</IMG>Sarà un autunno caldo per i generi di prima necessità. Pane, pasta e dolci subiranno un incremento dei prezzi che porterà ad un inevitabile calo dei consumi. A lanciare l'allarme è la Coldiretti, per la quale gli incrementi saranno compresi tra il 5 e il 20 per cento. Una bella botta per i consumatori, i cui consumi hanno già subito, secondo i dati diffusi dall'associazione dei coltivatori, nel primo trimestre del 2007, un decremento dell'8,8% per uqanto riguarda il pane e del 5,4 per cento per la pasta di semola. Tutto questo nonostante il prezzo del grano sia sostanzialmente lo stesso dell'inizio degli anni '90.
L'anomalia degli aumenti tra un passaggio e l'altro - Il dito è puntato quindi sui passaggi subiti dal grano dalla mietitrebbia fino al prodotto finito: i prezzi di pane, pasta e dolci si moltiplicano rispettivamente di 15, 20 e 70%. La Coldiretti nel suo rapporto sottolinea infatti che con un chilo di grano dal prezzo di circa 20 centesimi al chilo si riesce a produrre con la trasformazione in farina e con l'aggiunta di acqua, un chilo di pane che viene venduto ai cittadini a prezzi variabili tra 2,5 euro al chilo per il pane comune e 5 euro e oltre per i pani più elaborati, con prezzi ancora molto più alti per i dolci.
Occhio alle speculazioni - Rincari che non trovano giustificazione nemmeno con la presunta mancanza di grano prodotto nel mercato interno: nel 2007 infatti la produzione italiana di frumento duro è cresciuta dello 0,9% rispetto al 2006 (4,13 milioni di tonnellate totali) e quella di grano tenero dello 0,6% per 3,23 milioni di tonnellate complessive. Il rischio, sostiene l'associazione dei coltivatori diretti, è che gli allarmi, oltre a mettere in crisi i consumi, possano portare a un aumento delle importazioni "dall'estero da spacciare come Made in Italy a fini speculativi in assenza di una adeguata informazione in etichetta".
Le ripercussioni sul biocarburante - Le speculazioni rischiano, infine, di aggravare anche i pesanti ritardi che si registrano in Italia nello sviluppo di energie alternative provenienti dalle coltivazioni agricole nazionali. Nonostante gli obiettivi fissati in finanziaria, spiega Coldiretti, i distributori italiani non vendono biocarburanti che dovrebbero essere distribuiti nella quota minima dell'1% di tutto il carburante venduto. Il rispetto di quanto fissato in finanziaria significherebbe la messa a coltura in Italia di 273mila ettari di terreno a colza o girasole a fini energetici. Valori da incrementare di cinque volte - conclude Coldiretti - per raggiungere l'obiettivo fissato dall'Unione Europea di utilizzare i biocarburanti per sostituire il 5,75 per cento dei carburanti derivanti dal petrolio necessari per i trasporti.
Codacons in trincea - A fronte di andamenti anomali dei prezzi, "l'Agenzia delle Entrate e la Guardia di Finanza intervengano in base alla Legge 231/2005" per individuare e dove "si annida la speculazione". Lo chiede il Codacons che, in una nota, denuncia i forti rincari dei prezzi degli alimentari. Rincari ingiustificati davanti ai quali i consumatori "annunciano denunce a raffica" e chiedono addirittura l'"intervento immediato" del Governo sulla filiera agroalimentare. "Solo il 5% del prezzo finale del pane dipende dal costo del grano - denuncia il Codacons nella nota - Questo vuol dire che se anche il grano aumentasse del 10%, come sostenuto da alcuni, questo si dovrebbe ripercuotere sul prezzo finale per appena lo 0,5%". Secondo dati Eurostat, citati dal Codacons, gli alimentari costerebbero al consumatore il 15% in più rispetto alla media europea, percentuale che per i latticini e le uova sale addirittura al 26% e che rende "inaccettabile un ulteriore aumento".