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Discussione: Dubai

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    Predefinito Dubai




    Giulia si è abituata al caldo torrido di Dubai. Quando era arrivata, tre mesi fa, le avevano detto: "Fai conto che sia inverno. Qui è d'estate che si vive dentro", con l'aria condizionata tarata sul gelo. Eccola, l'estate del deserto: 43 bollenti e umidi gradi non permettono di fare il bagno che a pochi temerari, sulla lunghissima spiaggia di Jumeirah, all'ombra del centinaio di grattacieli tirati su nell'ultimo decennio che nessuno credeva si sarebbero mai animati e che invece hanno attirato gli investimenti (a volte truffa, come nel caso della torre Dolce Vita) di migliaia di asiatici e di occidentali.
    Giulia Arnaboldi ha 31 anni, da due mesi ha lasciato Milano e il lavoro di stylist per seguire il marito Matteo, attirato da un'ottima occasione come consulente d'impresa per le start up italiane negli Emirati. Il marito è il suo "sponsor", quello che firma il suo "visa", il visto, parola fondativa della vita quotidiana: senza sponsor e senza visto a Dubai non si compra né si affitta casa e non si lavora: il "visa" è la chiave che consente tanto agli occidentali superspecializzati quanto alla manodopera asiatica di trovare posto in questo scintillante Truman show.

    "Di italiani ne arrivano cento nuovi al mese", dice il nostro console Giovanni Favilli, "le grandi manovre sono cominciate con la crisi del 2008, ma nell'ultimo anno si può parlare di esodo: nel 2011 abbiamo approvato 4100 visti, nel 2013 siamo già a 8500, e non è finita". Quando lo incontriamo è il 2 giugno, e se in Italia il patriottismo si esprime con la parata militare, la Festa della Repubblica per gli expat è molto sentita. L'ambasciata ad Abu Dhabi organizza ogni anno una grande festa aperta a tutti i nostri connazionali, anche quelli solo di passaggio. Quest'anno, per la prima volta, serviva l'invito: "I residenti sono ormai 10mila", spiega il console. Tra taxi, auto e suv arrivano 800 persone: prosecco, mozzarelle, lasagne e perfino il gelato della "sezione distaccata" di Giolitti, la gelateria romana. Si cerca di conquistare una fetta di parmigiano da riportare a casa e si fa "networking".

    E pensare che solo pochi anni fa, nel 2008, Dubai era al collasso: in migliaia, soprattutto impiegati nell'immobiliare, si erano trovati senza lavoro nel giro di poche ore e per non finire in arresto per debiti ("emissione di assegni a vuoto è il reato "italiano" frequente", dice il console) si partiva di corsa, strattonando verso il gate della Emirates mogli e figli e abbandonando case e suv all'aeroporto. Adesso la crisi è rientrata anche per il sostegno degli Emirati cugini più solventi grazie al petrolio (Dubai si sostiene sul turismo, sui servizi e sui commerci, in virtù del regime di paradiso fiscale) e le occasioni di nuovo non mancano, in un contesto che tutti dicono "ripulito di truffatori e avventurieri": gli affitti sono tornati ragionevoli, il lavoro, se si viene dall'Occidente con una buona professione, può dare grandi chance.

    Giorgio Alessio, 49 anni, l'ha capito subito. Pacato e pragmatico, Giorgio in Italia era un tenente colonnello dell'aeronautica militare specializzato in meterologia. "Nel 2007 lessi un annuncio. In Italia guadagnavo duemila euro al mese e mi sentivo a fine carriera. Qui ho uno stipendio da generale di squadra aerea, esentasse: l'unica cosa che devo allo Stato è il 5% del mio affitto annuo, per i servizi municipali. Mi si è aperta una nuova vita lavorativa, certe figure professionali gli emiratini le riescono a formare, vista la qualità delle università locali. E hanno l'umiltà di cercare la compentenza altrove. Io mi sento corteggiato, guadagno tanto, ho 56 - dico 56 - giorni di ferie l'anno che mi permettono di viaggiare con le mie figlie adolescenti, che vivono a Milano con la madre e per il cui sostentamento sono obbligato a versare 2200 euro al mese. In Italia sarei povero, qui ho accettato un compromesso: passare dal fornire un servizio all'offrire un prodotto".

