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  1. #21
    l'occasione fa l'uomo italiano
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    Predefinito Il vecchio Paglia su l'Opinione

    www.opinione.it
    Edizione 130 del 21-06-2007

    Nel 2005 gli italiani hanno pagato circa 375 miliardi di imposte: il 41% è finito nelle tasche degli impiegati statali
    Pubblica Amministrazione, le nostre tasse per i loro stipendi
    Tutti i dati sono resi noti dall’Istat e testimoniano l'assoluto immobilismo dei vari Governi nei confronti della vera “casta”

    di Giancarlo Pagliarini
    Fantastico. Dopo le elezioni amministrative i signori della “casta” hanno deciso: basta con la Resistenza, basta con la famiglia, basta con i DICO e con i presepi forniti di bue e asinello. La nuova parola d’ordine è “fe-de-ra-lis-mo fis-ca-le” ! E così è cominciata la corsa al Dio voto…pardon al federalismo. Da tutte le parti. Da destra e da sinistra. Alè. Vediamo qualcuna delle tante iniziative:

    1. A Montecitorio 55 deputati dell’Ulivo hanno depositato una mozione che impegna il governo “a presentare, in occasione della discussione parlamentare del Documento di programmazione economica e finanziaria, un disegno di legge sul federalismo fiscale per l'attuazione dell'articolo 119 della Costituzione”. Per la cronaca, il primo a dare la notizia con la giusta enfasi è stato “Il Riformista” del 12 Giugno con un articolo di Gabrio Casati dal titolo significativo: “Finalmente si sono svegliati, i deputati padani dell’Unione”. Vi segnalo le parole con le quali si conclude quell’articolo “saranno capaci i deputati (e senatori) del Nord di evitare che tutto si trasformi in una farsa?” Naturalmente anch’io mi auguro che questo non sia un fuoco di paglia…ma devo confessare che ho qualche dubbio.

    2. Contemporaneamente anche il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel corso della sua visita all’assemblea della regione Sicilia “ha sollecitato di rafforzare il passo sul cammino che porta al federalismo fiscale” . Bene. Andiamo avanti.

    3. Da parte sua Formigoni, la settimana scorsa, ha sollecitato a Prodi l’inizio del lavori per le maggiori responsabilità che la Regione Lombardia ha chiesto da tempo con la sua risoluzione numero 5, “concernente l'iniziativa per l'attribuzione a questa Regione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia ai sensi dell'articolo 116, 3°comma della Costituzione”, ed ha annunciato che martedì 19 nell’aula del Pirellone sarebbe stata approvata la proposta di legge numero 40 con la quale la Lombardia avrebbe proposto al Parlamento “Nuove norme per l’attuazione dell’articolo 119 della Costituzione”. Si tratta proprio di quella legge richiesta dal Presidente Napolitano e dai 55 parlamentari dell’Ulivo che hanno firmato la mozione.

    4. Puntualmente la sera di Martedì 19 Giugno la legge è stata approvata dalla maggioranza del Pirellone, con il voto contrario di Prc e Pdci e l’astensione del resto del centrosinistra. Il testo è stato discusso con serietà tanto è vero che è stato emendato sia in commissione bilancio che in aula. Complimenti per la velocità: quel testo era stato depositato poco più di tre mesi fa, il 12 Marzo, dai consiglieri regionali della Lega Nord.

    5.Per oggi è convocata a Roma (ore 10, in via Parigi 11) una Conferenza straordinaria delle Regioni e delle province autonome con all’ordine del giorno, naturalmente, il “Federalismo fiscale” .

    6. La settimana prossima il Governo probabilmente approverà definitivamente il suo testo, che è infinitamente peggiore, più debole e meno innovativo di quello approvato dalla Regione Lombardia.

    Tutti questi testi hanno una cosa in comune: mancano, come sempre nel nostro paese, i numeri. Per valutare la situazione è utile conoscere i conti consolidati di tutte la Pubbliche Amministrazioni: stato, comuni, province, regioni, comunità montane e chi più ne ha più ne metta. Qui di seguito, per brevità, le chiamerò con l'abbreviazione PA (Pubbliche Amministrazioni).

    Il punto di partenza non può che essere il bel documento intitolato “Conti e aggregati economici delle amministrazioni pubbliche” che l’ISTAT pubblica ogni anno, tra Giugno e Luglio. Gli ultimi dati disponibili si riferiscono all’anno 2005. Lo studio dell’ISTAT era formato da 29 tavole e 8 prospetti di cui ho fatto la sintesi che potete vedere qui di fianco, nella Scheda 1. Tra qualche giorno l’ISTAT pubblicherà i dati del 2006 rappresentando anche gli anni precedenti e nella circostanza qualche saldo del 2005 cambierà, perché nelle PA i numeri diventano “definitivi” dopo 4 anni.

