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Risultati da 1 a 5 di 5

Discussione: Bidellopoli

  1. #1
    Blut und Boden
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    Predefinito Bidellopoli

    Scandalo bidellopoli
    graduatorie truccate

    Sessanta ausiliari scolastici
    nel mirino della Procura.


    La denuncia è partita dal Provveditorato, vengono tutti
    dalla Campania
    RAFFAELLO MASCI

    TORINO
    La Procura apre un’inchiesta sulla «bidellopoli» cittadina. Una cupola ha promesso posti da bidello a persone provenienti dal Sud, le ha inserite illegalmente all’interno di una graduatoria ad esaurimento e li ha fatti transitare nei ranghi della scuola. Un intervento tempestivo del Provveditorato e un esposto della Cgil hanno impedito che il fenomeno dilagasse.

    Il Provveditore ha immediatamente depennato gli «infiltrati». Non solo. Ha anche esteso il controllo agli anni precedenti, e ha scoperto un’altra lista, di circa 50-60 «intrusi» i quali, in alcuni casi, non solo erano entrati impropriamente in graduatoria, ma erano anche rapidamente ascesi fino a raggiungere una graduatoria ancora più ristretta, riservata a coloro che hanno alle spalle più di 24 mesi di supplenza. In sostanza erano con un piede già nel posto fisso.

    http://www.lastampa.it/Torino/cmsSez...6794girata.asp

  2. #2
    Blut und Boden
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    Predefinito

    16/5/2008 - REPORTAGE

    Nel paese dei falsi bidelli


    Da Dasà a Torino, centinaia assunti nelle scuole del Nord senza averne i titoli


    RAPHAËL ZANOTTI

    INVIATO A DASÀ (VIBO VALENTIA)
    Gli abitanti del paese di Dasà, una manciata di case immerse nella fitta vegetazione della provincia di Vibo Valentia, possono contare su poche cose: le pietre del vecchio mulino, il ricordo del cinema chiuso trent’anni fa e la speranza, un giorno, di diventare bidelli. È il sogno di un paese e coronarlo non è impossibile. Basta avere un concittadino assunto all’ufficio scolastico di qualche grande metropoli, per esempio Torino, fornire una lista di nominativi e il gioco è fatto. Negli ultimi anni, da Dasà, sono partite decine di famiglie alla volta dell’hinterland torinese. Il paese si è spopolato. Interi edifici sono vuoti. Le vie sono un carosello di saracinesche abbassate e trovare un artigiano è diventato un problema.

    «Saranno partite settanta famiglie - dice un vecchio in paese -. Tutti al nord, a Torino. Ma ora torneranno, vedrà. Uh, se torneranno». E poi bisbigliando: «Hanno fatto un truffa». La storia della truffa, da queste parti, la conoscono tutti. Fino a qualche tempo fa sembrava calata la manna, sul paese di Dasà. I capifamiglia venivano chiamati a ripetizione dall’Ufficio scolastico di Torino. Interi nuclei si trasferivano, bambini al seguito. Vicini e parenti aiutavano a fare armi e bagagli e poi via, emigranti al nord, verso un posto sicuro. Poi, qualcuno si è accorto che c’era qualcosa che non andava. Quei nomi, inseriti irregolarmente nella graduatoria del personale Ata, in teoria bloccata dal 2001, sono cominciati a saltare fuori. La procura ha aperto un’inchiesta, e sono iniziati a fioccare i depennamenti.

    Ora, su 1269 abitanti chi non ha un fratello, un cugino, anche solo un vicino di casa che ne è rimasto invischiato? «Bidellopoli, l’hanno chiamata» spiega Pietro Sorace, corporatura minuta e spirito animoso. Pietro gioca a carte in uno dei tre bar semideserti del paese. La campana della chiesa batte le tre e mezza del pomeriggio. «Qui in Calabria è così, si sa - continua Pietro -. Io sono iscritto all’ufficio di collocamento, categoria protetta. Aspetto una chiamata da 15 anni. Nel frattempo mi sono visto passare davanti persone iscritte nella categoria regolare, gente che aveva punteggi inferiori, amici degli amici». Solo qualche tempo fa, in Provincia, era esploso un altro scandalo: decine di persone assunte senza concorso.

