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Discussione: Destra, ultima Fermata

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    Destra, ultima Fermata

    di Pietrangelo Buttafuoco, da Il Foglio 27.03.10


    In principio fu la scoperta degli Hobbit, dopo di che gli altri cominciarono a scoprire “il noi” contenuto nella parte di mondo chiamata “destra”. Un modo di stare insieme secondo un alfabeto fatto di saghe, epiche, maghi, minuscoli guerrieri, foreste infestate di orchi e fiammeggianti sovrani della luce. Stupidaggini, forse. Proiezioni adolescenziali, magari. E tutto ciò fu rubato dalle pagine di Tolkien pur di non perpetuare il rancore di una pesante eredità: la sconfitta militare e un dopoguerra eterno annodato al collo peggio di un cappio da cui penzolare nella certezza inamovibile dell’inutilità di stare al mondo. Figurarsi quanto utile, invece, per la destra, era quel tentativo di stare nella scena politica. Qualcuno ci lasciava la pelle. Era ancora il tempo in cui c’era il regime e l’arco costituzionale. Si faceva la lotta al sistema.

    Non era più sufficiente risolverla con la colla e il secchio dell’attacchinaggio. Bussava alle spalle della giovinezza – Giovinezza! – il mito più che capacitante di farla finalmente estetica, la battaglia politica: e giù con i Campi Hobbit, allora. Sono i raduni di una destra “anni ‘70”, non propriamente una replica di Parco Lambro, neppure una presa di Fiume, piuttosto un esperimento riuscito di “destra”: comunitarista e non democratica, libertaria e non liberale, militante e non militarista, plurale e non occidentale, creativa e non museale e perfino anche musicale. Succedeva questo in Italia quando tutti, con faciloneria, pensavano fossero solo addestramenti paramilitari quelli dei Campi Hobbit dove, in luogo di confrontarsi “con l’egemonia degli altrui paradigmi culturali”, poter sfoggiare ray-ban e scarpe a punta. Furono – insieme a tanti convegni e al proliferare di riviste intellettuali tra le quali Elementi e Diorama Letterario – l’apice della Nuova Destra. E qualcosa di ancora più nuovo, a destra, dopo quell’esperimento che vide in Marco Tarchi l’animatore e il leader, non c’è più stato. Fu l’unico momento in cui la destra entrò in un mondo dal quale si era da sempre “autosclusa”.

    A maggior ragione con una “destra” al governo. Esclusa comunque. Nulla è mutato rispetto al passato. Per dirla con Tarchi, “la destra non sapeva partorire niente che andasse al di là di una produzione intellettuale di seconda scelta, una sub-cultura (in termini gerarchici), come qualcosa che si collocava sotto il livello della cultura vera”. E ancora adesso, malgrado il governo del paese, è così.

    E fin qui ce la caviamo con i modi del prologo. Le cose della teoria hanno i piedi per camminare e siccome tempo n’è passato da allora, il filo si riannoda a partire dall’attualità. Ecco: comunque vadano le elezioni, la destra – per come ha cristallizzato la propria fisionomia – è arrivata alla sua ultima fermata, e l’atto finale si rivela già nell’impossibilità di fare futuro (e non è un gioco di parole) oltre l’ombrello del berlusconismo.

    La destra-destra, qui s’intende. E’ quella derivata dalla doppia mutazione da Alleanza nazionale in Pdl e, da questo, poi, in quel che è diventato il laboratorio della fronda finiana. Domanda delle domande, però: perché, facciamo ad esempio, la Lega di Umberto Bossi è cresciuta e si è evoluta senza farsi vampirizzare da Silvio Berlusconi – anzi, sovrastandolo ma aiutandolo non poco – mentre al contrario la destra è risultata solo un inciampo e si è dissolta nell’abbraccio con Forza Italia, anzi, creando non pochissimi disastri per sparire senza resti e senza eserciti?

