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Discussione: Tonino politico

  1. #1
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    Predefinito Tonino politico

    Scrivendo di politica e di economia è raro che ci interessiamo di Antonio Di Pietro ma questa volta l’interesse c’è tutto.
    Nell’inaugurare la festa del suo partito in Abruzzo l’ex Pm ha detto chiaro e tondo che mai più farà l’alleanza con la sinistra radicale e men che meno con Mastella. Ed allora?
    Queste coalizioni, ha continuato l’uomo di Montenero di Bisaccia, devono essere scomposte e ricomposte. Bene, ma in che direzione? Qual è insomma il pensiero politico di Di Pietro per un nuovo riassetto del sistema politico italiano sempre più in affanno e sempre più rissoso? Nessuno lo sa.
    E forse neanche Di Pietro lo sa.
    Le difficoltà avute nel mettere in piedi la lista nelle ultime elezioni politiche del 2006 forse lo terrorizzano ancora. All’epoca vagava per l’Italia e andava in cerca di quelli che tutti gli altri partiti non volevano candidare. Formidabile fu l’episodio del presidente della squadra di calcio di San Benedetto del Tronto prima candidato e poi escluso dallo stesso Di Pietro a furor di popolo. Così fu per Sergio De Gregorio e così fu per lo stesso Leoluca Orlando che la Margherita non volle candidare ricordando l’accusa di mafiosità che l’ex sindaco di Palermo fece in diretta televisiva a Giovanni Falcone concorrendo così ad isolarlo prima che saltasse in aria a Capaci. E così fu per tanti altri.
    Oggi Di Pietro vede riaprirsi quella porta che gli è più congeniale, quella cioè del facile populismo accompagnato quasi sempre da insulti ed invettive e vi si butta con tutto il corpo. Non conosce ancora la direzione di marcia ma pensa di avvertirla sulla pelle. L’onda della demagogia e del populismo gli fa riscoprire le sue qualità di surfista ma non sa che l’onda è breve e rapidamente si infrange sulla rena della spiaggia quando non sugli scogli rocciosi.
    Ma chi dietro le spalle ha poco più che nulla vive di quell’onda anche se non sa dove lo porta, se sulla spiaggia o sugli scogli. E come nei mesi scorsi gli fu risposto picche nel tentativo che fece di andare nel Partito democratico, anche oggi alla sua festa non ci è andato nessuno degli invitati e men che meno quelli del centrosinistra.
    L’unica sponda Di Pietro l’ha trovata in Gianfranco Fini oltre che nel comico Grillo.
    Quella sponda con An è legata anch’essa ad un rigurgito populista, quello sui costi della politica quasi che nessuno dei due partiti avesse mai usato sempre e per intero tutti i contributi pubblici ricevuti.
    Ma su questo terreno Fini e Di Pietro hanno solo fatto un piccolo spot pubblicitario che testimonia tutt’al più le rispettive difficoltà. Lo scopo recondito che entrambi non vogliono confessare è l’obiettivo di un sistema presidenziale che volti pagina seppellendo quella democrazia parlamentare che negli ultimi quindici anni ha solo dimostrato crescente decadenza, cesarismi da provincia e risse da cortile.
    Un sistema presidenziale e una lunga mareggiata nell’umore dell’opinione pubblica forse fa sperare a Di Pietro, e chissà se anche a Fini, di giocarsi una partita antica, quella dell’uomo della Provvidenza, o quanto meno il figlio dell’uomo della Provvidenza.
    Noi da qualche tempo predichiamo un sistema presidenziale dal momento che una democrazia parlamentare esiste se vi sono partiti di massa con grandi culture di riferimento, cose che in Italia non esistono più da quindici anni né si vede chi ha voglia di riprendere il bandolo di quella matassa.
    Detto questo, però, la speranza di Di Pietro più che un’utopia sembra proprio una sciocchezza perché l’uomo avrebbe dovuto imparare in tutti questi anni i propri limiti e la forza di una politica non guidata dalla pancia.
    Se Romano Prodi perdesse meno tempo a convincerlo su tutte le questioni che solleva e altri ministri non gli facessero sponda polemizzando nel cortile di palazzo Chigi, Antonio Di Pietro sarebbe sempre più solo perché quella piazza rumorosa che tanto lo affascina, a tarda sera torna sempre da mammà.
    La politica è una cosa maledettamente seria e tutto ciò che è clamoroso in genere non esiste. Ed allora se il buon Tonino non vuole stare con la sinistra radicale e con Mastella siamo dei provocatori se gli chiediamo di uscire subito da questa maggioranza dopo il clamore dell’altro giorno?
    Se non lo fa anche lui, come il clamore, politicamente non esiste.

