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Discussione: Presidopoli

  1. #51
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    Se non era per i prof del Sud a erudire quei lanzichenecchi altro che Occidente ed Europa, sareste un enclave mongola

    Citazione Originariamente Scritto da victorino Visualizza Messaggio
    Ritengo che presidi e professori meridionali siano inadatti ad esercitare in Padania non perchè non conoscono la cultura del luogo ma perchè non sono europei e occidentali. Quindi provocano un danno grandissimo in quanto inadatti a formare giovani destinati a dover competere in società occidentali.

    Se i dirigenti scolastici fossero francesi, tedeschi, inglesi mi andrebbero bene al pari dei padani.

  2. #52
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    Citazione Originariamente Scritto da MirkoPNE Visualizza Messaggio
    Il concetto è che in qualsiasi posto pubblico o privato va data sempre la precedenza ai residenti o province limitrofe, perchè quando si assume gente che sta a dall'altra parte dell'Italia si fà un torto ai residenti che per trovare lavoro da laureati vanno all'estero e chi viene qui chiede il rientro nella sua terra dopo pochissimo tempo e si ricomincia da capo, anche questo è assistenzialismo.
    Se i residenti non si presentano, non li si può accalappiare come i cani...

  3. #53
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    Carmela! Aspetta, che scendo il cane e lo piscio!

  4. #54
    a mia insaputa
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    Citazione Originariamente Scritto da Gonzalo Visualizza Messaggio
    Se non era per i prof del Sud a erudire quei lanzichenecchi altro che Occidente ed Europa, sareste un enclave mongola

    intendeva sud dell'irlanda, vero..??
    Se vedòm!

  5. #55
    Meda sabios paris
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    Citazione Originariamente Scritto da MirkoPNE Visualizza Messaggio
    Il concetto è che in qualsiasi posto pubblico o privato va data sempre la precedenza ai residenti o province limitrofe, perchè quando si assume gente che sta a dall'altra parte dell'Italia si fà un torto ai residenti che per trovare lavoro da laureati vanno all'estero e chi viene qui chiede il rientro nella sua terra dopo pochissimo tempo e si ricomincia da capo, anche questo è assistenzialismo.
    L'unica maniera per tutelarsi dalle invasioni è questa, senza problemi di accuse di intolleranza o ricorsi alle Corti Europee.
    Che imparino il Sardo se vogliono lavorare in Sardinnya.....

    Approvato il Piano triennale della Lingua sarda

    La Giunta regionale ha dato via libera al Piano 2008-2010 per la prima volta dedicato interamente alla promozione della lingua sarda. Obiettivo principale: creare le condizioni di base per rafforzare la didattica della lingua minoritaria e il suo radicamento nel mondo della scuola.


    CAGLIARI, 29 LUGLIO 2008 - Una televisione web e digitale in lingua sarda, l’Atlante linguistico di tutti i dialetti della Sardegna e il consolidamento della sperimentazione delle norme di riferimento per la lingua scritta in uscita per gli atti della Regione. Sono tre tra gli obiettivi più qualificanti del Piano triennale della lingua sarda approvato oggi dalla Giunta Regionale.

    Pilastro del progetto identitario che questa amministrazione regionale persegue in maniera sempre più mirata su fronti plurimi, il Piano 2008-2010 è strumento di programmazione, indirizzo e coordinamento per gli interventi volti ad affermare il "diritto linguistico" del popolo sardo, come definito dallo Statuto Speciale del 1948, a tutt'oggi problema persistente capace di mettere in discussione l'essenza stessa dell'autonomia.

    Patrimonio culturale irrinunciabile, la lingua sarda in tutte le sue declinazioni e varietà alloglotte è considerata, nel Piano triennale, il cardine di una costruzione sistemica tesa a stimolare e supportare il diffondersi di valori positivi intorno alla lingua e al suo utilizzo. In questo senso, la promozione della diffusione della lingua non solo consolida l'autocoscienza dei sardi ma diventa elemento della coesione sociale, così come indicato negli strumenti di programmazione europea. Allo stesso tempo si trasforma in risorsa economica che vivifica e moltiplica le possibilità di crescita della società sarda.