    La destra-destra non avrà futuro fuori dell’epoca berlusconiana. Magari esisterà la parola è sarà una qualsiasi immondezza di tipo nevrastenico pop (esempi, purtroppo, non ne mancano a furia di isterie xenofobe e occidentaliste) ma la destra derivata dalla tradizione culturale della vena ghibellina, quella della Tradizione, quella, insomma, risorgimentale del liceo classico, della caserma e di Guglielmo Marconi, non troverà più modo di essere contemporanea al proprio tempo per manifesta incapacità di disegnare, innanzitutto, il presente.

    Cerco, intanto di dare a me stesso la risposta alla domanda di prima: la Lega vince perché è prassi. Tanto per cominciare il Carroccio, che pure nasce da una comunità a guida carismatica, rende tutti gli onori al capo ma ha messo in campo fior di campioni quali Roberto Maroni – quello che materialmente sta sfasciando la mafia e la camorra –, quindi Tosi, sindaco di Verona (uno che non teme il paragone con la celebrata tradizione amministrativa delle municipalità rosse, tanto è bravo), quindi ancora un ottimo ministro come Zaia e poi ancora curiosi e ghiotti incursori della cultura, magari sconosciuti al pubblico altero dei grandi quotidiani, ma di solida tempra (sia consentita l’espressione) spirituale. Sono quelli di “Terra Insubre”. Personalmente li ho incontrati in una tavolata degna dei banchetti di Asterix e Obelix, anzi, degna dei Campi Hobbit. Ad un certo punto della discussione hanno iniziato a fare una sana litigata e se in quello stesso momento, a Capalbio, qualcuno stava accalorandosi sulle “Mine vaganti” di Ozpetek, questi almeno se le stavano ragionando le questioni a proposito del concetto di divenire: si dividevano tra hegeliani ed eraclitei. Con tanti saluti all’egemonia culturale.

    E tanto per gradire, poi, la Lega che predica male con parole d’ordine ai confini del razzismo e dell’islamofobia, razzola poi benissimo se si pensa che quel fantastico Gentilini, pro sindaco di Treviso, è quello che meglio di un qualsiasi prete di frontiera ha saputo gestire l’immigrazione nella sua Alabama della Marca se è vero che più del 20per cento delle partite Iva sono dei regolari extracomunitari. Gentilini è *– giusto perché la Lega è sangue di popolo – quello che va a prendersi il tricolore di Cesare Battisti, la bandiera dimenticata nella tazza del cesso da Umberto Bossi, per stringerselo al proprio collo di vecchio alpino.

    La Lega è prassi mentre la Destra è tentativo senza essere pensiero, questa è l’unica risposta possibile al perché tutto quel lavoro dei Pinuccio Tatarella e dei Beppe Niccolai (sul piano politico) e dei Domenico Fisichella e dei Marco Tarchi in illo tempore (di quest’ultimo, appunto, e del suo nuovo libro adesso parleremo) sia infine sfumato nel fallimento del Pdl. E il dramma è doppio perché anche a dover vincere le elezioni regionali, il Pdl, il partito nato dalla fusione tra Forza Italia e quel che restava di An intorno alla figura di Gianfranco Fini, è crepato. Se la Lega ha approfittato dell’opportunità del berlusconismo per realizzare i propri capitoli – sia esso il federalismo, l’immigrazione o la conquista del Veneto – la destra, al contrario, in Silvio Berlusconi – fatta salva la schiera lealista e faticatrice di Maurizio Gasparri – ha avuto un padrone cui riservare solo coltellate. Non a caso Bossi, dal palco di piazza S. Giovanni, indicando il Cavaliere ha detto: “A lui io non ho mai chiesto una lira”. Se la Lega è rimasta fedele a se stessa, la destra, a partire dalla svolta di Fiuggi, ha sistematicamente distrutto “il partito”. E questo non l’ha fatto per veicolare libertà tra i propri aderenti ma per cinturare un leader e scimmiottare una contraffazione della società civile ritenendo ogni militante un pezzo di mondo da lasciare alla deriva. Perpetuando così “un senso di inferiorità”, così diceva Beppe Niccolai, “che ha fatto sì di non cercare risorse al proprio interno ma fuori dai confini”. Da Fiuggi in poi, sempre con l’eroica eccezione della sim telefonica di Gasparri dove ancora vive un sano nocciolo identitario, è venuto meno il contatto carnale con il territorio, con l’attivismo, con la base, con qualsiasi cosa che abbia a che fare con la selezione di una classe dirigente, con la convocazione di un congresso, meno che mai con il movimentismo creativo e metapolitico di un Campo Hobbit. E, dicendo questo, la prendo alla larga per arrivare al punto.

