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Discussione: Costituente Socialista

  1. #1
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    Predefinito Costituente Socialista

    Barbieri: aderisco alla Costituente

    “Sono alla ricerca di continuità per il mio progetto politico. Non sono io che ho lasciato i Ds. Sono i Ds che non ci sono più”. Lo afferma il senatore Roberto Barbieri, campano, ex Ds, che vuole “aderire alla Costituente socialista”.
    Barbieri sarà l'unico senatore socialista perché la Rosa nel Pugno nelle elezioni politiche del 2006 non ottenne seggi a palazzo Madama.

  2. #2
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    Grillini aderisce alla Costituente
    sabato 14 luglio 2007

    "Aderirò a questo progetto in coerenza con la battaglia fatta nel congresso dei Ds dove chiesi che
    il partito rimanesse nell'area del socialismo europeo". Franco Grillini, ex parlamentare Ds ed ora esponente della Sinistra democratica, annuncia la sua adesione alla 'costituente' socialista.
    Il presidente onorario dell'Arcigay è seduto in prima fila ad ascoltare gli interventi dei vari oratori e spiega le ragioni della sua scelta: "Ho chiesto al congresso dei Ds di mantenere il partito saldamente ancorato a quell'area del socialismo europeo in cui ho sempre creduto. Questo non è avvenuto e ritengo che oggi sia venuto il momento di dare il mio contributo alla costruzione di una
    'costituente' liberale, libertaria, socialista che sia la casa e rappresenti tutta quell'Italia laica che è ancora maggioranza nel paese".

  3. #3
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    Il Documento della Costituente Socialista

    Noi oggi, 14 luglio 2007, qui riuniti a Roma, dichiariamo che:

    L'Italia del nuovo secolo ha bisogno di una forza socialista che sappia realizzare riforme per affrontare le sfide della globalizzazione e delle grandi rivoluzioni in atto nel campo della scienza e delle tecnologie, delle telecomunicazioni, dell'ambiente e della natura, della demografia, della sessualità e dei nuovi diritti, della multietnicità e della multiculturalità. La storia del socialismo italiano ha avuto grandi meriti nelle conquiste sociali e civili del nostro Paese pur avendo commesso errori gravi che non intendiamo ripetere. Dopo il collasso del vecchio sistema politico non siamo riusciti a ricostruire una forza socialista, né siamo riusciti a dar vita a un partito socialista di tipo europeo che comprendesse la maggioranza del Pci che era approdata all'Internazionale socialista, ma si era mostrata incapace di una autentica revisione socialista della propria cultura politica. La mancanza di una grande formazione socialista riformista ha pesato gravemente nel determinare gli attuali esiti deludenti della cosiddetta Seconda Repubbllica.

    La Costituente socialista per la quale lavoriamo non è, quindi, rivolta soltanto a porre fine alla diaspora del Psi e del Psdi, ma soprattutto ad unire in Italia tutte le componenti che si riferiscono al partito socialista europeo. Il socialismo europeo non è un corpo dottrinale sul quale giurare fedeltà, ma la forza riformista e progressista più importante del nostro continente.

    Le grandi idee di giustizia e di libertà, di sicurezza e di pace, che hanno animato socialisti, socialdemocratici e laburisti europei mantengono intatto il loro valore. Nella nostra epoca, segnata da profondi e continui mutamenti, dobbiamo trovare le politiche e i progetti per affermare una società nella quale coesistano cooperazione e competizione, si valorizzi il merito e si soddisfino i bisogni, si dia uguale peso ai diritti e ai doveri. Il socialismo europeo è caratterizzato da una fisionomia laica che si contrappone a qualsiasi fondamentalismo religioso e, quindi, a quelle visioni che vogliono vestire la società con una camicia di forza di comportamenti, di costumi e di stili di vita uniformi.

    Nei partiti socialisti europei vi sono diverse correnti ideali, filosofiche e religiose. L'aspirazione di mettere insieme tutte le componenti che in Italia si riferiscono al partito socialista europeo deve poter contare su un apporto pluralistico di culture, di valori e di idealità. Noi ci proponiamo di creare una novità rilevante nel panorama italiano, che permetta di superare un’anomalia politica dell’Italia rispetto all’Europa; pur recuperando la grande tradizione del socialismo liberale italiano e, quindi, la nostra non è soltanto un’opera di ricostruzione.

    Né il partito democratico, che sta nascendo come pura somma di DS e Margherita, con caratteristiche per metà laiche e per metà confessionali, né la cosiddetta Cosa rossa che vorrebbe riunificare tutti i partiti dell'estrema sinistra italiana, rendono più europea l'Italia politica. Il rilancio di una forza socialista, riformista, democratica e liberale, è una sfida che noi lanciamo alla politica italiana perché riesca ad innovarsi e stare al passo della politica europea.

