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Risultati da 11 a 17 di 17
  1. #11
    Beffo la morte e ghigno
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    Citazione Originariamente Scritto da Mantide Visualizza Messaggio
    ...persino il Financial Time...


    E' azionista il vostro padrone, ancora non l'avete capito!!!

  2. #12
    Con Il Popolo Palestinese
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    Citazione Originariamente Scritto da Mantide Visualizza Messaggio
    ...persino il Financial Time...
    ma sto financial time non era un giornalaccio?
    mantide...mantide...mi ragioni come un sinistro da panini nelle feste dell'unità.
    non ci siamo

  3. #13
    Aderisci a Radical
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    Citazione Originariamente Scritto da Mantide Visualizza Messaggio
    Ft: Berlusconi fa bene a 'frenare' i giudici

    ROMA - "L'Italia fa bene a porre un freno ai suoi giudici". E' il titolo di un editoriale pubblicato oggi dal Financial Times sulla 'guerra' scoppiata di nuovo tra Silvio Berlusconi e parte della magistratura italiana dopo le ultime affermazioni del premier e le leggi messe in cantiere dalla maggioranza sulla giustizia. Nel commento dell'Ft, firmato da Cristopher Caldeweill, si prende in esame il lodo Schifani (che garantirebbe l'immunità per le cinque più alte cariche dello Stato) e si sottolinea come Spagna, Francia, Germania e la stessa Unione europea abbiano già "una qualche forma di immunità" in questo senso. Così come l'Italia aveva l'immunità parlamentare prima che fosse spazzata via dal ciclone di Tangentopoli: un periodo, scrive il quotidiano britannico, che ha aperto un quindicennio dove in Italia "i giudici hanno raggiunto un livello di potere unico in Occidente", esercitando una sorta di "reggenza giudiziaria" sugli eletti dal popolo. Un potere che, secondo l'Ft, è "a lungo andare, dannoso per la democrazia" e che costituisce tra l'altro "uno dei motivi per i quali gli italiani non hanno più fiducia nella magistratura".

    Insomma, a volte si può "abusare" delle leggi sull'immunità, ma "lo scopo dell'immunità non è dare 'mano libera' agli eletti, bensì proteggere il diritto degli elettori di essere governati dalle persone che scelgono democraticamente". E poi, si chiede il quotidiano, "le accuse contro Berlusconi nascono da una disinteressata richiesta di giustizia, oppure dal desiderio di una certa parte dell'elite italiana di rovesciare una scelta popolare che non gli piace?". In questo senso, "l'immunità potrebbe essere il modo migliore per proteggere gli elementi democratici di un governo democraticamente eletto, specialmente in un Paese dove la magistratura è altamente politicizzata" come l'Italia. Con l'effetto di rendere i politici "meno litigiosi e più democratici". Ed anche per quanto riguarda l'emendamento 'blocca-processi', ribattezzato dall'opposizione 'salva-premier', il Financial Times osserva che potrebbe essere un modo per velocizzare i tempi lunghissimi della giustizia italiana, così "dilatori" che "contrastano con l'articolo sei della Convenzione europea sui diritti umani". Insomma, "le acrobazie giudiziarie di Berlusconi sono invariabilmente a suo vantaggio, ma nello stesso tempo non sono solo a suo vantaggio", perché riescono a cogliere "problemi veri", "gravi abbastanza" da intercettare il consenso degli elettori. E qui, conclude l'Ft, sta "il genio politico" del Cavaliere.

    http://www.ansa.it/opencms/export/si...102199770.html

    Poveri piddini e ulivisti vari,anche il Financial Time viene a mancare...mi sa che questa nuova campagna antiberlusconiana parte senza delegati,senza elettori e senza sponde all'estero...povero uoltere.

    Hanno da ridire pure sul Financial Times, sono incredibili.

  4. #14
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    Io continuo a sostenere che i giornali stranieri non sono meglio di quelli italiani,che in particolare l'Economist è un giornalaccio e che la UE dovrebbe andarsene a casa...semplicemente mi fa ridere che i sinistri citano tutte queste belle cose solo quando gli fa comodo.
    Adesso pure il Financial Time è di Berlusconi...come no,2 anni fa arrivarono a dire che le Coop erano controllate dal Cavaliere quindi sulla loro mancanza di vergogna non mi stupisco più di tanto.

