare e vedere nella reazione araba allo
    Stato d’Israele qualcosa di buono IN SÉ o SOSTANZIALMENTE,
    così da farci addirittura
    abbracciare la causa dell’Islàm! Si tratta infatti
    della lotta della Palestina contro lo Stato
    d’Israele e non dell’Islàm contro il Giudaismo!
    Sarebbe fatale per noi, cristiani, dimenticare
    che (come ha dichiarato Jocelyne Khoueiry, ex
    comandante della milizia cristiana libanese) “il
    Libano [cristiano] è stato sacrificato per soddisfare
    Siria e Israele [musulmani ed ebrei]. …Sul
    Libano…pesavano tre pericoli. Il primo era la
    Siria, con le sue mire …Il secondo è costituito
    dall’integralismo … delle nazioni islamiche, in
    particolare l’Iran e l’Arabia Saudita. Infine vi è
    la minaccia di Israele, che preferirebbe un Libano
    diviso in tanti piccoli stati quante sono le sue
    religioni. Inoltre non bisogna dimenticare che
    USA ed Israele avevano concluso un patto internazionale
    …il cui scopo era di risolvere la
    questione palestinese a spese dei cristiani libanesi.
    I palestinesi non avevano patria? Il Libano
    diventerà la loro patria. E i cristiani? Potranno
    emigrare verso gli USA…” (75).
    GIUDAISMO E ISLAM SONO SEMPRE
    PRONTI (ANCHE ORA) AD ALLEARSI,
    QUANDO SI TRATTA DI DISTRUGGERE
    IL CRISTIANESIMO! Perciò
    l’infiltrazione giudaico-massonica all’interno
    della Chiesa romana e la giudaizzazione
    dell’ambiente cristiano, non debbono farci
    dimenticare, ma al contrario debbono
    rafforzarci sempre più nella convinzione che
    L’UNICO VERO ANTIDOTO AL GIUDAISMO
    TALMUDICO NON È LA
    MEZZA LUNA (che è preceduta e s’interseca
    con la stella di David) MA SOLO E
    SOLTANTO LA CROCE DI GESÙ!