    Confronti, dibattiti, convegni e monitoraggi degli ultimi anni hanno evidenziato, anche a seguito delle novità apportate dalla legge 482 del 1999, l'opportunità di adeguare gli strumenti normativi attuali. Questi ultimi infatti, se tendono alla valorizzazione culturale tout court e alla salvaguardia del patrimonio immateriale dialettologico, non individuano la specificità dei problemi di rivitalizzazione e pianificazione linguistica. In tal senso il Piano assume un ruolo fondamentale nella transizione verso l'adozione di nuovi e più adatti strumenti normativi.

    Condividendo le scelte con istituzioni, enti, associazioni e operatori qualificati, la Regione incrementa e agevola l'intervento della "società educante" sul processo di formazione linguistica e di percezione simbolica in senso lato. Creare le condizioni di base per rafforzare la didattica della lingua minoritaria e il suo radicamento definitivo nel mondo della scuola è un presupposto fondamentale che la Regione intende perseguire attraverso l'implementazione di curricola formativi da consolidare con corsi universitari, borse di studio, interventi sui media e progetti più direttamente realizzati nelle scuole grazie anche agli interventi degli enti locali.

    Il documento mette al centro la necessità di garantire più efficacemente la trasmissione intergenerazionale della lingua sarda in tutte le sue varietà ponendo in primo luogo, quale emergenza, gli interventi sulla didattica. E' stato varato un progetto per il sostegno e la sperimentazione dell'insegnamento della lingua, e in lingua, nell'orario curricolare delle scuole di ogni ordine e grado, mentre i finanziamenti concessi alle università saranno vincolati alla formazione di docenti che dovranno insegnare il sardo. Borse di studio saranno assegnate a giovani che vorranno specializzarsi nella ricerca applicata alle metodologie didattiche delle lingue di minoranza. Per la prima volta la Giunta regionale ha messo in cantiere dei progetti speciali di valorizzazione delle cosiddette "varietà alloglotte", cioè quegli idiomi parlati da cittadini sardi che non appartengono storicamente al sostrato neolatino della lingua propria dell'isola. Catalano, gallurese, turritano e tabarchino saranno tutelati e valorizzati anche in collaborazione con gli enti locali territoriali e con istituzioni e organismi europei.

    Con il piano triennale approvato oggi, per la prima volta l'esecutivo regionale progetta e finanzia la realizzazione dell'Atlante Linguistico della Sardegna che permetterà la conoscenza e la tutela di ogni singola parlata territoriale dell'isola. Il sardo era ormai rimasto l'ultima lingua romanza a non avere a disposizione uno strumento di questo genere che, negli intendimenti dell'assessore Mongiu che lo ha proposto, avrà una rigorosa metodologia scientifica e potrà essere fruito dagli utenti in versione digitale e multimediale. La Regione ha confermato la scelta di implementare, attraverso lo Sportello Linguistico Regionale, la sperimentazione dell’uso della lingua sarda in atti e documenti in uscita. A questo proposito nel piano triennale è prevista la realizzazione di un correttore ortografico che possa facilitare le operazioni di scrittura e redazione dei testi.

    Nel documento programmatorio della Regione sono presenti anche gli indirizzi per le Amministrazioni Provinciali in relazione alle competenze trasferite in merito a segnaletica bilingue, consulte locali e progetti scolastici in lingua sarda. Nel piano si ribadisce l’intenzione della Regione di dotare il settore della politica linguistica di un nuovo strumento legislativo utile a superare l'ambiguità degli investimenti tra lingua e cultura.

  6. #56
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    Citazione Originariamente Scritto da Lord Kefiah Visualizza Messaggio
    L'unica, marginale, influenza che i presidi hanno sul programma è la loro presenza nel Consiglio di Istituto, l'organo che vota i POF (programmi di offerta formativa): hanno un voto tra molti, i programmi non li decidono loro.

    Il preside decide eccome, altrimenti a che serve?



