Massimiliano Kolbe
1113 - POVERETTI...
Rycerz Niepokalanej, I 1926, p. 2-7


Dio esiste sempre: nel passato, nel presente e nel futuro.
Nel tempo Egli ha chiamato dal nulla all'esistenza gli esseri
spirituali, dotati di ragione e di libera volontà. Come tali, essi
dovettero scegliersi coscientemente il proprio avvenire, dare una
prova di fedeltà. Una parte di essi, pur essendo semplici creature,
vale a dire un nulla da sé stesse, attribuiscono a se medesimi ciò
che sono e vogliono, con le loro sole forze, farsi simili a Dio.
Peccano di orgoglio. Nel medesimo istante ricevono il castigo
meritato, la riprovazione. Coloro che rimangono fedeli, invece,
riconoscendo umilmente la verità, ossia di dover attribuire a Dio
tutto ciò che sono e che possono, e di essere in grado di conoscerlo
sempre di più solamente per mezzo di lui, fonte dell'esistenza, di
amarlo, di possederlo sempre di più e quindi di divinizzarsi (se è
lecito esprimersi così) sempre di più, Iddio li ha resi felici con
sé, in paradiso.
Iddio, poi, ha creato altresì un essere di carne: pure a lui ha dato
un'anima dotata di ragione e di libera volontà. Pure a lui ha
offerto un periodo di prova. Lo spirito superbo, con la permissione
di Dio e per l'invidia che prova per la felicità di quest'essere, lo
suggestiona dicendogli che con le sue proprie forze «potrebbe
diventare come Dio» [cf. Gen 3, 5]. L'uomo si lascia ingannare, la
smania della superbia genera la disobbedienza. La mente umana,
tuttavia, non possiede affatto la chiarezza di conoscenza propria di
uno spirito puro, perciò anche la colpa è minore. E cosi Dio non gli
infligge una punizione eterna, ma lo condanna alle sofferenze e alla
morte.
Chi, pertanto, è in grado di offrire alla giustizia divina una
soddisfazione adeguata? La grandezza di un'offesa si misura con la
dignità di colui che è stato offeso, vale a dire Dio infinito.
Nessuna creatura finita, dunque, e neppure tutte le creature insieme
sono in grado di offrire una soddisfazione infinita. Dio, e
solamente Dio infinito, può soddisfare in modo infinito.
E avviene una cosa inconcepibile. Dio si abbassa fino alla creatura,
si fa uomo per redimerlo e per insegnargli l'umiltà, il silenzio,
l'obbedienza, la verità. Perché gli uomini possano riconoscerlo,
sceglie un uomo, Abramo, e circonda la sua discendenza con una
speciale protezione; affinché non perda la fede nel vero Dio,
suscita in essa i profeti, che preannunciano il tempo della Sua
venuta, la località e i particolari della Sua vita, morte e
resurrezione.
È venuto in una povera stalla, ha preso dimora in una povera
casetta, per trent'anni è rimasto sottomesso in umiltà, ha insegnato
un modo di vivere, ha accolto benevolmente i peccatori che facevano
penitenza, ha rimproverato i farisei ipocriti e infine è stato
appeso all'albero della croce, realizzando in tal modo le profezie.
L'uomo è stato redento.
Cristo Signore è risorto, ha fondato la sua Chiesa sulla roccia,
Pietro, e ha promesso che le porte degl'inferi non prevarranno
contro di essa [cf. Mt 16, 18].
Una parte del popolo ebreo ha riconosciuto in lui il Messia, gli
altri, soprattutto i superbi farisei, non han voluto riconoscerlo,
hanno perseguitato i suoi seguaci e hanno dato il via ad un gran
numero dileggi che obbligavano gli ebrei a perseguitare i cristiani.
Queste leggi, insieme ad alcune narrazioni di rabbini precedenti,
furono raccolte nell'anno 80 dopo Cristo dal rabbi Johanan ben Sakai
e vennero definitivamente ultimate verso l'anno 200 da rabbi Jehuda
Hannasi e in tal modo ebbe origine la «Misnah». I rabbini posteriori
aggiunsero ancora molte altre cose alla «Misnah», così che verso
l'anno 500 rabbi Achai ben Huna poté ormai raccogliere queste
appendici formando un volume distinto, chiamato «Gemara».
La «Misnah» e la «Gemara» costituiscono insieme il «Talmud».