    Il partito socialista che ci proponiamo di costruire è componente fondamentale della sinistra italiana. In Italia vi è stata una fase nella quale sono saltati tutti i tradizionali riferimenti sulla base di un terremoto che ha investito la vecchia geografia politica. Mettere in campo oggi un partito socialista di tipo nuovo che si riferisca ai diversi filoni del riformismo italiano, alle culture laiche e liberaldemocratiche e alle diverse esperienze del movimento operaio è un compito difficile ma non impossibile. Il partito socialista che vogliamo costruire deve contrastare il declino che rischia di segnare l'Italia, anche a causa di un bipolarismo anomalo che non produce riforme di sistema e genera spesso instabilità e paralisi. Non è giusta una società nella quale vi è un elevato tasso di disoccupazione, nella quale per le nuove generazioni è difficile trovare un lavoro, nella quale lo Stato sociale si riduce a previdenza e sanità senza che vi siano tutele per il lavoro precario, per gli anziani non autosufficienti, per le famiglie tradizionali o di tipo nuovo e dove si accentuano squilibri sociali e territoriali e si diffonde l’insicurezza e l’illegalità.

    Per contrastare il declino, la premessa da realizzare è quella di rinsaldare il rapporto tra i cittadini e le istituzioni, oggi fortemente indebolito dalla crescente autoreferenzialità della società politica: decisiva a tal fine sarà una nuova politica fiscale che basi la lotta all’evasione su una chiara scelta a favore della riduzione della pressione fiscale, sulla realizzazione concreta ed efficace del federalismo fiscale, sull’abbattimento dei costi della politica e su una riqualificazione e riduzione della spesa pubblica.

    Come priorità noi poniamo la questione dell’innovazione, della formazione e della ricerca. Solo una società più colta è una società davvero più ricca. Siamo per un'economia di mercato, ma contro una società di mercato dove chi è in difficoltà, chi è disabile, chi è malato, chi è anziano, chi è disoccupato sia considerato una sorta di zavorra sociale. Tuttavia il nuovo Stato sociale deve passare da forme di assistenza che sono recepite passivamente ad un assetto che attivi, per quanto possibile, la responsabilità individuale. Non si riesce a perseguire obiettivi di equità sociale se non si punta ad uno sviluppo sostenibile che sia rispettoso dell'ambiente e che consideri fondamentale l'allarme sullo stato di salute del nostro pianeta. Non si riesce a dare risposte ai nuovi problemi se non si comprende che la flessibilità costituisce la caratteristica più rilevante delle moderne società, che non riguarda solo il mercato del lavoro. Flessibilità e sicurezza sono un binomio inscindibile per i socialdemocratici europei. Il compito della socialdemocrazia non è quello di conservare ma di innovare. Il confronto con i sindacati è fondamentale, come dimostra tutta la storia della socialdemocrazia europea. Essenziale è che i sindacati non si attestino sulla pura difesa dello status quo e si facciano carico del riequilibrio della spesa sociale tra le generazioni, a cominciare dalla previdenza. Così potranno sviluppare il proprio ruolo di tutela e di promozione di un mondo del lavoro sempre più diversificato e complesso.

    La parità tra uomini e donne, la piena utilizzazione delle energie delle nuove generazioni come la valorizzazione dell’esperienza degli anziani, il rifiuto di qualsiasi discriminazione, la creazione di una società accogliente e mite, sono obiettivi fondamentali di una moderna forza socialista. Non si potrà avere una rinascita dell'Italia senza liberarsi dal peso soffocante di caste, di corporazioni, di gruppi chiusi di potere, di oligopoli e monopoli, che alterano la competizione sociale, accrescono le esclusioni e le emarginazioni, perpetuano una società inerte e incapace di affrontare i grandi cambiamenti in atto. Da tempo il socialismo europeo ha superato una concezione che vedeva nell'espansione della sfera statale un meccanico ampliamento della democrazia e degli spazi di libertà. Tutti i socialisti europei sono accomunati nel programma fortemente innovativo "Per una nuova Europa sociale", approvato dal congresso del Pse a Porto. In Italia, ancor più che negli altri paesi europei, vi è una crisi nel rapporto tra cittadini e istituzioni democratiche. L’antipolitica non si combatte con la cattiva politica, con la difesa a oltranza di privilegi che urtano giustamente la sensibilità dell'opinione pubblica, con un arroccamento di apparati e di nomenklature, ma con una reale apertura alla partecipazione delle cittadine e dei cittadini alla vita pubblica, ed al rinnovamento dei partiti con il pieno diritto a scegliere i gruppi dirigenti e le rappresentanze elettive.