    Campato in aria, perchè la considerazione per il Lavoro e la responsabilità sono sempre stati valori fondanti delle forze di sinistra: le sedi della CGIL si chiamano da un secolo ormai Camere del Lavoro, non Camere del Pisolino.
    Ecco i privilegi dei sindacalisti
    di Paolo Bracalini
    16 giugno 2008, tratto da Il Giornale

    Milano

    - Ci si può fingere malati, timbrare il cartellino e poi uscire a fare


    shopping, o passare la giornata chiacchierando alla macchinetta del caffè.

    Ma c’è un modo più sicuro per prendere lo stipendio senza lavorare in


    ufficio: fare il sindacalista. O meglio, il «distaccato». È questa una particolare


    specie di sindacalista, tra i 700mila in Italia (sei volte i carabinieri),


    che riesce a tenere il piede in due scarpe. Uno nell’organizzazione


    sindacale in cui fa carriera, l’altro nell’amministrazione pubblica di provenienza


    da cui riceve regolare stipendio, contribuiti, integrativi e premi


    produzione compresi, come se passasse il suo tempo in ufficio per davvero.


    L’esercito fantasma


    In Italia, nel settore pubblico, di «distaccati» ce ne sono stati 3.077 nel


    2006. Per lo Stato sono una doppia fregatura: perché li paga a vuoto e


    perché deve assumere un’altra persona per coprire il posto vacante. Per


    il sindacato invece sono una vera manna, manodopera a costo zero. Facendo


    due conti si vede che sui 20mila dirigenti e funzionari sindacali in


    Italia, uno su sei è a libro paga non del sindacato ma dei cittadini. Nomi,


    cognomi e stipendi li sapremo a breve, con la nuova «Operazione trasparenza


    » del terminator dei «fannulloni» pubblici, il ministro della Funzione


    pubblica Renato Brunetta. Che ieri, al Gazzettino, ha annunciato per


    questa settimana la pubblicazione dell’elenco completo dei sindacalisti


    distaccati e dei beneficiari di permessi nelle amministrazioni pubbliche.


    Scuola da record


    I più distaccati tra tutti sono i sindacalisti della scuola. Più di mille nel


    2006 hanno goduto dei privilegi stabiliti dal pacchetto di leggi varato una


    decina di anni fa. Negli enti pubblici non economici (Inps, Inpdap, Inail


    etc.) è distaccato un dipendente ogni 260, mentre nei ministeri è uno


    ogni 462. In compenso, se i distaccati dei ministeri sono in minoranza,


    guadagnano più degli altri, in media 27mila euro a testa. Ma tutti comunque


    riescono nell’eroica impresa di avanzare di carriera pur senza


    essere mai al lavoro. La bizzarria della legge prevede che, infatti, i sindacalisti


    distaccati siano equiparati ai lavoratori anche nei benefit e negli


    straordinari, per cui ottengono anche loro premi produttività, progressioni


    economiche e avanzamenti. Il tutto senza mettere mai piede al lavoro.


    Questo in verità succede solo nel settore pubblico, perché - di norma -


    quello privato il distaccamento non pesa sul vecchio datore di lavoro ma



    sul nuovo, cioè il sindacato.



    Il sindaco spazzino


    Così succede che il Comune di Firenze elargisca il premio di presenza anche


    al sindacalista assente, che Calabria e Campania li premino con le


    indennità di risultato, e che molti sindacalisti distaccati ricevano i buoni


    pasto per i pranzi che fanno altrove. E si badi, la richiesta di distaccamento


    sindacale è vincolante e va rispettata entro un mese se non si


    vuole finire davanti a un giudice. Domandare al povero sindaco di Sant’Angelo


    all’Esca, paesino di 900 abitanti in provincia di Avellino, costretto


    a fare anche lo spazzino quando l’unico suo dipendente comunale è


    stato «distaccato» dal sindacato.


    Corsia preferenziale


    Quando poi finisce il suo «distaccamento» il sindacalista trova, per legge,


    le porte spianate nel vecchio ente in cui lavorava. Perché c’è una norma


    astuta la quale prevede che il sindacalista abbia la precedenza sugli altri


    qualora chieda di riprendere servizio. Gli altri, cornuti e mazziati.


    La flessibilità?


