Come i liberatori più democratici torturarono e massacrarono i tedeschi fino a tutto il 1946
Il Foreign office non ha ancora acconsentito alla pubblicazione delle fotografie scattate da quelli che furono definiti «scheletri viventi». Ma anche senza l'ausilio delle immagini, la realtà di un campo di prigionia e tortura nella Germania nord-occidentale gestito dai militari britannici e operante fino al 1947 è venuta alla luce in tutta la sua crudezza grazie a documenti declassificati - dopo 60 anni come prescritto dalle norme del Freedom of information act - resi pubblici ieri dal Guardian. E così Bad Nenndorf ha cessato d'un tratto d'essere il nome di un'elegante cittadina termale nei pressi di Hannover, per diventare il luogo dove centinaia di prigionieri - all'inizio quasi esclusivamente nazisti e membri delle SS, in seguito sospetti agenti sovietici, tedeschi con simpatie di sinistra e decine di persone catturate «a caso» - venivano picchiate, torturate e spesso lasciate letteralmente morire di fame. Una prigione le cui pratiche e la cui organizzazione somigliano in molti punti a quello che sarà sperimentato 60 anni più tardi nel carcere di Abu Ghraib, il penitenziario di Baghdad nel quale è esploso il più recente «scandalo delle torture».
Il carcere degli orrori - secondo i documenti ufficiali citati dal quotidiano londinese - era gestito da un'apposita organizzazione denominata Combined services detailed interrogation centre (Csdic). Documenti ufficiali scoperti il mese scorso nell'archivio nazionale di Kew, a sud-ovest della capitale britannica, avevano già portato alla luce la London cage, la gabbia di Londra, un centro di tortura segreto dove prigionieri tedeschi, dopo essere stati cancellati dagli elenchi della Croce rossa, venivano picchiati, privati del sonno, minacciati di morte o di operazioni chirurgiche non necessarie. Ma le condizioni di detenzione di Bad Nenndorf - riferisce il Guardian - erano ben peggiori. Secondo i documenti del ministero degli esteri di sua maestà nei 22 mesi in cui il «lager» rimase operativo, fino al luglio 1947, vi passarono 372 uomini e 44 donne sistematicamente picchiati, esposti al freddo estremo, alcuni lasciati morire di fame, altri torturati con strumenti sottratti a un ex prigione della Gestapo (la polizia politica del regime nazista) di Amburgo. Questa realtà sconcertante venne a galla dopo un'inchiesta condotta da un investigatore di Scotland Yard, Tom Hayward, in seguito alle denunce di James Morgan Jones, un maggiore dell'artiglieria reale, e di un medico identificato come dottor Jordan. «C'è una quantità di prigionieri contro i quali non è stato sporto alcun capo d'accusa - notava l'ispettore Hayward - e l'unica ragione per la loro detenzione sembrerebbe quella di essere cittadini di un paese ancora nominalmente in guerra contro di noi».
Ma dalla fine del 1946, come dimostrano i documenti, il centro sembra essere stato utilizzato anche in funzione anti-comunista: venivano detenuti sospetti agenti della Nkvd russi, cechi e ungheresi, ma anche esponenti della sinistra tedesca. «Tra gli abitanti della bassa Sassonia - prosegue il racconto del giornale - Bad Nenndorf divenne noto come das verbotene dorf, il villaggio proibito». «Ogni prigioniero che si rifiutava di collaborare durante gli interrogatori veniva condotto in una cella di punizione dove era spogliato e ripetutamente immerso nell'acqua, anche con temperature sotto lo zero. Altri prigionieri venivano ammanettati dorso contro dorso e lasciati davanti a finestre spalancate in pieno inverno».
L'indgine di Hayward portò davanti alla corte marziale il colonnello Robin Stephens, il capitano John Smith e uno degli addetti agli interrogatori, il luogotenente Richard Langham. La maggior parte dei sergenti - quelli che materialmente eseguivano pestaggi e torture - furono perdonati in cambio della confessione degli orrrori di Bad Nenndorf.