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Discussione: Beutiful Oriana

  1. #1
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    Predefinito Beutiful Oriana

    Non ho mai scritto per soldi. Mai!”.“Severamente vive. Niente lussi e, al posto dei lussi, abitudini quasi spartane. Severamente disprezza il denaro”. “Non comprabile col denaro e anzi sprezzante dei soldi”. “Non ha voluto una lira, un euro, un dollaro”. A sentire la strana insistenza della stampa sul suo ascetismo, Oriana Fallaci sembra un lacedemone messia venuto dalle lontane montagne del Tibet per salvare l’Occidente. Ma dietro la mitizzante propaganda ufficiale, ricche collezioni nell’esclusiva casa di Manhattan e tenute miliardarie in Italia concorrono a tracciare, in questo pirotecnico articolo


    1 PUNTATA

    “Come sta la Fallaci?”, si chiede un personaggio fumettistico di Alessio Atrei, (Premio "Satira contro il razzismo" - Meeting Antirazzista di Cecina 1998) “Male” risponde l’altro,“Continua a vomitare libri”. L’ultimo, un libriccino intitolato “Oriana Fallaci intervista Oriana Fallaci” pubblicato dalla Rcs edizioni, con un’ammirabile operazione commerciale estiva, in quella che potrebbe essere definita una versione economica. Niente copertine lucide dal titolo dorato stavolta ma un piccolo volumetto di 126 pagine venduto alla modica cifra di quattro euro. Quel riassunto delle “idee” che la suddetta scrittrice ci propina in tutte le possibili combinazioni - da tre anni a questa parte - è stato venduto in 800.000 copie, e addirittura ristampato più volte, fenomeno che allarmò il Guardian e il Christian Science Monitor sullo stato del razzismo in Italia. Per chi l’ha letto, è palese che siamo di fronte all’ennesimo libro, con contenuti rimasti totalmente immutati rispetto ai precedenti due: i musulmani in Italia che a quanto pare non hanno meglio da fare se non pisciare e cacare sui monumenti, lo straniero (marocchino, cinese, rumeno non importa) che invade il paese, e tanti altri luoghi comuni degni delle chiacchiere di un bar frequentato da leghisti. Una fastidiosa monotonia contenutistica che dimostra senza ombra di dubbio che la mente della Fallaci non è più in grado di produrre alcunché di nuovo e che per di più contraddice uno dei primi principi che lo zio, Bruno Fallaci, le insegnò: “Anzitutto, non annoiare chi legge!”. Ma si sa, la Fallaci è sempre stata brava nell’inventarsi qualcosa da scrivere, anche a costo di ripetersi o di intervistare se stessa, e le sue case editrici di fiducia, a commercializzarla.

    “Io-non-credo-all’obiettività. I-fatti-sono-quelli-che-interpreto-io” diceva la Fallaci e da allora il mercato assorbe come una spugna qualsiasi scritto della “più grande scrittrice italiana”. Non è merito dello stile, tanto meno del contenuto, ma di quella opera di pubblicizzazione che ha raschiato il fondo dell’ormai tramontata fama dell’egocentrica scrittrice. In passato, molte persone indignate hanno - giustamente - affermato che non si dovrebbe criticare la Fallaci bensì chi elogia e commercializza le sue opere, concetto che Manuel Sanchez espresse benissimo con il titolo “Oriana Fallaci, l’albero che nasconde la foresta”. Quella foresta fatta di chi ha trovato nella Fallaci una miniera d’oro. Primo fra tutti il Direttore del Corriere che l’ha riesumata dall’ibernazione decennale in cui si era lasciata andare. Lo stesso che, piombando a New York e vedendo gli appunti di quella cosa che è l’articolo sulla rabbia e l’orgoglio, racconta la Fallaci stessa, “s’infiammò come se avesse visto Greta Garbo che tolti gli occhiali neri si esibisce alla Scala in licenziosi strip-tease. O come se avesse visto il pubblico già in fila a comprare il giornale, pardon, per accedere alla platea, ai palchi, al loggione”. Chissà che cosa hanno detto queste persone indignate, stavolta, di fronte ad un vero e proprio progetto politico-editoriale atto a favorire la diffusione a basso prezzo del razzismo e dell’ignoranza …

