Il grande pubblico spesso lo ignora ma l'invenzione dei “robot” (o se vogliamo degli automi) ovvero di un apparecchio meccanico in grado di muoversi e di agire autonomamente non è un idea moderna ma è un idea antichissima che risale addirittura all’antica Grecia ovvero a ben piu di duemila anni fa
Lo scrittore e critico latino Aulo Gellio (Notti Attiche, lib. X, c. 12) riporta la notizia che nel IV secolo a.C. Archita da Taranto, filosofo e matematico della scuola pitagorica, aveva costruito una colomba volante di legno con vari dispositivi meccanici interni. La colomba, dopo essere stata posata su un albero, era in grado di volare di ramo in ramo.
Se guardiamo alle civiltà del mondo classico possiamo valutare, ad esempio, come intorno al 150 a.C. sia stato realizzato il meccanismo a ruote dentate che oggi è conosciuto con il nome di "Calcolatore meccanico di Antikythera".
Il meccanismo, rinvenuto casualmente in una nave affondata lungo le coste della Grecia, è stato oggetto di analisi da parte dei più accreditati studiosi del pianeta e le conclusioni ottenute sono risultate inspiegabili e sorprendenti. Secondo i ricercatori inglesi che hanno ricostruito il meccanismo, questo oggetto era in grado di calcolare con assoluta precisione il moto dei pianeti e la posizione del Sole e della Luna. I ricercatori ritengono che il suo utilizzo fosse destinato a stabilire le rotte navali dei vascelli che si spingevano oltre le Colonne d’Ercole, verso l’Oceano Atlantico.
Se poi si pensa che Erone, matematico e fisico di Alessandria del 1° secolo a.C., conosceva la forza del vapore e la utilizzava per far muovere le sue "macchine" e che gli antichi Egizi utilizzavano meccanismi basati sulla forza idraulica, in grado di aprire le grandi porte dei templi, potrebbe non risultare poi tanto difficile ritenere che nell'antichità ci possa essere stato qualcuno in grado di giocare con la meccanica e realizzare dispositivi semoventi paragonabili a robot.
Erone rientra a tutti i diritti in una storia degli automi. Una delle sue opere si intitola proprio Automata, e tratta la meccanica dei corpi solidi. Ha conosciuto vivissimo successo, e le copie manoscritte devono essere state ben numerose, se la Biblioteca Nazionale, a Parigi, ne conta addirittura sette molto antiche.
Erone, nella sua opera, distingue gli automi a base mobile da quelli a base fissa. Nel primo caso i dispositivi si muovevano su delle specie di rotaie e il motore, che utilizzava principalmente un gioco di contrappesi, produceva il movimento di personaggi e di oggetti in una precisa scenografia. Da quanto si scopre oggi, l'Impero romano da parte sua avrebbe potuto benissimo impiegare l’energia meccanica per le sue imprese. Lo si evince ad esempio dai prodigiosi meccanismi scoperti nei resti della “Domus Aurea” dell’imperatore Lucio Domizio Enobarbo Nerone, ancora visibili a Roma.
Ma evidentemente era stata fatta una precisa scelta di utilizzo della tecnologia allora conosciuta per mantenere circoscritto il potere dell'oligarchia che dominava l’Impero. Veniva inoltre (come del resto anche nella città stato della Grecia) preferito l'utilizzo della forza lavoro degli schiavi che serviva ad esempio perenne della gloria delle conquiste imperiali, piuttosto che l’energia delle macchine che sicuramente l’Impero romano era in grado di costruire.