Originariamente Scritto da
Florian
Orfani e nuovi nati
Manifesto dei conservatori italiani in versione rigorosamente divina
Intervista a Camillo Langone di Giorgio Demetrio
l'Occidentale, 25 Dicembre 2009
Il destro italiano medio, nato nel XX secolo con il Movimento Sociale e ora più berlusconiano del Cavaliere (effetti miracolosi dei tradimenti del capocondomino di Montecitorio) si è definito in tutti i modi fuorché “conservatore”. Nel Bel Paese, per ragioni storiche note - anzitutto il primo fascismo socialista che stronca le possibilità di sviluppo di un partito tutto conservatore e cambia la storia della destra che sarebbe seguita - è un’etichetta che rimanda ai surgelati o al reazionarismo più gretto, ascrivibile a qualsiasi parrocchia. Si possono portare esempi in quantità: la CGIL che resta attaccata agli schemi veteromarxisti è “conservatrice”, come “conservatori” - per i nuovisti della stessa comitiva - sono i democratici che detestano il partito liquido. Camillo Langone, penna caustica de “Il Foglio” che - oltre al tratto ispirato dalla Verità - ha l’ulteriore merito di scrivere di letteratura e di nettare di Bacco, col suo ultimo libro ha voluto spiegare che i conservatori (divini, rigorosamente non laici, non laicisti, non agnostici, non atei) meritano un posto più nobile dell’inferno di Epifani. Così prende forma il “Manifesto della destra divina” (ed. Vallecchi), una guida agile, godibilissima, che si nutre di immagini didascaliche ed esilaranti, e aiuta a non diventare Fini o Tettamanzi.
Langone, il miglior complimento che un destro divino può farle è “finalmente un libro che dice chi sono”. Lo stile sarà pure lieve, ma il libro non si propone esplicitamente di essere il primo manifesto dei conservatori italiani (in versione divina rispetto a quella laica di Prezzolini), dando voce a una categoria che il destro medio italiano non sa lontanamente cosa sia?
Il libro non è nato per colmare una lacuna. Solo dopo mi sono reso conto di aver dato il microfono a una destra diffusa ma complessata, che vota Berlusconi e un po’ se ne vergogna. E’ una destra smarrita, fatta di migliaia di orfani di Fini che rischiano di finire tra le braccia di destre per nulla divine, come dimostrano i posizionamenti dell’ex capo di An, di Casini, di Rutelli. E’ vero, anche Prezzolini ha scritto un “Manifesto dei conservatori”, ma pur avendo il merito di aver intercettato il sentire di una destra non rinchiudibile in un partito, il suo non era un manifesto “entusiasmante”, nel senso filologico dell’aggettivo: non aveva Dio dentro.
La penna puntuta di Langone tratteggia un destro divino radicatissimo al territorio; che spara e si ciba di qualsiasi cosa si muova non antropomorfa; che va a messa ma non a mostre; che denuncia i guasti di aborti e divorzi. Troppo “dogmatica” questa destra? O, pensando alla lista delle trentatré destre, quella che parla solo di cittadinanza breve, di voto agli immigrati e della costituzione come fosse la Bibbia è arrivata trentaquattresima?
La destra non può che essere dogmatica. L’idea stessa di destra affonda le radici nella consapevolezza del peccato originale, nel riconoscimento di princìpi certi ed esterni all’uomo ricettacolo di desideri. Tutto il resto non è destra. Questi valori certi non possono derivare dalla Costituzione - che non è un idolo da adorare - ma vanno cercati nel Decalogo, nella legge di Dio. A chi pontifica di destra “europea, moderna e repubblicana”, ricordo che è impensabile costruire IL modello di destra su un personaggio, tantopiù se il riferimento – e penso al marito di Carla Bruni – viene privato perfino delle sue uniche connotazioni conservatrici (il contrasto culturale del ‘68). Chi usa la Costituzione come feticcio, spacciandosi per destro molto “nuovo”, si inginocchia davanti a istituzioni ammuffite. Non si discute, il vero giovane è Berlusconi.