    A giocare con Pietro c’è Nicola, un 30enne disoccupato: «Mio fratello l’hanno preso, come bidello. Ma lui ormai è assunto, mica lo depennano più. Comunque ha fatto bene, qui non si lavora. Se mi avessero dato la garanzia di un posto fisso, avrei anche pagato: 15-20 mila euro». E intanto il paese si spopola. Giuseppe Iacone è l’ultimo calzolaio rimasto nel circondario. Se qualcuno ha scarpe da riparare, tra Dasà, Arena, Arquaro e Dinami, deve venire da lui. Non c’è lavoro nemmeno per me. Una volta ero bidello e allora...». Ma come, pure lei? «Sì, sì, cinque anni. Con le supplenze. Poi, per rimanere, mi hanno chiesto di dare parte dello stipendio. Ho fatto il segno dell’ombrello e sono tornato al paese». Iacone abita dalle parti di via Verdi. Intorno alla sua abitazione - racconta - ormai c’è almeno una decina di case abbandonate.

    Le persiane sono sprangate e a scorrere la lista dei depennati si capisce il perché: decine di nomi provengono da Dasà, Arena, Gerocarne, Soriano, Sorianello, Arquaro. Le famiglie hanno nomi che qui conoscono tutti: i Covalea, i Panetta, gli Zappone, i Bono, i Lavorato, i Minà... Qualcuno faceva il carrozziere, qualcun altro il muratore, il padroncino. C’è persino un grosso proprietario terriero, titolare di un oleificio e di frantoi. Oggi la tenuta è deserta. La falegnameria, all’inizio del paese, è chiusa. «E dire che quelli sì che sapevano lavorare» dice un paesano. Tra i depennati, addirittura un intero nucleo familiare: padre, madre e due figli.

    La manna, per Dasà, ha un nome e cognome. È un compaesano che qualche anno addietro è partito dal paese e dopo aver avuto qualche guaio con la giustizia in Francia, è stato assunto al provveditorato di Torino, dove ha lavorato per sette anni, diventando una specie di ufficio di collocamento per i conterranei. In paese si dice che ha preso dei soldi, ma lui ha sempre smentito: «Solo buon cuore, ho aiutato chi era in difficoltà». I maligni sostengono che però, un ritorno elettorale, c’è stato. .

    Nessuno si è mai preoccupato che la cosa potesse venire a galla. Il primo dirigente del provveditorato di Torino è di queste parti. Ma non è lo stesso che ha depennato i nomi? «Noi sappiamo che a un certo punto c’è stato un problema: nelle graduatorie famiglie che erano state prese dopo avevano avuto punteggi maggiori. C’è stato un litigio».

    Il sogno di diventare bidelli si è infranto. Però molti rimarranno a Torino: chissà che non si riaprano le graduatorie. Scope e grembiuli sono sempre a portata di mano, nello sgabuzzino. E nel paese vuoto, a Dasà, ormai è sempre più difficile tornare.

    http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tm...5&sezione=News

  3. #3
    Speriamo non sia tardi
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    Questa mi mancava ancora, "bidellopoli"...

  4. #4
    Super Troll
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    guerra ai poveri..,,ai ricchi privilegi..
    su questo forum è meglio non rispondere ai fessi!
    voi nazifascisti di oggi e i vostri servi siete solo gli ayatollah E I TALEBANI dell'occidente..

  5. #5
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    Citazione Originariamente Scritto da cciappas Visualizza Messaggio
    guerra ai poveri..,,ai ricchi privilegi..
    14/5/2008 (8:1) - IL CASO
    Pioggia di aiuti dal Comune
    per chi affitta casa ai nomadi


    A Torino i fondi stanziati
    dal governo Prodi
    BEPPE MINELLO
    TORINO
    Se è un caso è il diavolo che ci ha messo lo zampino. Nel pieno delle polemiche attorno alle misure che il neonato Governo intende adottare contro l’immigrazione clandestina, la giunta torinese, quella guidata dal ministro ombra Sergio Chiamparino, colui che nelle intenzioni del loft dovrebbe contrapporsi all’Umberto Bossi e alla sua idea di Federalismo, ha approvato ieri una delibera con la quale si destinano 750 mila euro all’ardua impresa di trovare un tetto a un po’ di famiglie rom oggi accampate alle porte della città.