    Bilancio di tutte le PA nell’anno 2005
    Miliardi di % con imposte
    Euro uguale a 100

    Tutte le imposte. Dirette, indirette, locali e statali 375 100,0%
    Altre entrate delle PA, salvo i contributi sociali 56 14,9%
    Totale entrate 431 114,9%

    0,0%

    Costo del lavoro dei dipendenti delle PA 55 41,3%
    Tutte le altre spese delle PA 229 61,1%
    Totale spese 384 102,4%

    Surplus necessario (e non sufficiente) per "tappare" i due buchi 47 12,5%

    Primo buco. Previdenza:
    Contributi sociali 182 48,5%
    Meno le spese per la previdenza ed escludendo l'assistenza 222 59,2%
    Spese per previdenza non finanziate da contributi sociali (40) (10,7%)

    Rimane un piccolo surplus primario 7 1,9%

    Secondo buco. Interessi passivi (65) (17,3%)

    Deficit totale (58) (15,5%)

    Fonte: ISTAT 30 Giugno 2006




    Ecco un breve commento:

    Tutte le imposte pagate dagli italiani, quelle dirette (come l’Irpef), quelle indirette (come l’IVA), quelle locali (come l’ICI) e quelle statali, sono state circa 375 miliardi. In questa cifra ho eliminato le imposte pagate da alcune PA ad altre PA, perché per capire come stanno in realtà le cose è necessario ragionare sul bilancio consolidato, eliminando tutte le operazioni (trasferimenti eccetera) avvenute tra le pubbliche amministrazioni. Questi 375 miliardi pagati dai cittadini (sarebbe utile conoscere il dato regione per regione) e l’utilizzo che ne viene fatto (anche questo andrebbe valutato regione per regione) , dovrebbero essere il punto di partenza di tutte le considerazioni. Purtroppo nessuno lo ha mai fatto e nessuno ha pubblicato i dettagli, regione per regione, di queste cifre. La spiegazione la trovate, in parte, nel bell’articolo di Carlo Lottieri “Tutti gli altri pagano e la casta vince”, pubblicato sull’Opinione del 19 Giugno. Vediamo quindi di fare parlare questi numeri. Per prima cosa dobbiamo assumere che questi 375 miliardi di euro di tasse pagate dagli italiani, siano uguali a 100.

    Vediamo come vengono usati questi soldi.

    Poco meno della metà di questa cifra (155 miliardi, il 41%) è utilizzato per pagare gli stipendi dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni. Questa è una cifra che continua a crescere, inarrestabile. Nei 5 anni del governo Berlusconi il costo dei dipendenti delle PA è aumentato di ben il 25%, dai 124 miliardi del 2000 ai 155 del 2005, mentre nello stesso periodo il numero di dipendenti è aumentato “solamente” del 2,3% (invece di diminuire). Altro che recupero dell’inflazione! Ma anche Prodi e compagni hanno pensato bene di riconoscere altri aumenti ai dipendenti delle PA. Decidete voi se ciò sia avvenuto per senso di equità o per la strategia di caccia al Dio- voto che caratterizza le azioni di tutti i membri della “casta”.

    Il 61% (229 miliardi) è stato usato per tutte le altre spese delle PA. Tutte le spese: la giustizia, l’esercito, le case popolari, la sanità, gli aiuti che i comuni danno agli anziani, la Camera, il Senato, il Quirinale eccetera. Tutte, incluse le “spese di rappresentanza del presidente della giunta regionale” della Campania, che sono state 962.506 euro, dodici volte (dodici!) più di quanto è stato assegnato nel 2006 alla voce “spese di rappresentanza del presidente della Repubblica federale di Germania”, Horst Kohler (Fonte: La Casta, di Rizzo e Stella, pagina 192).

    A questo punto saremmo già in rosso, ma nel 2005 oltre alle imposte le PA hanno incassato anche circa 56 miliardi da altre fonti: privatizzazioni, interessi attivi eccetera. Fatte le somme, come vedete nella Scheda 1 abbiamo ancora un surplus di circa 47 miliardi. L’importo incassato complessivamente dalle PA (imposte e tasse più altre entrate) è dunque superiore a tutte le spese di tutte le PA, ma non è sufficiente per colmare le due voragini dei conti della Repubblica italiana, che purtroppo non è ancora una Repubblica Federale: il buco del sistema pensionistico e gli interessi passivi. Il “buco” della previdenza nel 2005, come vedete nella Scheda 1 alla voce “spese per previdenza non finanziate da contributi sociali” è stato di circa 40 miliardi di euro. Questa cifra è data dalla differenza tra i contributi sociali incassati dagli enti previdenziali (182 miliardi) e le spese pagate dagli enti previdenziali (222 miliardi, escludendo la spesa per l’assistenza, che secondo le stime dell’ISTAT nel 2005 era di circa 19 miliardi che nella scheda 1 sono inclusi nei 229 miliardi di “tutte le altre spese delle PA”).

    Questo “buco” di 40 miliardi merita almeno due commenti.

