A palazzo Grazioli incontro tra Berlusconi e Alfano: si decide il destino del governo

Al vertice anche lo stato maggiore del partito. Sul tappeto la possibile scissione di una quota di parlamentari Pdl

E' l'ora del chiarimento. Quello in cui si saprà se il Pdl è destinato a spaccarsi. In Parlamento, e, chissà, in futuro anche alle elezioni. L'ex premier e leader del Pdl Silvio Berlusconi sta incontrando il segretario del Pdl Angelino Alfano nella sua residenza romana di palazzo Grazioli. Con Berlusconi e Alfano ci sono anche i capigruppo Pdl di Senato e Camera Renato Schifani e Renato Brunetta, il coordinatore del partito Denis Verdini e il vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri.
CONFRONTO - Il confronto tra Berlusconi e Alfano avrà anche inevitabili ripercussioni sul destino del governo guidato da Enrico Letta. Se ci fosse una scissione nel partito c'è chi giura che una quarantina di senatori Pdl potrebbe votare mercoledì la fiducia all'esecutivo. Non è detto però che anche in caso di riconciliazione tra Berlusconi e quello che una volta era il suo «delfino» il Pdl rimanga compatto. Sul fronte cattolico infatti molte sono le perplessità dei parlamentari legati all'ex ministro Maurizio Lupi. Si parla di una quindicina di senatori Pdl pronti comunque a votare la fiducia. Ipotesi fondate o pure fantasie? Solo mercoledì sapremo la risposta. Ma una tappa molto importante si corre in queste ore.

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Alza la mano Cicchitto: «E il dibattito...?»
Il capo lo blocca: «Vieni a cena da me»


La riunione trasformata in monologo

ROMA - Silvio Berlusconi conclude il suo discorso con voce piena, scandita, e adesso se li gode tutti i suoi parlamentari già in piedi quasi di scatto, compatti, l'applauso lungo e forte rimbomba nella sala della Regina di Montecitorio tra gli arazzi e i lampadari luccicanti, tra le grida di evviva e una mano, una sola mano che si è alzata ed è rimasta lì, ferma, immobile, nella piccola bolgia. È la mano destra di Fabrizio Cicchitto.
Qualcuno se ne accorge, certi si voltano con aria interrogativa.
Lui ha un sorriso bloccato, un po' impertinente e un po' di sfida. La mano ostentatamente sempre alta come uno scolaretto: «No, scusate... Ma non c'è dibattito? Perché io veramente vorrei dire che...».
Brunetta fa segno di no, nervosamente, secco: no no, non esiste.
Schifani mette su uno sguardo di circostanza. Dai, Fabrizio, non è il momento. Berlusconi allora intuisce, capisce, con quel suo istinto pazzesco, rapace, e interviene subito: «Fabrizio, con i capigruppo avevamo deciso che avrei parlato solo io... ma se vuoi dirmi qualcosa, forza, vieni a cena da me, stasera...». (Dieci minuti dopo, nel corridoio, sotto il busto del generale La Marmora ).


Esce il deputato Luca D'Alessandro, ex giornalista e uno di noi per lungo tempo, prima di diventare il portavoce del potente Denis Verdini, il falco dei falchi. D'Alessandro va verso il gruppone dei cronisti. «Allora ragazzi... sia chiaro: io parlo come capo dell'ufficio stampa, vi aiuto a ricostruire l'assemblea però voi non attribuitemi niente, capito? Non fatemi casini, intesi?».
Gli diciamo: guarda che il professor Antonio Martino è apparso molto perplesso, assai poco convinto dal discorso di Berlusconi...
«E vabbé, Martino è sempre stato uno un po' fuori dal coro, no?».


Sì, però c'è anche Cicchitto che è furioso: gli avete impedito di parlare e...
«No, scusa: ma che Martino rappresenta il Pdl? Cicchitto ancora ancora... Ascoltate piuttosto quello che vi racconto io...».
Dentro, nel gran salone, Berlusconi sta intanto scherzando con la Brambilla, ma anche altri parlamentari gli sono intorno festanti: c'è Osvaldo Napoli che gli prende il braccio e lo tira, Bernabò Bocca che gli sussurra qualcosa all'orecchio, si avvicinano Riccardo Villari e Stefania Prestigiacomo (la quale, poco prima che l'assemblea iniziasse, fumando una sigaretta, ha detto con tono profetico: «Il Presidente non deve arretrare di un millimetro. Se no, è morto. Poi, certo, se lui non arretra, davvero non so che fine facciamo tutti quanti...»).