    Soldi, sia chiaro, che arrivano da Roma, «regalo» dell’ex-ministro alla Solidarietà sociale Paolo Ferrero e del bando da lui voluto nell’autunno scorso per sperimentare interventi finalizzati a contenere e magari ridurre il problema dei campi nomadi nelle quattro aree metropolitane più colpite dal problema: appunto Torino poi Milano, Napoli e Roma. Soldi, sia ancora più chiaro, ripetono sindaco e assessori, destinati ad aiutare chi è in regola con i permessi di soggiorno, che magari già lavora e che molto probabilmente manda i figli a scuola ma ha la sventura di sopravvivere, malissimo, sulla sponda di un fiume, tra i topi e sotto una tettoia.

    «Gente che è qui per lavorare e lavora e che, per questo motivo, produce ricchezza e bisogni ai quali è necessario dare una risposta» dice l’assessore alle Politiche sociali, il cattolico Marco Borgione, capofila di un progetto che vede coinvolti il collega alla Casa, Roberto Tricarico e la responsabile dell’Integrazione, Ilda Curti.

    Borgione e colleghi usano parole prudenti perché sanno perfettamente la reazione che scatenerà la delibera una volta che arriverà al vaglio del Consiglio comunale. «E perché? Da sempre sosteniamo la linea dura con chi delinque o è irregolare e l’accoglienza per chi lavora ed è venuto qui in cerca di un futuro migliore: repressione e solidarietà sono le due strade da imboccare per affrontare il problema» spiega Chiamparino.

    «Veramente qui vediamo solo la solidarietà e ben poca repressione» replicano il capogruppo di An Ravello e Cantore di Forza ItaGlia, mentre quello della Lega, Mario Carossa, è categorico: «La solidarietà è da evitare: sono iniziative come questa a convincere ‘sta gente che qui la sfangano comunque. Chiederò ai nostri parlamentari di bloccare il finanziamento».

    «Impossibile - replica l’ex-ministro Ferrero - sono inseriti nella Finanziaria 2007 e a chi contesta quest’iniziativa dico che se vuole evitare di vedere bambini fare accattonaggio agli angoli delle strade non può che provare a portarli a scuola». Il progetto riguarda, nelle intenzioni di Ferrero, l’universo mondo dei nomadi: «Circa 150 mila persone in tutta ItaGlia, metà delle quali italiane perché nate qui». Il progetto torinese è finalizzato a chi «ha un lavoro, bambini che vanno a scuola, che già partecipano a programmi d’inserimento, che fanno le badanti o i muratori, gente innanzitutto in regola - ricorda Borgione - e per i quali una baracca non è adeguata».

    Il primo passo del progetto torinese punta a individuare chi ha le caratteristiche sopra elencate. Il secondo sarà quello di aiutarli a trovare una casa. «Non un alloggio popolare, che non ce n’è nemmeno per gli italiani - spiega Roberto Tricarico - ma rivolgendoci al mercato privato con uno strumento di successo come “Locare”». Il privato che accetta di fare un contratto riceve un contributo (da 500 a 300 euro a seconda della durata e del tipo di contratto concesso), paga un’Ici ridotta, ha uno sconto dell’Irpef ed è garantito in caso di sfratto per morosità. L’inquilino è aiutato con un bonus una tantum di 1600 euro. «Il progetto prevede anche la soluzione di eventuali conflitti che potrebbero sorgere con gli altri inquilini» spiega Borgione secondo il quale, bene che vada, saranno una cinquantina le famiglie che potranno essere aiutate.

    http://www.lastampa.it/Torino/cmsSez...6894girata.asp

 

 

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