2 atomiche = 2 grattacieli? mai una lacrima.
2 atomiche = 2 grattacieli? mai una lacrima.
Mi chiedi di parlare, stavolta. Mi chiedi
di rompere almeno stavolta il silenzio che ho
scelto, che da anni mi impongo per non mischiarmi
alle cicale. E lo faccio. Perché ho saputo
che in Italia alcuni gioiscono come l'altra sera
alla Tv gioivano i palestinesi di Gaza. «Vittoria!
Vittoria!». Uomini, donne, bambini. (Ammesso
che chi fa una cosa simile possa essere definito
uomo, donna, bambino). Ho saputo che alcune
cicale di lusso, politici o cosiddetti politici, intellettuali
o cosiddetti intellettuali, nonché altri individui
che non meritano la qualifica di cittadini,
si comportano sostanzialmente nello stesso modo.
Dicono: «Bene. Agli americani gli sta bene».
E sono molto, molto, molto arrabbiata. Arrabbiata
d'una rabbia fredda, lucida, razionale. Una
rabbia che elimina ogni distacco, ogni indulgenza,
che mi ordina di rispondergli e anzitutto di
sputargli addosso. Io gli sputo addosso. Arrab
biata come me, la poetessa afro-americana Maya
Angelou ieri ha ruggito: «Be angry. It's good to be
angry. It's healthy. Siate arrabbiati. Fa bene essere
arrabbiati. È sano». E se a me faccia bene non
lo so. Però so che non farà bene a loro. Intendo
dire a chi ammira gli Usama Bin Laden, a chi gli
esprime comprensione o simpatia o solidarietà. A
rompere il silenzio accendo un detonatore che da
troppo tempo ha voglia di scoppiare. Vedrai.
Mi chiedi anche di raccontare come l'ho
vissuta io, quest'Apocalisse. Di fornire insomma la
mia testimonianza. Incomincerò dunque da quella.
Ero a casa, la mia casa è nel centro di Manhattan,
e verso le 9 ho avuto la sensazione d'un pericolo
che forse non mi avrebbe toccato ma che certo
mi riguardava. La sensazione che si prova alla
guerra, anzi in combattimento, quando con ogni
poro della tua pelle senti la pallottola o il razzo che
arriva, e tendi le orecchie e gridi a chi ti sta accanto:
«Down! Get down! Giù! Buttati giù». L'ho respinta.
Non ero mica in Vietnam, non ero mica in
una delle tante e fottutissime guerre che sin dalla
Seconda Guerra Mondiale hanno seviziato la mia
vita! Ero a New York, perbacco, in un meraviglioso
mattino di settembre. L'11 settembre 2001. Ma
la sensazione ha continuato a possedermi, inspiegabile,
e allora ho fatto ciò che al mattino non faccio
mai. Ho acceso la Tv. Bè, l'audio non funzio-
nava. Lo schermo, sì. E su ogni canale, qui di canali
ve ne sono circa cento, vedevi una torre dello
World Trade Center che dagli ottantesimi piani in
su bruciava come un gigantesco fiammifero. Un
corto circuito? Un piccolo aereo sbadato? Oppure
un atto di terrorismo mirato? Quasi paralizzata
son rimasta a fissarla e, mentre la fissavo, mentre
mi ponevo quelle tre domande, sullo schermo è
apparso un aereo. Bianco, grosso. Un aereo di linea.
Volava bassissimo. Volando bassissimo si dirigeva
verso la seconda Torre come un bombardiere
che punta sull'obbiettivo, si getta sull'obbiettivo.
Sicché ho capito. Voglio dire, ho capito che si
trattava d'un aereo kamikaze e che per la prima
Torre era successo lo stesso. E, mentre lo capivo,
l'audio è tornato. Ha trasmesso un coro di urla selvagge.
Ripetute, selvagge. «God! Oh, God! Oh,
God, God, God! Gooooooood! Dio! Oddio! Oddio!
Dio, Dio, Dioooooooo!». E l'aereo bianco s'è
infilato nella seconda Torre come un coltello che si
infila dentro un panetto di burro.
Erano le 9 e zero tre minuti, ora. E non
chiedermi che cosa ho provato in quel momento e
dopo. Non lo so, non lo ricordo. Ero un pezzo di
ghiaccio. Anche il mio cervello era ghiaccio. Non
ricordo neppure se certe cose le ho viste sulla prima
Torre o sulla seconda. La gente che per non
morire bruciata viva si buttava dalle finestre degli
ottantesimi o novantesimi o centesimi piani, ad
esempio. Rompevano i vetri delle finestre, le scavalcavano,
si buttavano giù come ci si butta da un
aereo avendo addosso il paracadute. A dozzine. Sì,
a dozzine. E venivano giù così lentamente. Così
lentamente... Agitando le gambe e le braccia, nuotando
nell'aria. Sì, sembravano nuotare nell'aria. E
non arrivavano mai. Verso i trentesimi piani, però,
acceleravano. Si mettevano a gesticolar disperati,
suppongo pentiti, quasi gridassero help-aiutohelp.
