Questo è il colmo. Molti rispparmiatori marchigiani hanno acquistato azioni di Banca Marche a 2,50 euro, con la speranza che la Banca fosse venduta a buon prezzo ed ora si ritrovano con un titolo che vale 1,60 euro. Tutti questi risparmiatori rimettono una barca di quattrini ed ecco che arriva un sindacalista, che chiede "i fatti". Si è svegliato pane e volpe! Ma vai a lavorare che è meglio!
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banca marche, adesso i fatti
Finalmente chi non aveva mai rivelato espressamente come sperava si chiudesse la vicenda Banca Marche, l’ha dimostrato nei fatti, con la mancanza di coraggio nelle decisioni. Dopo aver manifestato la preferenza per scelte che andavano nella direzione di un’alleanza strategica, in realtà qualcuno ha sotterraneamente continuato sempre a remare contro.
E in compenso, pur dicendosi attenti al territorio, il tentativo di spendere il denaro della comunità in vane operazioni di advisors è riuscito perfettamente, pur non avendo le Fondazioni proprietarie una strategia comune, chiara, nemmeno fra loro.
E allora a che pro è andato in scena il “balletto” delle varie ed onerose, consulenze anche ad illustri personaggi? E’ con amarezza che ci troviamo oggi a commentare l’epilogo di una vicenda che abbiamo seguito sin da quando si tentò la prima operazione con Carifirenze, passata poi per l’interesse presto superato di Banca Intesa e culminata con l’attenzione di Bper, l’ultima realtà in ordine di tempo che poteva realmente rappresentare un’opportunità di crescita.
Tramontata anche questa ipotesi, in un quadro di economia globale da qualche tempo turbato da grandi difficoltà ed incertezze, Banca Marche non ha alternative allo stand alone, mai ammesso da taluno esplicitamente, ma con i comportamenti di fatto sostenuto, proprio con quel “mancato coraggio” delle decisioni che il ruolo di importante componente della proprietà imponeva!
Ora dobbiamo guardare al futuro. Ciò che deve essere garantito, è un Piano Industriale che non sia solo di mantenimento, ma anche di prospettiva e di crescita, senza alcun ridimensionamento del ruolo, del Personale, delle strutture, del sostegno all’economia locale.
Un Piano Industriale che non scimmiotti quelli oggi di moda - tutti caratterizzati da riduzione di personale, vendita di asset ritenuti non strategici e altri ridimensionamenti - ma che preveda il rispetto di quei principi che abbiamo sempre chiesto: il mantenimento dei livelli occupazionali e la stabilizzazione nel tempo dei contratti di lavoro precari (apprendistato professionalizzante e Ctd); salvaguardia delle professionalità e del management aziendale, mantenendo l’autonomia gestionale e decisionale in materia di personale e di erogazione del credito; conservazione sul territorio delle strutture organizzative; mantenimento della contrattualistica aziendale e dei livelli salariali.
Ecco il ruolo che Banca Marche deve continuare a svolgere e che le Fondazioni proprietarie oggi hanno la responsabilità di continuare ad assicurare. Il tempo dei proclami è chiuso definitivamente, da oggi debbono parlare solo i fatti.
GRAZIANO FIORETTI*,*SEGRETARIO REGIONALE UIL,