Originariamente Scritto da
Bèrghem
E sul secondo referendum...
La libertà elvetica a rischio
Le prossime elezioni in Svizzera minacciano democrazia diretta e federalismo
di Sergio Morisoli
IBL - La libertà elvetica a rischio
Il prossimo 28 novembre saremo chiamati al voto su un tema determinante per l’indipendenza svizzera, la democrazia diretta e il federalismo.
Nell’ordine.
Indipendenza. Il fisco è da sempre la cartina di tornasole del livello di libertà di un Paese; più è rapace e meno c’è libertà, meno fiducia e meno intraprendenza nella società civile. Un sistema fiscale unico come tendenzialmente di fatto diventerebbe quello fiscale svizzero se dovesse passare la proposta del PS (Partito socialista svizzero),
ci metterebbe in una posizione di debolezza verso l’Unione europea. Infatti l’UE oggi non può dirci molto in materia fiscale perché dovrebbe influenzare 26 sistemi diversi, mentre
domani le basterebbe fare pressioni sul Governo federale per vedere poi a poco a poco applicati i suoi desideri a livello cantonale dietro il paravento dell’armonizzazione fiscale.
La democrazia diretta. La Svizzera ha una quota statale inferiore al 50% (rapporto fra spesa pubblica e PIL annuale), modesta e invidiata da tutti gli altri Paesi. Non è un caso. Da noi il cittadino ha il potere di decidere o di bloccare le spese direttamente raccogliendo le firme e facendo votare, rispettivamente ha il privilegio di potersi opporre agli aumenti fiscali o di favorire la diminuzione della pressione fiscale pure direttamente.
Che il cittadino abbia gli strumenti democratici per decidere sia la spesa sia la sua copertura (imposte)
ha fatto sì che nei decenni la Confederazione e i Cantoni abbiano sempre mantenuto un equilibrio finanziario invidiabile. Questo ha favorito insediamenti innovativi ad alto valore aggiunto, nuovi investimenti infrastrutturali, la fioritura di una piazza finanziaria di livello mondiale, l’arrivo di benestanti e una minore pressione fiscale per i cittadini svizzeri e residenti.
L’armonizzazione proposta, la solita enfasi dell’uguaglianza, della reciprocità e della solidarietà tra Cantoni, annienterebbe invece la libertà individuale di scelta e il legame diretto tra cittadino, spesa e imposte. Inutile dire che nessuna armonizzazione fiscale ha mai armonizzato verso il basso le imposte, ma sempre e solo verso l’alto.
Il federalismo. Il nostro Paese vive del principio - sancito nella Costituzione - del federalismo. È la sussidiarietà verticale istituzionale, dal basso verso l’alto: quello che non può fare il singolo cittadino lo fa il Comune, ciò che non può fare il Comune lo fa il Cantone e quello che non fa il Cantone lo fa la Confederazione.
Questo enorme vantaggio svizzero funziona solo se chi decide la spesa è anche colui che decide le imposte. In altre parole, si tratta di ciò che il popolo svizzero accettò a larghissima maggioranza nel 2004 nell’ambito degli articoli costituzionali per la Nuova perequazione finanziaria e il nuovo riparto dei compiti tra Confederazione e Cantoni.
In una frase: chi comanda paga, chi paga comanda (K. Villiger).
L’armonizzazione distruggerebbe, rendendolo impotente, il nostro federalismo fiscale, cioè la giusta concorrenza al ribasso delle imposte cantonali e comunali, e rovinerebbe per sempre la generosa ed efficace solidarietà perequativa tra Comuni e tra Cantoni forti e meno forti finanziariamente. Il rifiuto dell’armonizzazione continuerà ad obbligare lo Stato a fare il passo secondo la gamba in materia di spesa pubblica, anziché applicare il «tassa e spendi» tanto sospirato e desiderato a sinistra.
Da Il Corriere del Ticino, 11 novembre 2010