    Geronimo su www.ilfoglio.it del 8 ottobre 2007

    saluti

  2. #2
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    Predefinito Tonino il moralista

    Pur non facendo niente di concreto, Antonio Di Pietro riesce ogni giorno a fare parlare di sé.
    Di tutto si impiccia, salvo che delle Infrastrutture di cui è ministro.
    Il Ponte di Messina è saltato, l’Alta Velocità ferroviaria è ferma, il bisogno di case intatto.
    A Tonino non importa un piffero. Lui si occupa dei massimi sistemi: gli eccessivi costi della politica, la moralità dello Stato, la difesa d’ufficio delle toghe da cui proviene.
    Ha preso di mira Mastella per fatto personale.
    Clemente gli ha infatti soffiato il posto di Guardasigilli cui aspirava. Non gliene passa una. Dall’aereo di Stato preso col figlio per assistere alla corsa automobilistica, all’indulto.
    Si è impancato giurando che voli di Stato lui non ne aveva mai presi. Poi, si è scoperto che li utilizza pure lui.
    Sbugiardato, ha fatto il broncetto.
    Mentire per darsi un’aria da padreterno, è una costante di Tonino che, a 58 anni, stenta a raggiungere lo stadio adulto.
    Anche la storia dell’indulto 2006 è diversa da come la racconta.
    Ogni volta che un manigoldo appena liberato sgozza la vittima di turno, Tonino esclama: «L’avevo detto io». Non è affatto così. Sulla clemenza ai delinquenti che usano coltelli e pistole, Di Pietro era d’accordo. Identico a Mastella, la considerava un ottimo espediente per svuotare le carceri troppo piene.
    La differenza tra i due è che l’ex pm di Mani pulite non voleva l’indulto per i reati finanziari, societari e di corruzione.
    Scleroticamente ancorato al suo passato, odia più i colletti bianchi degli assassini.
    È per tenere in galera costoro che l’ineffabile, nell’estate dell’anno scorso, manifestò davanti Montecitorio. Pareva una macchietta, ma inaugurò la moda del gabinetto Prodi: quella di ministri e sottosegretari che urlano in piazza contro il governo di cui fanno parte.

    Di Pietro si è dato al teatro, incapace di fare di più.
    L’ex pm ha scoperto a sue spese che è più facile sbattere un tizio in galera con uno schiocco di dita che ottenere risultati in politica. Capì l’antifona diventato ministro dei Lavori Pubblici del primo governo Prodi nel 1996. Fanatico del decisionismo, rodomonte come pochi, decise di risolvere in un giorno il cinquantennale problema degli affitti. Convocò i sindacati a Porta Pia - sede del ministero - e li catechizzò: «Entro stasera troviamo l’accordo, domani faccio un decreto legge». Fecero invece una matassa di lana caprina e non approdarono a nulla.
    Si arrivò a una micro sistemazione degli affitti solo due anni dopo, quando Di Pietro era già fuori dal governo e vagolava come un’anima in pena.

