ESTERI
Uccise due piccole palestinesi di 4 e 9 anni
Bimbo palestinese legato su jeep come scudo
L'accusa contro i militari israeliani lanciata da un'associazione per i diritti umani
GERUSALEMME (ISRAELE) - L'accusa non è stata ritenuta inverosimile nemmeno dalla polizia, che l'ha rinviata, per indagini, al ministero della Giustizia: un bambino di 13 anni sarebbe stato usato come scudo umano da agenti israeliani di frontiera, dopo che la loro jeep era stata bersagliata di sassi da un gruppo di ragazzini palestinesi. Il tutto sarebbe accaduto una settimana fa e non è stato finora smentito, ma anzi documentato da una fotografia nel sito web di Haaretz , uno dei principali quotidiani israeliani, che mostra il bambino, Mohammed Badwan, seduto sul cofano. Legato per l'avambraccio destro alla griglia che protegge il parabrezza dalle sassaiole, Mohammed ha la testa incassata fra le spalle, il viso contratto dalla paura.
Così, imprigionato e immobilizzato sull'auto, secondo la denuncia di Rabbis for Human Rights, un'associazione umanitaria di rabbini, lo avrebbe visto passare anche suo padre, Saed Badwan, 34 anni, che vive a Biddu, un villaggio israeliano a ridosso della nuova barriera difensiva israeliana. «Quando ho visto mio figlio sul cofano della jeep - ha confermato Saed - ho creduto di impazzire. Mohammed tremava per il terrore».
I giudici della Corte Suprema di Israele erano intervenuti nel 2002 dopo che era stato accertato un caso analogo a quello di Mohammed: un uomo era stato obbligato dai soldati a precederli fino alla porta di casa del vicino, un ricercato, perché si facesse aprire al loro posto e lo convincesse ad arrendersi.
«L'uso dei bambini in guerra è una tattica molto cinica - commenta Noam Hoffstater dell’organizzazione israeliana per la difesa dei diritti umani Bet'selem - sia quando sono usati come scudi umani, sia quando sono usati come corrieri di esplosivo per gli attentati».
I vertici militari israeliani accusano i gruppi armati palestinesi di farsi scudo della popolazione civile negli scontri, ma ieri a essere colpite, senza aver sicuramente partecipato a lanci di sassi, sono state due bambine di 4 e 9 anni, nel villaggio di Beit Lahiya, a Gaza, dove da giorni le forze armate cercano di reprimere la rivolta contro il muro: la prima è morta soffocata dai gas lacrimogeni, la seconda è stata colpita al petto davanti a casa .
Elisabetta Rosaspina