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  1. #21
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    Buongiorno egregio Lutero come mai in questo forum con quell'avatar?? è venuto qua a stigamatizzare i difetti della babilonese

  2. #22
    Ut unum sint!
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    Citazione Originariamente Scritto da bohemiankiller
    siccome il papa va in televisione 20 minuti al giorno sul rai 1 che spenda una parola per queste tristi faccende piuttosto che parlare ossessivamente di Pacs
    AHEM... DICEVAMO?

    Benedetto XVI si è appellato al preambolo della Costituzione afgana
    Abdul Rahman rischia la morte per essere passato dall'islam al cristianesimo
    Kabul, lettera del Papa a Karzai
    per salvare la vita al convertito


    <B>Kabul, lettera del Papa a Karzai<br>per salvare la vita al convertito</B>
    Abdul Rahman, l'uomo condannato per apostasia

    CITTA' DEL VATICANO - Papa Benedetto XVI ha scritto al presidente Hamid Karzai per chiedere la grazia per il giovane musulmano convertito al cristianesimo che a Kabul rischia la condanna a morte. Nei giorni scorsi, secondo quanto si apprende, il pontefice per il tramite del segretario di Stato, cardinale Angelo Sodano, ha inviato una lettera a Karzai in cui si fa appello al rispetto dei diritti umani sancito nel preambolo della nuova Costituzione afghana.

    La missiva, che porta formalmente la firma del cardinale Sodano, è stata inoltrata attraverso canali diplomatici. Nei giorni scorsi, nel tentativo di salvare la vita ad Abdul Rahman, era intervenuta anche la Conferenza Episcopale Italiana con una lettera al ministro degli Esteri Gianfranco Fini. I vescovi incoraggiavano l'Italia a proseguire e intensificare l'azione europea per ottenere la grazia di Abdul Rahman. L'uomo, 41 anni, è stato denunciato il mese scorso come convertito da suoi familiari, nell'ambito di una lite con l'ex moglie per la custodia dei due figli.

    Trovato in possesso di una Bibbia, Rahman è stato accusato di apostasia per aver abbandonato l'Islam. In tribunale l'imputato ha detto di essersi convertito sedici anni fa, mentre lavorava come medico assieme ad un'organizzazione cristiana che aiutava i profughi afgani in Pakistan.

    (25 marzo 2006)
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  3. #23
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    Dal carcere Abdul Rahman racconta: "Sono stato denunciato dalla famiglia"
    Nella preghiera del venerdì i muezzin hanno pregato per la sua esecuzione
    Afghanistan, parla il convertito
    "Pronto a morire per la mia fede"

    Afghanistan, parla il convertito: "Pronto a morire per la mia fede"
    Abdul Rahman rischia la pena di morte per la sua conversione al cristianesimo

    dal nostro inviato Daniele Mastrogiacomo
    KABUL - "Non voglio morire. Ma se Dio lo deciderà, sono pronto ad affrontare le mie scelte. Fino in fondo".

    Dicono che lei non sia sano di mente.
    "Sono sanissimo. E soprattutto convinto di essere cristiano".


    Rischia di essere impiccato.
    "Conosco la legge afgana. Lo prevede la sharia. Ma nessuno è giudice del proprio credo. Soprattutto religioso. Solo lui, Dio, il Dio di tutti, può giudicarci. Se sarò condannato gli affiderò la mia anima".


    L'uomo che rischia di isolare l'Afghanistan dal resto del mondo, l'ultimo simbolo della battaglia per i diritti umani e delle libertà universali nel paese che l'America di George Bush e l'Occidente hanno traghettato verso le moderne democrazie, da mercoledì scorso è rinchiuso in una cella d'isolamento nel carcere di Pulicharkhy: un vecchio forte isolato in mezzo ad una pianura spoglia, 40 chilometri a sud di Kabul, lungo la grande arteria piena di sassi e avvolta dalla polvere, che porta verso Jalalabad e il Kyber pass. Motivi di sicurezza, dicono le alte sfere del Palazzo di Kabul. C'è da credergli se si dà retta a quello che la gente invoca a gran voce.

    Lo odiano, lo detestano, lo disprezzano tutti. Lo vogliono morto. Subito. Non c'è un bambino, un vecchio, una sola donna, disposti a perdonarlo. Peggio di un appestato. E' un traditore, un apostata. Ha rinnegato l'islam. E' diventato un cristiano. E soprattutto, reato dei reati per la sharia, non si vuole pentire. Quasi tutti i muezzin del paese hanno chiesto venerdì nella loro preghiera la sua esecuzione.