    La Fallaci non smette mai di ricordare il successo editoriale dei suoi libri, un successo che nessuno può negare:“Un successo assai più immediato di quello che benedisse la rabbia e l’orgoglio. Quello infatti impiegò circa un anno per raggiungere il milione di copie. La forza della ragione invece, ha raggiunto le ottocentomila copie in meno di quattro mesi. E ciò significa che, al milione di copie ci dovremmo arrivare, stavolta, assai prima. Inoltre sono quasi sempre rimasta prima in classifica. Il “quasi” sta per la settimana durante la quale venni retrocessa dal libro di Papa Wojtyla. Passata quella settimana però, tornai subito al primo posto”. Al che la Fallaci, che sta facendo finta di intervistare se stessa, risponde “Complimenti. A Lei, non al Papa”. Qualcuno si è mai chiesto però perché è legittimo parlare del successo editoriale della Fallaci mentre è tabù parlare dei suoi guadagni? Eppure è la stessa Fallaci a dedicare all’argomento quattro pagine del suo primo libro. Ed è stata molto sincera: “Io campo sui miei libri. Sui miei scritti. Campo sui miei diritti d’autore e ne vado fiera. Ai miei diritti d’autore ci tengo anche se la percentuale che un autore riceve su ogni copia venduta è una percentuale davvero modesta. Una cifra che specialmente sui paperback (sulle traduzioni ancora peggio) non basta a comprare mezza matita, anzi un terzo di matita, da un figlio di Allah che vende le matite lungo i marciapiedi. I miei diritti d’autore li voglio. Li ricevo, e senza quelli le matite lungo i marciapiedi dovrei venderle io”. E, non ancora soddisfatta, rincara raccontandoci che non ha scritto quel articolo “per guadagnare più del poco che guadagno con i miei diritti d’autore”. Davvero? Mica tanto! Facendo l’ipotesi di una royalty pari al 10% del prezzo di copertina (9,81 €), una percentuale davvero irrisoria per la fama della Fallaci, su un milione di copie del suo primo libro si può valutare che abbia maturato più di 980mila euro. Si comprano un sacco di matite con quella cifra, ammesso che sia solo quella. L’editore, invece, dovrebbe aver fatturato circa nove milioni di euro. Una fortuna di matite. Il secondo libro invece, di euro ne valeva ben 15: fate i conti voi.

    E quindi se da una parte la Fallaci afferma di aver rifiutato “Un compenso molto-molto-molto lauto” (cosa che già contraddice la sua affermazione di sopra circa il “più del poco”) per quel primo articolo, è altrettanto legittimo supporre che sia stata disposta a rifiutarlo per poter gonfiare l’argomento in un libro che le avrebbe procurato, con i “poveri diritti d’autore”, guadagni molto-molto-molto più elevati. Quel libro, d’altronde, era già pronto al momento della pubblicazione dell’articolo: “Anzi, prima di darglielo (al direttore ndr), tagliai ancora”, dice la Fallaci. “Accantonai i paragrafi più violenti. Sveltii i passaggi più complicati. Sintetizzai alcuni brani, cancellai molte righe connesse alle parti tolte. Tanto nella cartella rossa custodivo quei metri e metri di fogli intatti: il testo completo, il piccolo libro”. La scelta è chiara: l’articolo avrebbe fatto da pubblicità. E quale migliore pubblicità di quattro pagine e un quarto sul quotidiano più venduto d’Italia? A volte qualche sacrificio si fa quando si intravede la possibilità di usarlo come tromba per guadagnare dieci volte di più. Nella propaganda contro lo straniero, nella caccia al musulmano, la Fallaci aveva scoperto un filone d’oro, e ha subito intuito di doverlo sfruttare fino in fondo. Non a caso disse a George Gurley, del New York Observer:“Non c’è altra spiegazione per il successo del libro. È più un grido che un saggio… Un libro scritto in due settimane, andiamo! Era la sete, la fame (del pubblico, ndr)”.

    La risposta quindi alla domanda posta sopra è semplice: tutti evitano di parlare dei guadagni della Fallaci perché quest’ultima ha sentenziato, dopo quella sincera confessione, “Non-scrivo-per-soldi. Non-ho-mai-scritto-per-soldi. Mai !” e in quel modo, chiunque dica il contrario, verrebbe bollato dall’autrice come una cicala di lusso, un invidioso che cerca di imitarla (e credetemi, non esiste al mondo offesa più grave ad uno scrittore di quest’ultima). Ma c’è un’altra ragione: nessuno ha il coraggio di andare controcorrente, di avanzare il dubbio che dietro agli scritti della Fallaci ci sia solo ed unicamente una miserabile operazione politico-commerciale, una specie di simil-complotto, destinato a sostenere le linee politiche di determinati partiti, a sanare i bilanci di alcune case editrici e a mantenere il tenore di vita della Fallaci, ben lontana dalla miseria che ci descrive. Un giorno la Fallaci si chiese “Se davvero sono tanto poveri (gli immigrati, ndr), chi glieli dà i soldi per il viaggio sulla nave o sul gommone che li porta in Italia?” come se non sapesse dei debiti contratti in patria, della mafia che ricatta i genitori nei paesi di origine o a destinazione raggiunta. Ora, qualche domanda sulla Fallaci, che è stata la prima a sollevare la questione economica, sarà pur legittimo farla, o no? Seguendo la mappa del tesoro della Fallaci, nelle prossime puntate, scopriremo cose favolose...
    Chi sono i filosudici? Quelli che definiscono filoterroristi i difensori dei palestinesi.
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  2. #2
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    Predefinito Re: Beutiful Oriana

    In Origine Postato da FLenzi
    [COLOR=blue]Non ho mai scritto per soldi. Mai!”.“Severamente vive. Niente lussi e, al posto dei lussi, abitudini quasi spartane. Severamente disprezza il denaro”. “Non comprabile col denaro e anzi sprezzante dei soldi”.
    .................................................. .......................................
    fonte?