    Se la Lega ha incoraggiato al proprio interno la crescita di figure autonome, (anche al costo di oscurare il capo), la Destra, oltre alla buona volontà di guastatori intercettati dalla polemica giornalista, ha seminato questa malinconica stagione del berlusconismo in crisi di grigi proconsoli fedelissimi al co-capo, ovvero quel Fini, altrettanto capo carismatico ma che a differenza del senatore Bossi, non ha ancora attratto a sé uomini autonomi, progetti e un fare presente che non sia la generica adesione alla Costituzione, al Patriottismo repubblicano e alla corrente elencazione dei propositi assai in voga nell’antiberlusconismo così da guadagnare buona stampa e niente più. Un dato, questo dell’aver buona stampa, con il quale si rivela l’abolizione della passione senza sostituirla con l’intelligenza. Machiavellica va da sè.

    Ecco, parliamo di Tarchi. Politologo estraneo a qualsivoglia destra, ieri ideatore della più entusiasmante stagione della destra-destra (tanto da averla fatta nuova e – soprattutto – disarmante rispetto agli anatemi e ai luoghi comuni del patriottismo costituzionale di allora immutato rispetto a quello di adesso), Marco Tarchi che è uno studioso di provato spessore ha saputo scrivere un libro con la serietà propria di chi vive con distacco una stagione di cui fu il principale attore. Fu lui, infatti, a vincere un congresso contro Gianfranco Fini che dovette ricorrere a Giorgio Almirante per farsi nominare comunque alla guida del Fronte della Gioventù. Poiché la storia non si fa con i se, non perdiamo di certo tempo ad immaginare cosa sarebbe diventata la destra-destra se, giusto in quel frangente, con la leadership di un Tarchi non si sarebbe certo attardata con il vecchio armamentario: perfino “il Fascismo del 2000!”. E però, il “capire cosa potesse spingere i ragazzi che frequentavano le sezioni missine a intestare un loro raduno nazionale a un personaggio fiabesco”, è un’operazione di analisi culturale urgente specie se quasi tutta la schiera di chi era giovane allora, al fianco di Tarchi, adesso stia con Fini, su posizioni che l’attuale presidente della Camera ieri osteggiava e che oggi, al contrario, sostiene. E l’ultimo libro di Tarchi, “La Rivoluzione impossibile. Dai Campi Hobbit alla Nuova destra” (edizioni Vallecchi, euro 18,00), è un perfetto scandaglio per rischiarare una stagione altrimenti dimenticata, specie se solo attraverso questa si può capire il come, il perché e il come mai la destra-destra di oggi al governo – pur con tutti quei protagonisti, Alessandro Campi, Luciano Lanna, Flavia Perina, Umberto Croppi, Adolfo Urso e gli altri rautiani derivati da quella stagione –abbia esaurite tutte le sue potenzialità. Era un giocattolo che doveva entrare per forza nella storia della destra, quello della Nuova Destra e con i Campi Hobbit a far da sfondo non c’è un dettaglio da scapestrati, ma la strategia meta-politica, l’unica che potrebbe definitivamente forgiare la destra senza per questo sfinire d’agguati un Berlusconi che il merito fondamentale lo ebbe: porgere l’ombrello alla cui ombra rendere fresca l’assolata solitudine di tanti. Sarebbe opportuno che, in sede di analisi e di confronto, si ricominciasse da quella stagione. Scrive Tarchi: “Le eredità ideologiche sono sempre più frequentemente rifiutate dai beneficiari e i segni delle identità originarie vengono cancellate per non creare imbarazzi negli interlocutori”. Non è il caso degli Hobbit. Nessun imbarazzo deriva dai giorni di Castel Camponeschi e di Montesarchio (alcuni dei luoghi che videro i raduni), tanto meno possono essere dimenticati i convegni della Nd dove arrivavano anche intellettuali fuori area come Massimo Cacciari.