Nel «Talmud» quei rabbini chiamano i cristiani: idolatri, peggiori
dei turchi, omicidi, libertini impuri, sterco, animali in forma
umana, peggiori degli animali, figli del diavolo, ecc. I sacerdoti
vengono
chiamati «kamarim», vale a dire indovini, e «galachim» ossia teste
pelate, ma in particolare non sopportano le anime consacrate a Dio
nella vita religiosa.
Invece che «bejs tefila», casa di preghiera, chiamano la
chiesa «bejs tifla», casa di scempiaggine, di sporcizia.
Le immagini, le medagliette, i rosari, ecc., li chiamano «elylym»,
cioè idoli.
Nel «Talmud» le domeniche e le feste vengono denominate «jom ejd»,
ossia giorni di perdizione.
Insegnano, inoltre, che ad un ebreo è permesso ingannare, derubare
un cristiano, poiché «tutti i beni dei goim, miscredenti», vale a
dire dei cristiani, «sono come il deserto: il primo che li prende,
ne diviene proprietario» (baba batra).
Quest'opera, quindi, che raccoglie dodici grossi volumi e che spira
odio contro Cristo Signore e i cristiani, viene messa in testa ai
rabbini e si obbligano questi ultimi ad istruire il popolo sulla
base di essa, aggiungendo che si tratta di un libro sacro, più
importante della s. Scrittura, tanto che Dio stesso impara
il «Talmud» e si consulta con i rabbini esperti nel «Talmud».
Nulla di strano, quindi, che ne un comune ebreo né un rabbino abbia,
di solito, un'idea esatta della religione di Cristo: nutrito
unicamente di odio verso il proprio Redentore, sepolto nelle
faccende di ordine temporale, bramoso di oro e di potere, non
immagina neppure quanta pace e quanta felicità offra fin da questa
terra il fedele, ardente e generoso amore verso il Crocifisso! come
esso superi tutte le «felicità» dei sensi o dell'intelligenza
offerte da questo misero mondo!
Non molto tempo fa mi sono incontrato in treno con un giovane ebreo,
che avrà avuto 18 anni circa. La conversazione si indirizzò sul tema
della felicità. Dichiarò con tutta sincerità che né il denaro né le
ricchezze danno la felicità, anzi questa non la si può trovare
neppure nei piaceri dei sensi. Mentre, tanto desideroso di conoscere
la vera fonte della felicità, continuava a trattenersi in
conversazione, improvvisamente si fece udire, dallo scompartimento
accanto, la voce di un ebreo più anziano che lo esortava a non
inoltrarsi tanto nell'argomento. Dispiaciuto per un simile
impedimento frapposto alla sua ricerca della verità, il giovane si
rivolse all'altro ebreo per chiedergli: «Ditemi voi, allora, come
stanno le cose». Ma non ricevendo alcuna risposta in proposito, non
poté trattenersi dal pronunciare alcune parole più dure di
rimprovero. Vi sono, dunque, anche tra gli ebrei taluni che
ricercano la verità, sia tra la gente comune, sia tra i rabbini.
Sovente capita pure
che sincere ricerche, sostenute da ferventi preghiere, accompagnate
da una vita pura, conducano alla conoscenza della verità, alla
conversione.
Fece un gran clamore in tutto il mondo la conversione di Ratisbonne,
un ebreo accanito, avvenuta dopo che egli aveva accettato la
medaglia miracolosa; inoltre, l'istituto religioso da lui fondato
successivamente ha lavato molti suoi connazionali con l'acqua del
santo battesimo.
Non dimenticherò mai le preghiere di un ebreo convertito, celebre
musico dell'Italia settentrionale, divenuto poi religioso,
francescano, p. Emilio Norsa.
Lo conobbi a Roma. Amava molto l'Immacolata. Durante la sua ultima
malattia teneva sempre un'immaginetta dell'Immacolata sul tavolino e
spesso la baciava. Quando gli si diceva che quei momenti di
solitudine potevano essere favorevoli per la sua ispirazione
musicale, indicava il quadro della Madre di Dio appeso alla parete
di fronte a lui e diceva: «Ecco da dove mi verrà l'ispirazione».
Ebbene, questo ardente devoto dell'Immacolata, ebreo, sacerdote,
dell'Ordine dei PP. Francescani, mi chiese di congiungere, nella
celebrazione della s. Messa, le sue alle mie intenzioni (sentendo un
momentaneo miglioramento, pensava di riuscire a celebrare la s.
Messa per altri tre giorni). Le intenzioni erano le seguenti: 1) per
il santo Padre, 2) per la pace nei mondo, 3) per là conversione
degli ebrei.