  3. #3
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    Predefinito Re: Re: Beutiful Oriana

    In Origine Postato da McManus
    fonte?
    La fonte de che? E' un articolo mica acuqa minerale.
    Chi sono i filosudici? Quelli che definiscono filoterroristi i difensori dei palestinesi.
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  4. #4
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    Predefinito 2 PUNTATA

    Dietro agli scritti della Fallaci c'è davvero una missione "messianica" per salvare l'Occidente oppure un miserabile progetto politico-commerciale atto a sostenere le linee politiche di determinati partiti, a sanare i bilanci di alcune case editrici e a mantenere il tenore di vita della Fallaci, ben lontana dalla miseria che ci descrive?

    Un giorno, Joseph Pulitzer disse : “Non esiste delitto, inganno, trucco, imbroglio e vizio che non vivano della loro segretezza. Portate alla luce del giorno questi segreti, descriveteli, rendeteli ridicoli agli occhi di tutti e prima o poi la pubblica opinione li getterà via. La sola divulgazione di per sé non è forse sufficiente ma è l'unico mezzo senza il quale falliscono tutti gli altri”. Di fronte al colossale inganno rappresentato dai libri "fallaci", già dimostrato in altri articoli, e dalla stampa che li elogia, parlare è un obbligo morale. Perfino il cugino della Fallaci, Marcello Fallaci - firmandosi “Cugino suo malgrado” - ha parlato, con un articolo intitolato “Quanto sei fallace, Oriana!!”. “Quanto sei falsa con te stessa! O forse ti si è atrofizzata la memoria?”, le dice Marcello. “Ti devo confessare che se la tua saggezza è poca, il tuo nome è tanto” e poi le ricorda che “tuo cugino, il figlio di tuo zio Mario, è sempre rimasto dalla parte degli ultimi (come ha scritto tua sorella Neera), si è messo in mezzo a loro. (…) Per loro, e specialmente per gli immigrati senegalesi, ha letto poesia al megafono durante lo sciopero della fame portato avanti per vari giorni in Piazza del Duomo”. Ma dietro agli scritti della Fallaci non ci sono né “gli ultimi”, né gli immigrati, e tanto meno quella missione messianico-patriottica, condita di slogan tipo “scriverlo era il mio dovere”, la cui forza evocativa tanto piace alla “moribonda” e ai suoi sostenitori.

    Alla Fallaci piace molto parlare della sua “gravissima” malattia descritta come un alieno non intenzionato ad andarsene se non con la sua morte, una morte che - descritta così - sembra aspettarla all’angolo della strada. Ne parla nelle interviste, nei discorsi, nei libri, fino a diventare un’ossessione che ha monopolizzato tutto il suo ultimo libricino, descritto addirittura come testamento. E secondo molti lo fa apposta, quale espediente teatrale, affinché diventi impossibile pensare che quella povera anziana moribonda sia interessata ai soldi. O atto a far gridare al miracolo, a guarigione avvenuta. Non è forse vero che la Fallaci ha asserito che il suo caso era ancora, dopo ben undici anni, “Un fenomeno interessante” e che “I medici dovrebbero studiarlo” perché la sua testa è ancora in funzione nonostante i problemi del corpo? Non è forse lei stessa ad affermare, in un’intervista a Panorama: “Trovo mostruoso che alcuni lo definiscano "malattia inguaribile". Perché inguaribile? Non è vero che è inguaribile! Si può guarire eccome! È una malattia come le altre. Come l'epatite virale, la polmonite, o il mal di cuore”, oppure nel suo primo libro: “Non sguazzo nella salute, è vero, ma i malatucci del mio tipo finiscono spesso col sotterrare gli altri” ? Ed è proprio quello che fa, dal centro di Manhattan dove vive…sotterra di cause legali qualsiasi pubblicazione giudicata abusiva dei suoi scritti, perfino sul web, e - peggio ancora - chiunque osi criticarla.