    Note
    Le citazioni del Corano sono state tratte dal vol. del
    Padre Théry: “Vrai Mohammed et faux Coran”.
    1) 1891-1959. Fu membro dell’Accademia Pontificia,
    cofondatore con Etienne Gilson degli Archives doctrinales
    et littéraires du Moyen Age, fondatore dell’“Istituto
    storico di Santa Sabina” di Roma, professore
    all’Istituto Cattolico di Parigi, membro delle sezione
    storica della Sacra Congregazione dei Riti.
    2) N.E.L.. Paris 1960.
    3) J. BERTUEL, L’Islam: ses véritables origines,
    N.E.L., Paris 1983-84, 3 voll.
    4) BRUNO BONNET-EYMARD fr., Le Coran, CRC ed.,
    Saint-Parres-lès-Vaudes 1988, tomo I, pag. XIX
    5) L’edizione precedente di De Moïse à Mohammed,
    sotto lo pseudonimo di H. ZAKARIAS, apparve nel
    1955 “chez l’auteur”, seguito dal III tomo postumo nel
    1963 presso le edizioni dello Scorpione. Un IV volume è
    rimasto allo stato di manoscritto.
    6) Cfr. Angelicum, fascic. 3-4, 1960.
    7) Probabilmente un meteorite.
    8) A La Mecca si praticava sia il politeismo, che
    adorava una decina di divinità, tra le quali una triade
    femminile, sia la litolatria: il culto delle pietre sacre.
    9) Sura XVIII, 8.
    10) Probabilmente agli inizi del VI secolo.
    11) E. PERTUS, Connaissance élémentaire de l’Islam, Action
    familiale et scolaire, Paris 1991, suppl. al n° 65, pag. 24.
    12) Sura XCII.
    13) Sura XCV.
    14) Sura LXXX, 13-16.
    15) Sura XXXVII, 114-120.
    16) Sura LXXXV, 21-22.
    17) Sura CXII.
    18) Sura CIX, 1-6.
    19) H. ZAKARIAS, Vrai Mohammed et faux Coran,
    N.E.L., Paris 1960, pag. 32.
    20) Sura LXXX 11-15, XCVII, LXXXVII, LXVIII
    15-52, LVI 76-77.
    21) “Si resta colpiti dal posto che tengono - nel Corano
    - i precetti, minuziosamente dettagliati, relativi alle
    donne; ora questi stessi precetti occupano circa un settimo
    del contenuto del Talmùd”. (E. PERTUS, op.cit., pag. 41).
    22) Sure: LXXVII, 41-44; LXXXIII, 47; LXXVIII,
    31; LII, 20; LVI, 22; LV, 72; XXXVII, 47; XLIV, 54;
    XVI, XXXVII, 47; LV, 47.
    23) Sura XVII, 75.
    24) Sura LIV, 17, 22, 32, 40.
    25) Sura XX, 112.
    26) Sura XI, 20.
    27) Sura X, 38.
    16
    28) Sura XLVI, 11.
    29) Op. cit. pag. 112
    30) Sura XXVI, 217-219.
    31) Sura VI, 125.
    32) Op. cit., pag. 129.
    33) Sura XIX, 1-15.
    34) Sura, XIX, 16-21.
    35) Sura XIX, 29.
    36) Sura XVIII, 3-4.
    37) Sura LXXII, 3.
    38) Cfr. E. PERTUS, Connaissance élémentaire de
    l’Islam, Action familiale et scolaire, Paris 1991, suppl. al n°
    65.
    39) B. LAZARE, L’antisemitisme, Documents et témoignages
    1969, pag. 51.
    40) B. LEWIS, La rinascita Islamica, Il Mulino, Bologna
    1991, pagg. 187-205.
    41) Cfr. J. MEINVIELLE, Dalla Cabala al progressismo,
    Roma 1989.
    42) E. PERTUS, op. cit., pag. 26.
    43) Intervista ad Arafat, LA STAMPA, 15/9/1993.
    44) L’Osservatore Romano, 21/8/1994, pag. 2.
    45) 30 GIORNI, febbraio 1994, pag. 16.
    46) V. MESSORI. Pensare la Storia, ed. Paoline, Milano
    1992, pag. 624.
    47) Ibidem, pagg. 117-118.
    48) A. GEIGER, Was hat Mohammed aus dem Judenthume
    aufgenommen?, Bonn 1833, ed. Rivista, Lipsia
    1902.
    49) B. LEWIS, Gli Ebrei nel mondo Islamico, Sansoni,
    Firenze 1991, pag. 72.
    50) P. CRONE-M. COOK, Magarism: the Making of
    the Islamic World, Cambridge, England, 1977.
    51) B. LEWIS, op. cit., pag. 73.
    52) È professore di storia del Medio Oriente presso
    l’Università americana di Princenton.
    53) B. LEWIS, op. cit., pag. 204.
    54) Pagg. 82-86.
    55) Ibidem, pagg. 87-88.
    Sull’argomento si vedano anche:
    S. W. BARON, Social and Religious History of the Jesus,
    New York 1952.
    E. I. J. ROSENTHAL, Judaism and Islam, Londra 1961.
    A. I. KATSH, Judaism in Islam, New York 1962.
    S. D. GOITHEIN, Studies in Islamic History and Institutions,
    Leida 1966.
    M. R. COHEN, The Jewish self-Government in Medieval