  5. #15
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    Giudici sovversivi? Eccone uno

    di Paolo Bracalini

    Una lettera del presidente del Tribunale dei minori di Genova, Adriano Sansa: "Non si può obbedire a leggi fatte per elevare al rango di padrone un solo cittadino". Poi: "Non so se darò istruzioni di sospendere i processi". E una volta definì il governo Berlusconi "brutta gente. Il magistrato-poeta col Cavaliere nel mirino

    da Milano

    Dizionario Garzanti della lingua italiana: «Sovversivo è colui che mira a sovvertire un ordinamento politico e sociale, essendo animato da un disordinato intento di ribellione più che da chiare idee rivoluzionarie». E che dire di un magistrato che dichiara pubblicamente di non sentirsi obbligato ad applicare una legge dello Stato, qualora la ritenga ingiusta? Il caso porta il nome di Adriano Sansa, ex sindaco di Genova (in una variopinta coalizione di sinistra) e ora presidente del tribunale dei minori del capoluogo ligure. In un commento sulla Stampa il magistrato ha confessato i turbamenti interiori prodotti dall’emendamento «blocca processi» appena varato. E il quesito amletico, per Sansa, assume i connotati di una scelta veramente drammatica: «Darò istruzioni di sospendere i processi, piegando la testa all’abuso», oppure no? Ma non è difficile capire quale sia la risposta giusta per il magistrato, che chiude l’intervento con un inquietante «non so se potrò obbedire». É questa l’inevitabile conclusione di un ragionamento che parte da un assunto a dir poco partigiano: «Una sorta di padrone tiene il posto del primo ministro - scrive Sansa -, piega il Parlamento al proprio volere e si libera della giustizia. Nel complesso ci si trova di fronte a una lesione ripetuta e grave delle regole fondamentali della Repubblica».
    E così il magistrato non può che far suo il triplo «resistere» dell’ex procuratore di Milano Saverio Borrelli e senza giri di parole sostenere che i magistrati «non possono obbedire a leggi fatte per elevare al rango di padrone dei concittadini un solo cittadino e la sua corte di servitori». Parole gravissime per un magistrato, che però non suscitano la minima reazione nell’Anm.
    Va ricordato che Sansa non è nuovo a uscite del genere. In una intervista nel 2004 definì l’allora esecutivo di centrodestra uno «squallido, pessimo governo», ovvero «brutta gente». Quel giudizio gli procurò un procedimento disciplinare da parte del Guardasigilli con l'accusa di aver compromesso il prestigio dell'ordine giudiziario. Accusa che poi il Csm valutò irrilevante: «legittimo esercizio del diritto di critica politica».
    Difficile dire se anche questa volta Sansa abbia esercitato un mero «diritto di critica politica», esprimendo una valutazione così pesante sull’opportunità di applicare o no una legge promossa da una maggioranza parlamentare considerata «antidemocratica» e quindi, evidentemente, illegittima. Ma il suo non è certo un caso isolato tra i magistrati, per quanto ancora più esplicito, rispetto a una costante azione politica tesa a respingere leggi sgradite, attaccandosi a cavilli o dubbi di incostituzionalità. Per citare ancora Borrelli, fu sempre lui nel 2001 a dire pubblicamente che il tribunale di Milano avrebbe cercato di neutralizzare sul piano interpretativo i «guasti» legati alle nuove norme internazionali sulle rogatorie. Tanto che il ministro della giustizia Castelli minacciò l’invio degli ispettori a Milano per verificare se ci fossero magistrati che non applicavano la legge. Una stagione di tensioni cominciata con Mani pulite, e che vide nel 1994 proprio il pool milanese protagonista di un fatto inedito. Quando i quattro magistrati, con Di Pietro come portavoce ufficiale, andarono davanti alle telecamere per prendere pubblicamente posizione contro il decreto Biondi sulla riduzione dei termini della carcerazione preventiva. Un’operazione che ebbe il risultato voluto più tardi ma con un’altra legge, il cosiddetto decreto Pecorella, contestato dai magistrati fino alla bocciatura da parte della Consulta. Ancora più recentemente, sulla stessa scia, il procuratore aggiunto di Milano Armando Spataro ha sparato contro la riforma della giustizia dichiarando serenamente che anche se fosse diventata legge, per lui sarebbe cambiato poco: «Sono proprio curioso di vedere che sanzioni vorranno infliggermi».

    http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=270799&PRINT=S

  6. #16
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    Financial Times: "Berlusconi fa bene a frenare i magistrati"

    di Gian Maria De Francesco

    Il quotidiano inglese, solitamente severo con il primo ministro, interviene e approva la controversa norma sospendi-processi

