Arriviamo in una Monza deserta, ore 21, puntualmente in ritardo.
Il fato ci fa parcheggiare guarda caso alla parte opposta della città, e stracazzi.
Non conosciamo il posto, nemmeno il nome della sala, niente di niente.
Ce ne freghiamo, inziamo a vagare a casaccio per il centro, sperando che i camerati abbiano lasciato qualche segno della loro presenza, qualche filo d'arianna che ci guidi alla casa del suono.
In giro nessuno. Poi all'angolo spuntano due autoctoni briantei, li tradisce l'accento; parlano di affari con quel modo molto comico di tirare le vocali all'infinito, due amiconi di vecchia data, si vede. Le parole sempre più incomprensibili si perdono come il fumoso vapore dei loro respiri nel freddo pungente e silenzioso.
Altri passi rimbombanti sull'asfalto, poi nel chiaroscuro appare la camionetta dei caramaba, due bandiere tricolori appese alle grate di una finestra, in giro manifesti rosa col sorcio che strimepella la chitarra.
Lorien, felicità, siamo arrivati!
Il contrasto è plastico: fuori gelo e solitudine, dentro il calore di gente come noi, cuori puri, alti, ribelli. La voce di qualcuno pulsa, si fa sempre più alto lo spirito.
Parla Guido con lo stile inconfondibile dell'aristo-camerata, il colletto giallo alzato come ai tempi del suo liceo. Grande, come un regista valorizza il contributo di ognuno, tira fuori il meglio da tutti.
Parla a ruota il gotha dell'intelligenza spirituale della destra radicale, interventi di massimo livello, ai confini dell'iperuranio.
Il massimo dell'inimmaginabile è raggiunto, quando il drappello dei camerati-poeti cede simbolicamente il testimone della musica-testimoniante alla nuova generazione di camerati-artisti.
I pionieri del suono alternativo ascoltano in silenzio da dietro il tavolo mentre Hobbit e skoll suonano i pezzi dei maestri.
E' l'apoteosi dello spirito.
Sul palco salgono le ragazze, un gruppo di sole donne-camerate, suonano magnificamente senza alcun timore. La voce della cantante si alza purissima come scesa dal paradiso qui nell'ultimo girone infernale dei dannati.
Applausi infiniti, vivissimi, reiterati.
Poi Guido invoca la mozione degli affetti, tutti in piedi, qualche occhio di ghiaccio si riempie di lacrime. Fuori, dallo spiffero delle finestre si sente salire il canto: "il domani appartiene a noi"