    Egipt, Princeton 1980.
    56) S. D. GOITEIN, Ebrei e Arabi nella storia, Jouvence,
    Roma 1980, pag. 59.
    57) Ibidem, pag. 63.
    58) Sura XVI, 77.
    59) S. D. GOITEIN, op. cit., pag. 65.
    60) Dogmengeschichte, II, pagg. 553-557.
    61) S. D. GOITEIN, op. cit., pagg. 68-69
    62) Ibidem. Pag. 74.
    63) Ibidem, pag. 76.
    64) P. JOHNSON, Storia degli ebrei, Longanesi, Milano
    1987, pagg. 186-187.
    65) L. SESTRIERI, Gli Ebrei nella storia di tre millenni,
    Carucci, Roma 1980, pagg. 92-95.
    66) Ibidem, pag. 95.
    67) Ibidem, pagg. 94-95.
    68) G. STEMBERGER, Il Giudaismo classico, Città
    nuova, Roma 1991, pag. 288.
    69) Ibidem, pagg. 288-289.
    70) Ibidem, pag. 290.
    71) VERMINJON, Le forze occulte che manovrano il
    mondo, Roma 1977, pagg. 64-66.
    72) Assassinando così lo spirito, reato questo molto più
    grave dell’omicidio (vedasi Sodalitium n° 5, pagg. 14-23).
    73) Ibidem, pag. 94.
    Sull’argomento vedasi anche R. BARKAI, Chrétiens,
    musulmans et juifs dans l’Espagne médiévale, ed. Du
    Cerf, Paris 1994.
    74) IL GIORNALE del 12/11/’94 (pag, 15) riporta
    un’intervista a Mahmud El Adhar, uno dei laeders indiscussi
    di Hamas a Gaza, nella quale si legge: “PER NOI
    MUSULMANI GLI EBREI NON HANNO MAI COSTITUITO
    UN PROBLEMA IN QUANTO TALI. Li
    abbiamo accolti ogni volta che voi Europei avete deciso
    di liberarvi di loro. Abbiamo iniziato cinque secoli fa
    quando gli Spagnoli iniziarono a buttarli fuori dal loro
    impero”. Lo stesso Arafat ha recentemete dichiarato:
    “Vogliamo la pace con I NOSTRI CUGINI EBREI”;
    da L’OSSERVATORE ROMANO, 21 agosto 1994, pag. 2.
    75) J. KHOUEIRY, in Missioni della Consolata, agosto
    1993, pagg. 26-28.
    BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
    C. BAFFIONI, Storia della filosofia islamica, Mondadori,
    Milano 1991.
    A. BAUSANI, L’Islam, Garzanti, Milano 1987.
    J. BERAUD-VILLAS, Islam d’Hiers et de toujours,
    Arthaud, Paris 1969.
    A. FAHD, TOUFIC-BAUSANI, L’Islamismo, Laterza, Bari
    1991.
    R. GARAUDY, Promesses de l’Islam, ed. Du Seuil, Paris
    1991.
    C. GASBARRI, Cattolicesimo e Islam oggi, Città Nuova,
    Roma 1972.
    H. LAMMENS, L’Islam, Croyances et institutions, Librairie
    orientale, Beirouth, 1943.
    B. LEWIS, Il linguaggio politico dell’Islam, Laterza, Roma-
    Bari, 1991.
    H. C. PUECH,Islamismo, Laterza, Roma-Bari 1991.
    M. QUTUB, Equivoci sull’Islam, Sita, Ancona 1980.
    R. DA MONTECROCE, I Saraceni, Contra legem sarracenorum,
    Nardini, Firenze 1992.
    E. VARRIALE, La legge sacra. Diritto e Religione. nell’Islam,
    Stamperia della frontiera, Careggio 1986.
    G. LEVI DELLA VIDA, Arabi ed Ebrei nella Storia, Guida
    ed., Napoli 1984.
    G. BALDACCI, Arabi ed ebrei, Longanesi, Milano 1968.
    G. TROVATO, Maometto e gli ebrei, Agate, Palermo 1939.
    A. UCCELLI, Gli Arabi nella storia e nella civiltà, Vallardi,
    Milano 1912.
    G. VALABREGA, La Rivoluzione araba, Dall’Oglio, Milano
    1967.
    ABDEL-KADER, A. RAZAK, Israele e il mondo arabo, Il
    Saggiatore, Milano 1964.
    R. DE MATTEI, La vita interiore fondamento della Contro-
    Rivoluzione, in Lepanto, luglio-agosto 1993.
    STEFANO NITOGLIA, L’Islàm anatomia di una setta, Effedieffe
    Milano 1994.
    Encyyclopédie de l’Islam, 2 ed, Brill, Leiden 1961-78. Voci:
    Isrà il iyyat
    Al Kur’an
    Ka’ba
    Indjil
    S. NOJA, Maometto profeta dell’Islam, Mondadori, Milano
    1974.
    E. COUVERT, La gnose universelle, ed. de Chiré, Chiréen-
    Montreuil, 1994.
    17
    P. VASSALLO, Nuove tesi su Islam e Giudaismo, in “Lo
    Stato”, n° 23, settembre 1961, pagg. 28-30.
    A. BAUSANI - F. M. PARADA, L’Islamologia, Roma,
    Orbis Catholicus, 1951.
    "Sarà qualcun'altro a ballare, ma sono io che ho scritto la musica. Io avrò influenzato la storia del XXI secolo più di qualunque altro europeo".

