Torino 1864
Settembre non è solo il mese della vittoriosa conclusione dell’assedio di Torino del 1706. È anche il momento della commemorazione di una sconfitta che trascende il singolo evento storico e appare come un sanguinoso annuncio della miserabile situazione in cui viviamo.
Nel settembre 1864 una convenzione segreta tra il governo italiano e Napoleone III impose il trasferimento della capitale del Regno da Torino a Firenze. La popolazione reagì con manifestazioni di protesta che furono soffocate nel sangue.
Riporto il racconto che ne fa Valerio Castronovo, professore di storia contemporanea all’università di Torino. Il pezzo è tratto dal capitolo iniziale della sua storia di Torino (Torino, pp. 5-6, ed. Laterza, Bari 1987).
“Per molti piemontesi fu la Convenzione del settembre 1864...a segnare l’epilogo della tradizione sabauda. Giacché essa troncò quel legame tra il vecchio regno di Sardegna e la nuova monarchia nazionale...con una cesura che non avrebbe potuto essere più netta per gli eventi drammatici che la caratterizzarono. A Torino, all’annuncio del trasferimento della capitale a Firenze, la città si era trasformata in un campo di battaglia. Per prevenire eventuali disordini si era dato ordine a migliaia di soldati di presidiare i diversi quartieri in assetto di guerra, la cavalleria con gli speroni arrotati, le truppe con le giberne piene di cartucce. Ma la folla non aveva esitato ad invadere le piazze in segno di protesta, e l’intervento di carabinieri e militari, chiamati a sedare i tumulti, era sfociato in un autentico eccidio: si erano contati più di cinquanta morti e centotrenta feriti nelle giornate tra il 21 e il 22 settembre, in cui si era accanita la repressione per le vie del centro, con scariche di fucileria e assalti alla baionetta senza alcuna preventiva intimazione.
A sparare sulla gente - raccoltasi in capannelli e in cortei improvvisati, composti di uomini e donne d’ogni età e condizione del tutto inermi - non erano stati soltanto i reparti di stanza in città, ma anche alcuni battaglioni fatti affluire di rinforzo dal Sud e da altre regioni. Questa sciagurata circostanza concorse ad aggravare il trauma, a scavare un solco profondo fra Torino e il resto d’Italia che non sarebbe mai stato del tutto colmato nei decenni successivi.
Il consiglio era riunito in seduta straordinaria quando sotto le finestre del palazzo municipale fu portato il corpo del primo caduto sotto il piombo del governo unitario. E la reazione più immediata era stata quella di trasformare l’assemblea in una sorta di comitato di salute pubblica che assumesse i pieni poteri e sconfessasse la decisione del governo costringendolo a stracciare il trattato firmato con Napoleone III.”
I morti di quei giorni, a differenza di quelli dell’assedio di Torino e di tante altre sanguinose battaglie prima dell’Unità, non sono ancora stati vendicati.
(Vera Bertolino)
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