Italiani, svegliatevi!
Enrico Galoppini
26/04/2007

Oggi in Italia le cose vanno male, molto male, e su tutti i fronti.
La gente è scontenta e lo si capisce dalla tensione che si taglia col coltello.
Nel traffico basta un niente e ci scappa il morto, i vicini di casa vengono fatti a pezzi col machete, genitori trucidano i figli e i figli trucidano i genitori.
Ormai succedono eventi che vanno al di là dell’immaginazione del miglior regista dell’orrore.
Si è letto di un asilo dove di bambini si abusava sessualmente.
Tutto questo - si sente ripetere sia dai preti che dai laici - sarebbe il risultato della «crisi dei valori». Ma non è vero.
Sono decenni che parlano di «crisi dei valori».
E di quali «valori», poi?
Parlano sempre anche del «neonazismo in aumento», e a quest’ora, a forza di «aumentare», dovrebbe già esserci un Hitler al potere.
La verità è un’altra.
L’Italia è sempre più schiava, e non «di Roma», ma dell’America.
E l’America ha deciso che l’Italia deve diventare una specie di repubblica centroamericana, un Paese formalmente indipendente, col «suo» governo, il «suo» parlamento, il «suo» esercito e il «suo» seggio all’ONU, ma in realtà totalmente assoggettato alle esigenze degli Stati Uniti e delle loro multinazionali.
Per far questo, l’America applica il sistema del «governo indiretto», a costi di gestione azzerati (e forse anche qualche guadagno perché ci sta che le basi militari gliele paghiamo noi), e concede ad un certo numero di collaborazionisti locali - tutti quelli che finiscono per avere una «posizione» di rilievo nella politica, nella banca, nell’informazione, ecc. perché sono i più fidati - di fare i propri porci comodi alla faccia del popolo.
Ne fa i propri «nababbi», ed esattamente come i nababbi dell’India coloniale i nababbi italiani vivono completamente estraniati dal resto della popolazione, di cui non s’interessano affatto.
Anzi, sono messi lì per fare la guerra al popolo.
Rendergli la vita impossibile con provvedimenti regolarmente giustificati da «alte finalità ideali». Ma la sostanza dei loro provvedimenti è sempre l’impoverimento del popolo e l’ingrassamento del loro conto in banca per il servizio svolto per il padrone americano.
Finché dura, perché comunque non si sa mai e può essere che un giorno questi sfruttatori vengano spazzati via, assieme alle «certezze» da essi sostenute, da un qualche cataclisma che nessuno può né creare né prevedere.

Ogni giorno che passa aumenta qualcosa, anche la verdura.
Per convenzione si dice che 1 euro vale 1.936,27 lire quando sì e no ne varrà 8-900.
Si rimpiangono i tempi in cui si faticava ad «arrivare a fine mese»: oggi si fatica ad iniziarlo.
«Sacrifici» è la parola d’ordine.
E sono i primi, questi «riformisti», a dare l’esempio, con stipendi annui da 5-6 zeri per dirigenti e grand commis di Stato.
Gente che vola «low cost» per poi farsi rimborsare diarie fisse che da sole farebbero la gioia di qualsiasi lavoratore precario.
Forniscono l’esempio classico di come si prende per i fondelli il prossimo: si aumentano lo stipendio («bipartisan»!) e tagliano le pensioni (a chi ancora ce l’ha), mettono il Pronto Soccorso a pagamento, ti tassano la casa, ti fanno rottamare l’auto per forza.
Ti rendono il quartiere invivibile, alla mercé - specie la sera - di bande di tossici e di stranieri ubriachi, con Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza che non hanno più nemmeno gli occhi per piangere.
La libertà politica si riduce a scegliere di votare per una variante o l’altra di un Partito Unico di Fatto, con l’aggravante, rispetto ad un Partito Unico vero, che questa messa in scena ci costa molto di più di un Partito Unico: almeno con quello pagheremmo una volta e stop; qui invece c’è da mantenere la stessa baracca replicata per tutti i partiti, da mantenere «assessori alla cultura» della Regione, della Provincia, del Comune, della Circoscrizione, del Pianerottolo.
Grazie alla «devolution», sono spuntate tante piccole Farnesine che volano qua e là per «stringere accordi», come se non avessimo già un ministero degli Esteri.
Per consolidare tale quadro, è giunto l’ordine americano (non lo dice nessuno) di fare il Partito Democratico.
Tra fiumi di retorica, solite manfrine di chi «non ci sta» (ma svolge una parte prevista dal copione: svuotare la nuova formazione dei «rompiscatole») e scene strappalacrime degne di una telenovela, nessuno tra i soliti «opinionisti» si è interrogato sulla stranezza di due partiti che si sciolgono ad un anno dalla vittoria (diciamo così) elettorale, dando per scontato che i loro elettori siano d’accordo.
A questo punto, chiunque potrà presentarsi alle elezioni in un modo e poi, quando avrà assicurato poltrone e prebende, potrà togliersi la maschera, cambiar nome, simbolo, ecc. senza render conto agli elettori che avevano scelto una cosa e si ritrovano con un’altra.

