Il parere dei reazionari?
Il parere dei reazionari?
Gli Arya seggono ancora al picco dell'avvoltoio.
Al di là di tutto ciò che si è detto, delle prese di posizione, i fatti hanno portato alla ribalta questa questione - fondamentale direi - dimostrando l'incapacità, l'utopia, la stupidità di chi sostiene la presenza degli allogeni in Europa. Sì è visto come sia difficile azzeccare le prospettive per il futuro e le soluzioni per il presente.
Abbiamo visto al telegiornale, solidali con quei lavoratori locali che hanno chiesto l'espulsione di tutti gli irregolari, disprezzo per la feccia che a Roma ha manifestato "contro il razzismo" con i soliti manifesti blasfemi di "san papier". :sofico:
carlomartello
La mia opinione è che non ho nessun odio particolare nei confronti dei clandestini extra-europei in quanto tali né grande stima dei latifondisti calabresi. Se gli immigrati hanno provocato dei disordini bene hanno fatto le forze dell'ordine a fermarli, del resto per quanto riguarda i latifondisti calabresi le loro ripercussioni non sono di certo il frutto di una coscienza in merito alla questione immigratoria, ma semplice difesa dei propri beceri interessi di sfruttatori. Mi è sembrata più una sorta di guerra tra disgraziati che altro, perciò eviterei, come si sta facendo in questi giorni e come si suole fare in Italia, di assumere toni di partigianeria nei confronti di chicchessia, in guisa del tifo calcistico.
un intervento di buon senso quasi sorprendente conoscendoti ma che non posso che quotare, aggiungo che bisogna senza ipocrisia andare a cercare il vero problema che affligge la Calabria, la Ndranghetra di cui i poveri immigrati disgraziatii sono vittime e si ribellano e i proprietari terrieri, molto meno ribelli rispetto al fenomeno le permettono di prosperare sul territorio
La Calabria (come la Sicilia) sarebbe una regione dove sfogherei 5 anni di assoluta dittatura, arresti arbitrari, sequestri di proprietà dubbie, pene di carcere durissime arriverei alla pena di morte per casi esamplari, indottrinamento, licenziamento di massa di personale ospedaliero incapace e criminale, appalti dati ad aziende straniere per evitare infiltrazioni mafiose, manager esperti pr ospeali e pubblica amministrazione, esenzione del pagamento delle tasse per i latifondisti che impiegano personale in regola
Ultima modifica di FrancoAntonio; 11-01-10 alle 11:12
Voila, da Candido a Feroce!Originariamente Scritto da candido
Atti eccezionali, ma condivisibili.
Tieni conto che in Calabria mancano totalmente i segnali di timida riscossa della società civile emersi in Sicilia. Quindi se vogliamo, mano ancora più dura.
"Io nacqui a debellar tre mali estremi: / tirannide, sofismi, ipocrisia"
IL DISPUTATOR CORTESE
Possono tenersi il loro paradiso.
Quando morirò, andrò nella Terra di Mezzo.
Il film di Verdone e Rosarno: due ritratti del degrado italiano
Di Marcello Veneziani
La famiglia italiana è oggi davvero quello schifo descritto da Carlo Verdone nel suo ultimo film? Temo proprio di sì. Quella di Verdone, naturalmente, è una caricatura, e dunque concentra in un nucleo familiare vizi e brutture che si spalmano in modo più diffuso e contraddittorio su famiglie che hanno anche lati sani e ammirevoli, se non addirittura eroici. Però la situazione familiare e sociale è davvero vicina a quel punto-schifo. E rispetto al passato, non si tratta più nemmeno di un conflitto tra una gioventù nichilista e debosciata e le vecchie generazioni che resistono ancor in piedi, seppur tra pregiudizi e ipocrisie, al disfarsi della famiglia; no, qui siamo, e lo descrive bene Verdone, al degrado di tre generazioni, quella dei padri anziani, quella dei figli di mezza età e quella dei nipoti in crisi depressiva. Più contorno di spacciatori, puttane venute dal terzo mondo, mariuoli e marpioni. Tutto osservato con gli occhi di un prete missionario e ormai dubbioso della sua fede, tornato a Roma dove la miseria morale e spirituale gli fa rimpiangere la miseria nera africana.
Non capisco la polemica sul film di Verdone, tra chi - come Messori - esorta a nutrire più fede e più speranza e Verdone stesso che si professa cattolico e si giustifica dicendo che il suo film pecca semmai proprio di ottimismo nel suo lieto fine. No, il film non ha un lieto fine, ma finisce con una grottesca caricatura di una famiglia unita. Ma se la situazione è quella, non cerchiamo per favore conclusioni confortanti: la realtà è disperante, non rifugiamoci nelle belle speranze. Non è una disputa teologica, è la rappresentazione comica e veritiera della realtà; non un film nichilista, come si è scritto, ma un film sul nichilismo. Quel nichilismo che fino a cent’anni fa era intuizione tragica di filosofi e di spiriti profetici e oggi è vita comune, paesaggio di massa, versione domestica e orizzonte di epoca.