    Si tace sul fatto che gli avvocati della Fallaci hanno scatenato una furibonda aggressione legale per sopprimere, in Italia e nel mondo, la “spontanea diffusione” del suo primo articolo. E che il motivo di quella persecuzione immotivata (visto che si tratta solo di un’opinione politica che ha scatenato un dibattito e che tutti avevano diritto di leggere) è dichiaratamente materia di denaro. Dal giorno in cui ha pubblicato la rabbia e l’orgoglio sul Corriere, i legali della Oriana Fallaci non fanno altro che inviare diffide a tutti quelli che hanno osato riproporlo online. “L’avv. F.B., quale procuratore speciale della sig.ra ORIANA FALLACI, e l’avv. A. G., quale procuratore speciale della RCS EDITORI S.p.A. DIFFIDANO e INTIMANO, ciascuno per quanto di rispettiva competenza, a rimuovere immediatamente dal sito internet (…) il testo dell’opera “La rabbia e l'orgoglio” di Oriana Fallaci, ivi compresi eventuali collegamenti (link) con altri siti ove tale testo è riprodotto, riservandosi ogni più opportuna azione per ottenere la corresponsione di ogni compenso e/o indennizzo per diritti d’autore, nonché il risarcimento dei danni subiti e subendi” Questo dicevano le lettere giunte a chi ha pubblicato quel articolo in assoluta buona fede. E scommetto che se avessero potuto rintracciarla, quella signora che “a Milano fece dozzine di fotocopie e le distribuì nel medesimo modo" (cioè ai passanti per strada), episodio descritto dalla Fallaci come “commovente”, scommetto che una lettera simile l’avrebbe ricevuta anche lei. Non è forse vero che anche Simonetta Zandiri, gestore del sito sistemidigitali.it, si è beccata la diffida per aver voluto “fare un tributo alla Fallaci” pubblicando il suo articolo? E che cosa ci guadagnò? Ha dovuto togliere l’articolo e si è messa a scrivere lettere aperte in cui piangeva il suo gesto. “Io trovo vergognoso che nel nostro Paese sia consentito promuovere un'azione legale con questi presupposti, accusandomi di avere violato i diritti d'autore e provocato un danno economico per un articolo pubblicato su un quotidiano a diffusione nazionale che, trasformato in un libro, ha generato un volume di affari superiore ai 7 milioni di Euro (14 miliardi di Lire). Qual è il limite economico oltre il quale un autore (ed il suo editore) può ritenersi economicamente (oltre che umanamente) soddisfatto, e concedere la libera diffusione di parte o tutta l'opera?”. Signora Zandiri… la prossima volta eviti di fare tributi alla Fallaci. Ma questo credo che l’abbia già imparato.

    I legali però non sono riusciti a impedire la diffusione del pezzo (cosa che mi auguro quanto loro) e sono passati, su istigazione della Fallaci, alle cause per “calunnia e diffamazione” all’indirizzo di vari giornali e scrittori che hanno osato criticare i suoi libri, con richieste di risarcimento pari a un milione di euro (alla faccia della libertà di opinione da lei tanto decantata). All’epoca, Fulvio Scaglione, vice-direttore di Famiglia Cristiana (uno dei tanti querelati che poi si salvò con una sentenza che obbligava la Fallaci a pagare 20.000 euro di multa e di spese processuali), protestò con questi termini: “Ma qui si parla di diritto di critica e questo dovrebbe coinvolgerci tutti! Eppure pare che sia normale che chi è ricco, celebre e famoso possa permettersi di tutto, noi nullità invece…”. Massimo Fini, invece, giornalista de Il Giorno, al quale la Fallaci ha chiesto un milione e mezzo di euro, commentò dicendo “Il cittadino ha diritto a non veder intaccata la propria onorabilità. E sappiamo bene che il sistema dei mass media può far strame di una persona. La querela penale o l'azione civile di risarcimento danni per diffamazione hanno quindi un senso. Ma questo vale quando oggetto della possibile diffamazione è il cittadino comune, il Mario Rossi della situazione, che non ha altri mezzi per difendersi. Il fatto è che mai, o quasi mai, è Mario Rossi a ricorrere al giudice, ma sono i potenti, si tratti di politici, di personaggi dello star system, di scrittori famosi i quali possono trovare tutto lo spazio che vogliono per replicare. Le continue azioni, penali e molto più spesso civili, di costoro, con richieste di risarcimento miliardari, diventano una pesante intimidazione e un oggettivo attentato alla libertà di stampa e di opinione” .