    La crisi delle istituzioni, che si è manifestata già alla fine degli anni ’70 e che si è acutizzata nell’ultimo scorcio del secolo, non è stata ancora risolta. Le personalizzazioni della politica e le degenerazioni oligarchiche, al di fuori di una grande riforma delle istituzioni rischiano di portarci non ad una repubblica presidenziale alla francese o all’americana ma ad una repubblica sudamericana nella quale non vi sono regole certe e prevalgono i confitti di interesse. La crisi delle istituzioni, le forti carenze della Pubbica Amministrazione, le insufficienze nei servizi sociali sono alla base della crisi con il Nord del Paese. Questa crisi non può essere affrontata a colpi di referendum sulle leggi elettorali, come si continua a fare nonostanti i pessimi risultati di questa impostazione, ma con una riforma della forma di Stato e di governo, a cui corrisponda una legge elettorale capace di salvaguardare un bipolarismo da paese normale, un’adeguata rappresentanza ed un’efficace governabilità.

    La chiave fondamentale per lo sviluppo economico come per la crescita civile è rappresentata dall’istruzione, dalla cultura e dalla ricerca. È questo il terreno sul quale il socialismo europeo si impegna con rinnovato vigore. In Italia si richiede un grande sforzo in questa direzione per recuperare ritardi storici e contribuire così a una maggiore diffusione delle virtù civiche.

    Noi vogliamo una società italiana che sia più europea in ogni campo, dallo sviluppo sostenibile alle politiche dei diritti e alla difesa della laicità, dalla giustizia all'affermazione di una severa politica di ordine pubblico, dall’istruzione alla cultura e alla ricerca, da un sistema di nuova sicurezza sociale all'affermazione del principio fondamentale della responsabilità.

    Il socialismo democratico europeo è in prima linea nelle battaglie per la sicurezza e per la pace, per la diffusione della libertà e l'affermazione dei diritti umani. Non c'è causa di libertà che non sia fatta propria dai socialisti democratici europei e nel mondo. Il contrasto del terrorismo internazionale, alimentato dal fondamentalismo religioso islamico, costituisce un impegno di tutti i socialisti europei. L'Europa rappresenta la dimensione geopolitica alla quale noi ci riferiamo e nella quale si sviluppano con maggiore efficacia i principi di autonomia e indipendenza fondamentali per esercitare un ruolo di primo piano nella politica mondiale, a partire dalla grande area del Mediterraneo dove lo sviluppo e la cooperazione economica si uniscono al necessario impegno per il mantenimento della pace e della sicurezza. Resta essenziale l’amicizia tra l’Europa, quindi l’Italia, e gli Stati Uniti, pur nella riaffermata e reciproca autonomia ed essa costituisce secondo noi un riferimento importante della socialdemocrazia europea.

    La nostra parola d’ordine è: “unire i sociaisti, federare i riformisti”. Per questo ci proponiamo di coinvolgere anche correnti politiche e culturali che ancora non si riconoscono nella Costituente socialista, ma sono disponibili ad aprire con noi un confronto sulle finalità, i contenuti e le forme dell’organizzazione. Per realizzare entro la fine dell’anno con la Costituente socialista il nuovo partito è necessaria dunque una grande apertura che dovrà basarsi sullo scioglimento delle nostre organizzazioni, e su una conseguente campagna di adesioni ex novo, con un’ampia partecipazione di cittadine e cittadini. Questo è l’impegno che assumiamo oggi per l’Italia del domani.

  4. #4
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    L’intervento di Enrico Boselli
    sabato 14 luglio 2007
    Care compagne e cari compagni,
    siamo qui oggi con uno scopo che non riguarda solo noi ma il futuro del nostro Paese: unire in un nuovo partito quanti hanno nel socialismo democratico europeo il loro riferimento politico ed ideale.Per farlo dobbiamo innanzitutto chiudere un capitolo: quello delle divisioni che si sono create nel socialismo italiano dopo il collasso del vecchio sistema politico.
    Porre fine a una diaspora infinita dei socialisti italiani è per noi tutti un dovere morale, prima che un impegno politico.

