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Risultati da 1 a 4 di 4

Discussione: Polar Rush.

  1. #1
    Cacciaguida
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    Predefinito Polar Rush.


    Come un rompighiaccio Huang Nubo continua implacabile la sua marcia nell’Artico: così ostinato a voler comprare fette di terra nella regione geopoliticamente più calda del Pianeta, che ormai è diventato il simbolo della cosiddetta Polar Rush, la corsa allo sfruttamento delle risorse, sempre più accessibili a causa dello scioglimento progressivo dei ghiacci. Un personaggio da spy story, Huang Nubo - 58 anni, poeta, scalatore, ex responsabile della propaganda del partito comunista cinese e miliardario - perfetto per arricchire di mistero la storia gia intrigante di quello che è stato chiamato il Grande Gioco del Ventunesimo secolo, perché sul tetto del mondo le potenze si stanno confrontando (anche mobilitando uomini e armamenti) per assicurarsi un posto al pallido sole polare. E la Cina, pur non bagnata dall’Oceano Artico e quindi non essendo di diritto della partita, è invece lì in prima fila senza fare mistero delle proprie intenzioni: “L’Artico è di tutti, e noi abbiamo un quinto della popolazione mondiale, quindi rivendichiamo i nostri diritti a ogni costo” ha detto l’ammiraglio Yin Zhu, stratega dell’occupazione cinese delle nuove vie d’acqua polari che dimezzano il tragitto dei mercantili e portacontainer tra Asia e Occidente. Ovvio che è alquanto difficile credere a Huang Nubo quando dice che lui intende acquistare centinaia di chilometri quadrati di roccia artica solo per costruire resort e campi da golf per le moltitudini di turisti cinesi che nei prossimi anni arriveranno a battere i denti tra gli iceberg. Il colpaccio lo starebbe facendo ora alle Svalbard, l’arcipelago norvegese situato tra il Polo Nord e il continente, base scientifica internazionale con una storica presenza del Cnr italiano: se il governo di Oslo non fa una controfferta competitiva (cioé oltre il miliardo di euro), il compagno Huang pianterà la bandiera cinese sull’Austro Adventfjord, 217 chilometri quadrati di montagne, territorio due volte e mezza Manhattan, solo un po’ più silenzioso, perché completamente disabitato. Se va male in superficie con l’improbabile resort, c’è un interessante piano B: le venti milioni di tonnellate di carbone nascoste nel sottosuolo.