Accogliendo il desiderio del defunto p. Norsa, chiedo anche a voi,
egregi lettori, una preghiera all'Immacolata «per la conversione
degli ebrei», di questo popolo che, com'era solito dire p. Norsa,
è «il più infelice tra tutti i popoli», poiché sepolto in faccende
terrene e passeggere.
Dunque:
1) Ogni membro della Milizia reciti ogni giorno con attenzione e con
fervore la nostra giaculatoria: «O Maria, concepita senza peccato,
prega per noi, che a Te ricorriamo.., e per tutti coloro che a Te
non ricorrono..., in particolare per i massoni...», poiché i massoni
non sono altro che una cricca organizzata di ebrei fanatici, i quali
mirano sconsideratamente, a distruggere la Chiesa Cattolica, alla
quale lo stesso Uomo-Dio ha assicurato che le porte degli inferi non
la potranno sopraffare [cf. Mt 16, 18]. Poveretti, pazzi, vanno a
sbattere la testa contro una roccia!
2) Quando uno di noi incontra un ebreo, rivolga una breve
invocazione all'Immacolata per la sua conversione, anche se solo
mentalmente, ad esempio: «Gesù, Maria»; mentre se capita di
incontrare un rabbino, che ha una maggiore responsabilità, poiché
deve rendere conto a Dio di se stesso e di coloro che egli guida,
bisogna offrire una preghiera più intensa, magari una «Ave Maria».
3) Ricordiamoci bene che Gesù è morto per ciascuno, senza tener
conto della differenza di nazionalità e che ognuno di noi, quindi
anche ogni ebreo, è un ingrato, tuttavia figlio della nostra comune
Madre celeste. Diamoci da fare con la preghiera (in particolare con
la recita del s. rosario), con la mortificazione (della vista,
dell'udito, del gusto, della volontà), con il buon esempio e, se la
prudenza lo permette, con salutari conversazioni, ma soprattutto con
una prudente diffusione della medaglia miracolosa, anche tra gli
smarriti figli di Israele; diamoci da fare per condurre costoro alla
conoscenza della verità e al conseguimento della vera pace e della
felicità, attraverso l'offerta incondizionata di se stessi alla
nostra comune Signora e Regina e, per Suo tramite, al Sacratissimo
Cuore di Dio Salvatore, che arde d'amore per ogni anima.
4) Per manifestare il proprio amore verso l'Immacolata, ognuno
faccia di tutto, secondo quanto l'abilità dell'intelligenza, la
furbizia, la forza di volontà e lo zelo gli permetteranno, per far
sì che il Rycerz Niepokalanej fin dal presente numero di gennaio,
giunga dappertutto, magari anche tra i non-cattolici, tra gli ebrei,
qualora ci sia una speranza che possano leggere.
Nessuno trascuri neppure uno, dei propri parenti, dei propri amici,
delle persone che conosce attualmente e che ha conosciuto in
passato, sia in patria, sia all'estero. Dopo aver invocato la
benedizione dell'Immacolata - è da Lei, infatti, che dipende tutto
il frutto dei suoi tentativi - esorti tutti, a voce o per lettera,
ad abbonarsi al Rycerz Niepokalanej, oppure ci mandi almeno i loro
indirizzi, affinché possiamo far giungere ad essi un numero di
propaganda.
Il nostro scopo è chiaro:
L'Immacolata, Regina del cielo, deve essere riconosciuta, e al più
presto, quale Regina di tutti gli uomini e di ogni singola anima,
sia in Polonia, sia fuori delle sue frontiere, in ambedue gli
emisferi della terra. Da questo, osiamo affermare, dipende la pace e
la felicità delle singole persone, delle famiglie, delle nazioni,
dell'umanità.
Fin da oggi, dunque, tutti noi, senza tregua alcuna, ponendo tutta
la nostra fiducia non nell'oro, né in una superba presunzione, come
i poveri massoni, ma esclusivamente nell'Immacolata, che può tutto,
per la potenza del Figlio Divino, offriamoci fattivamente (con la
preghiera, la mortificazione e il lavoro) all'Immacolata «senza
alcuna riserva», per divenire, in mano Sua, uno strumento efficace
per la diffusione del suo regno in tutte le anime. Facciamo ogni
sforzo, affinché Ella conquisti il mondo con il suo Rycerz e la sua
medaglietta.
Come sarà dolce per noi nell'ultima ora... ricordare il lavoro... le
sofferenze... le umiliazioni... sopportate per Lei, soprattutto se
saranno state molte, il maggior numero possibile...