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Discussione: Pisa...

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    Predefinito Pisa...

    ...antiebraica

    Riceviamo dall’Università di Pisa questa lettera del professor Michele Battini che volentieri pubblichiamo.

    Partiamo da un fatto inoppugnabile. L’immagine della città e dell’Università pisana è, in questo momento, pessima. Qualità della ricerca, intensità della didattica, patrimonio bibliotecario, tradizione normalistica sono realtà che si sbriciolano di fronte alla gravità di ciò che è accaduto.
    La città ha conquistato ieri la prima pagina di tutti i quotidiani per le inaudite rivelazioni sull’archivio brigatista.
    Assieme ad altri, Enrico Letta veniva pedinato e schedato innanzitutto perché obiettivo facile e inerme.
    E’ difficile accettare che chi ha programmato e progettato questa infamia, commettendone altre, abbia vissuto e lavorato tra noi. Pisa è stata la sede nazionale, assieme a Firenze, delle “nuove” Brigate Rosse.
    La storia del gruppo è stata fatta.
    Sono evidenti le sue origini da associazioni e comitati della sinistra di movimento degli anni Novanta, se non in un rapporto di filiazione, certo di ambientazione sociale e culturale.
    Altrettanto certa è l’assenza di relazioni con le Br storiche, quelle vere, nonché con la sinistra estremista degli anni Sessanta e Settanta.
    (Non esiste insomma alcuna continuità o contiguità con la stagione del lungo Sessantotto pisano e con la sua principale eredità organizzata, come invece è stato a lungo sostenuto, anche da fonti ufficiali: la stessa colonna toscana delle prime Br, formatasi tra il 1976-77 e 1982, costituì una rottura, una cesura netta nei confronti del movimento studentesco e della sinistra extraparlamentare pisana).
    Però si pose, tra gli anni Settanta e Ottanta, ai singoli individui e alle forze organizzate di quella sinistra il dovere di un severissimo esame di coscienza per l’eventuale responsabilità di non avere combattuto decisamente le prime manifestazioni di terrorismo. E non da oggi, ad associazioni, forze collettive e singoli pacifisti si ripropone il problema della separazione tra legittima polemica politica, categorie dell’intolleranza, pratiche della violenza.
    E qui vengo all’Università.
    L’ateneo di Pisa è stato teatro di una indefinibile violenza antiebraica ai danni del Prof. Cohen. Le reazioni ci sono state, importanti, ma tardive e deboli, non tanto rispetto all’episodio ma al fenomeno di cui questo è l’effetto.
    La violenza contro Cohen e Vernassa non è infatti inedita né recente. Nell’aprile 2002 un piccolo corteo di italiani ebrei che celebrava l’Israel Day, fu aggredito con l’insulto di assassini da militanti filopalestinesi.
    La denuncia che ne feci sulla stampa locale e regionale – ovviamente incardinata, per deformazione pedagogica, sulla distinzione fra difesa dei diritti dei palestinesi, politiche governative israeliane e Stato di Israele –non aprì che una breve discussione.
    Altre iniziative di contrasto a tali degenerazioni, come le conferenze in provincia sull’antisemitismo, o l’incontro tra ebrei e palestinesi promosso dagli studenti della Scuola Normale Superiore e della Scuola di Sant’Anna, nel 2003, è stato ignorato. La sinistra, su questo terreno, ha fatto poco o nulla. Le proteste legittime o sacrosante –secondo i punti di vista – contro l’attuale guerra in Iraq, hanno riattizzato il fuoco sotto la cenere.

    Un problema di battaglia delle idee
    Ora il segno è stato passato e si è impedita la libertà di parola. Tutti – a partire da noi professori – abbiamo il dovere di chiederci se abbiamo fatto il possibile per evitarlo. Oggi c’è un problema di politica di sicurezza, dentro e fuori l’Università, a tutela del diritto di parola di tutti, a cui si aggiunge però un problema di battaglia delle idee, a cui ci richiamava ieri il Foglio. I
    o penso che non basti un vuoto impegno “contro l’antisemitismo”, obiettivo fuori bersaglio, ma che sia necessario spiegare come si è giunti a tutto questo.
    Il vero pericolo infatti, non è più da tempo l’antisemitismo classico (e non per caso i violenti che hanno bloccato Cohen rifiutano di essere definiti tali).
    Nel nostro mondo il razzismo antisemita è ormai un culto di pochi. Nel frattempo però l’avversione contro lo Stato di Israele si è trasformato in molti ambienti, in particolare della sinistra, in un nuovo tipo di antiebraismo che, successivamente ha riprodotto le pratiche dell’antisemitismo, delle quali continua ad apparire come un orrendo surrogato.
    L’episodio di Pisa rivela insomma che all’ordine del giorno c’è semmai la lotta contro una nuova oscena intolleranza fanatica verso gli ebrei, che vengono considerati, come tali, complici di Israele e quintessenza dell’imperialismo occidentale.
    Un mostro che non somiglia più all’antisemitismo, ma assume la veste di un antiamericanismo ideologico e si proclama fieramente antisionista, sino a identificare gli Stati Uniti con il “Grande Israele”, ed entrambi con il professor Cohen.