    Parola che fa orrore ai sindacalisti, ma anche in questo si sono


    dovuti ricredere. Nel corso di un anno, spiega Stefano Livadiotti nell’Altra


    casta, la posizione di distacco può essere ripartita tra più dipendenti, oppure


    può diventare un part time. Il costo finale di tutti questi privilegi,


    per lo Stato, è di 125 milioni di euro (nel 2006).


    "L’espletamento"


    Ma i sindacalisti si assentano dal lavoro anche per altri ragioni. Ci sono i


    permessi per «l’espletamento del mandato», e ci sono le riunioni di organismi


    direttivi statutari del sindacato. I conclavi hanno occupato nel


    2005 la bellezza di 475.508 ore complessive di lavoro, con un costo sociale


    di 8.749.000 euro. Per calcolare invece le ore di permesso conviene


    passare all’unità mensile, per non avere cifre a troppi zeri. Per le


    8.400.000 ore di permesso a disposizione dei delegati sindacali in tutti i


    settori, pubblico e privato, il sistema Italia potrebbe perdere in linea teorica


    qualcosa come 154milioni di euro al mese.



    Se si realizzasse l'indipendenza delle regioni del Nord, io francamente non capirei cosa ho a che fare con Torino o la Valle D'Aosta, portafogli a parte: casomai si dovesse parlare di indipendenza, sarà meglio tirare fuori la Repubblica di Venezia (entità ad ogni modo morta e sepolta, impossibile da riesumare "naturalmente").

    Io ancora non ho capito perchè pago le tasse e rispetto le leggi a fronte del 20% delle regioni italiane che pagano le mafie, vivono con sussidi non dovuti e lavorano a nero.
    l

  7. #57
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    Citazione Originariamente Scritto da Eridano Visualizza Messaggio
    Carmela! Aspetta, che scendo il cane e lo piscio!
    "Imparate ai vostri figli a studiare!".

  8. #58
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    Citazione Originariamente Scritto da hellas Visualizza Messaggio
    "Imparate ai vostri figli a studiare!".
    E lo dici a me che sono studiato?

  9. #59
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    L'unica, marginale, influenza che i presidi hanno sul programma è la loro presenza nel Consiglio di Istituto, l'organo che vota i POF (programmi di offerta formativa): hanno un voto tra molti, i programmi non li decidono loro.

    Il preside decide eccome, altrimenti a che serve?
    Serve ad altro. Serve a gestire l'organico dei professori, serve a fare da mediatore tra le varie compagini della scuola, serve a controllare che le direttive vengano applicate e serve a parecchie altre cose, ma non a decidere cosa gli studenti devono imparare.

    Se si realizzasse l'indipendenza delle regioni del Nord, io francamente non capirei cosa ho a che fare con Torino o la Valle D'Aosta, portafogli a parte: casomai si dovesse parlare di indipendenza, sarà meglio tirare fuori la Repubblica di Venezia (entità ad ogni modo morta e sepolta, impossibile da riesumare "naturalmente").

    Io ancora non ho capito perchè pago le tasse e rispetto le leggi a fronte del 20% delle regioni italiane che pagano le mafie, vivono con sussidi non dovuti e lavorano a nero.
    Tu stai parlando dell'ambito economico, io di quello culturale: se vogliamo parlare di ambito economico possiamo parlare di problemi da risolvere, che io non penso si possano risolvere staccando una parte di Paese, ma (e qui entriamo nell'ambito culturale) qualora si decidesse di provare questa via, dico che sarebbe ridicolo staccare il Nord in quanto Nord, dato che non ha una forte e vera cultura comune, al di fuori di quella che la Lega tenta di creare artificiosamente da vent'anni.

  10. #60
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    Citazione Originariamente Scritto da Lord Kefiah Visualizza Messaggio
    Se i residenti non si presentano, non li si può accalappiare come i cani...
    Non è vero che non si presentano...per i posti statali ci sono delle corsie preferenziali che guarda a caso portano sempre da sud a nord molto facilmente per scambio di voti: ti do il lavoro al nord e poi ti trasferisco al sud (anche se non serve) questo succede in tutti i posti di lavoro statali e parastatali come le ferrovie.

 

 
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