I destri divini non disdegnano l’etichetta di “reazionari”, soprattutto nella misura in cui fa venire l’orticaria ai progressisti (di varia estrazione). Al di là della vena politicamente scorretta, il destro divino vuole portare indietro le lancette della Storia o è piuttosto l’ultra-realista che, depurato dall’ideologia, può essere uno dei riformatori più incisivi?
Le lancette della Storia non devono essere portate indietro. Tutto sta a usare - e usare bene - il libretto delle istruzioni che ci è stato dato. Il Decalogo è l’unica guida di cui l’uomo ha bisogno fino a quando esisterà come tale. Il destro divino non è un reazionario nostalgico perché riconosce – da buon riformatore potenziale - che il Decalogo va adattato ai tempi nuovi. Mi sorprende sempre la reazione di chi si stupisce della mia presenza su Facebook. Perché mai non dovrei esserci? Lo Spirito Santo è sceso sugli apostoli dando loro il dono della lingua; le lingue dell’oggi sono Internet o qualsiasi altro marchingegno.
La poesia “Saluto e augurio” di Pier Paolo Pasolini, in cui invita a tirare fuori la “Destra divina che è dentro di noi, nel sonno”, in cui Pasolini esorta a difendere, conservare e pregare, è la premessa programmatica del libro. Perché Pasolini? Perché non un “conservatore doc” come i nemici della rivoluzione francese? Troppo “ortodossi” rispetto al conservatorismo disorganico di Pasolini?
Perché Pasolini è più presente nella mia vita. I conservatori allergici alla rivoluzione francese, e più in generale al giacobinismo, mi sembrano espressione di un passato remoto. Al contrario Pasolini è l’interprete di un passato prossimo che ha saputo prefigurare il presente. Non è secondaria, poi, la scelta del componimento: in primo luogo perché Pasolini è riuscito a sintetizzare in poche righe ciò che volevo dire; quindi perché volevo rendere maggio alla poesia, alla poesia italiana in particolare.
Ce ne sono destri divini nella politica dell’Italia di oggi?
Ci sono ma purtroppo per ora non sono candidati alle presidenze del consiglio o della repubblica. Sono i Mantovano, i Farina, i parlamentari che – un esempio su tutti – hanno promosso l’appello contro la proposta di legge della Concia sull’omofobia.
Berlusconi, Fini Bossi, Casini: hanno rapporti, mediati o immediati, con la destra divina?
Berlusconi è un uomo dell’Italia di sempre, è un italiano vero e quindi è destro divino antropologicamente, senza starci a pensare. Bossi è un mistero: all’inizio era pagano come tanti missini e ora si scopre amante del Crocifisso. Fini è il nemico numero uno della destra divina. Tra Fini e Bersani voterei Bersani, non avrei dubbi. Il suo rapporto con la destra divina ora è inesistente, ma considerato che il personaggio non crede in nulla da sempre, se domani sarà opportuno potrà cambiare idea ancora. Conosco Fini e non mi sorprendono le sue posizioni attuali: l’ho sempre percepito come uno in linea con ciò che sostiene oggi. Ma – ribadisco – è un oggi momentaneo. Non è un fatto personale, il capo di Montecitorio è espressione di una ribellione reale dell’homo italicus a qualsiasi ragionamento che superi l’ombelico. Casini è il male minore che incombe su di noi. Non possiamo neanche elencare i suoi difetti ma dobbiamo attaccarci a quel pochissimo di buono che ha.
Chi sono i più ostili culturalmente alla destra divina?
Tettamanzi, Martini, che, al livello ecclesiastico, è il principale nemico della destra di Dio; anche lui negatore del peccato originale attraverso un mezzo avallo concesso a Vito Mancuso. Peccato che così cade il cristianesimo e il principio stesso di destra, di ubicazione del senso al di fuori della corporeità.
Sulla polemica recente della Lega contro Tettamanzi sono dalla parte del Carroccio, ma il mio è un allineamento incidentale, da cattolico praticante, non da organico. Lo dico perché Tettamanzi, un maestro assai cattivo, è quello che organizza convegni sull’Islam ogni tre per due.
La destra divina non poteva avere imperatore migliore di Benedetto XVI?
Sogno sempre, e vorrei un Benedetto XVI più giovane, più energico. Sogno un pastore più simpatetico, meno teologo. Ma al momento è senza dubbio il migliore.
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