    Da allora, appresa la lezione, Totò fa solo ammuìna. Va in tv, si eccita, fa il viso da matto, spara a zero.
    In questo anno e mezzo al governo, ha minacciato di farlo cadere più volte di quante non abbia sfogliato un libro. Ma è tutta fuffa.
    Esemplare il suo atteggiamento nella faccenda Visco-Speciale.
    Assodato in tribunale che l’attacco del viceministro ds al generale era stato illegittimo, Totò ha tuonato: «Visco faccia un passo indietro». Duro come roccia, l’inflessibile ex pm pareva deciso a esigere le dimissioni del fiscale di Foggia.
    Tutto il centrosinistra a disperarsi per la crisi imminente. Bene. Quattro giorni fa, i senatori di Italia dei Valori - il partito dell’ineffabile - hanno votato compatti fiducia e stima a Visco. Tonino ha dichiarato euforico: «L’assalto di Berlusconi è stato respinto».
    Aveva fatto tana due volte: era al centro dell’attenzione e si era tenuta stretta la poltrona.
    Nessuno crede più alle sue grida. Chi lo conosce meglio, lo snobba più degli altri.
    Sono legioni quelli che, fatto un tratto di strada insieme, lo sfuggono come cosa non grata.
    Dopo l’uscita di Tonino dal pool di Milano, il suo capo, Borrelli, precisò: «Mai andati oltre il lei».
    Il suo responsabile legislativo ai Lavori Pubblici nel ’96, Mario Cicala, magistrato anche lui, abbandonò l’incarico dopo appena due mesi.
    Scomparsi in massa gli illusi della prima ora che credevano di combattere con l’ineffabile la battaglia della moralità: i Federico Orlando, i Willer Bordon, i Mirko Tremaglia.
    Nessuno ha mai detto con chiarezza cosa li abbia delusi. Ma da un accenno di un ex fedelissimo, Elio Veltri, si può arguire che a respingerli sia l’inveterata disinvoltura dell’autoproclamato moralizzatore.
    La stessa che da magistrato lo spinse ad accettare l’indimenticata Mercedes e il prestito senza interessi di 120 milioni. Di lui, Veltri ha detto: «Dall’Italia dei Valori all’Italia dei valori immobiliari».

    Felice gioco di parole che ha spalancato un ghiotto scenario di mattoni.
    Tonino è titolare di una società immobiliare, la An.to.cri. srl, dalle iniziali dei figli di primo e secondo letto: Anna, Totò, Cristiano. Con l’aziendina di famiglia, il ministro delle Infrastrutture ha acquistato due appartamenti. Uno a Milano di nove vani da Marco Tronchetti Provera e uno a Roma di 10,5 stanze. Entrambi sono stati comprati con un mutuo, rispettivamente di 300mila e 400mila euro. Le due case sono state poi oculatamente affittate dall’ex pm al suo partito - Idv - a un prezzo superiore alle rate dei mutui.
    Altrimenti detto, con i soldi del finanziamento pubblico, l’Idv versava al suo leader l’ammontare mensile del prestito bancario, più una mancetta per le piccole spese, dalle cravatte per andare a Ballarò, alla tintoria quando deciderà di farci un salto invece di tenere i vestiti stazzonati. I giornali si sono accorti della faccenda quest’estate. È parsa poco bella e l’hanno denunciata. A frittata fatta, Di Pietro ha venduto di corsa gli appartamenti. Ora, è molto liquido e vedremo quale sarà la sua prossima mossa nel campo del mattone.

    Intanto ha trasferito il quartiere generale romano dell’Idv, affittando l’ex sede Psdi di via Santa Maria in Via, due passi da Palazzo Chigi. Per un curioso caso, nello stesso edificio c’è la redazione di Italia Oggi, il quotidiano che ha svelato la gabola dei due appartamenti. E poiché Tonino urla durante le riunioni di partito le più interessanti finiscono in pagina a puntate.
    Certo, questo insieme, è una maledizione per l’ex pm.
    Però, se l’è cercata. Nel mondo complesso in cui viviamo, un conflitto di interessi anche piccolo, come l’intreccio mutui-affitto-Idv, è sempre in agguato. Ma se a fare il passo falso sono i moralisti 24 ore su 24, è fatale che i primi a essere travolti dal meccanismo innescato siano proprio loro.
    Vale per tutti i moralizzatori della domenica, da Di Pietro a Beppe Grillo.