    In questi anni in tutte le assemblee socialiste si è invocata l’unità, ma dopo aver invocato l’unità seguivano nuove polemiche e nuove divisioni. Oggi non invochiamo più l’unità: oggi realizziamo l’unità e poniamo fine a una lunga, troppo lunga, stagione che ci ha visto divisi.
    Non è questo il momento per una riflessione storica e politica sulla grave crisi che ha attraversato il socialismo italiano. Sicuramente abbiamo avuto avversari potenti, talvolta vestivano i panni da amici e da alleati, che hanno puntato a liquidare, e per sempre, l’esperienza secolare del socialismo italiano.
    Noi che siamo riuniti oggi qui possiamo dire una cosa: il socialismo italiano continua a vivere e si propone di tornare ad essere una formazione che conta nella politica italiana. Tuttavia, la crisi del socialismo italiano – e non parlo solo della crisi più grave che è avvenuta alla fine dello scorso secolo - non è dovuta solo alla forza e alla perfidia dei nostri avversari ma anche purtroppo a errori, anche gravi, che abbiamo commesso, ed io aggiungo, anche duramente pagato.
    Noi non dobbiamo rinchiuderci entro i confini di una formazione di tipo identitario che si riferisca unicamente al Psi e al Psdi. Su questa strada non andremmo molto lontano.
    Più volte abbiamo detto che il partito che vogliamo costruire deve nascere da una Costituente aperta. Ci rivolgiamo innanzitutto a cittadine e cittadini che chiamiamo a costruire assieme a noi un nuovo partito. Tuttavia per Costituente aperta intendiamo un processo che coinvolga tutti coloro che guardano al Pse, cercando di raccogliere il meglio della storia di tutto l’antico movimento operaio di quanti con le loro lotte e le loro idee hanno animato la sinistra italiana.
    Noi non vogliamo, quindi, riproporre antiche divisioni e vecchie polemiche.
    Così come si prese a riferimento per segnare i confini dei socialisti italiani il “’56”, l’anno della rivoluzione ungherese per ricostruire l’unità tra il Psi e il Psdi, il nuovo partito che vogliamo c con la “Costituente socialista” deve avere come punto di riferimento l’“89”, l’anno della caduta del muro di Berlino, quando si ritrovarono insieme ad avere come riferimento l’Internazionale socialista il Psi e il Psdi, ma anche la maggioranza del Pci.
    Certo, dobbiamo chiederci perché allora non si dette vita immediatamente ad un partito socialista di tipo europeo che era nelle aspirazioni, prima che dei gruppi dirigenti, di militanti ed elettori della sinistra italiana.
    Non si colse un’occasione storica e si disperse così un grande patrimonio ideale e politico. La sinistra che nel suo insieme, e pur nelle sue gravi divisioni, non era andata mai al di sotto del 40% dei voti e, anzi, aveva sfiorato la maggioranza assoluta, oggi a mala pena rappresenta un quarto del Paese.
    Non si arrivò all’unità perché si scontrarono reciproche pregiudiziali: quella dei socialisti nei confronti dei comunisti, rivolta ad affermare orgogliosamente di avere avuto ragione; quella dei comunisti nei confronti dei socialisti con lo scopo di difendere il valore che nella storia della Repubblica ha avuto il Pci.
    Questa contrapposizione è stata rovinosa per l’intera sinistra italiana: nessuno ha vinto, tutti hanno perso.
    I socialisti hanno subito una delle crisi più drammatiche e profonde della propria storia: coloro che venivano dal Pci, per un’astratta e incomprensibile pregiudiziale verso la stessa parola “socialista”, si sono collocati in Europa con i socialisti europei ma in Italia non hanno mai voluto chiamarsi socialisti.
    Questa pregiudiziale verso la parola socialista non è stata solo un fatto lessicale, ma ha sempre avuto un forte contenuto polemico. Questa avversione verso il socialismo italiano ha impedito che decollasse lo stesso progetto della “Cosa 2”, portato avanti da D’Alema, e ha messo il piombo alle ali al rilancio socialista voluto da Fassino al congresso di Pesaro.
    Così non si è riusciti a creare un nuovo partito socialista lasciando un vuoto di enormi proporzioni.
    Si può dire che è accaduto altrettanto con il progetto della “Casa dei riformisti”. Il progetto, partito con l’ambizione di mettere in campo una forza che avrebbe dovuto essere l’equivalente in Italia delle grandi socialdemocrazie europee, si è ridotto alla creazione di un partito che è la somma di Ds e Margherita, per metà laico e per metà confessionale. Una sorta di compromesso storico in formato bonsai.
    Così dopo il collasso del vecchio sistema politico, si poteva sperare che l’Italia si avvicinasse all’Europa. Invece tutti i processi in corso, dal nascente Partito democratico alla Cosa Rossa, allontanano l’Italia dall’Europa.
    Persino la “questione vaticana” che tanto ha pesato sui destini dell’Italia è tornata di attualità sulla scena politica italiana. Sembrava che con il referendum sul divorzio e quello sulla legge sull’aborto si fosse definitivamente chiuso un capitolo. Al contrario, dopo il fallimento del referendum sulla fecondazione assistita, le gerarchie ecclesiastiche hanno nuovamente rivendicato una sorta di protettorato sull’Italia.
    Le gerarchie ecclesiastiche influenzano fortemente il Governo in materia di diritti civili e la stessa costruzione del Partito democratico. Se c’è, infatti, un aspetto che distingue il nascente PD dai partiti socialdemocratici, ma anche dal partito democratico americano, è un’evidente deficit di laicità.
    Su questo aspetto si è voluto imputare a noi socialisti di aver abbracciato una posizione laicista. In realtà, noi sosteniamo in Italia, per quanto riguarda i diritti civili e la laicità, né più né meno ciò che sostengono tutti i partiti socialdemocratici europei.

