Parlando alla Hofburg di Vienna, Benedetto XVI ha ripreso il ragionamento che aveva svolto nella celebre lezione di Ratisbona, con interessanti specificazioni sia sul tema della vita sia su quello del logos come fondamento ineludibile della libertà e della dignità umana.
Per contrastare il pericolo più attuale, quello della “degenerazione della tolleranza in una indifferenza priva di riferimenti a valori permanenti”, il Papa ha ricordato che l’Europa è la patria della proclamazione dei diritti umani, primo fra i quali quello alla vita “dal suo concepimento sino alla sua fine naturale”.
Da questo deduce che aborto ed eutanasia non sono diritti ma “il loro contrario”, aggiungendo che “la credibilità del nostro discorso dipende anche da quel che la chiesa stessa fa per venire in aiuto alle donne in difficoltà”, come d’altronde, per assicurare “un accompagnamento umano verso la morte”, oltre alla carità cristiana, sono necessarie “riforme strutturali in tutti i campi del sistema sanitario e sociale e l’organizzazione di strutture di assistenza palliativa”.
Parlando poi dell’eredità spirituale e culturale dell’Europa, “per la quale è essenziale una corrispondenza sostanziale tra fede, verità e ragione”, chiarisce che l’alternativa è tra una concezione secondo la quale “la ragione sia un casuale prodotto secondario dell’irrazionale e nell’oceano dell’irrazionalità, in fin dei conti, sia anche senza un senso”, e l’insegnamento del Vangelo di san Giovanni secondo il quale “all’origine di tutte le cose c’è la ragione”.
Il Pontefice ha citato una frase illuminante di Jürgen Habermas, pensatore non certo cattolico, come testimonianza autorevole della “modernità” della concezione ebraica della giustizia e di quella cristiana dell’amore e della ragione:
“Per l’autocoscienza normativa del tempo moderno il cristianesimo non è soltanto un catalizzatore. L’universalismo egualitario, dal quale sono scaturite le idee di libertà e convivenza solidale, è un’eredità immediata della giustizia giudaica e dell’etica cristiana dell’amore. Immutata nella sostanza, questa eredità è stata sempre di nuovo fatta propria in modo critico e nuovamente interpretata. A ciò fino ad oggi non esiste alternativa”.
E’ proprio dalla piena coscienza del ruolo centrale del logos giudeo-cristiano nell’autocoscienza normativa, cioè nello spirito delle leggi, che Benedetto XVI deriva l’autorità intrinseca del discorso cristiano nel mondo moderno.

Giuliano Ferrara su www.ilfoglio.it del 8 09 07 pg 3

saluti