Georg Klotz, eroe sudtirolese che gli italiani volevano chiamare Giorgio Dal Ceppo
Il 24 gennaio del 1976, esattamente trent’anni fa, moriva nel suo esilio austriaco Georg Klotz, uno degli eroi della lotta del popolo sudtirolese. Descritto per anni dalla stampa patriottica italiana come un terrorista (l’epiteto più “gentile”, poi diventato una sorta di medaglia, era “martellatore della Val Passiria”), lui si è sempre vantato di avere sempre e solo colpito “cose” (tralicci, caserme, infrastrutture) e di non avere mai fatto del male alle persone, secondo un codice di onore che distingueva quelli come lui da tutta la marmaglia sanguinaria che ha riempito le cronache più tragiche del tempo e degli anni più recenti.
Klotz era nato a Walten, in val Passiria, l’11 settembre 1919, proprio il giorno del Trattato di Saint-Germain che consegnava la sua terra alla sovranità del Regno d’Italia, strappandola all’antica heimat della Contea del Tirolo. Ha vissuto la sua giovinezza sotto l’oppressione fascista, stupida e prepotente: a un certo punto gli è anche capitato che un burocrate ottuso – che aveva preso sul serio la sciocchezza scolpita (rigorosamente in latino) sull’Arco della Vittoria, il patriottico catafalco che deturpa una piazza di Bozen-Bolzano: “Qui abbiamo insegnato agli altri la lingua, il diritto, la arti” – avesse cercato di cambiargli il nome in Giorgio Dal Ceppo.
La notte fra il 6 e il 7 settembre 1964, Klotz e il suo compagno di lotta Luis Amplatz si erano rifugiati in un piccolo edificio, la Malga Brunner, sopra Novale di San Martino, in Passiria, assieme a tale Christian Kerbler (alias Peter Hofman), un collaboratore della Divisione affari riservati del Ministero dell’Interno, “infiltrato” dal questore Allitto Bonanno. Lì questo Kerbler uccide nel sonno Amplatz e spara due colpi di rivoltella al petto di Klotz, che riesce a trascinarsi in condizioni drammatiche fino al confine austriaco e a salvarsi.
Il sicario si “consegna” ai carabinieri ma riesce a fuggire alla non troppo oculata sorveglianza di chi lo stava trasportando a valle. Arrestato anni dopo a Londra per altri reati (evidentemente i “trenta denari” si erano presto esauriti…), si scoprirà che non esisteva a suo carico nessun mandato di cattura emesso da autorità italiane. Le sue tracce si perderanno in Brasile.
Georg Klotz resterà in Austria fino alla sua morte, avvenuta per una embolia, lontana conseguenza delle ferite riportate. In sua assenza la polizia si era accanita contro la sua famiglia: nel 1967 la moglie era stata incarcerata per 14 mesi: un vergognoso ricatto per cercare di costringerlo a rientrare e a confessare delitti mai commessi e per cui era stato condannato a morte con il solo metodo utilizzabile in un paese che ha formalmente eliminato la pena capitale. Dei sei figli si occupava la più grande, Eva, che aveva allora 16 anni, e che oggi è la più combattiva esponente della libertà sudtirolese.
Da qualche anno sembra essere tornata a farsi sentire la pressione italiana contro l’autonomia di Bolzano: gli attacchi al bilinguismo, alla proporzionale etnica e allo stesso istituto della Provincia autonoma, assieme al più recente ricorso alla Legge Mancino, non lasciano presagire niente di buono.
La situazione è così preoccupante che l’Austria ha deciso di riproporre con rinnovata determinazione la sua tutela sul Sud Tirolo, ottenendo come primo risultato l’annullamento della visita a Vienna del consorte della signora Franca e il risparmiarsi qualche poco elegante apprezzamento sulla bontà d’animo e sull’intelligenza dei cittadini dell’Austria del Nord. Come già successo molte volte nel passato, i Sudtirolesi possono contare nei monumenti più cupi della loro vita comunitaria sulla solidarietà dei loro fratelli tirolesi e austriaci di oltre Brennero. Una tutela che purtroppo manca ai popoli padani che sono sempre da soli a combattere la loro battaglia.
La vicenda sudtirolese serve però da esempio a tutti quelli che combattono per la libertà e l’autonomia. In questo senso il Tirolo è davvero la “Patria del mondo” esaltata in una popolare canzone degli Insorgenti trentino-tirolesi che combattevano a fianco di Andreas Hofer: lo è nel senso di partia dei diritti di tutti i popoli oppressi, di scrigno di libertà difeso nei secoli contro tutti gli aggressori.
Il valore simbolico ed esemplare di Hofer e Klotz travalica il tempo e i confini: sono gli eroi di tutti quelli che lottano per la libertà.
Lo sanno in particolare per quelli che hanno gli stessi nemici. Los von Rom.
Gilberto Oneto
"La Padania", martedì 24 gennaio 2006, prima pagina.