    Nato nel contado molisano di Montenero di Bisaccia, Tonino fu dirozzato nel seminario di Termoli dove imparò a bere il latte nella tazza anziché, secondo la sua leggenda, abbeverarsi alle mammelle della mucca. Prese un diploma di perito industriale ed emigrò in Germania. Fu assunto da una fabbrica di posate e messo a lucidare cucchiai. Nonostante lucidasse da dio, decise di tornare in Italia e profittare delle leggi post ’68 che aprivano indiscriminatamente gli accessi universitari per iscriversi a 23 anni, lui perito tecnico, alla Facoltà di Legge della Statale di Milano.
    Si laureò nei tempi canonici, senza però mai colmare le lacune nel latino di cui la giurisprudenza è ricca.
    I suoi sfondoni sono così esilaranti da aizzare quel bello spirito di Alfredo Biondi. Suo collega parlamentare ed ex Guardasigilli Biondi, se c’è Di Pietro in Aula o in commissione, sforna continui brocardi latini unicamente per godersi gli occhi a palla di Tonino che li scambia per cinese.
    L’estraneità alla lingua delle Pandette stava per giocargli un brutto scherzo anche nel secondo tentativo di superare il concorso in magistratura. Presidente della commissione era Corrado Carnevale, giudice severo e garantista che subì poi un calvario perché sgradito alla parte forcaiola della magistratura. All’interrogazione di Diritto romano, Tonino maltrattò il latino suscitando lo sdegno del commissario che si pronunciò per la bocciatura. Carnevale, che si era commosso leggendo il curriculum del molisano - contadino, emigrante, operaio, etc. - intervenne e gli fece un po’ di domande per metterlo a suo agio. Su alcune fece scena muta, ad altre rispose in pittoresco dipietrese. La commissione, imbarazzata, era orientata a fargli ripetere il concorso una terza volta. Ma Carnevale, dominato dal buon cuore, mise in luce le umili origini e la buona volontà del candidato. Alla fine la spuntò e Tonino indossò la toga. Cosa ci abbia fatto, è noto a tutti.
    Tanto che, anni dopo, Carnevale ripensando al suo ruolo in quella risicata promozione, disse: «Non lo rifarei mai più».
    Da ormai dodici anni, l’ex pm è parte dell’esaltante panorama della Seconda Repubblica in cui si è intrufolato a forza, scardinando a suon di manette la Prima.
    La sua utilità è zero.
    Resta la consolazione che non sia più magistrato.

    Giancarlo Perna su www.ilgiornale.it del 8 ottobre 2007

    saluti

  3. #3
    Amico di Oniria..wooff...
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    ciorciole...ciorciole e ancora ciorciole.......non GRADIDO nel nuovo PD mastica amaro e passeggia con le sue ansie nei corridoi della mente sua.....nessuno lo capisce o NON LO VUOLE.

    si dia una mossa.........dia le dimissioni e le porte gli verranno aperte.

    wooff...wooff...

  4. #4
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    Predefinito Dirigisti che non dirigono