I ministri, che è opportuno non definire ancora «ex», sono andati via subito. La Lorenzin con quella sua smorfia dolce, dietro cui però si cela un carattere determinato fino all'ostinazione. Lupi dissimula serenità, e se la rideva un po' con tutti, battute e pacche sulle spalle, come se niente fosse, come se poche ore fa non sia stato lui a dire che Forza Italia rischia d'essere un movimento estremista in mano agli estremisti. Con la De Girolamo, accigliata, andremo a parlare dopo. Quagliariello era quello decisamente più mogio.
Osservata tanta mestizia nei quattro ministri, è facile supporre che dietro l'angolo e giù, nella scalinata che porta al piano terra, adesso potremmo incontrare facce ben più raggianti. E invece no. Sembra che pure l'ala dura del partito, i frequentatori di Villa San Martino più assidui ed ascoltati, vengano via dall'assemblea con musi lunghi e poche chiacchiere, tutte piuttosto di circostanza.


La Santanché (lei di solito tagliente, polemica, spavalda). «È stato un discorso stupendo, siamo tutti uniti». Pausa. E poi: «Quanto alle dimissioni dei ministri, valuteremo tutti insieme appassionatamente». Occhiataccia eloquente e, poco dopo, l'annuncio che non sarebbe stata ospite, come annunciato, della trasmissione Piazza pulita; su richiesta, sembra esplicita, del Cavaliere, che avrebbe promesso all'ala moderata del partito di tenere un po' a freno i berluscones d'assalto.
L'avvocato Niccolò Ghedini (più gelido, se possibile, del solito): «È andato tutto bene... davvero, proprio bene bene...». Non crede che però... «Le ho detto che è andata bene, no? Ora mi scusi, ho fretta».


E poi Denis Verdini (la camminata di quando è consigliabile non avvicinarsi troppo): «Bel discorso... bel discorso...».
Capiremo meglio nelle prossime ore perché appaiono ugualmente spennati tanto i falchi quanto le colombe. Ma sul resto del truppone dei parlamentari, poco da dire: gli applausi sono scattati scroscianti e puntuali come seguendo il vecchio copione degli ultimi vent'anni. Il termometro dell'affetto ha raggiunto il picco quando il Cavaliere ha detto con enfasi non casuale: «Grazie per le vostre dimissioni! Dobbiamo restare uniti! U-ni-ti!» (nella circostanza, anche Angelino Alfano ha creduto opportuno accennare il gesto dell'applauso). Ma molto apprezzati dalla platea pure i tre passaggi in cui i ministri li ha invece criticati.


Il ministro Nunzia De Girolamo ora - sono le 19,15 - è in Transatlantico e, insieme alla Calabria e alla Saltamartini, ha riacquistato un po' di buon umore.
«Non volevo finire in un partito di destra, io solo questo problema ho posto».
Ora è soddisfatta?
«Sono stata rassicurata».
Dolce finale berlusconiano.
«Eh... beh... insomma...».

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Nuovo vertice del Pdl con Berlusconi
Cicchitto: “Un errore le dimissioni”


A Palazzo Grazioli anche Alfano.
L’ex capogruppo: «Andare avanti
in modo che ci sia un governo».
Lupi: «Sono ottimista sulla fiducia»
Maroni: il voto è l’unica alternativa
Nuova giornata di incontri e vertici per Silvio Berlusconi a palazzo Grazioli. Nella residenza romana dell’ex premier, infatti, sono presenti i capigruppo del Pdl di Camera e Senato, Brunetta e Schifani. Alla riunione prende parte anche il coordinatore del partito, Denis Verdini, mentre per le 12 è atteso il segretario Angelino Alfano. Il vertice odierno segue quello che si è tenuto fino a tarda notte ieri, caratterizzato da nuove tensioni tra il Cavaliere e le “colombe”.