    Noi siamo consapevoli che queste caratteristiche italiane, e solo italiane, della politica sul nostro Paese costituiscono un’assoluta anomalia in Europa. Per questo motivo, la nostra iniziativa non è, e non può essere, un’operazione nostalgica.
    Noi abbiamo un’ambizione più alta. Ci chiediamo che senso hanno queste nuove creature politiche italiane che non hanno nessun equivalente in tutta Europa.
    Rivolgiamo, innanzitutto, questa domanda a tutti coloro che guardano al Partito Socialista europeo come una bussola da seguire. È stato molto importante che la componente guidata da Mussi non abbia aderito al Partito democratico in nome del Pse. Non appena si è trasformata in un’autonoma organizzazione politica, “Sinistra Democratica”, ha però abbandonato questo terreno per impegnarsi a unificare i partiti dell’estrema sinistra.
    La nostra proposta a Mussi e ad Angius è chiara: unire subito quanti guardano al partito socialista europeo come al riferimento politico più importante, poi aprire un confronto a tutto campo.
    Questa proposta che abbiamo fatto più volte non è stata accettata.
    Si è detto che occorre mettere in campo una “massa critica” e che ciò lo si può fare solo con l’unità delle sinistre. Sinistra Democratica non ha riproposto come pregiudiziale la questione del partito socialista europeo nei confronti di Rc, come invece aveva fatto nei confronti del partito democratico.
    Eppure non solo il Partito democratico non aderirà al Pse, ma non lo farà neppure la Cosa Rossa.
    Abbiamo notato che all’interno di “Sinistra Democratica” vi sono altre posizioni, come quella di Gavino Angius come testimonia la lettera che ci ha inviato.
    Angius afferma: “D’ora in poi volgerò il mio impegno politico per contribuire alla nascita in Italia di una forza di ispirazione socialista e democratica che sia parte integrante del Pse, per far sì che in essa possano riconoscersi con le loro storie e culture milioni di nostri concittadini”. Sono perfettamente d’accordo con Gavino: questo è il nostro comune obiettivo. E gli propongo a vostro nome di iniziare subito insieme questo lavoro.
    Chi sostiene che Rc si sta già muovendo verso il socialismo europeo dovrebbe riflettere su alcune affermazioni recenti di Fausto Bertinotti che rivelano una concezione agli antipodi di quella socialdemocratica, come è emerso in un recente confronto con Emanuele Macaluso, pubblicato su “Il Riformista” diretto da Paolo Franchi. Il presidente della Camera ripropone uno schema antagonistico: invece d’identificare forme nuove di sicurezza sociale, che consentano di compensare gli effetti negativi delle grandi trasformazioni in atto, vuole bloccare la flessibilità e garantire le pensioni di giovinezza, senza tenere in alcun conto le compatibilità finanziarie.
    Il commissario Almunia non è considerato come un ex segretario del Psoe, che oggi è ai vertici europei, ma come una sorta di nuovo gnomo di Zurigo che non capirebbe che sotto le cifre aride della finanza vi è la vita di donne e uomini in carne ed ossa.
    È quella di Bertinotti una visione della rivoluzione, certo libertaria ma non riformista.
    Noi vogliamo costruire un partito socialista che sia una novità politica.
    Oggi ai nastri di partenza non vi sono solo i socialisti storici, ma anche esponenti politici come Lanfranco Turci, e come Roberto Barbieri che sono espressione di quella più vasta area socialista determinatasi dopo la caduta del Muro di Berlino nell’89. Con queste autorevoli presenze, che ci danno un contributo importante, noi diamo il senso alla missione che ci siamo posti.
    Noi non pensiamo tuttavia solo alle componenti dell’antico movimento operaio, ma anche a quei cattolici che su un piano di laicità esprimono convinzioni assai simili a quelle di altri socialisti, di ambientalisti riformisti e di liberali riformatori. Oggi abbiamo con noi Cinzia Dato che ha fatto una scelta di grande coraggio politico.
    La nostra idea è quella di far sì che il nuovo partito sia costruito da chi proviene da esperienze e culture diverse, che non cercano una soluzione puramente identitaria.
    Questi tratti profondamente innovativi del partito socialista, che vogliamo costruire, non possono essere un prodotto di laboratorio astratto rispetto alla lotta politica, al contesto assai difficile nel quale opera il governo Prodi, e alle grandi questioni aperte nel Paese.
    Purtroppo sin dal primo giorno successivo alla vittoria per un soffio del centro sinistra, il governo ha mostrato tutta la sua debolezza dovuta alla ristrettezza della maggioranza al Senato, ma anche alla sua eterogeneità politica.
    Dalle scelte di politica internazionale, come è avvenuto con l’Afghanistan, ai problemi delle infrastrutture e dell’alta velocità, all’urgenza di riformare il settore previdenziale ai temi delle liberalizzazioni dei servizi pubblici locali, sino alla questione della giustizia, ci sono state più divergenze che convergenze.
    Eppure il Governo con la finanziaria per il 2008 è riuscito a portare avanti un’efficace opera di risanamento dei nostri conti. La debolezza politica di quella manovra era costituita dalla mancanza di un’anima riformatrice che non poteva essere rappresentata solo dal risanamento. Per questo motivo proponemmo e allora rimanemmo inascoltati, di dare un segno forte alla finanziaria destinando un miliardo di euro in più alla ricerca.
    L’azione di risanamento dei conti pubblici, pur indispensabile, non può esaurire il messaggio riformatore che si deve dare al Paese. Il Governo si è trovato a fronteggiare un’opinione pubblica nettamente ostile; la riduzione del cuneo fiscale alle imprese non ha comportato alcuna apertura da parte della Confindustria.
    Il Partito democratico, che era nato con lo scopo esplicito di creare un timone riformista della coalizione per assicurare una maggiore stabilità, è diventato invece uno dei principali fattori di tensione.
    Romano Prodi non ha avuto un proprio partito quando esistevano i Ds e la Margherita ed ora rischia di avere un partito, il pd, che è solo ansioso di sostituirlo alla guida del governo.
    Le primarie per l’indicazione del nuovo leader dal Pd rischiano di essere lo strumento per svuotare e far perdere di legittimità quelle che hanno indicato Prodi a candidato premier. Già abbiamo un’orchestra, nella quale ciascun strumentista spesso legge un proprio spartito; ora rischiamo persino di avere due direttori d’orchestra, Prodi e Veltroni.
    Il Governo si sta muovendo con grandi incertezze che sono visibili a tutti.
    Sulle liberalizzazioni la lenzuolata del ministro Bersani si è ridotta ad un fazzoletto.
    In tema di diritti civili il Governo, dopo aver varato i Dico che è una soluzione al riconoscimento delle coppie di fatto assai arretrata, non ha avuto neppure più il coraggio di difendere la propria creatura in seguito agli altolà della Cei, alla manifestazione di San Giovanni e alle pressioni dei senatori Teodem nella maggioranza.