    Der Wehrwolf

  2. #2
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    "Sarà qualcun'altro a ballare, ma sono io che ho scritto la musica. Io avrò influenzato la storia del XXI secolo più di qualunque altro europeo".

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  3. #3
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    Gli insegnamenti dello sceicco sulla questione mediorientale:

    www.mednat.org/centrale/religione/maometto.htm

    E riguardo l'Autorità Palestinese:

    www.israele.net/analisi/30011pzz.html
    "Sarà qualcun'altro a ballare, ma sono io che ho scritto la musica. Io avrò influenzato la storia del XXI secolo più di qualunque altro europeo".

    Der Wehrwolf

  4. #4
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    rapporti islamo-israeliani
    Il segretario dell'Associazione Musulmani Italiani con Baruch Marzel, colono di Hebron e figura carismatica del Kach, fuorilegge persino per le autorità israeliane per le sue idee sulla espulsione dei nativi palestinesi. http://qn.quotidiano.net/art/2000/03/19/725623

    "Sarà qualcun'altro a ballare, ma sono io che ho scritto la musica. Io avrò influenzato la storia del XXI secolo più di qualunque altro europeo".

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  5. #5
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    "Sarà qualcun'altro a ballare, ma sono io che ho scritto la musica. Io avrò influenzato la storia del XXI secolo più di qualunque altro europeo".

    Der Wehrwolf

  6. #6
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    Verissimo iò lò sostengo da tempo riprendendo varie tesi

    Ps non ti far sentire che ti prendono per pazzo come me

  7. #7
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    Ragionamento semplice...
    si sostiene l'islam quando antisionista(Iran,Libano,Palestina)
    e non lo si sostiene quando in funzione americanosionista(kosovo)
    Stesso discorso per le religioni o i movimenti politici restanti...

  8. #8
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    nonostante non abbia per niente simpatia per i cattlici tradizionalisti, che l'islam è molto simile all'ebraismo è una verità accertata
    Nè DAVANTI Nè DI DIETRO, MA DI LATO

  9. #9
    Neutrino NO-TUNNEL
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    Citazione Originariamente Scritto da I'm Hate
    Ragionamento semplice...
    si sostiene l'islam quando antisionista(Iran,Libano,Palestina)
    e non lo si sostiene quando in funzione americanosionista(kosovo)
    Stesso discorso per le religioni o i movimenti politici restanti...
    e se oltre ad essere antiamericano( e anti israeliano) quell'islam fosse pure anti-europeo tu come la metteresti? lo sosterresti o no?
    Nè DAVANTI Nè DI DIETRO, MA DI LATO

  10. #10
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    Ovviamente no

 

 
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