    Sarebbe, appunto, opportuno che si riprendesse quel filo. E che i temi proposti allora – comunità solidale, critica al liberalismo, identità plurale, la paganitas perfino – trovassero finalmente i propri tempi, questi nostri. Altrimenti ci sarebbe un’ulteriore domanda, questa: perché il partito democratico è nato e l’altra cosa lì, una destra-destra, invece, no?


    IL TEMPO STRINGE | Linea Mercuzio LiberuniversitÃ
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  2. #2
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    Predefinito Rif: Destra, ultima Fermata

    Un'analisi forte e spietata. L'ultimo grido di coloro che hanno vissuto quel periodo indimenticabile che segnò il nuovo percorso di uomini e donne che non volevano continuare a vivere ai margini della politica. Gli appestati che volevano "guarire" togliendosi quell'etichetta così nobile ma non più riproponibile; un mondo che ha sempre vissuto le sue contraddizioni con sofferenza ma anche con molta dignità. La gioventù di quel tempo era ribelle ma legata ai valori imprescindibili, amava la gerarchia ma odiava i capetti di partito, era contro l'America ma, dall'altra parte, c'era l'orco sovietico. Un periodo straordinario dove la cultura non conforme cominciò a costruire la strada di quella che sarebbe poi diventata la Nuova Destra . Non andò tutto liscio, e Buttafuoco lo testimonia, ma a quel tempo nessuno si sarebbe immaginato di poter dibattere di queste cose da una posizione di "potere" politico, che seppure non gestito ottimamente, è sempre una conquista. A Buttafuoco va riconosciuta la sua onestà intellettuale ed il merito di riaprire quella porta che spesso ci siamo visti sbattere sul muso. La porta d'accesso alla cultura, monopolio esclusivo di chi è solo stato capace di manipolarla a suo favore rendendola , a torto, una sua esclusiva. L'ultima fermata è sempre la più attesa, salire o scendere poco conta: l'importante è guidare il mezzo.
    NON VOTO NEL REALE,NON VOTO NEL VIRTUALE....GRAZIE!

  3. #3
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    Predefinito Rif: Destra, ultima Fermata

    Questo articolo andava postato per dovere d'informazione e a dimostrazione della nera notte popolata di incubi nella quale "noi di destra" siamo costantemente immersi.

    "Noi di destra"? C'è immagine più impalpabile e contraddittoria di questa? No, non c'è.


    “il noi” contenuto nella parte di mondo chiamata “destra”.
    Quale parte di mondo? Forse solo l'Italia dove esiste un lessico politico che non ha eguali nel mondo.