    Sulle infrastrutture si ha l’impressione di un percorso ad ostacoli.
    Sulla giustizia la proposta del ministro Mastella è persino più arretrata, rispetto alla necessità di marcare una netta divisione delle funzioni, nei confronti della stessa legge Castelli.
    Ha fatto bene Roberto Barbieri a votare l’emendamento del senatore Manzione che non era né una grande né una piccola rivoluzione, ma solo un modestissimo passo per limitare l’intercambiabilità dei ruoli tra giudice terzo e pubblica accusa che poteva essere accettato da tutti.
    La verità è semplice e va detta a chiare lettere: noi siamo l’unica grande democrazia liberale nella quale la magistratura ha una sorta di diritto di veto nella legislazione sulla giustizia. Questo stato di cose è un'altra grave anomalia italiana che deve essere superata.
    In genere in tutte le democrazie liberali esiste la separazione delle carriere. Su questo aspetto fondamentale non sarà certo l’Europa ad adeguarsi all’Italia; sarà l’Italia che prima o poi si dovrà adeguare all’Europa.
    Infine, c’è il nodo delle pensioni ancora non risolto. Noi siamo favorevoli a raggiungere un compromesso con i sindacati.
    Non è giusto, infatti, che nel corso di una sola notte cambi profondamente il regime pensionistico per quasi un milione di italiani.
    Si possono trovare soluzioni più giuste per arrivare in un tempo ragionevole a innalzare l’età di pensionamento con la possibile esclusione dei lavoratori manuali. Quello che non si può fare è chiudere gli occhi di fronte alla realtà o garantire tutto a tutti: le pensioni di giovinezza, le tutele per il lavoro precario, l’innalzamento delle pensioni minime: farlo significa promettere il paradiso terrestre. Neppure un governo monocolore di Rifondazione comunista lo potrebbe perchè dovrebbe anch’esso tenere conto delle compatibilità economiche che nascono dalla spesa publica e dalla crescita economica del paese.
    Non avvertire che esiste un problema di ridistribuire le risorse della spesa sociale tra le generazioni, significa ignorare una evidente esigenza che nasce dalla rivoluzione demografica.
    Non è possibile mantenere le pensioni di giovinezza e nello stesso tempo assicurare un nuovo sistema di sicurezza sociale per i lavoratori flessibili e per gli anziani non autosufficienti. Non ci uniamo affatto a coloro che a nome dei giovani organizzano proteste contro i sindacati. Siamo, però, convinti che i sindacati non si possano attestare a difesa dello status quo o avanzare su questi temi a passo di lumaca.
    I sindacati possono tutelare e difendere meglio il mondo del lavoro, sempre più complesso e diversificato, se affrontano – come pure è positivamente avvenuto nella storia del nostro Paese – le grandi trasformazioni in atto.
    I ripetuti incidenti di percorso, la timidezza riformistica, il tono di bassissimo profilo tenuto sui diritti civili, l’arrendevolezza verso i magistrati sulla giustizia sono esempi che dimostrano che il Governo Prodi ha perso la sua spinta propulsiva e non riesce ad avere quel colpo d’ala che potrebbe rianimarlo e riaccreditarlo nell’opinione pubblica.
    Questo stato di cose – ed è ormai evidente a tutti – non potrà durare a lungo. Non si devono, però, maturare eccessive illusioni sulla possibilità di evitare elezioni anticipate se il Governo Prodi entrerà in crisi.
    Il Presidente della Repubblica ha più volte affermato che non si può andare a votare con questa legge elettorale, se non si vuole correre il rischio di vivere anche nella prossima legislatura una condizione di permanente instabilità.
    Pare piuttosto difficile, però, che Berlusconi preferisca una grande coalizione a un ricorso immediato alle urne. Su tutta questa situazione pende, come una spada di Damocle, il referendum sulla legge elettorale. Tutto, insomma, congiura per una crisi dove a essere rimesso in dicussione non sarà solo il Governo ma anche il nascente Partito Democratico.
    Non siamo, quindi, in una situazione immobile nella quale tutti i giochi sono fatti.
    C’è spazio per l’iniziativa politica e programmatica del partito socialista che stiamo costruendo e che può essere considerato sin da oggi una realtà.
    La nostra non è un’operazione di potere, ma lo sviluppo di un disegno che deve contribuire al rinnovamento della politica.
    Noi abbiamo appreso una severa lezione dal collasso del vecchio sistema politico. Ora, a fronte della denuncia dei privilegi delle classi dirigenti, non possiamo cavarcela scrollando le spalle con un atto di sufficienza. Bisogna ridurre i costi della politica come quelli della Pubblica Amministrazione. Lo Stato deve diventare una casa di vetro dove tutti i cittadini sappiano quanto guadagnano le classi dirigenti politiche e della Pubblica Amministrazione. Prima di qualsiasi riforma l’opinione pubblica chiede trasparenza e coerenza di comportamenti.
    I socialisti vengono da una storia che è stata segnata da grandi leader, da Turati a Rosselli, da Nenni a Saragat, da Pertini a De Martino, Lombardi e Mancini, sino a Bettino Craxi.
    Noi siamo figli della nostra storia ma sappiamo che questa nostra storia non esaurisce quella del riformismo italiano.
    Nel movimento operaio vi sono stati altri riformisti da Di Vittorio a Lama, fino ai miglioristi di Giorgio Napolitano ed Emanuele Macaluso. Dal filone liberal riformatore e liberal socialista sono emerse personalità di grande rilievo, da Gaetano Salvemini a Piero Calamandrei, da Mario Pannunzio a Ernesto Rossi.
    C’è un filone del riformismo cattolico che ha contato dentro e fuori la Dc e nella Cisl: ricordo il ruolo fortemente innovativo avuto da Pier Carniti e Livio Labor.
    A questa nostra Assemblea voglio tuttavia indicare due riferimenti che considero di grande attualità: Marco Biagi e Loris Fortuna. Questi due nostri compagni sono figure emblematiche di due grandi temi che dobbiamo affrontare: i giovani e il lavoro; i diritti civili e la laicità.
    Il partito che vogliamo costruire dovrà essere aperto alle cittadine e ai cittadini. Nelle principali piazze del nostro Paese così come nei piccoli centri a partire da settembre dovremo raccogliere le adesioni ma anche idee e suggerimenti.
    In ottobre promuoveremo una grande conferenza per il programma ed infine a dicembre si terrà il congresso di fondazione del partito. Non sarà e non dovrà essere la pura e semplice somma delle nostre organizzazioni.
    Come si chiamerà il nuovo partito?
    A Fiuggi ho fatto una proposta che non aveva alcun carattere ultimativo. Era, infatti, una suggestione che nasceva da una storia secolare e non aveva nulla a che vedere con una pretesa di egemonia. Ne discuteremo tutti insieme.
    Quando penso al partito socialista italiano penso a quella grande forza che sin da Reggio Emilia nel 1893 divenne la casa di tutte le componenti del movimento dei lavoratori italiani ed il mio augurio è che possa tornare ad essere dopo tante divisioni la casa per unire quanti guardano in italia alla grande famiglia del socialismo europeo.
    Buon lavoro compagni.

