....Onu


New York. Oil for food, petrolio in cambio di cibo, è stato il più grande programma di aiuti umanitari mai gestito dalle Nazioni Unite, ma è già il più grande scandalo della sua storia, nonostante la scarsa attenzione dei giornali che continuano a preferire i pettegolezzi sui trascorsi rapporti tra gli uomini di Bush e il mondo dei petrolieri.
Tra il 1996 e la liberazione di Baghdad del 2003, l’Onu ha consentito a Saddam Hussein, con la risoluzione 986, di vendere 100 miliardi di dollari di petrolio, prevalentemente a Francia e Russia, per scopi umanitari, cioè per comprare cibo e mezzi di sostentamento per la sua popolazione.
Saddam ha incassato e tenuto alla fame i suoi, ma questa è un’altra storia.
La storia adesso è questa: il nuovo governo iracheno, il Wall Street Journal e il General Accounting Office americano, in tempi e modi diversi, hanno scoperto che mancano all’appello almeno dieci miliardi di dollari, rubati da Saddam per arricchire il bottino personale e per pagare tangenti e mazzette a politici e personaggi vari del mondo arabo e occidentale.
La notizia è stata accolta più come un’amena curiosità che come una cosa seria, anche perché molti dei beneficiari dei cadeux petroliferi di Saddam hanno subito smentito.
Nella lista trovata nei palazzi saddamiti, c’erano Scott Ritter, l’ex ispettore Onu poi diventato uno dei fantocci del regime (400 mila dollari), il deputato pacifista inglese George Galloway (585 mila dollari) e anche qualche italiano, tra cui Roberto Formigoni e quel padre Benjamin che frequentava i salotti televisivi italiani per spiegare quanto fosse equa e libera la vita sotto la dittatura di Saddam.
Ma questi sono spiccioli, in realtà della maggior parte di questi dieci miliardi non c’è ancora traccia. Il Consiglio governativo iracheno ha chiesto alla società di revisione Kpmg e agli avvocati tedeschi Freshfields, Bruckhaus e Deringer di indagare e scoprire se davvero quei soldi sottratti agli iracheni abbiano riempito le tasche di politici e funzionari dell’Onu.
La Heritage Foundation, prestigioso centro studi americano, ha accertato che gli abusi del programma “Oil for food” sono il risultato dell’impressionante fallimento gestionale delle Nazioni Unite: “In realtà – si legge nel rapporto della Heritage – il programma era più che un bazar aperto per tangenti, favoritismi e mazzette. La serietà di queste accuse merita un’indagine del Congresso e una Commissione indipendente del Consiglio di sicurezza”.
Il Congresso, dopo aver ascoltato la relazione del General Accounting Office, ha già deciso che se ne occuperà ad aprile con una serie di audizioni alla commissione Esteri della Camera guidata dal senatore repubblicano Henry Hyde.
Gli americani vogliono andare fino in fondo e l’interesse è doppio: quei soldi servono perché la ricostruzione dell’Iraq pesa sulle loro spalle, così come grava sulle tasche dei contribuenti americani quasi un quarto dei conti delle Nazioni Unite.

Francia e Germania contrarie all’inchiesta
Colin Powell ha chiesto a Kofi Annan di indagare sullo scandalo, nonostante Annan per mesi abbia fatto finta di niente.
Il segretario generale, l’altro giorno, ha ammesso che effettivamente qualcosa è andato storto e ha comunicato al Consiglio di sicurezza che questa settimana nominerà una commissione di inchiesta.
Francia e Germania, i due paesi più beneficiati dai contratti petroliferi con l’Iraq, sono contrarie, ha scritto ieri il New York Times. Gli iracheni si aspettano che finalmente l’Onu metta a disposizione le ricevute dei conti della banca francese Paribas, attraverso i quali l’Onu ha gestito i pagamenti a Saddam.
Annan sembra costretto a farlo ma certo, in generale, non è aiutato dal fatto che suo figlio Kojo sia stato uno dei manager di Cotecna Inspection fino a pochi giorni prima che la società svizzera firmasse il contratto Onu per controllare la correttezza dell’esecuzione di “Oil for food”.
Annan era anche il responsabile del programma e aveva l’obbligo di controllare ogni sei mesi che “Oil for food” procedesse secondo i piani. Il direttore esecutivo del programma “Oil for food”, nonché uomo di fiducia di Kofi Annan, era il cipriota Benon Sevan, oggi accusato di aver preso tangenti petrolifere da Saddam.
Sevan ha smentito, ma a Baghdad e a Washington si accumulano le diffidenze tanto che Kofi Annan lo ha mandato in ferie fino ad aprile, mese in cui Sevan maturerà la pensione.
Annan due giorni fa ha ammesso che “è altamente probabile che siano state fatte molte cose sbagliate, ma abbiamo bisogno di indagare per scoprire i responsabili”. Una volta accertati sarà interessante scoprire perché Saddam pagasse francesi e funzionari Onu con il denaro del petrolio: in cambio di cosa?
Oil for what?

saluti