    Un modo di stare insieme secondo un alfabeto fatto di saghe, epiche, maghi, minuscoli guerrieri, foreste infestate di orchi e fiammeggianti sovrani della luce. Stupidaggini, forse. Proiezioni adolescenziali, magari. E tutto ciò fu rubato dalle pagine di Tolkien pur di non perpetuare il rancore di una pesante eredità: la sconfitta militare e un dopoguerra eterno annodato al collo peggio di un cappio da cui penzolare nella certezza inamovibile dell’inutilità di stare al mondo. Figurarsi quanto utile, invece, per la destra, era quel tentativo di stare nella scena politica. Qualcuno ci lasciava la pelle. Era ancora il tempo in cui c’era il regime e l’arco costituzionale. Si faceva la lotta al sistema.
    Ecco gli incubi profilarsi nella penombra. La destra della lotta al sistema, e negli anni ottanta! Mentre in altre parti d'Occidente "destra" era la critica allo statalismo, più tante altre cose, in questo nostro piccolo e disgraziato paese "destra" era il "luogo del rancore di una pesante eredità: la sconfitta militare"! E chi non ci lasciava la pelle "rubava" dalle pagine di Tolkien "maghi, minuscoli guerrieri, foreste infestate di orchi e fiammeggianti sovrani della luce"... Ma Buttafuoco è matto? Ma che c'entrano con la politica i romanzi fantasy?

    un esperimento riuscito di “destra”: comunitarista e non democratica, libertaria e non liberale, militante e non militarista, plurale e non occidentale, creativa e non museale e perfino anche musicale.
    Il delirio... "comunitarista e non democratica", "libertaria e non liberale", "militante e non militarista", "plurale e non occidentale"... Ma che roba è? E' follia, uno scherzo fuori dal mondo, che il destino CINICO E BARO ha voluto che si impiantasse nell'Italietta della Prima Repubblica!

    Una "destra" (Buttafuoco non contento dice addirittura "destra-destra") nata per far la guerra a tutte le destre del mondo e a far scompisciare dal ridere tutte le sinistre del mondo...

    Fu l’unico momento in cui la destra entrò in un mondo dal quale si era da sempre “autosclusa”.
    Ma in che modo ci entrò? Come buffo "mostro" da irridere...

    Per dirla con Tarchi, “la destra non sapeva partorire niente che andasse al di là di una produzione intellettuale di seconda scelta, una sub-cultura (in termini gerarchici), come qualcosa che si collocava sotto il livello della cultura vera”.
    Destra di governo e destra intellettuale si sono date la mano, in Italia, per mettere in ridicolo ciò che in tutto il mondo si è sempre inteso per "destra".


    "La destra-destra non avrà futuro fuori dell’epoca berlusconiana.
    Meno male. Speriamo sparisca portandosi via anche Tarchi e Buttafuoco.

    Magari esisterà la parola è sarà una qualsiasi immondezza di tipo nevrastenico pop (esempi, purtroppo, non ne mancano a furia di isterie xenofobe e occidentaliste)
    L'immondezza per Buttafuoco è tutto ciò che a vario titolo si richiama alla "destra vera"...

    ma la destra derivata dalla tradizione culturale della vena ghibellina, quella della Tradizione, quella, insomma, risorgimentale del liceo classico, della caserma e di Guglielmo Marconi, non troverà più modo di essere contemporanea al proprio tempo per manifesta incapacità di disegnare, innanzitutto, il presente.
    Ma che dici, pazzo! Svegliati da questo lugubre sonno...

    la Lega vince perché è prassi.
    La Lega vince perchè non è una destra in un paese che non è e non sarà mai di destra. La Lega vince perchè esalta il campanile in un'Italia che non è (più) una nazione.

    La Lega è prassi mentre la Destra è tentativo senza essere pensiero, questa è l’unica risposta possibile al perché tutto quel lavoro dei Pinuccio Tatarella e dei Beppe Niccolai (sul piano politico) e dei Domenico Fisichella e dei Marco Tarchi in illo tempore (di quest’ultimo, appunto, e del suo nuovo libro adesso parleremo) sia infine sfumato nel fallimento del Pdl.
    Il Pdl è fallito perchè è il Partito del Leader. Berlusconi e/o Fini.