    Nidi di spie come nella Guerra Fredda

    L’anno scorso per un soffio non si è portato via lo 0,3 per cento d’Islanda: 300 chilometri quadrati nella regione nord orientale dell’isola, la più inospitale, la più ventosa e nevosa - “non c’è fuoristrada che possa attraversarla, su quella distesa di rocce faticano a crescere i licheni, figurarsi i prati da golf” mi dice Orri Vigfússon, il magnate islandese amico di Al Gore e famoso per le sue campagne per proteggere il salmone nei fiumi artici. Huang Nubo qui ha giocato su due piani: nei panni di direttore dell’associazione dei poeti cinesi (ultima raccolta pubblicata s’intitola “Conigli e altre piccole creature”) ha offerto un milione di euro per l’organizzazione di un festival della poesia cino-islandese, sapendo che a Reykjavik la cultura è una chiave sexy per fare business, mentre nel ruolo di 41esimo uomo più ricco della Cina - in quando direttore del colosso ZhongKun Group - è piaciuto assai a quegli stessi individui spregiudicati responsabili della bancarotta nazionale del 2008 e ansiosi di riprendere a fare bisboccia. Ma è il passato di megafono del partito e i suoi legami con gli attuali vertici del governo che hanno indotto gli islandesi a bloccare l’operazione soprannominata “yen for ice” facendo valere la legge che regola l’acquisto di proprietà da parte di stranieri. Anche perché, confida Orri, sono spuntati documenti che rivelavano il piano di attrezzare il fantomatico resort e il golf club boreale con un aeroporto e un porto in uno dei fiordi più protetti e ice-free a causa della corrente del Golfo: progetti troppo in sintonia con il dossier artico di Pechino e con i rumors diplomatici sulla costruzione della mega ambasciata a Reykjavik che ospita 500 funzionari, contro i 70 della rappresentanza statunitense; anche l’arresto per spionaggio, due settimane fa, dell’ambasciatore in Islanda Ma Jisheng, accusato dalle autorità di Pechino di lavorare per i giapponesi, conferma l’innalzamento del livello d’intelligence nella regione artica che, secondo un recente rapporto dei servizi danesi, “coinvolge una decina di stati, un’attività mai vista dai tempi della Guerra Fredda”: nei giorni scorsi Jens Johan Hjort, il sindaco di Tromsø, la città norvegese definita la “capitale dell’Artico”, è stato convocato dal ministero dell’Interno e interrogato dai servizi di sicurezza per aver incontrato 12 volte in due mesi l’ambasciatore cinese a Oslo. ! Da abile scalatore - Kilimangiaro ed Everest tra le cime conquistate - Nubo, prima di fare la proposta d’acquisto, si era fatto aprire la strada da un anomalo accordo bilaterale di libero scambio tra Cina e Islanda, il primo con un paese europeo, nonostante il modesto valore della partita (400 milioni di euro scambiati con Reykjavik contro i 600 miliardi dell’Unione europea). “L’Islanda” dice Orri “ma anche le Svalbard, diventeranno una specie di autogrill, uno stop obbligato, lungo l’autostrada marittima che collegherà l’Asia con l’Occidente”. La Cina, insomma, ha rotto il ghiaccio e punta a Nord.


    Il Dragone avanza tra gli iceberg

    In Norvegia il poeta Huang Nubo ha prosaicamente già acquistato cento ettari di costa a Lyngen e ha appena firmato un accordo preliminare per un vasto tratto di waterfront a nord di Tromsø per quasi cento milioni di euro. “Nessun dubbio che quest’uomo è un cavallo di Troia del Partito comunista cinese” ha scritto Nordlys, il quotidiano locale. “Chiaro a chiunque che la Cina vuole essere protagonista nella Polar Rush” dice Willy Østreng, presidente dell’Accademia scientifica norvegese per le ricerche polari: “ È determinata ad avere accesso alle risorse e gestire il traffico marittimo delle nuove rotte sempre più praticabili grazie allo scioglimento dei ghiacci. Nelle ultime due estati è sparito il 50 per cento del ghiaccio dell’oceano artico”. Il professore elenca le mosse cinesi, come la determinazione a voler piantare un’antenna radar alle Svalbard, ma la Norvegia ostacola l’operazione in risposta alle ritorsioni diplomatiche cinesi contro Oslo e il blocco delle importazioni di salmone per l’assegnazione nel 2010 del premio Nobel per la Pace a Liu Xiaobo, dissidente in prigione. Pechino ha appena varato il più grande rompighiaccio finora costruito, lo Xue Long, Dragone di Neve, sta preparando tre spedizioni scientifiche da duecento esperti ciascuna per il prossimo anno, ha istituito a Shanghai il più importante centro di ricerca artica del mondo. Dal punto di vista diplomatico ha ottenuto lo scorso anno lo status di paese osservatore (ce l’ha fatta anche l’Italia, mentre è stata esclusa l’Unione europea) al Consiglio Artico, composto dagli otto membri dei paesi che si affacciano sull’Oceano artico tra cui Usa, Russia, Canada e Norvegia, fino a qualche anno fa poco più di un circolo degli scacchi da diplomatici in pensione e ora, con la posta in gioco sempre più alta, un organismo potente governato a livello di ministri degli esteri. Temi come ad esempio quello della pesca stanno diventando strategici e potenzialmente destabilizzanti: si aprono nuovi giganteschi spazi marini ice-free, si allargano quindi le acque internazionali, mentre molte specie si spostano sempre più a nord in cerca di temperature più fredde: “Le nazioni artiche cercano d’imporre una moratoria e impedire l’ingresso nello stretto di Bering alle flotte internazionali, soprattutto Cina, Giappone e Corea del Sud, per poter studiare la situazione” dice Orri, ma l’ambasciatore cinese a Oslo, Tang Guoquiang ha già avvisato che l’Artico “sara’ la nostra banca delle proteine”.