    Primo commento: il Sole 24 Ore di sabato 5 Novembre 2005 ha pubblicato un articolo con questo titolo: “INPS, bilancio in attivo dopo 40 anni. L’istituto chiude i conti 2004 con un avanzo di 5,2 miliardi e prevede un risultato positivo anche per l’esercizio in corso”. Incredibile! Nel 2004 il buco era stato, se ricordo bene, di circa 50 miliardi, che lo Stato aveva preso dalle tasse pagate dagli italiani ed aveva trasferito agli enti previdenziali, che altrimenti, con i soli contributi sociali, non sarebbero stati in grado di pagare pensioni ed assistenza. Insomma, se lo stato invece di trasferire circa 50 miliardi (se ricordo bene la cifra) ne avesse trasferiti 60, l’avanzo invece di 5,2 miliardi sarebbe stato di 15,2 miliardi! Dove è la logica? L’importante era far vedere che “tutto va bene”. Avete capito in che razza di paese viviamo?

    Secondo commento: veniamo adesso alla stima, regione per regione, di questo “buco”. Prendiamo spunto dalle percentuali dei “rapporti” sulla regionalizzazione del bilancio previdenziale italiano di Alberto Brambilla. Ricordo che il 4° rapporto è stato presentato al CNEL nel 2004 e il 5° in ABI l’anno successivo.

    Ci sono stime di larga massima ed approssimazioni, ma la sostanza è questa, non si scappa. In valore assoluto la Regione più assistita è la Sicilia: più di 9 miliardi. Poco meno di tutta l’ICI pagata nel 2005 (11,6 miliardi). Capite cosa vuol dire? Vuol dire che se in Sicilia ci fosse, come c’è in Lombardia, Veneto, Lazio e Trentino- Alto Adige, equilibrio tra contributi sociali versati e pensioni incassate, si potrebbe eliminare tutta l’ICI. Non quella sulla prima casa, ma tutta. Proprio tutta. Dividendo il “buco” per il numero di abitanti invece la palma della Regione più assistita spetta alla Liguria. Tolti questi 40 miliardi, nel 2005 restava ancora un piccolo surplus di 7 miliardi, insufficiente per pagare gli interessi passivi, che nel 2005 sono stati poco meno di 65 miliardi. Ed ecco come si sono formati i 58 miliardi di deficit 2005 di tutte la PA italiane. Che sono confluiti nel debito pubblico, aumentandolo: a pagarlo ci penseranno i nostri figli. Sono numeri da tenere presente quando si ragionerà sulle leggi del cosiddetto “federalismo fiscale”. Cosiddetto perché, sia ben chiaro, il vero federalismo è tutta un’altra cosa.

    Un ultimo commento: sopra ho scritto che la Repubblica italiana purtroppo non è ancora una Repubblica Federale. Di fatto una seria riforma federale modificherebbe in profondità la mappa del potere, ed è solo logico che la “casta”, mera somma degli statalisti di destra e degli statalisti di sinistra, non intende cedere la minima parte del suo potere. Per cambiare c’è una sola strada, ed è quella della trasparenza. Ecco perché a mio giudizio il principio più importante della legge approvata martedì dalla Regione Lombardia è quello che prevede la “raccolta e aggiornamento dei dati fiscali e contributivi con suddivisione regionale e obbligo di divulgazione pubblica”.

    Sono contento che i miei ex colleghi della Lega si siano ricordati delle prediche del vecchio Paglia ed abbiano inserito questo principio nel testo della legge approvato al Pirellone. Perché per il “federalismo fiscale” la casta ha già elaborato potenti anticorpi, e per rendersene conto è sufficiente leggere i 20 articoli di stampo assolutamente “centralistico” della bozza di legge delega che il ministero dell’economia sta discutendo con le Regioni. “Trasparenza”, “resa di conto” e “accountability” sono parole che la casta teme molto più di federalismo fiscale, e per le quali non saprebbe quali anticorpi elaborare.

  2. #22
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    Predefinito articolo di Pagliarini

    Grazie Semi. Ho qui due settimane dell'Opinione da leggere. Per intanto ..stampo e spantego quest'articolo che riguarda NOI, popolo buono, sfruttato..che ignora.., inglobato nell'italia statalista e furrrrrrrba

  3. #23
    Mannysta
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    Predefinito

    ok federalismo "fiscale" ma non solo
    coni i soli soldi si rischia di peggiorare la stazione(costruzioni, con tutte le conseguenze del caso, quindi cementificazione, spostamento di popolazione extralombarda in lombardia senza interesse per la storia, le lingue le tradizioni lombarde, inbquinamento, soldi a tutti i costi, ecc...)

    bisogna rendere consapevoli i cittadini delle loro origini, della loro lingua, delle loro tradizioni, della loro storia, insegnare il rispetto per il territorio...

    il federalismo solo fiscale può rovinare i lombardi e il territorio

  4. #24
    l'occasione fa l'uomo italiano
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    Predefinito

    bisogna mettere i cittadini al centro della scena -- anche se cittadini non sono ancora, ma sudditi. Devono imparare ad affiancare i rappresentanti politici e a vigilare su di essi.

 

 
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