    Abdul Rahman, 41 anni da poco compiuti, due figlie di 12 e 14, è un uomo testardo, ostinato, deciso. Ma riesce ad essere perfino solare di fronte alla prospettiva di finire davanti alla forca. Incontrarlo personalmente è impossibile. Il presidente Hamid Karzai ha vietato qualsiasi contatto con l'esterno. Troppo scompiglio, troppa tensione. L'Afghanistan vive momenti delicati, con l'offensiva dei Taleban in tutto il sud e un pericoloso distacco tra società politica e sfere religiose che rischia di dividere il paese. Ma attraverso il rappresentante di un'organizzazione dei diritti umani siamo riusciti a fargli avere delle domande. Ecco le sue risposte.

    Come si sente in queste ore?
    "Sono sereno. So di essere nel giusto. Non ho fatto nulla di che pentirmi. Rispetto la legge afgana, come rispetto l'islam. Ma ho scelto di diventare cristiano e questo, per me, per la mia anima, non è una colpa".

    Una scelta che può pagare con la vita. Ne è cosciente?
    "Certo. Non immaginavo che finisse in questo modo. Ma sono pronto ad affrontare tutte le conseguenze. Non ho rinnegato nulla, perché continuo a credere in un Dio. L'unico che esiste, per tutte le religioni".

    Chi l'ha denunciata?
    "La mia famiglia. La mia ex moglie, le mie due figlie, mio zio e i miei due nipoti".

    Quando e perché?
    "Tre settimane fa. Una mattina è arrivata la polizia, quella del distretto 15, a casa, mi ha arrestato e portato in Tribunale. Non sapevo neanche perché. L'ho chiesto ai poliziotti, ma loro zitti. Mi guardavano torvi. Uno, ad un certo punto, ha cominciato ad insultarmi. Diceva che ero uno senza religione, che non meritavo di vivere, ero la vergogna dell'Afghanistan e di tutti i musulmani. A quel punto ho capito".

    E cosa ha pensato?
    "Che non avevo nulla di che vergognarmi".

    Sua moglie cosa ha detto alla polizia?
    "Dice che sono un apostata. Che l'avevo abbandonata, che non avevo più dato notizie, che non mi ero mai occupato delle nostre due bambine, che ero fuggito e che ora volevo riaverle. Ma soprattutto diceva che ero diventato cristiano".

    Ed è vero?
    "Sono fuggito dall'Afghanistan 16 anni fa. C'era la guerra tra i mujaheddin, poi erano arrivati i Taleban. Era impossibile vivere nel nostro paese. Sono andato prima in Pakistan, poi in Germania. Ho tentato di avere un visto in Belgio. A Peshawar ho lavorato per una organizzazione umanitaria. Erano cattolici. Ho iniziato a parlare con loro di religione, ho letto la Bibbia, mi ha aperto il cuore e la mente".

    Il Corano non le aveva trasmesso la stessa pace?
    "Certo. Ma la mia è stata una scelta meditata, fatta di piccoli passi. Quando ho deciso di diventare cristiano l'ho fatto pienamente convinto".

    E le sue due bambine, cosa dicono?
    "Le stesse cose delle madre. Quando sono andato in Pakistan avevano quattro mesi e due anni. Oggi ne hanno 14 e 16. Forse sono condizionate, ma anche loro dicono che sono un apostata. Di più: sostengono che ho impedito loro di essere delle brave musulmane, che le obbligavo a leggere la Bibbia e a recitare le preghiere cristiane. Non è vero. Quando sono tornato ho spiegato a tutti quale era stata la mia scelta".

    Perché l'ha fatto?
    "Non era una provocazione. Vedevano che non pregavo con loro, che leggevo la Bibbia. Me l'hanno chiesto e io ho detto la verità. Sono diventato cristiano".

    Come la trattano in carcere?
    "Adesso meglio. All'inizio ero rinchiuso nella prigione provinciale, nel centro di Kabul. Dividevo la cella con altri 24 detenuti. Molti erano nigeriani, stavano dentro per traffico di droga. Loro erano gentili, ma distaccati".

    E gli altri?
    "Afgani. Mi insultavano in continuazione. Facevo finta di niente, ma più volte ho pensato che volessero uccidermi".

    Perché?
    "Forse volevano solo impressionarmi. Ma una volta ho sentito che si rivolgevano alle guardie e proponevano: ammazzatelo così ci beviamo il suo sangue".

    Si sente in pericolo di vita?
    "Adesso no. Sono trattato con molto riguardo. Mi hanno messo in isolamento per evitare qualche aggressione".

    Ha ricevuto delle visite?
    "Questa è la prima. Uno dei detenuti, un afgano, mi ha regalato 10 dollari. Mi ha detto: prendi, per le sigarette. Io ero diffidente. Gli ho chiesto perché lo faceva. Ho pensato che fosse il prezzo per pentirmi. Faccio attenzione a tutto. So che il mio caso ha sollevato un putiferio".

    Come pensa di difendersi?
    "Da solo. No, non voglio un avvocato. Nessuno accetterebbe. Basto io, li convincerò".