Ho visto il film di Verdone, poi ho visto in tv gli scontri di Rosarno e il tetto posto dal ministro Gelmini agli stranieri in classe. Mi è parso di vedere lo stesso film, o se preferite la stessa notizia. Tra realtà e fiction non c’è soluzione di continuità. La famiglia italiana si è sfasciata, non fa più figli e non dà più braccia lavoro; al suo posto cresce una popolazione avventizia e clandestina che occupa gli spazi disertati dagli italiani. Dal marciapiede alle campagne, dalle aule alle chiese, a volte in forma di moschee. Come le tre prostitute africane di Verdone. Come gli extracomunitari di Rosarno. Come i bambini stranieri che vanamente la Gelmini vuole regolamentare. Una società cinica e cattiva. Brutta, sì brutta. Come il nonno tutto viagra e parrucca rossa di Verdone, come il fratello cinico e sniffatore, come la nipote emo, tossica e depressa. Certo, l’immigrazione clandestina va arginata e scoraggiata, le prostitute di colore e soprattutto i loro papponi vanno cacciati, i bambini stranieri non vanno ammassati ma spalmati in classi e scuole diverse. Ma il punto debole è la famiglia italiana. Che non c’è, non produce modelli e valori di vita, consuma ma non educa, non figlia e non fornisce faticatori. Non argina il male ma lo alleva, o si arrende: esce a mani alzate da casa, quando non lo fa entrare in casa. Sulla famiglia sventola bandiera bianca. È quel buco nero al centro della nostra società che produce mostri. Domestici e remoti, familiari e stranieri. So che non ci può essere nessun rimedio teologico e pastorale che possa bastare, ma nemmeno politico o poliziesco. Perché l’ondata colpisce a ogni livello e i dispositivi di difesa - biologici, civici e culturali - sono ormai saltati. Hai voglia ad aumentare i controlli di sicurezza, a inveire contro gli immigrati, a collocare il Malessere fuori di noi, nel Tartaro. Qui il malessere è soprattutto dentro le case, dentro le nostre vite, dentro di noi. E allora le reazioni possono essere di quattro tipi: la prima, sterile, è quella di rimpiangere il tempo andato e vedere il bene solo nel passato che più non ritorna. La seconda è quella di accettare la visione catastrofica fino ad augurarsi di arrivare per cinismo, anoressia e denatalità al definitivo tramonto, vivendo la propria vita come ultima corsa prima del diluvio. La terza è quella di non considerare la situazione catastrofica ma semplicemente diversa, e adeguarsi a vivere bene in questo modo, sostenendo che ogni epoca abbia le sue forme e le sue cadute, i suoi vantaggi e le sue perdite. La quarta è cercare una via d’uscita, un superamento, dunque, non un ritorno indietro o un’accettazione supina o perfino divertita della realtà. Senza preclusioni ideologiche e pur consapevoli che la situazione ci sovrasta, ora salvando il salvabile, ora accogliendo e plasmando nuove opportunità e nuove forme di convivenza, ora cercando di ripristinare altre forme che ritenevamo sepolte nel passato. Insomma scommettendo sulla possibilità di rifondare la vita comunitaria senza stereotipi progressisti o reazionari. Quest’ultima soluzione è la più necessaria e la più proibitiva, la più vera e la più velleitaria al tempo stesso. La più faticosa e creativa. Vorrei dire la più umana, ma anche la più divina. Capire che nulla è definitivo sulla terra, nemmeno la dissoluzione; capire che ci può essere un futuro diverso non solo dal passato ma anche dal presente. Niente speranze né rassicuranti bugie, solo tentativi di soluzione partendo dalla realtà. Di più non so offrire, di meglio non riesco a dire.
Fonte: Il Giornale [10-01-10]
Ah quindi sarebbero i lavoratori locali che sfruttano gli irregolari secondo te? :gratgrat: Non hai capito molto, a Rosarno trovi questo: la gente locale che si ribella alla massiccia presenza africana sfruttata dalla 'ndrangheta (racket, lavoro in nero, sfruttamento della prostituzione), che lamenta l'assenza dello Stato, che chiede l'applicazione della legge contro l'immigrazione clandestina, e che, se non interviene lo Stato troppo impegnato a limitarsi ad osservare le violenze, ci pensa da sé.
carlomartello
Ultima modifica di carlomartello; 11-01-10 alle 17:38