    Giorgio, che ammette di aver nostalgia ma aggiunge che tornerebbe solo a parità di condizioni, non fatica ad ammetterne altri, di compromessi: "Se mi pesa il fatto che qui non si goda dei diritti civili? Che non si possa votare, perché qui vige un potere assoluto? Macché, da noi il diritto di voto è un'illusione, perché non si incide davvero sulla vita pubblica. Qui sono saltati dal Medioevo all'Età Moderna senza passare dall'Illuminismo: la partecipazione democratica non è una formula esportabile ovunque".
    Anche sui diritti dei tanti immigrati filippini, cinesi, cingalesi, che sono la maggioranza della popolazione e che reggono sulle proprie spalle i lavori più umili, il meterologo ha le idee chiare: "Guadagnano 300 euro al mese, ma nella loro madrepatria starebbero peggio. Da qui riescono a sfamare le famiglie, hanno un'assicurazione sanitaria legata al permesso di lavoro, i pasti certi e un tetto".
    Giorgio a Dubai si è ricostruito una vita, amore compreso. Si è fidanzato con Marta, quasi vent'anni anni più giovane. Marta è vicentina, è arrivata qui prima di Giorgio, poi ha fatto la commessa in un negozio ("Dove la maleducazione del denaro era la regola: se tardavi a tornare dal magazzino con le scarpe da provare ti lanciavano le cose addosso") e adesso ha messo su una piccola azienda: insieme all'amica Emanuela Palma, 37 anni, ha creato SkinChic, una linea di borse di pitone che fanno disegnare in Italia e produrre in Indonesia. Le vendono via web e nelle private sale, versione neppure rimodernata dei party Tupperware degli anni 50. Con risultati notevoli: in un solo anno sono andati via più di 320 pezzi.

    Emanuela in Italia faceva la consulente del lavoro, è fresca moglie di Marco, avvocato per un grande studio tedesco, approdato a Dubai nel 2006, un figlio in arrivo: "Lo stipendio di un neoassunto in gamba da noi si aggira sui 5mila euro al mese", spiega Marco, "più l'assicurazione sanitaria e niente da dare allo Stato. Se si considera che per una tata fissa si spendono 300 euro al mese, si capisce perché qui si fanno figli e si vede tutto con più ottimismo".
    Emanuela ha rifiutato di ingrossare le fila delle "Jumeirah Jane", come chiamano le mogli degli occidentali benestanti che si aggirano con i tre figli, il cane e la tata tra la spiaggia di Jumeirah, il nail salon e lo shopping mall, e si è messa in proprio. Oltre alle borse ha creato una linea di divise per i ristoranti Bice (grazie anche ai contatti con Alessandro Tatulli, il manager della divisione Middle East del gigante della ristorazione). Emanuela e Marco si sono sposati in consolato, perché convivere a Dubai è possibile ma proibito: "So che molte coppie italiane lo fanno, ma devono sapere a cosa vanno incontro se, per esempio, durante un litigio i vicini chiamano la polizia, ed è successo", chiarisce il console. "Se ci si mette in quella situazione si diventa ricattabili anche sul lavoro", sottolinea Marco. E poi il matrimonio estende il visto al coniuge che non ha un lavoro senza costringerlo al "visa-run", il trucco tollerato e largamente praticato da chi ha solo un permesso turistico della durata di 40 giorni: basta uscire dal Paese per 10 minuti e rientrare dalla frontiera più vicina, Hatta, in Oman, per guadagnarsi altri 40 giorni, e così via.

    Lorenza, 42 anni, bolzanina, elegante, acuta, si occupa dei turisti, quelli veri: Dubai è la settima destinazione turistica del mondo. Lorenza per 250 dollari al giorno organizza tour su misura. Dal salottino del One-and-only, uno dei locali più affascinanti della città, sulla fatidica Palma con attracco degli yacht e vista skyline, racconta che per le donne è più facile "lavorare con gli arabi. Tra gli italiani di qui c'è sempre il solito approccio: vieni, collabora con noi che siamo un grosso marchio, ti promettono tanto ma poi non ti pagano, "tanto hai avuto la visibilità". Gli emiratini invece ti rispettano, e non hai bisogno di mettere niente in mostra per far carriera".
    La città è sicura, sicurissima per tutti "ma per le donne di più", continua Lorenza, "perché siamo sacre, il deterrente della pena di morte per la violenza sessuale funziona. L'unico neo sono i rapporti di coppia: non si fatica a incontrare qualcuno, ma gli approcci sono proibiti in pubblico, quindi si finisce sempre a cena dentro a una casa, e lì è più difficile tirarsi indietro... Questa è una città in vendita in cui tutto, anche il sesso, si consuma molto in fretta".