    Perpetuando così “un senso di inferiorità”, così diceva Beppe Niccolai, “che ha fatto sì di non cercare risorse al proprio interno ma fuori dai confini”. Da Fiuggi in poi, sempre con l’eroica eccezione della sim telefonica di Gasparri dove ancora vive un sano nocciolo identitario, è venuto meno il contatto carnale con il territorio, con l’attivismo, con la base, con qualsiasi cosa che abbia a che fare con la selezione di una classe dirigente, con la convocazione di un congresso, meno che mai con il movimentismo creativo e metapolitico di un Campo Hobbit. E, dicendo questo, la prendo alla larga per arrivare al punto.
    Il sonno demoniaco continua. Il nocciolo identitario... per Buttafuoco il problema di Fini è che non è più fascista! ostridicolo: I problemi di Fini sono ben altri, in primis l'essersi contornato di hobbit...

    progetti e un fare presente che non sia la generica adesione alla Costituzione, al Patriottismo repubblicano e alla corrente elencazione dei propositi assai in voga nell’antiberlusconismo
    La "destra" di Fini puzza, ma quella di Buttafuoco ancor di più...

    Ecco, parliamo di Tarchi. Politologo estraneo a qualsivoglia destra
    Appunto, dimentichiamocene.

    ideatore della più entusiasmante stagione della destra-destra
    Cazzarola! Divertente questa "destra-destra" estranea a qualsivoglia destra! Buffone!!!!

    (tanto da averla fatta nuova
    Tanto da averla fatta "di merda"...

    Marco Tarchi che è uno studioso di provato spessore ha saputo scrivere un libro con la serietà propria di chi vive con distacco una stagione di cui fu il principale attore.
    ostridicolo: La serietà di chi se l'è legata al dito da una vita e persegue nell'unico scopo che ha: sputare veleno su chi gli ha fatto le scarpe.

    Poiché la storia non si fa con i se, non perdiamo di certo tempo ad immaginare cosa sarebbe diventata la destra-destra se, giusto in quel frangente, con la leadership di un Tarchi non si sarebbe certo attardata con il vecchio armamentario: perfino “il Fascismo del 2000!”.
    Non sarebbe durata un anno... Basta pensare al "successo" ottenuto da Rauti! ostridicolo: Patetici!

    E però, il “capire cosa potesse spingere i ragazzi che frequentavano le sezioni missine a intestare un loro raduno nazionale a un personaggio fiabesco”, è un’operazione di analisi culturale urgente
    E' follia, follia, follia... Altro che "analisi culturale urgente", urge dimenticare, stendere il velo pietoso...

    specie se quasi tutta la schiera di chi era giovane allora, al fianco di Tarchi, adesso stia con Fini, su posizioni che l’attuale presidente della Camera ieri osteggiava e che oggi, al contrario, sostiene.
    Forse perchè, contrariamente a ciò che crede Buttafuoco, la distanza tra Tarchi e Fini non è poi così abissale... Non come quella, diciamo così, fra un Tarchi e una Santanchè, tra un Fini e una Palin...

    come mai la destra-destra di oggi al governo – pur con tutti quei protagonisti, Alessandro Campi, Luciano Lanna, Flavia Perina, Umberto Croppi, Adolfo Urso e gli altri rautiani derivati da quella stagione –abbia esaurite tutte le sue potenzialità. Era un giocattolo
    Era un giocattolo, appunto. Non una cosa seria. Soprattutto non una cosa "politica"...

    Sarebbe opportuno che, in sede di analisi e di confronto, si ricominciasse da quella stagione... dove arrivavano anche intellettuali fuori area come Massimo Cacciari.
    Ma vai da Cacciari, Buttafuoco... Vai, vai.. evvai...

    Sarebbe, appunto, opportuno che si riprendesse quel filo... E che i temi proposti allora – comunità solidale, critica al liberalismo, identità plurale, la paganitas perfino –
    Aaargh!!! Ecco la destra-destra! Orrore!!!! Sput! Sput!

    perché il partito democratico è nato e l’altra cosa lì, una destra-destra, invece, no?
    Non ci arrivi, povero pazzo divorato dagli incubi? Perchè il PD è il naturale approdo di una sinistra formalmente "comunista", ma la cui base sociale è sempre stata in maggioranza "radicale", "liberalprogressista", "americanista", rispondendo ad un comune sentire delle socialdemocrazie occidentali; mentre questa "destra-destra", negazione di tutte le destre possibili, è solo un macabro scherzo... TE NE RENDI CONTO?