Vertice teso, con nuovi “attriti” fra l’ex premier e Alfano sulla linea da tenere nei confronti del governo, dopo che davanti ai parlamentari pidiellini ieri Berlusconi ha definito terminata l’esperienza dell’esecutivo. Sul tavolo, viene spiegato, anche la strategia in vista dell’intervento domani in parlamento del premier Enrico Letta.

E dopo i passi indietro dei ministri anche l’ex capogruppo alla Camera Cicchitto si smarca dalla linea del partito: «Dopo quello che è accaduto ieri, dopo che tutti i mondi economici, che il Ppe, le associazioni dei commercianti e i sindacati ci chiedono di rimanere al governo, mi auguro che correggiamo l’errore politico fatto ritirando i ministri e che andiamo avanti in modo che ci sia un governo. Mi auguro che lo faccia tutto il Pdl e il presidente Berlusconi».

Intanto il ministro dimissionario Maurizio Lupi ribadisce la sua posizione: «Sono sempre ottimista, molto ottimista» spiega rispondendo ai cronisti che gli chiedono se il governo «ce la farà» a superare la questione di fiducia che sarà posta in Parlamento. Quanto al confronto interno nel Pdl e alla crisi, afferma: «La mia posizione la conoscete».

E una nuova chiusura arriva anche dalla Lega attraverso le parole di Maroni: «Immagino che Letta verrà domani a presentare il programma che ha già presentato per il suo insediamento. Se è così ribadiremo il nostro voto contrario. Non ci sono alternative al voto


La Stampa - Nuovo vertice del Pdl con Berlusconi Cicchitto: ?Un errore le dimissioni?


Berlusconi in pressing sulle colombe.
Nuovo vertice a Palazzo Grazioli


Berlusconi in pressing sulle colombe. Nuovo vertice a Palazzo Grazioli
Silvio Berlusconi (afp)
ROMA - Ancora una riunione, per tentare di placare il dissenso a ed evitare la scissione. Silvio Berlusconi ha convocato un vertice a Palazzo Grazioli con lo stato maggiore del partito. Presenti i due capigruppo, Renato Brunetta e Renato Schifani, il coordinatore Denis Verdini e Angelino Alfano.


L'incontro è importante per capire quale atteggiamento avrà domani il Pdl-Forza Italia in occasione del discorso che Letta farà alle Camere. La notte scorsa c'è stato un teso incontro tra il Cavaliere e l'attuale vicepremier proprio in merito al comportamento da tenere rispetto al governo. E Alfano, che ha insistito perché si ascolti quello che il premier dirà in merito a giustizia, economia, riforme e amnistia, ha riferito al Berlusconi che gli ex ministri, pur avendo rassegnato le dimissioni, sono contrari alla crisi e non garantiscono il voto di sfiducia a Letta. Posizione ribadita da Maurizio Lupi, ministro Pdl: "Io sono sempre ottimista, molto ottimista", ha risposto ai giornalisti che gli hanno chiesto se il governo domani ce la farà a superare la crisi. Stesso ottimismo manifesta il ministro dell'Istruzione, Maria Chiara Carrozza "Ci vorrebbe la sfera di cristallo per sapere come andrà domani, ma sono ottimista".


Fiducia impossibile. Per il presidente dei deputati del Pdl, Renato Brunetta, però "allo stato attuale sembrerebbe che Letta non può chiedere la fiducia" perché "prima deve risolvere il rebus delle dimissioni dei suoi ministri, e solo dopo può chiedere alle Camere di esprimersi favorevolmente o meno rispetto al suo governo. L'alternativa è dimettersi...Costituzionalmente parlando, ha ragione oppure no? Su quale governo chiede la fiducia? Su quello 'amputato' dalle dimissioni di 5 ministri? O su un governo 'rimpastato' da nuove nomine?".


