di C.R..
È arrivato direttamente a Roma senza passare per altre regioni, ha un alto livello di istruzione, svolge mansioni umili e sottopagate ma è sempre più affezionato all’Italia. È questa la fotografia dell’immigrato residente nella Capitale che emerge dal Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes, presentato oggi, 1 luglio, presso l’Auditorium di Via Rieti di Roma dalla Caritas Italiana insieme alla Provincia. Nell’area romana, che contava più di 400.000 immigrati regolari all’inizio del 2007, il Centro Studi e Ricerche Idos (cui è stata affidata l’analisi) ha selezionato un campione di oltre 900 persone di 69 nazionalità, cui è stato proposto un questionario al fine di tracciare un quadro realistico delle condizioni di vita e di lavoro di questa importante porzione della popolazione italiana. Quello che è emerso è uno scenario decisamente diverso dalla rappresentazione allarmistica dell’immigrato che recentemente va per la maggiore. L’indagine, di fatto, presenta gli “immigrati romani” come persone istruite, laboriose, poco inclini al consumo, non ricche ma autosufficienti, aperte alla solidarietà e molto legate al loro paese d’adozione.
L’area metropolitana di Roma, insieme ai comuni della provincia, dove gli immigrati tendono in misura crescente a trasferirsi, costituisce il polo territoriale di maggiore concentrazione della popolazione immigrata regolarmente soggiornante in Italia, e dunque rappresenta un campione piuttosto attendibile delle reali condizioni di vita degli immigrati nel nostro Paese. Nella Capitale l’immigrazione è assai vivace, innanzitutto per la varietà delle presenze: le nazionalità rappresentate sono oltre 180, in prevalenza euroasiatiche e con il primato di romeni (22,3 per cento), filippini (9,1) e polacchi (6). Questi “nuovi cittadini” stanno realizzando un crescente livello di inclusione, e questo nonostante le lacune delle strategie di inserimento finora perseguite.
È da notare che la percentuale di coloro che hanno un livello di istruzione superiore è decisamente elevata (80 per cento del campione), come anche degli occupati (80), anche se il 15 per cento dei lavoratori dipendenti è occupato in nero. Spesso gli immigrati lavorano presso le famiglie (44 per cento), ma anche in diversi altri settori, dall’edilizia al turismo. Le mansioni umili sono più ricorrenti, ma aumentano anche gli inserimenti qualificati, come operai specializzati, impiegati, imprenditori, medici, interpreti. Certo, le retribuzioni non sono elevate (916 euro al mese di media), ma l’11% è comunque proprietario di casa (per la quale sta pagando il mutuo) e la stragrande maggioranza vive in affitto (62%) o è ospite in casa altrui (6%). Il costo medio di un alloggio è di 622 mensili, 329 per una stanza e 212 per un posto letto, ma solamente il 61% vive con i propri familiari e l’abitazione è mediamente di 70 metri quadri.
I due terzi delle persone intervistate sono soddisfatte del proprio lavoro e, con grande realismo, non intendono cambiarlo, consapevoli dell’attuale momento di crisi. Il terzo restante è poco o per niente soddisfatto, specialmente per quanto riguarda la retribuzione. Comunque, si cerca di far bastare quel che si ha, frequentando per gli acquisti supermercati e discount (89 per cento). Ma il grado di integrazione è rappresentato anche dai consumi: la stragrande maggioranza possiede quei beni diventati indispensabili come il cellulare (99 per cento), il televisore (70) e il computer (40). L’automobile, invece, è alla portata solamente di un terzo del campione e comunque costituisce il secondo bene più desiderato dopo la casa. In molti, però, non rimangono tagliati fuori dai circuiti di svago: frequentano i ristoranti e i cinema. Non manca la disponibilità ad aiutare i familiari rimasti in patria (58 per cento) e ancor di più le persone in difficoltà qui in Italia, non esclusivamente connazionali (66 per cento). L’Italia è in ogni caso il centro dei loro interessi: 7 su 10 leggono i giornali italiani, anche se le vacanze si passano ancora nel paese d’origine. Qualcosa però sta cambiando anche qui: 4 intervistati su 10 restano in Italia e in parte iniziano a frequentare i nostri luoghi di villeggiatura.
Si delinea, insomma, l’immagine di una popolazione diversificata al suo interno, in cui certo permangono sacche di emarginazione e indigenza, ma parallelamente emergono situazioni di relativo benessere e agio. Quella "immigrazione buona" da varie parti invocata, quindi, stando ai risultati di questa ricerca è già tra di noi: il cliché generalizzato di una presenza inutile o criminale appare ormai lontano dalla realtà. L’immigrato romano si mostra come una persona spesso colta, inserita con un discreto grado di soddisfazione nel mondo del lavoro e che vive in condizioni non agiate, ma dignitose. Per il professore Marco Revelli, presidente della Commissione d’Indagine sull’Esclusione Sociale, il quadro presentato dalla ricerca di Idos è "decisamente diverso da quello consueto della rappresentazione prevalente, spesso orientata a toni allarmistici e all’'emergenza. È un quadro di sofferta e dignitosa normalità. Di non facile, ma laboriosa integrazione”.
(www.rassegna.it, 1 luglio 2008)
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