    Abdul Rahman indossa gli stessi vestiti che aveva il giorno in cui è stato prelevato a casa dalla polizia. Ha la barba lunga, il viso segnato, sul corpo porta ancora i lividi del pestaggio che ha subito più volte dalle guardie. Il direttore del carcere lo assiste personalmente. Ha avuto ordini precisi dallo stesso presidente Karzai. Massimo riguardo, ma grande fermezza. Il Consiglio degli Ulema di Ningarhar ha emesso una fatwa nella quale si chiede di applicare la sharia e di condannare a morte Rahman.

    E' vero che le hanno chiesto di pentirsi?
    "Più volte. La prima davanti al magistrato. Lo prevede la legge. Ma io ho risposto di no".

    Potrebbe morire come un martire.
    "Non sono un eroe. Sono nato e cresciuto in una famiglia poverissima. Ma l'esperienza all'estero mi ha arricchito e fatto capire molte cose. Le ripeto: sono sereno. Ho la piena coscienza di quello che ho scelto. Se dovrò morire, morirò. Qualcuno, molto tempo fa, lo ha fatto per tutti noi".

    Andrebbe all'estero?
    "Forse. Ma se fuggissi di nuovo significherebbe che il mio paese non è cambiato. Significherebbe che hanno vinto loro, i nostri nemici. Senza diritti umani, senza rispetto di tutte le religioni, hanno vinto i Taleban".

    (26 marzo 2006
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  4. #24
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    Dalle parole del Papa all'Angelus di oggi 26.3.2005:

    "... Per una provvidenziale coincidenza, il Concistoro si è svolto nella giornata del 24 marzo, in cui si sono commemorati i missionari che nell’anno trascorso sono caduti sulle frontiere dell’evangelizzazione e del servizio all’uomo in diverse parti della terra. Il Concistoro è stato così un’occasione per sentirci più che mai vicini a tutti quei cristiani che soffrono persecuzione a causa della fede. La loro testimonianza, di cui quotidianamente ci giunge notizia, e soprattutto il sacrificio di quanti sono stati uccisi ci è di edificazione e di sprone a un impegno evangelico sempre più sincero e generoso. Il mio pensiero si rivolge, in modo particolare, a quelle comunità che vivono nei Paesi dove la libertà religiosa manca o, nonostante la sua affermazione sulla carta, subisce di fatto molteplici restrizioni. Ad esse invio un caloroso incoraggiamento a perseverare nella pazienza e nella carità di Cristo, seme del Regno di Dio che viene, anzi, che è già nel mondo A quanti operano al servizio del Vangelo in tali difficili situazioni, desidero esprimere la più viva solidarietà a nome di tutta la Chiesa, ed insieme assicurare il mio quotidiano ricordo nella preghiera".

  5. #25
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    Citazione Originariamente Scritto da catholikos
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    Benedetto XVI si è appellato al preambolo della Costituzione afgana
    Abdul Rahman rischia la morte per essere passato dall'islam al cristianesimo
    Kabul, lettera del Papa a Karzai
    per salvare la vita al convertito


    <B>Kabul, lettera del Papa a Karzai<br>per salvare la vita al convertito</B>
    Abdul Rahman, l'uomo condannato per apostasia

    CITTA' DEL VATICANO - Papa Benedetto XVI ha scritto al presidente Hamid Karzai per chiedere la grazia per il giovane musulmano convertito al cristianesimo che a Kabul rischia la condanna a morte. Nei giorni scorsi, secondo quanto si apprende, il pontefice per il tramite del segretario di Stato, cardinale Angelo Sodano, ha inviato una lettera a Karzai in cui si fa appello al rispetto dei diritti umani sancito nel preambolo della nuova Costituzione afghana.

    La missiva, che porta formalmente la firma del cardinale Sodano, è stata inoltrata attraverso canali diplomatici. Nei giorni scorsi, nel tentativo di salvare la vita ad Abdul Rahman, era intervenuta anche la Conferenza Episcopale Italiana con una lettera al ministro degli Esteri Gianfranco Fini. I vescovi incoraggiavano l'Italia a proseguire e intensificare l'azione europea per ottenere la grazia di Abdul Rahman. L'uomo, 41 anni, è stato denunciato il mese scorso come convertito da suoi familiari, nell'ambito di una lite con l'ex moglie per la custodia dei due figli.

    Trovato in possesso di una Bibbia, Rahman è stato accusato di apostasia per aver abbandonato l'Islam. In tribunale l'imputato ha detto di essersi convertito sedici anni fa, mentre lavorava come medico assieme ad un'organizzazione cristiana che aiutava i profughi afgani in Pakistan.

    (25 marzo 2006)

    Auguri lo ha fatto!!! ha dedicato 10 minuti pure a questa triste faccenda
    giubilate giubilate

 

 
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