....Europa
Non state lì a domandarvi l’indomandabile, onorevoli burocrati di Bruxelles che avete scoperchiato la pentola del Diavolo con un sondaggio che dimostra il già noto: gli europei temono o odiano lo Stato di Israele in larga maggioranza.
Ci sarà stata una ragione se il 15 aprile del 2002 abbiamo convocato un giorno di raccoglimento per l’esistenza di Israele, dopo le bandiere bruciate e i comizi in piazza di Monsignor Hilarion Capucci tra le maschere dei terroristi suicidi incappucciati. La ragione era semplice e solo l’ipocrisia l’ha velata.
Dopo l’11 settembre, che ha messo paura a tutti, è dilagato nei paesi di democrazia debole e di opinione pubblica fragile un doppio fenomeno, il pacifismo fondamentalista e una irrazionale ma non innocua giudeofobia. Molta gente si è detta semplicemente: mandateli in Arizona, mandateli in Argentina, mandateli nel Niger, qui a due passi non li vogliamo perché mettono in pericolo la nostra sicurezza.
E perché mai le pecore avrebbero dovuto belare diversamente, ruggire come leoni in un sondaggio, se i pastori finanziavano le charities di Hamas e fingevano di non sapere che Yasser Arafat, dopo aver fatto fallire Oslo e Camp David, era ormai l’ultimo testimone, insieme con Saddam, con i siriani e con parte del potere iraniano, del rifiuto arabo-islamico dell’esistenza di Israele?
Come si fa a resistere alla paura, giù da basso tra il popolo minuto che vive la piccola storia manzoniana, se le classi dirigenti hanno paura di sventolare la bandiera americana e la bandiera israeliana in piazza mentre i “giovani” bruciano l’una e l’altra (e questo avvenne, con le note eccezioni, il 10 novembre del 2001)?
Non è stato un caso, altresì, se abbiamo fatto scandalo nel Foglio delle dichiarazioni recentissime di Mahatyr, il premier malese modernizzatore e di successo che ha imputato agli ebrei di “governare il mondo” alla conferenza islamica, e si è così guadagnato un penoso rabbuffo protocollare dell’Unione europea, con il baffo moscio di Jacques Chirac.
La presenza ebraica in territorio arabo non è una festa né per gli ebrei né per gli arabi né per i palestinesi, è il tragico inveramento su suolo altrui di un grande sogno nazionale, democratico e alle origini socialista, che dura dalla fine dell’Ottocento, il Sionismo.
E quella tragica costituzione, nella violenza, di un rifugio nazionale ebraico ebbe il suggello dell’Onu e della comunità internazionale dopo la Shoah e nel corso della decolonizzazione, ed è stata difesa, non da Sharon come dicono gli idioti e gli antisemiti, ma da tutti i governi israeliani di ogni colore, con le unghie e con i denti in cento guerre, l’ultima delle quali si chiama Intifada suicida e terrorista.
I sepolcri imbiancati si decidano: se Israele deve vivere, devono battersi a fianco degli americani per indurre i palestinesi ad accettare un onorevole compromesso e a distruggere il terrorismo.
Altrimenti Israele ci proverà da sé, ma morirà, questo è sicuro, la civilizzazione europea. Affogata nei sondaggi che oggi fanno vergogna perfino a quella cinica città di miseria e cioccolata che si chiama Bruxelles.
da il Foglio
saluti