    E dire che sul Corriere della Sera, si era perfino affermato che l'autrice “non ha voluto una lira, un euro, un dollaro” per le sue produzioni e che su Panorama venne definita “non comprabile col denaro e anzi sprezzante dei soldi”. Si tocca il limite del ridicolo quando si afferma “Severamente vive. Niente lussi e, al posto dei lussi, abitudini quasi spartane. Severamente disprezza il denaro”. La contraddizione è vistosa, e lo diventerà ancora di più una volta arrivati alla fine di questo articolo. La mancanza di qualsiasi chiarimento o spiegazione è, a dir poco, ambigua. Ma non è l’unica contraddizione. Nella sua ultima pubblicazione ce n’è un’altra che forse ci aiuta a capire la personalità della Fallaci. Quest’ultima per esempio afferma sulle pagine dello stesso libro sulla cui controcopertina troneggia - come su tutti i suoi libri d’altronde - la sua famosa e severa fotografia risalente a chissà quanti anni fa (è cosi raro in effetti trovarne una foto recente): “Non mi piace nemmeno offrire il volto ai fotografi, ai cameramen, alla curiosità della gente. Mi dolgo di averlo fatto in passato, e ogni volta che rivedo quelle dannate fotografie, sbuffo. Anche se stanno sulla controcopertina di un libro”. Perché allora non si è risparmiata la foto sulla controcopertina del suo ultimo volume? È ormai stranoto che la Fallaci ha l’ultima parola sui propri progetti editoriali! Vedasi in merito ciò che Carlo Rossella e Lucia Annunziata, intervistandola, scrissero su Panorama: “Individuò subito da lontano, la copertina rossa con le lettere in oro. L'aveva fatta lei, voluta lei, che anche nelle copertine dei suoi libri è precisa in ogni dettaglio, attenta ad ogni sfumatura”. La ragione ce la fornisce Santo L. Aricò, autore di una sua biografia quando dice “Questa donna è riuscita a creare il proprio mito. Trasforma ogni suo gesto in spettacolo. Adora essere sotto i proiettori. È la propria superstar”. La sua grande stima di sé l’ha spinta perfino ad affermare in un’intervista alla sorella Paola su Oggi “Ti dirò di più: io credo di aver dato al giornalismo più di quanto il giornalismo abbia dato a me. Senza false modestie credo di averlo nobilitato, onorato”. Perfino la guerra è un pretesto per vivere un’avventura personale: “Guerra nel Golfo? Ma io non ci sono mica andata per il giornalismo. Ci sono andata per egoismo personale, cioè per vivere l’avventura, per non annoiarmi. Alle guerre non ci si può mica andare come turisti o privati cittadini. Ci vuole il pretesto, l’ombrello di un giornale”. E proprio durante la guerra del Golfo si trovò davanti a quattro iracheni malconci. Si arrendono, come si arrendevano migliaia di soldati scalzi, all’epoca. Ma per la Fallaci era una grande impresa: “Senza zaino catturai nel deserto quattro prigionieri iracheni. Cosa che mi divertì moltissimo perché la vecchiaia rafforza il senso di ironia. Anzi di autoironia”. Peccato che durante quella “vacanza” si sia trovata in mezzo alla nuvola nera degli incendi dei pozzi petroliferi a cui oggi attribuisce oggi il suo cancro (le sigarette che fuma voracemente però no: “Fumare-disinfetta-i-polmoni” dice la Fallaci). Ma oltre ad intendersi di medicina, la Fallaci se ne intende anche di calcio. Forse non tanto… Vedete, quando scrive a Totti: “Erano tre ore che quel danese la prendeva a gomitate, pedate, stincate”, mentre tutti sanno che una partita dura al massimo 90 minuti, potrei essere tentato di dubitare delle sue qualità quale opinionista sportiva. Proprio per questo nessuno si è meravigliato vedendo la sua auto-intervista. Qualcuno addirittura commentò “Tanto si sa…La Fallaci ha sempre parlato di sé. E il suo libro, "Un uomo", dovrebbe essere più giustamente intitolato "Una donna" ”. Una donna ricca però...e se volete scoprire quanto,
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    Predefinito Re: Re: Re: Beutiful Oriana

    In Origine Postato da FLenzi
    La fonte de che? E' un articolo mica acuqa minerale.
    Proprio perché vorrei evitare di "bermelo", ripeto la domanda: fonte?

    Non so se tu ci sia o ci faccia. Nella prima delle due ipotesi, sarò più preciso:
    chi è l'autore dell'articolo? Dove viene pubblicato? Quando viene pubblicato?
    Insomma, citare la fonte, please.

  6. #6
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    Predefinito Re: Re: Re: Re: Beutiful Oriana

    In Origine Postato da McManus
    Proprio perché vorrei evitare di "bermelo", ripeto la domanda: fonte?

    Non so se tu ci sia o ci faccia. Nella prima delle due ipotesi, sarò più preciso:
    chi è l'autore dell'articolo? Dove viene pubblicato? Quando viene pubblicato?
    Insomma, citare la fonte, please.
    Infatti non e' da bere e' da leggere, se uo ne ha voglia......

    Libero, Feltri................ se fosse cosi sarebbe attednbile vero, non si preoccupi alla fine mettero' il nome dell'autore.
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  7. #7
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    In Origine Postato da FLenzi
    ...Libero, Feltri................ se fosse cosi sarebbe attednbile vero...

  8. #8
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    Predefinito Re: Re: Re: Re: Re: Beutiful Oriana

    In Origine Postato da FLenzi
    Infatti non e' da bere e' da leggere, se uo ne ha voglia......

    Libero, Feltri................ se fosse cosi sarebbe attednbile vero, non si preoccupi alla fine mettero' il nome dell'autore.
    Lei sbaglia bersaglio per la sua ironia, e di brutto. Considero Feltri attendibile tanto quanto Furio Colombo, Maurizio Belpietro o Sandro Curzi. Dovrebbe imparare a essere meno precipitoso nelle sue analisi, e un po' più umile nel rapportarsi al prossimo. Le spiego, così sono ancora più chiaro. Se un pezzo simile l'avesse scritto Feltri contro, che so, Eugenio Scalfari, non perderei nemmeno un minuto del mio tempo a leggerlo.

    E comunque citare la fonte all'inizio di un copiaincolla mi pare un atto di correttezza nei confronti di tutti, anche e soprattutto dell'autore e dell'editore. Faccia lei.