    Quanto Dubai sia mercenaria lo sa anche Agua Mimmo, 31 anni, bolognese, dal 2005 broker di un certo peso nel Gold Suq, il più grande mercato dell'oro del mondo. Agua, che è tutto tranne uno a corto di possibilità altrove, racconta il "lato oscuro" della metropoli, che ha un ruolo internazionale anche come crocevia del black money: circola più denaro di varia provenienza qui che in tutta l'Asia. "Ci sono libici, sudanesi, etiopi, arrivano con mazzette di denaro e ripartono con i trolley carichi d'oro", ammette. "Qui l'italiano medio è felice. Non manca nulla della sua cultura dell'ultimo ventennio: locali, soldi, donne, macchinoni. Se sei superficiale, va bene. Altrimenti c'è da lavorare su se stessi. Nessuno ne parla, ma la solitudine è devastante, e il tasso di suicidi tra gli expat è alto. C'è la crescita ma manca la cultura, mostre e concerti hanno sempre un bel baraccone di merchandising intorno. Dal vendere non si prescinde. Non hai diritti, ma puoi vivere in un grande luna-park, perfino meglio del Truman Show perché non rivedi sempre le stesse facce. Non paghi contributi e non hai la pensione, ma quando avrò l'età per andarci il welfare sarà arrivato. Il nuovo metrò in costruzione ne è un'avvisaglia: è il primo vero servizio per tutti". Agua però a 65 anni non sarà qui. Nei suoi piani c'è prima la Cina, poi di nuovo l'Italia, dove pensa di aprire un'agenzia di product placement per il cinema, lui che ha studiato al Dams.

    Repubblica.it
    Ultima modifica di Cattivo; 28-07-13 alle 21:19

  2. #2
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    Predefinito Re: Dubai

    Mia cognata ha rifiutato 500 mila euro all'anno pur di non andarci ad abitare.
    "Per tutto il pensiero occidentale, ignorare il suo Medioevo significa ignorare se stesso" - Étienne Gilson


    "Se commettiamo ingiustizia, Dio ci lascerà senza musica" - Cassiodoro.

  3. #3
    acquenere
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    Predefinito Re: Dubai

    Citazione Originariamente Scritto da Cuordy Visualizza Messaggio
    Mia cognata ha rifiutato 500 mila euro all'anno pur di non andarci ad abitare.
    Vuol dire che anche in italia stava bene economicamente.

  4. #4
    acquenere
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    Predefinito Re: Dubai

    Comunque io circa un anno fa pensai di trasferirmi a Dubai, ma sinceramente ci sono posti decisamente migliori anche in europa.

  5. #5
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    Predefinito Re: Dubai

    Citazione Originariamente Scritto da giacomo Visualizza Messaggio
    Vuol dire che anche in italia stava bene economicamente.
    Sta, ma non a quei livelli. Il fatto è che con due bimbi di quattro anni (mi pare) e un certo stile di vita nel bel paese difficilmente un seppur cospicuo gruzzoletto ti spinge a trasferirti in un posto simile.
    Ultima modifica di Cuordy; 29-07-13 alle 00:56
    "Per tutto il pensiero occidentale, ignorare il suo Medioevo significa ignorare se stesso" - Étienne Gilson


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  6. #6
    acquenere
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    Predefinito Re: Dubai

    ma alla fine 500k anno sono sempre 500k anno, ti fai una villa, la servitù italiana, e ti fai spedire la pummarola fresca.

  7. #7
    acquenere
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    Predefinito Re: Dubai

    i figli li mandi alla scuola americana con il resto dell'uppperclass straniera, mi pare strategico
    Ultima modifica di giacomo; 29-07-13 alle 01:03

  8. #8
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    Predefinito Re: Dubai

    500k all anno, 4-5 anni di fatiche e poi licenziamento fisso permanente dal mondo del lavoro
    slava kokaini

  9. #9
    Super Troll
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    Predefinito Re: Dubai

    "Lo stipendio di un neoassunto in gamba da noi si aggira sui 5mila euro al mese", spiega Marco, "più l'assicurazione sanitaria e niente da dare allo Stato. Se si considera che per una tata fissa si spendono 300 euro al mese, si capisce perché qui si fanno figli e si vede tutto con più ottimismo".



  10. #10
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    Predefinito Re: Dubai

    Citazione Originariamente Scritto da Durru Visualizza Messaggio
    "Lo stipendio di un neoassunto in gamba da noi si aggira sui 5mila euro al mese", spiega Marco, "più l'assicurazione sanitaria e niente da dare allo Stato. Se si considera che per una tata fissa si spendono 300 euro al mese, si capisce perché qui si fanno figli e si vede tutto con più ottimismo".


    Si è dimenticato di aggiungere che se la tata chiede l'aumento, finisce dritta nel deserto.
    "Bad karma"

 

 
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