    Rotta verso la «nuova Australia»

    Secondo l’United States Energy Information Amministration la regione artica contiene il 13 per cento delle risorse petrolifere e il 30 per cento di quelle di gas naturale ancora non sfruttate nel mondo. Secondo Igor Sechin presidente della russa Rosneft le riserve petrolifere ora accessibili grazie alle conseguenze del cambiamento climatico sarebbero il 20 per cento e infatti - sanzioni occidentali permettendo - la Russia ha varato, oltre a una nuova flotta nucleare destinata al pattugliamento dell’Oceano artico, un investimento di 400 miliardi di euro per le estrazioni nei prossimi vent’anni. La vera nuova frontiera - “la prossima Australia” l’ha definita l’ex primo ministro islandese Johanna Sigurdardottir - si chiama Groenlandia; sotto il permafrost in disgelo c’è un forziere pieno di diamanti, rubini, oro, uranio, ferro… E in Groenlandia, attraverso compagnie minerarie che battono bandiera inglese o neozelandese, la Cina ha già messo radici. Obbiettivo principale le terre rare - che servono per la produzione di alta tecnologia civile e militare - e di cui la Groenlandia possiede giacimenti immensi. Ma l’obbiettivo primario di Pechino è l’acqua, nel senso che intende guidare la rivoluzione del traffico marino dei prossimi decenni. Perché se il 90 per cento del commercio mondiale avviene via mare, quasi il 50 per cento del Pil cinese deriva dal trasporto di merci attraverso gli oceani. Con l’apertura dei mitici passaggi artici, per ora il più praticabile durante l’estate è quello a Nord Est (dallo stretto di Bering, costeggiando le coste russe fino al mare di Barents in Norvegia e quindi in Atlantico) il tragitto s’accorcia di oltre 4000 miglia, quasi della meta’ rispetto alla navigazione via Suez - un percorso sempre più problematico, pirati, instabilità, alti dazi… Pechino ha calcolato che passando dalla calotta il risparmio in tempo, carburante ed emissioni equivale a 120 miliardi di euro l’anno. E se il processo di scioglimento progredisce con il ritmo degli ultimi cinque anni, la rotta potrebbe diventare sempre più lineare, fino ad attraversare il Polo Nord. Ed ecco che, la potenza abituata a ragionare in termini di decenni se non di secoli, sta predisponendo quella che ha gia’ definito la “via dorata”, con tanto di posti di sosta e ristoro. E magari ci scapperà anche una particella a golf in santa pace, perché perche’ gli unici orsi polari saranno quelli imbalsamati nel lodge del compagno poeta Huang Nubo.
    http://www.corriere.it/esteri/14_ottobre_06/huang-nubo-tycoon-cinese-che-si-sta-comprando-l-artico-2ef4876a-4d21-11e4-a2e1-2c9bacd0f304.shtml
    Ultima modifica di amerigodumini; 06-10-14 alle 11:49

  2. #2
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    Predefinito Re: Polar Rush.

    Bashhhhhtardi.
    Ormai vi interessa solo l'Ordine Nero del Levante.

  3. #3
    .
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    Predefinito Re: Polar Rush.

    Fottuti cinesi con i loro unghioli da slot machines, questi si prendono silenziosamente l'Africa e pure il Polo Nord, e puzzano, sono gialli e sputano. Fa ben sperare però vedere che nel frattempo gli europei reagiscono a dovere, e giustamente si trastullano con le varie mode vegetariane.
    Ultima modifica di Orco Bisorco; 07-10-14 alle 19:38

  4. #4
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    Predefinito Re: Polar Rush.

    Grazie!

 

 

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