E magari lo gridavano davvero. Infine cadevano
a sasso e paf! Santiddio, io credevo d'aver visto
tutto alle guerre. Dalle guerre mi ritenevo vaccinata,
e in sostanza lo sono. Niente mi sorprende
più. Neanche quando mi arrabbio, neanche quando
mi sdegno. Però alle guerre io ho sempre visto
la gente che muore ammazzata. Non l'ho mai vista
la gente che muore ammazzandosi, buttandosi
senza paracadute dalle finestre d'un ottantesimo o
novantesimo o centesimo piano. Hanno continuato
a buttarsi finché, una verso le dieci, una verso
le dieci e mezzo, le Torri sono crollate e... Sai, con
la gente che muore ammazzata, alle guerre io ho
sempre visto roba che scoppia. Che crolla perché
scoppia, perché esplode a ventaglio. Le due Torri,
invece, non sono crollate per questo. La prima è
crollata perché è implosa, ha inghiottito sé stessa.
La seconda perché s'è fusa, s'è sciolta proprio co
come
se fosse stata un panetto di burro. E tutto è avvenuto,
o m'è parso, in un silenzio di tomba. Possibile?
C'era davvero, quel silenzio, o era dentro
di me?
Forse era dentro di me. Chiusa dentro
quel silenzio ho infatti ascoltato la notizia del terzo
aereo buttatosi sul Pentagono, e quella del
quarto caduto sopra un bosco della Pennsylvania.
Chiusa dentro quei silenzio mi son messa a calcolare
il numero dei morti e mi son sentita mancare
il respiro. Perché nella battaglia più sanguinosa alla
quale abbia assistito in Vietnam, una delle battaglie
avvenute a Dak To, di morti ce ne furono
quattrocento. Nella strage di Mexico City, quella
dove anch'io mi beccai un bel po' di pallottole,
almeno ottocento. E quando credendomi morta
con loro mi scaraventarono nell'obitorio, mi lasciarono
lì tra i cadaveri, quelli che presto mi ritrovai
addosso mi sembrarono ancora di più. Nelle
Torri lavoravano ben cinquantamila persone, capisci,
e molte non hanno fatto in tempo ad evacuare.
Una prima stima parla di settemila missing. Però
v'è una differenza tra la parola missing cioè disperso,
e la parola dead cioè morto. In Vietnam si distingueva
sempre tra i missing-in-action cioè i dispersi
e i killed-in-action cioè i morti... Mah! Io sono
convinta che il vero numero dei morti non ce
lo diranno mai. Per non sottolineare l'intensità di
questa Apocalisse, per non incoraggiare altre
Apocalissi. E poi le due voragini che hanno assorbito
le migliaia e migliaia di creature sono troppo
profonde, troppo tappate da detriti. Al massimo
gli operai dissotterrano pezzettini di membra
sparse. Un naso qui, un dito là. Oppure una specie
di melma che sembra caffè macinato e che
invece è materia organica. Il residuo dei corpi che
in un lampo si disintegrarono, si incenerirono. Ieri
íl sindaco Giuliani ha mandato altri diecimila
sacchi per metterci i cadaveri. Ma sono rimasti
inutilizzati.
God bless america with hurricanes, always.
in ogni caso non se ne parla più come una volta.
qualcosa sta cambiando. non voglio giustificare nessuno..ma qualcosa si sta muovendo. la leadership americana non è più indiscussa. facciamocene una ragione. ed anche coloro che credono (a torto o a ragione) che la propria sicurezza (se bisogno di sicurezza vi sia) possa essere garantita solo dagli usa, bè..si faccia qualche conto, dia uno sguardo ai giornali ed inizi pure a cercarsi un nuovo ombrello atomico.
per il resto, rispetto per le vittime
Chi sono i filosudici? Quelli che definiscono filoterroristi i difensori dei palestinesi.I fascioleghisti sono quelli che vogliono farvi dire che la meloni è bella e intelligenteIsraele=Paese Terrorista - Ai pazzi si da sempre ragione
Certo che si, specialmente quando a uccidere il popolo era il loro regime.
Voi invece siete 'tarati' (non è un termine offensivo... vi hanno cresciuti così, mica ne avete colpa), il fatto che l'America ci abbia tolto dalle grinfie di Mosca vi rode ancora.... trasferitevi in massa, fateci un favore.