    Ma si sa che a Buttafuoco piace scherzare. E gli riesce solo di scherzare...
    Ultima modifica di Florian; 29-03-10 alle 12:18
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  4. #4
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    Predefinito Rif: Destra, ultima Fermata

    Citazione Originariamente Scritto da SMB Visualizza Messaggio
    Un'analisi forte e spietata.
    Mi sa che oggi litighiamo...


    uomini e donne che non volevano continuare a vivere ai margini della politica.
    Il problema è che non volevano più vivere "a destra"...

    l'importante è guidare il mezzo.
    Eh no! Perchè quello è quello che pensa pure Fini! L'importante non è guidare "il mezzo" - oggi, il Pdl -, ma avere le convinzioni giuste. Non "esserci comunque", parola d'ordine dei postfascisti, ma fare qualcosa di buono. E di destra...
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  5. #5
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    Predefinito Rif: Destra, ultima Fermata

    Buttafuoco è pazzo. E la pazzia lo porta a confondere continuamente le carte.

    Qui esalta la destra della Tradizione e della paganitas. In precedenza lo stesso Autore aveva esaltato il culto della Madonna e di Padre Pio. Evidentemente per lui non sono in contraddizione.

    Un'altra associazione curiosa è quella fra una "destra della caserma" e una destra che si vorrebbe "non militarista".

    Ma il massimo dell'assurdità è l'idea di un comunitarismo "non liberale" e "non democratico" che sia però "libertario" e "plurale".

    Evidentemente per gli Hobbit nulla è impossibile.
    Ultima modifica di Florian; 29-03-10 alle 12:54
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  6. #6
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    Predefinito Rif: Destra, ultima Fermata

    Citazione Originariamente Scritto da Florian Visualizza Messaggio
    Mi sa che oggi litighiamo...


    Il problema è che non volevano più vivere "a destra"...



    Eh no! Perchè quello è quello che pensa pure Fini! L'importante non è guidare "il mezzo" - oggi, il Pdl -, ma avere le convinzioni giuste. Non "esserci comunque", parola d'ordine dei postfascisti, ma fare qualcosa di buono. E di destra...

    Stai tranquillo,vengo in pace:sofico: Buttafuoco non mi ha mai fatto impazzire sia come giornalista, sia come scrittore. Devo però ammettere che la sua analisi sulla non-cultura della Destra è vera. Le contraddizioni erano e sono -per la "Destra"- la linfa vitale, di conseguenza non c'è nulla da stupirsi . E' vero anche che l'unico tentativo di dare una nuova connotazione politico culturale, a livello giovanile, alla destra, svincolata quindi da quel passato pesante più di un macigno, furono i campi hobbit e la N.D. di "tarchiana" memoria. C'erano delle scimmiottature di quella sinistra che noi detestiamo, ma non si può dire che quella carica Libertaria e al contempo anche Conservatrice di Valori non provocasse nel nostro mondo un'intenso e sano vitalismo di idee. Su queste, se vogliamo, possiamo anche discuterne. Sta di fatto che quando c'è l 'appiattimento come oggi, le pulsioni, i confronti ed anche gli scontri restano solo un lontano ricordo. Da qui la crisi di Identità, lo sbando e talvolta- non per noi- la rassegnazione. Meglio delle idee, anche se non del tutto condivisibili, che il nulla. Per quanto concerne Fini, al di là del discorso "segretario del FDG, si può benissimo dire che l'attuale presidente della Camera negli ultimi tempi ha attinto, spesso, a quella Nuova Destra che un tempo gli fu nemica. L'ennesima contraddizione a Destra.
    NON VOTO NEL REALE,NON VOTO NEL VIRTUALE....GRAZIE!

 

 

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