Vento di scissione. Si fanno sempre più pressanti anche le voci che ipotizzano una scissione all'interno del partito tra chi è convinto di chiudere l'esperienza con Enrico Letta e chi invece, come la delegazione ministeriale, è favorevole a una continuità. "Insistere con la strada della crisi di governo può portare alla divisione del popolo della libertà", ha affermato ad Affaritaliani.it il senatore del Pdl Carlo Giovanardi. "Berlusconi - ha detto - ha ragione nel lamentare la posizione del pd sulla sua decadenza, perché ha subito una mascalzonata, ma rischiamo di passare dalla parte del torto con queste accelerazioni che mettono in difficoltà anche Alfano. Tantissimi non vogliono entrare in Forza Italia, che è il partito di Bondi, Capezzone, Santanchè e Verdini. Personaggi lontanissimi dal Partito popolare europeo. Alfano, come tutti noi, è combattuto tra l'amicizia con Silvio e la lontananza da questa Forza Italia che, se nascesse, sarebbe fuori dal Ppe".

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La Merkel tifa "stabilità"
per comandarci meglio


Il rigido europeismo richiede la rinuncia ai tagli fiscali. L'abolizione dell'Imu e dell'aumento dell'Iva non piace all'Ue


Angela Merkel ha ieri telefonato a Enrico Letta. La conversazione, riportano le cronache, è stata «affettuosa». E quello che la Merkel voleva dire al premier è filtrato all'esterno.




Un messaggio preciso per ribadire «l'auspicio per la stabilità politica» e per «la continuità dell'azione di governo». La circostanza si unisce alle tante altre di queste ore nell'eleggere l'attuale esecutivo come decisivo per evitare al Paese e all'Europa di precipitare in un'altra emergenza finanziaria simile a quella dell'estate 2011. Ci sta: ognuno fa la sua parte. Ma c'è qualcosa che non torna in questi messaggi apocalittici. Qualche contraddizione. Qualche paradosso. E l'impressione che la partita che si sta giocando sia sempre un po' diversa da quella che ci viene rappresentata. Il paradosso è che il rigido europeismo con il quale la cancelliera ha rivinto le elezioni richiede esattamente quanto sta per accadere nell'ipotesi di una crisi di governo. Cioè la rinuncia ai tagli fiscali. L'eliminazione da parte del governo Letta dell'imposta sulla prima casa (Imu) e dell'aumento di quella sui consumi (l'Iva) sono (o erano) l'esatto contrario di quanto chiedono Europa, Fondo monetario e Bce. Vi ricordate il commissario europeo Olli Rehn, quando 15 giorni fa è venuto in audizione alla commissione Bilancio della Camera? Ebbene, in Parlamento, Rehn non ha usato giri di parole: «L'abolizione dell'Imu desta molta preoccupazione». Al punto che per Bruxelles l'Italia avrebbe già sforato il tetto del 3% del rapporto deficit/Pil, andando al 3,1. Con la crisi di governo le preoccupazioni di Rehn svaniscono all'istante: dalla seconda rata Imu arrivano 2,4 miliardi e da tre mesi di Iva al 22% un altro miliardo. Un importo totale con il quale ci si paga le missioni militari (0,4 miliardi) e la Cig in deroga (0,5), mentre i restanti 2,5 miliardi permettono di rientrare nel limite del 3% (ne bastano 1,6) con un cuscinetto aggiuntivo di 900 milioni per eventuali sorprese. La contraddizione, nel messaggio europeista della Merkel, è quindi evidente: o si tiene alla stabilità del governo delle larghe intese, o al rapporto deficit/Pil. Almeno nel breve periodo, che è l'orizzonte temporale di riferimento in questa fase. Certo, a lungo andare la stabilità politica permette di dare continuità all'azione di un governo. E di impostare politiche di crescita. Ma va anche detto che, soprattutto su quest'ultimo punto, non si sono viste fino a oggi grandi strategie. Tanto che le previsioni sul Pil 2013 sono andate progressivamente peggiorando fino ad arrivare alle attuali, comprese tra -1,7 e -2,3 per cento, le peggiori in Europa solo dopo quelle della Grecia. Ecco allora che i messaggi che arrivano oggi dall'Europa e dalla Germania in particolare sembrano carichi, più che di apprensione, di ipocrisia politica. Quello che sembra stare più a cuore non è tanto la stabilità italiana, quanto la capacità di influenzarne le scelte politiche ed economiche.

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