  9. #9
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    Predefinito TERZA PUNTATA

    Prosegue la caccia al tesoro della Fallaci... In questa puntata viene alla luce il nuovo ritratto della famosa scrittrice. Quello che - in mezzo agli abbondanti scritti, dettagli, commenti - spesso sfugge agli ignari lettori. Da leggere, prima della quarta ed ultima puntata che spiega "il perché" delle precedenti tre.


    TERZA PUNTATA

    È divertente scoprire, leggendo l’ultimo libricino della Fallaci, "Oriana Fallaci intervista Oriana Fallaci", che - dopo i guadagni, le diffide e le querele miliardarie - qualche commerciante le regala perfino i suoi prodotti. Il bottegaio che esclama “Di fagioli non gliene dò un chilo: gliene dò un chilo e mezzo. Gratis”, poi il benzinaio che esclama “I su’ spiccioli io ‘un li voglio. Anzi i giornali glieli regalo”. Unica delusione in quella meravigliosa giornata, la bottegaia che le vende una rete per il pollaio, la quale - pur riconoscendola come la “famosa scrittrice” - gliela fa pagare. “Unica differenza, la rete per il pollaio me la fece pagare” afferma, quasi con una punta di delusione, la nostra scrittrice. Torna subito in mente il pezzo magistrale che Michele Serra scrisse nel lontano 1990, imitando lo “stile” della Fallaci, nel suo “44 falsi” : Lettera ad un pulcino mai nato. Esordiva cosi: “Signora, mi deve mezzo dollaro” Con i suoi occhi cisposi, i denti cariati, l'alito fetido, l'espressione idiota, la voce odiosa, il salumiere aspettava che gli pagassi la dozzina di uova. Aveva la classica faccia da porco, ma da porco vecchio, malato, guasto dentro. Il suo negozio era disgustoso. Fuori cadeva, lentissima, una pioggia lercia. Vomitai: una, due, tre, quattro volte. Dentro le viscere sentivo esplodere la violenza, la meschinità, l'ignominia, la sporcizia, la volgarità, la viltà del mondo: l'orrore mi mordeva lo stomaco, me lo smangiava, me lo corrodeva. Mi accorsi che parlavo da sola, ma a voce altissima: gridando. Mi strappai i capelli, morsicai la borsetta, mi rotolai per terra, diedi fuoco a due scaffali, estrassi una rivoltella e sparai tre colpi in aria, suonai una tromba, feci la cacca, mi congiunsi spasmodicamente con un negro, mi tagliuzzai un piede con una lametta. Poi pagai il conto. Il salumiere mi fissò con la sua espressione ebete, laida, immonda, turpe, sconcia, triviale, ottusa, empia, cretina, ignorante, cafona, arrogante, offensiva. Io gli fissai le scarpe, veramente bruttissime, e gli allungai il suo schifoso, fottuto, atroce, insolente, blasfemo mezzo dollaro”. Un comportamento degno di Paperon de Paperoni il quale spesso afferma “I ricchi non sono mai generosi. Se fossero generosi non sarebbero ricchi”… Scherzi a parte, il trucco del pollaio usato dalla Fallaci è davvero intelligente, o almeno voleva esserlo: non a caso ha segnato più di un commento al suo ultimo libro. Con i fagioli e il pollaio, la Fallaci voleva identificarsi con la classe contadina e spiegarci il perché di questa adorazione da parte del bottegaio e del benzinaio, persone rappresentative della gente semplice. Leggendo quella cosa del pollaio, l’ignaro lettore si sarebbe subito immaginato la famosa giornalista intenta a correre dietro le galline…Viene spontaneo chiedersi se la signora Fallaci alleva polli anche nella sua casa di New York. Sì… proprio quella situata in un esclusivo quartiere della Midtown Manhattan, non tanto lontana dalla casa di Greta Garbo e da quella della figlia di Ingrid Bergman…Ahimè, la realtà è ben diversa !