    Le convenzioni autostradali volute da Di Pietro e bloccate dalla Corte dei conti

    Le convenzioni del ministero delle Infrastrutture per le tre autostrade Brescia-Bergamo-Milano, Pedementana lombarda, e Asti-Cuneo sono state bloccate dalla Corte dei conti, perché mancano le norme di contabilità analitica previste dalla direttiva del Cipe del 26 gennaio.
    Esse costituiscono l’orgogliosa innovazione del ministro Antonio Di Pietro, per effettuare un rigoroso controllo dei proventi e degli utili delle società concessionarie.
    E quindi per poter stabilire se le tariffe autostradali non diano luogo a utili in eccesso e, soprattutto, se siano giustificate le richieste di adeguamento – che esse sogliono generalmente fare – dopo qualche anno.
    I nuovi metodi contabili, denominati, con linguaggio burocratese “contabilità regolatoria”, devono essere stabiliti dall’Anas, che però, a quanto sembra, non li ha ancora redatti.
    La Corte dei conti, non ha dato il suo visto, perché vorrebbe che essi fossero in vigore, prima che le convenzioni vengano approvate, onde essere vincolanti per le società operative.
    Stranamente Di Pietro aveva immaginato che bastasse che questi metodi contabili venissero resi noti al momento della realizzazione delle autostrade.
    Ma ovviamente non è così, perché il diritto a cui le società concessionarie debbono adeguarsi non può essere successivo al contratto che esse fanno con il ministero, ma antecedente.
    Il ministro Di Pietro con vari provvedimenti legislativi e ministeriali aveva modificato retroattivamente i termini della concessione alla Società Autostrade, per contrastare l’operazione di fusione con il gruppo spagnolo Abertis.
    Ne è sorto un complicato contenzioso, alla fine Abertis se ne è andata. Ora la storia non si ripeterà. Con la delibera del Cipe della prossima settimana si dovrebbe dare certezza alle nuove norme contabili, che nel frattempo Anas avrebbe varato.
    La Corte verosimilmente, a quel punto, ritirerà le sue riserve. Ma intanto le concessioni sono in grave ritardo sui tempi previsti.
    Una regolamentazione pubblica minuziosa può essere meglio di una ad ampie maglie.
    Ma bisogna saperla fare in tempi brevi e farla conoscere ai contraenti prima della loro firma.
    Al contrario, si rischia di passare per dirigisti che non sanno dirigere.

    G.Ferrara su www.ilfoglio.it del 27 sett. 07

    saluti

  5. #5
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    Spero che un giorno con Di Pietro ci si possa incontrare,porta avanti idee compatibili con la Destra tradizionale.
    Se Berlusconi si levasse dalle palle magari.....

  6. #6
    Amico di Oniria..wooff...
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    Citazione Originariamente Scritto da BOY74 Visualizza Messaggio
    Spero che un giorno con Di Pietro ci si possa incontrare,porta avanti idee compatibili con la Destra tradizionale.
    Se Berlusconi si levasse dalle palle magari.....

    arridagli con silvio.

    parti bene e poi ti viene l'allergia e starnutisci

    certo che nel tuo DNA la consonante "B" è difettosa.nel sangue addirittura scatenerebbe degli anticorpi che scatenerebbero.....una crisi anche seria....roba da shock anafilattico......

    .....spero che tu non ti sia offeso.

    quindi,credo di capire,che anche a te(COME A ME DEL RESTO) non dispiacerebbe se l'amico "fritz" DI PIETRO attraversasse il....................."RENO".......naturalmente prima che inizia la campagna/offensiva....."BARBAROSSA".

    PS certo di averti fatto cosa gradita nell'esternare il mio entusiasmo su un pensiero che abbiamo in comune....wooff...wooff...



  7. #7
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    Citazione Originariamente Scritto da kanekorso Visualizza Messaggio
    arridagli con silvio.

    parti bene e poi ti viene l'allergia e starnutisci

    certo che nel tuo DNA la consonante "B" è difettosa.nel sangue addirittura scatenerebbe degli anticorpi che scatenerebbero.....una crisi anche seria....roba da shock anafilattico......

    .....spero che tu non ti sia offeso.

    quindi,credo di capire,che anche a te(COME A ME DEL RESTO) non dispiacerebbe se l'amico "fritz" DI PIETRO attraversasse il....................."RENO".......naturalmente prima che inizia la campagna/offensiva....."BARBAROSSA".

    PS certo di averti fatto cosa gradita nell'esternare il mio entusiasmo su un pensiero che abbiamo in comune....wooff...wooff...


    Berlusconi mi sta sulle palle,non è un mistero,perchè lo ritengo il responsabile dell'inquinamento della destra italiana,basta vedere com'era la destra fino al 1993,allora eravamo contro il malaffare ,oggi è finita che gira e rigira si è sempre dalla parte degli imputati,che è cosa diversa dal garantismo .
    Se Berlusconi sparisse ne sarei felice,lo sanno tutti e se si portasse via quel circo equestre che va sotto il nome di FI stapperei lo spumante,è gente con cui mi trovo a dover coabitare ma che non sopporto per nulla,dopo 14 anni la pazienza comincia a venir meno

 

 

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