Ma la «gente» non è del resto migliore dei politici che ha.
E’ corrotta sin dalla gioventù.
Traviata dai veri obiettivi della vita, abbindolata dai «media», «fregata dalla scuola».
A forza di esempi osceni e di notizie allucinanti (che anziché essere contenute vengono morbosamente amplificate dai «media»), la gente si è completamente disillusa.
Non crede più a niente.
Pensa che non valga più la pena far nulla che vada oltre il soddisfacimento dei propri immediati appetiti.
Quindi si è sbracata in una discesa verso il peggio, tanto che a momenti viene da pensare che l’Inferno non solo esiste ma sia quaggiù.
Tutti però si lamentano, a quelli che vorrebbero far qualcosa non riesce più compiere quel primo passo necessario per passare all’azione: aggregarsi, far prevalere gli elementi di unione su quelli che dividono.
All’Università (altro ambiente allo sfascio…) ci hanno fatto studiare che la società plasmata dal «totalitarismo» è caratterizzata dal fenomeno dell’«atomizzazione sociale», premessa della «massificazione», che tradotto in parole povere significa che ciascuno pensa per sé, si rinchiude nel privato e viene fagocitato dal Moloch totalitario, anche perché «la fuori» c’è sempre qualcuno pronto alla «delazione».
A parte che nella liberaldemocrazia la delazione esiste (professori di liceo segnalati agli ispettori ministeriali per «leso olocausto», sindacalisti che fanno i sindacalisti additati ad «amici della Lioce», ecc.), è il caso di notare che oggi sono sotto attacco totale, nella loro essenza, quei luoghi naturali che favoriscono le precondizioni di un’aggregazione politica:
1) la famiglia, diventata il bersaglio preferito di tutti i pervertiti di questo mondo spalleggiati da chi sfrutta un clima «politicamente corretto» e difesa solo a parole da un clero più a suo agio con politici corrotti e scellerati che con gente onesta;
2) una comunità nazionale tradizionalmente intesa, che con l’immigrazione di gente da ogni parte vede messo a repentaglio quel fattore di naturale coesione che, da come viene condannato il «nazionalismo» (quello promosso da Ciampi è buono per lo stadio o per festeggiare - colmo del ridicolo - l’8 settembre), evidentemente spaventa i «piani alti», quelli «abitati» dai privilegiati, i soddisfatti, gli arrivati;
3) il luogo di lavoro, inteso come ambiente nel quale si condividono insoddisfazioni, rivendicazioni, speranze…; sì, ma come, da quando lavoratori «a contratto», «a progetto», «Co.Co.Co.», ecc. si trovano accanto ad altri col «posto fisso», e magari li detestano perché «privilegiati» rispetto a loro?
Si potrà anche pensare che le «classi» non esistano, e probabilmente è vero se le s’intende come soggetti collettivi della politica aggregati sulla base della dichiarazioni dei redditi, ma è una verità incontestabile che nel secondo dopoguerra è stata la «coscienza di classe», possibile perché sul posto di lavoro si creava un sentimento di solidarietà tra «eguali», a garantire le condizioni per un’azione politica organizzata capace di coinvolgere milioni di persone e volta al miglioramento delle loro condizioni di vita.

Dunque gli Italiani faticano a riconoscersi come comunità nazionale, faticano a trovare un lavoro degno di questo nome, faticano addirittura a farsi una famiglia.
E’ normale per gente che è stata colonizzata, prima fisicamente con la «liberazione», poi, in oltre sessant’anni, anche nella mentalità.
E non è questione di «crisi dei valori», ma di diritti basilari, come quello di avere la possibilità - quale è un lavoro sicuro e ben retribuito - di farsi una famiglia.
Eppure non sentirete mai un politico, un segretario dei sindacati, un professore, un porporato, un portavoce del «Family Day» affermare questa banale verità, e tanto meno che l’America deve far fagotto, levarsi di torno, perché, dopo sessant’anni, o ci ha «liberati» davvero e allora «grazie e arrivederci», oppure ci ha «occupati» (come crediamo) e allora è «normale» che nasca il Partito Democratico e che ad «opporvisi» siano un Paperon De’ Paperoni filo-americano fino al midollo che con le sue televisioni ha colonizzato la mentalità degli Italiani, un «fascista» con la kippà e la solita conigliera di democristiani che questo Paese sforna in quantità impressionante.
Ma se gli Italiani non vogliono trasformarsi in una specie in via d’estinzione, sarà bene che si sveglino da un letargo a tempo indeterminato che sta durando da troppo tempo.
Ma chi saprà svegliarli se… l’inverno non finisce mai?

Enrico Galoppini




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