    A darci uno spaccato della vita “contadina” della Fallaci già nel 1990, è Camilla Cederna, una delle giornaliste italiane di maggiore successo e una delle prime donne a scrivere di politica. La Cederna, scomparsa a 86 anni nel 1997, aveva scritto per prestigiosi settimanali, dall’Europeo (per cui ha lavorato la stessa Fallaci) all’Espresso (per il quale ha curato per oltre vent’anni la rubrica “Il lato debole”) oltre a numerosi libri di costume e di critica delle consuetudini italiane. Il suo best-seller, “Giovanni Leone. La carriera di un presidente” (1978) - libro che ha contribuito alle dimissioni di Leone da Presidente della Repubblica - fu venduto in settecentomila copie e le costò un processo per diffamazione che le inflisse, oltre ad una pesante multa, l'ordine di bruciare tutte le copie del suo libro. Una persona che non ha quindi nulla da invidiare alla Fallaci e alla sua carriera, anzi: mentre la Cederna veniva condannata per un libro che era in realtà un raro esempio di giornalismo d’inchiesta, capace di scompigliare l'ordine costituito e di coinvolgere migliaia di lettori, la Fallaci non ha dovuto subire nemmeno un rimprovero per i suoi libri “fatti per spaventare le portinaie d’Occidente” come giustamente commentò Ferrara. Ed ecco cosa ci racconta la Cederna della Fallaci: “Nella sua bellissima tenuta valutata un bel numero di miliardi dove produce vino e olio e ha molte cascine, ha litigato con tutti i contadini, e resistendo a uno di loro che non voleva che sconfinasse nel suo territorio (o qualcosa di simile) si prese un ceffone che la mandò all'ospedale”. Già nel '74 si sa dall’Europeo che la Fallaci ha contadini del luogo a sue dipendenze, per “tener la casa pulita in campagna viene da noi la Nella che è una contadina del luogo”. Non solo, aggiunge la Cederna: “Acutissimi i suoi strilli quando, durante un festival del cinema a Venezia, disse che le avevano rubato tutti i gioielli. Panico fra gli ospiti e soprattutto nel personale. Poi il clamore si spense perché lei li trovò tutti in camera sua” e poi “Ancora oggi se si sentono urla in un vagone ristorante, si può essere sicuri che è l'Oriana che se la prende col cibo, o col cameriere o col maitre”. Poi la Cederna prosegue “Già negli anni '60, quando nella taverna di casa Rizzoli in via Gesù (…) si proiettavano dei film in anteprima, sui tavoli della cena troneggiava il "Chianti Oriana Fallaci" che veniva dalla sua tenuta di Greve” . La passione della Fallaci per i vini di qualità è nota: ne parla per esempio George Gurley sul New York Observer: “Beve finissimi vini che custodisce nella sua casa” ma anche Santo L. Aricò, autore italo-americano della sua biografia, che comincia la recensione de “La Rabbia e l’orgoglio” ricordando come “Nel dicembre del 1991 ero seduto nella casa di Oriana Fallaci a Manhattan, a sorseggiare un bicchiere del suo costoso vino siciliano”. Ma anche per le sue sigarette, la Fallaci non bada a spese, ci raccontano nell’intervista a Panorama: “Compra le sigarette a dodici, quindici cartoni per volta. Gliele consegnano in un grande sacco nero di plastica, simile ai sacchi della spazzatura. Sono sigarette speciali, che si trovano soltanto a New York da Sherman's. Un pronipote del Generale Sherman, quello della Guerra Civile. Si chiamano "Virginia Circles", e alterna le "Virginia Circles" con i "Cigarettellos"”.

    Un ritratto davvero interessante della vita personale della Fallaci-miliardaria. Che però contraddice vistosamente l’immagine che ha voluto e vuole dare di sé. Ovvero quella della povera ragazza appartenente ad una famiglia squattrinata (padre artigiano e madre casalinga), diventata in seguito un’autentica popolana che, con i poveri diritti d’autore, cucina fagioli ed alleva polli comprati al mercato. Mercato? Altroché! Direttamente dal ritratto che Annunziata e Rossella fecero della Fallaci, il seguente dettaglio: “Molti anni fa i loro opposti sentieri (della Fallaci e Greta Garbo, ndr) si incrociavano in un piccolo - ed esclusivo - negozio di cibo della 57esima Strada: Dover Delicacies”. Forse è li, magari discutendo con il bottegaio o il benzinaio del paese, che le è venuta l’idea di prendersela con i musulmani che rubano il lavoro e con “le contesse che oggi stanno a sinistra perché di moda”. A sentire la Cederna, a sembrare un’aristocratica insofferente e paranoica è proprio la Fallaci! Che sia paranoica si è tentati di crederlo leggendo il ritratto che ne fanno Annunziata e Rossella su Panorama: “Da molti anni, si sa, la Fallaci non risponde al telefono. Non ha nemmeno una segreteria telefonica sulla quale si possano lasciare messaggi. Per tenere i contatti con lei i suoi amici devono sottostare a un complicatissimo sistema secondo cui a ogni amico corrisponde un certo numero di squilli. Poi lei richiama, magari dopo aver contato male gli squilli e sbagliando destinatario... Di rado apre la posta. Una volta si accorse con ben otto mesi di ritardo che una lettera non aperta conteneva un forte rimborso delle tasse federali americane". E si noti il “forte”… Nel diluvio delle reazioni sdegnate e meritate, il caso della Fallaci venne diagnosticato come “delirio clinico” (Terzani), di “demenza senile” (Cossutta, figlia), di “colica renale” (Serra). Le parole più frequenti erano: “vaneggiamento”, “delirio”, “farneticazione”, “follia" Perfino il cugino non ha esitato a definirla su Repubblica come una che è “sempre stata pazza furiosa, una capace di qualsiasi follia”. Può darsi. Per ora però, dissento. La signora Fallaci non è pazza. È molto intelligente. E a 75 anni suonati, la sua mente funziona meglio di qualsiasi contabile sulla faccia della terra.