    da Roma

    L’autorevole Financial Times approva Silvio Berlusconi e la norma «sospendi-processi». Ieri un editoriale del politologo Christopher Caldwell intitolato «L’Italia ha ragione a frenare i suoi giudici» ha fornito argomenti a favore della tutela del potere esecutivo nei confronti di quello giudiziario.
    Si tratta di un sostegno inaspettato per il presidente del Consiglio verso il quale la stampa economico-finanziaria anglosassone non ha nascosto mai la propria diffidenza o addirittura la propria ostilità. Nella memoria collettiva degli italiani sono infatti rimaste le copertine dell’Economist del 2001 nella quale il Cavaliere veniva giudicato unfit, «inadatto» a guidare il Paese e quella del 2005 nella quale si descriveva l’Italia come una nazione condannata al declino.
    Il Financial Times, quotidiano che dà voce a Wall Street e alla City, non ha mai assunto posizioni oltranziste ma di certo non ha risparmiato attacchi al centrodestra. E nel febbraio 2006, a meno di due mesi dalla risicata vittoria di Prodi, ospitò addirittura un editoriale di Alexander Stille nel quale si sosteneva che «Berlusconi ha trasformato la vita italiana nel reality show televisivo più lungo del mondo», in un Truman Show nel quale «l’apparenza conta più della realtà». Ma al di là delle prese di posizioni preelettorali, che Oltremanica sono considerate un segnale di trasparenza, l’Ft è stato spesso severo nei confronti dei singoli provvedimenti berlusconiani.
    La legge Gasparri non ha certo avuto un’accoglienza benevola e nel 2004 la tv italiana è stata descritta come «un inferno». Anche la politica estera del precedente quinquennio targato Cdl è stata oggetto di severe reprimende: ora per quella che veniva considerata un’eccessiva vicinanza al governo Bush sulla situazione medio-orientale ora per il multilateralismo, ossia per le aperture nei confronti della Russia di Putin che, a detta del giornale britannico, rischiavano di spaccare la posticcia compattezza dell’Unione Europea. Bisogna, tuttavia, specificare che in un’occasione Berlusconi ha meritato il plauso del Financial: la riforma fiscale del 2004 con conseguente taglio delle tasse fu salutata come una «vittoria».
    Ma cosa ha determinato il cambio di rotta quando fino a 4 anni orsono i tormentati rapporti tra il premier e i magistrati venivano descritti come «un’ombra sul governo»? Sembrerà strano, ma la risposta più semplice è la più vera: la serena analisi dei fatti. In primo luogo, l’immunità parlamentare non è una legge ad personam, ma una norma che tutela gli elettori salvaguardando i loro rappresentanti. In secondo luogo, lo strapotere della magistratura nel selezionare la classe dirigente italiana dal 1993 in poi. In ultima istanza, il vasto consenso popolare attorno a Berlusconi e al suo «genio politico» legittimano l’azione di governo volta a indirizzare il lavoro dei magistrati verso i reati di allarme sociale piuttosto che in cause che si trascinano da anni.
    Questa è l’opinione che Christopher Caldwell ha espresso sul Financial Times. Per sua sfortuna, non avendo attaccato a testa bassa il conflitto di interessi del premier o i suoi presunti disegni di assoggettamento dei giudici, Caldwell non godrà della stessa eco che ebbero i suoi colleghi nel periodo 2001-2006 quando ogni virgola scritta Oltremanica era utile per le denunce urlate ai quattro venti dal centrosinistra.

    http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=270802&PRINT=S

  7. #17
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    «La blocca-processi esiste già da 10 anni»

    Scritto da Antonio Albano

    Caro Direttore, con riferimento all'articolo apparso in prima pagina sul suo giornale, dal titolo «Passa la norma blocca processi», forse è opportuno segnalarle che una disposizione analoga è da tempo vigente nel nostro ordinamento giuridico.

    Con il decreto legislativo del 19 febbraio 1998 n. 51 è stato introdotto uno smilzo articoletto (art. 227) il quale testualmente dispone: «Al fine di assicurare la rapida definizione dei processi pendenti alla data di efficacia del presente decreto, nella trattazione dei procedimenti e nella formazione dei ruoli di udienza, anche indipendentemente dalla data del commesso reato o da quella delle iscrizioni del procedimento, si tiene conto della gravità e della concreta offensività del reato, del pregiudizio che può derivare dal ritardo per la formazione della prova e per l'accertamento dei fatti, nonché dell'interesse della persona offesa.
    Gli uffici comunicano tempestivamente al consiglio superiore della magistratura i criteri di priorità ai quali si atterranno per la trattazione del procedimento e per la fissazione delle udienze»
    .

    Con tale disposizione è stata consentita la trattazione di quei procedimenti che il magistrato, a suo discrezionale apprezzamento, ritiene «gravi o dotati di concreta offensività». Per gli altri il destino è assicurato: saranno stipati in un oscuro sottoscala all'interno di un ufficio giudiziario, in attesa dell'arrivo liberatorio della prescrizione. È stata cosi introdotta una illegittima archiviazione, mascherata con buona pace del declamato principio della obbligatorietà dell'azione penale.

    Il predetto decreto legislativo porta le firme di Prodi, presidente del Consiglio dei Ministri, Flick, ministro di Giustizia, Scalfaro, presidente della Repubblica. È singolare, perciò, che nell'intervista rilasciata al suo giornale, il presidente Scalfaro non abbia fatto alcun riferimento alla disposizione suddetta. Preme sottolineare che in un Paese di democrazia liberale spetta al Parlamento individuare quali fatti assumono rilevanza penale e, quindi, quali reati debbano essere perseguiti. Appare, perciò, quantomeno eccentrico che i criteri di priorità imposti dalla disposizione summenzionata debbano essere portati all'attenzione del Csm e non del Parlamento.
    Antonio Albano
    ex Procuratore Generale Onorario presso la Corte di Cassazione
    Daorriere.it

    http://www.legnostorto.com/index.php...=view&id=22195

 

 
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