  5. #5
    Tonino crediamo in te
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    Da una palude lagunare piena di mussati :)
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    dal sito dello SDI

    Sabato 14 luglio a Roma nasce la Costituente Socialista. La manifestazione, organizzata da Sdi, Nuovo Psi, I Socialisti, Socialismo è libertà, Associazione per la Rosa nel Pugno, si terrà all’Auditorium del Massimo, in via Massimiliano Massimo 1, Roma Eur, alle ore 10,30. L'evento metterà definitivamente fine alla diaspora socialista ma la Costituente non è un'operazione nostalgica, volta solo a riunificare le varie anime dell'ex Psi, ma un progetto più ampio, aperto a tutte quelle forze riformiste che non si riconoscono nel Partito democratico e guardano al Pse come casa comune europea. Oltre al segretario dello Sdi Enrico Boselli, che ha lanciato l'idea della Costituente,a Roberto Villetti, Ugo Intini, e Pia Locatelli, ci saranno i leader del Nuovo Psi Gianni De Michelis e Mauro Del Bue, de 'I socialisti' Bobo Craxi e Saverio Zavettieri, un dirigente storico del Psi come Rino Formica, il presidente dell'Associazione per la Rosa nel Pugno Lanfranco Turci, il senatore Roberto Barbieri e la ex Dl Cinzia Dato che hanno aderito alla Costituente e il segretario della Uil Luigi Angeletti.

    XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX XXX

    I lavori si concluderanno con la cerimonia costituente che verra'firmata fra gli altri da Enrico Boselli, Roberto Villetti, Gianni De Michelis, Mauro Del Bue, Rino Formica, Vittorio Craxi, Saverio Zavettieri, Lanfranco Turci, Pia Locatelli,



  6. #6
    oro e porpora
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    Ma Barbieri non è quello che ha votato l'emendamento Manzione al Senato assieme a Bordon e alla CDL?

  7. #7
    Basileus ton Romaion
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    Citazione Originariamente Scritto da anonimovenexian Visualizza Messaggio
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    Sabato 14 luglio a Roma nasce la Costituente Socialista. La manifestazione, organizzata da Sdi, Nuovo Psi, I Socialisti, Socialismo è libertà, Associazione per la Rosa nel Pugno, si terrà all’Auditorium del Massimo, in via Massimiliano Massimo 1, Roma Eur, alle ore 10,30. L'evento metterà definitivamente fine alla diaspora socialista ma la Costituente non è un'operazione nostalgica, volta solo a riunificare le varie anime dell'ex Psi, ma un progetto più ampio, aperto a tutte quelle forze riformiste che non si riconoscono nel Partito democratico e guardano al Pse come casa comune europea. Oltre al segretario dello Sdi Enrico Boselli, che ha lanciato l'idea della Costituente,a Roberto Villetti, Ugo Intini, e Pia Locatelli, ci saranno i leader del Nuovo Psi Gianni De Michelis e Mauro Del Bue, de 'I socialisti' Bobo Craxi e Saverio Zavettieri, un dirigente storico del Psi come Rino Formica, il presidente dell'Associazione per la Rosa nel Pugno Lanfranco Turci, il senatore Roberto Barbieri e la ex Dl Cinzia Dato che hanno aderito alla Costituente e il segretario della Uil Luigi Angeletti.

    XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX XXX

    I lavori si concluderanno con la cerimonia costituente che verra'firmata fra gli altri da Enrico Boselli, Roberto Villetti, Gianni De Michelis, Mauro Del Bue, Rino Formica, Vittorio Craxi, Saverio Zavettieri, Lanfranco Turci, Pia Locatelli,


    Intanto il documento della Costituente Socialista ha dei punti programmatici, il Piddì fino ad ora si è diviso sull'usare il Proporzionale di lista con preferenza o il Plurinominale corretto allla Grappa per eleggere l'assemblea costituente.

  8. #8
    Basileus ton Romaion
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    Importante e fondamentale questo passaggio di Boselli:
    I socialisti hanno subito una delle crisi più drammatiche e profonde della propria storia: coloro che venivano dal Pci, per un’astratta e incomprensibile pregiudiziale verso la stessa parola “socialista”, si sono collocati in Europa con i socialisti europei ma in Italia non hanno mai voluto chiamarsi socialisti.
    Questa pregiudiziale verso la parola socialista non è stata solo un fatto lessicale, ma ha sempre avuto un forte contenuto polemico.

  9. #9
    oro e porpora
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    Si può essere benissimo socialisti, riformisti, laici e liberali all'interno del PD, senza andare a raccattare residui della prima repubblica e individui che fino a 5 minuti fa stavano con Berlusconi (sempre a De Michelis mi riferisco, in questo caso).

  10. #10
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    Citazione Originariamente Scritto da adso88 Visualizza Messaggio
    senza andare a raccattare residui della prima repubblica e individui che fino a 5 minuti fa stavano con Berlusconi (sempre a De Michelis mi riferisco, in questo caso).
    un po come follini , poi voi avete i socialisti , giusi la ganga ed enrichetto manca d esempio
    l utente drugo puo spiegarti chi sono.-.

    alla larga

    saluti , noi andiamo AVANTI

 

 
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