    “La Brownstone nella quale vive a New York – scrivono ancora Rossella e Annunziata - è antica (metà ottocento) e arredata all'antica: mobili, lumi, paralumi, quadri, vasellame, soprammobili, persino gli apparecchi telefonici. La sua di Firenze e la sua casa in Toscana, lo stesso. Tutto ciò che colleziona è antico. Incominciando dai libri. Secenteschi, settecenteschi, ottocenteschi volumi su Boccaccio, Ariosto, Torquato Tasso, Shakespeare in tutte le possibili edizioni.” L’antica signora, come si definisce, ha la passione per il passato. "Per me ogni oggetto del Passato è sacro. Un fossile, una terracottina, una monetina, una qualsiasi testimonianza di ciò che fummo e di ciò che facemmo”. Ma andare a fare un giro per acquistare “qualcosina” del seicento-settecento-ottocento presso un antiquario-libraio a New York dove può capitare che entri anche Clinton (Fallaci dixit nel suo ultimo libro) o dall’antiquario-libraio Ken Gloss di Boston (uno dei più grandi antiquari-librai degli Stati Uniti) non è esattamente uno dei passatempi preferiti della gente che lotta per vivere quotidianamente. Chi di passato se ne intende, sa che è caro e che i mobili, quadri, volumi del seicento, settecento, ottocento non costano poco. Soprattutto se si deve arredare una casa di 23 camere come quella che ha in Toscana (Zona di Lamole). Lo racconta, ancora una volta, sul New York Observer, George Gurley : “La sua scrittura le ha reso la vita confortevole. Oltre la sua casa di Manhattan, ha una residenza a Firenze e una di campagna di 23 camere in Toscana”. Ma oltre a queste, assieme alla sorella, ha “una casina isolata che sorge in località Casale, fra la strada che porta al borgo di Lamole e un torrente” da affittare ai turisti. Ecco perché mi è venuto da ridere quando ho letto un’altra lettera aperta alla Fallaci, a firma di Annapaola Laldi, in cui quest’ultima si lamentava con la “grande scrittrice” dei prezzi delle case in quella zona. “Mi permetta di fare un salto in un altro paesaggio che a Lei è senz'altro molto caro: il Chianti. (…) Sono belle queste costruzioni e mi fa piacere di vederle rispettosamente restaurate e ben tenute, ma non posso allontanare dalla mente questo semplice fatto: parecchie di queste case che, fino un tempo non molto lontano, hanno visto fra le loro pareti la fatica del vivere contadino, con i suoi stenti quotidiani, la paura di non riuscire a sfamare tutte le creature che nascevano, a volte la disperazione, perché anche da noi, un tempo, bastava poco per mettere in dubbio la sopravvivenza di tutta una famiglia, oggi sono usate come case di vacanza per i proprietari o turisti danarosi - e comunque, ormai, sono case da gente parecchio ricca. Mi fermo, a volte, nei paesi chiantigiani davanti alla vetrina delle agenzie immobiliari, guardo i prezzi, e mi domando quante persone normali, nate e cresciute lì, possono permettersi di comprare una casa in quelle zone. Non dico mica una casa colonica, ma proprio un semplice appartamento, anche piccolo. I prezzi sono letteralmente "mondiali" (qualcuno, tempo fa, parlava di Chiantishire!) (…) Ma, torno a domandare a me e a Lei come possono vivere davvero città e paesi senza persone normali che traggono la propria sussistenza da uno stipendio da operaio o impiegato o poliziotto?”. Signora Laldi…non le è mai passato per la mente che sta facendo la domanda giusta alla persona sbagliata?

    A questo punto però, conviene porci una domanda: che senso ha, scrivere un articolo come questo? Un articolo che “fa i conti in tasca” alla Fallaci, che si concentra sulla sua persona, sulla sua vita privata, al punto di meritarsi un titolo che rievoca la famosa serie televisiva “Beautiful”? Lo scopriremo nella quarta ed ultima puntata, da leggere prima di esprimere qualsiasi giudizio sui contenuti delle tre puntate precedenti
    Chi sono i filosudici? Quelli che definiscono filoterroristi i difensori dei palestinesi.
    I fascioleghisti sono quelli che vogliono farvi dire che la meloni è bella e intelligente
    Israele=Paese Terrorista - Ai pazzi si da sempre ragione

  10. #10
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    Predefinito Re: TERZA PUNTATA

    In Origine Postato da FLenzi
    Prosegue la caccia al tesoro della Fallaci... In questa puntata viene alla luce il nuovo ritratto della famosa scrittrice. Quello che - in mezzo agli abbondanti scritti, dettagli, commenti - spesso sfugge agli ignari lettori. Da leggere, prima della quarta ed ultima puntata che spiega "il perché" delle precedenti tre.
    .................................................. .........................................
    non v piace la fallaci?
    e chi vi ha detto di leggervela?
    arrivate si e no a travaglio o a bocca, fate un po' voi il paragone.

 

 
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