    Michele Battini, Università di Pisa

    Su Il Foglio del 21 ottobre

    saluti

  2. #2
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    che vergogna,sono squadristi rossi,intolleranti e violenti come il baffone che idolatrano.si sa' che la verita' puo' fare molto male,per questo non hanno fatto parlare coen,qualcuno con ancora un minimo di cervello avrebbe potuto capire come stanno veramente le cose

  3. #3
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    E' allarmante come certi fatti, gravi già se presi singolarmente, analizzati insieme assumano contorni di rilievo molto maggiore.

    Quello che succede a Pisa, come quello che succede a Firenze o a Bologna, o a Napoli o nel Veneto dei centri sociali, è molto, molto preoccupante.

    Sarebbe necessario che TUTTE le forze parlamentari si dessero una mossa, e iniziassero davvero a riconoscere quali aree sono da marginalizzare e quali invece sono innocue.

    Secondo me molti di quelli che siedono in Parlamento tra i Verdi e i Comunisti italiani dovrebbero fare autocritica.

  4. #4
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    Predefinito Re: Pisa...

    In origine postato da mustang
    ...antiebraica

    Riceviamo dall’Università di Pisa questa lettera del professor Michele Battini che volentieri pubblichiamo.

    Partiamo da un fatto inoppugnabile. L’immagine della città e dell’Università pisana è, in questo momento, pessima. Qualità della ricerca, intensità della didattica, patrimonio bibliotecario, tradizione normalistica sono realtà che si sbriciolano di fronte alla gravità di ciò che è accaduto.
    La città ha conquistato ieri la prima pagina di tutti i quotidiani per le inaudite rivelazioni sull’archivio brigatista.
    Assieme ad altri, Enrico Letta veniva pedinato e schedato innanzitutto perché obiettivo facile e inerme.
    E’ difficile accettare che chi ha programmato e progettato questa infamia, commettendone altre, abbia vissuto e lavorato tra noi. Pisa è stata la sede nazionale, assieme a Firenze, delle “nuove” Brigate Rosse.
    La storia del gruppo è stata fatta.
    Sono evidenti le sue origini da associazioni e comitati della sinistra di movimento degli anni Novanta, se non in un rapporto di filiazione, certo di ambientazione sociale e culturale.
    Altrettanto certa è l’assenza di relazioni con le Br storiche, quelle vere, nonché con la sinistra estremista degli anni Sessanta e Settanta.
    (Non esiste insomma alcuna continuità o contiguità con la stagione del lungo Sessantotto pisano e con la sua principale eredità organizzata, come invece è stato a lungo sostenuto, anche da fonti ufficiali: la stessa colonna toscana delle prime Br, formatasi tra il 1976-77 e 1982, costituì una rottura, una cesura netta nei confronti del movimento studentesco e della sinistra extraparlamentare pisana).
    Però si pose, tra gli anni Settanta e Ottanta, ai singoli individui e alle forze organizzate di quella sinistra il dovere di un severissimo esame di coscienza per l’eventuale responsabilità di non avere combattuto decisamente le prime manifestazioni di terrorismo. E non da oggi, ad associazioni, forze collettive e singoli pacifisti si ripropone il problema della separazione tra legittima polemica politica, categorie dell’intolleranza, pratiche della violenza.
    E qui vengo all’Università.
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    La violenza contro Cohen e Vernassa non è infatti inedita né recente. Nell’aprile 2002 un piccolo corteo di italiani ebrei che celebrava l’Israel Day, fu aggredito con l’insulto di assassini da militanti filopalestinesi.
    La denuncia che ne feci sulla stampa locale e regionale – ovviamente incardinata, per deformazione pedagogica, sulla distinzione fra difesa dei diritti dei palestinesi, politiche governative israeliane e Stato di Israele –non aprì che una breve discussione.
    Altre iniziative di contrasto a tali degenerazioni, come le conferenze in provincia sull’antisemitismo, o l’incontro tra ebrei e palestinesi promosso dagli studenti della Scuola Normale Superiore e della Scuola di Sant’Anna, nel 2003, è stato ignorato. La sinistra, su questo terreno, ha fatto poco o nulla. Le proteste legittime o sacrosante –secondo i punti di vista – contro l’attuale guerra in Iraq, hanno riattizzato il fuoco sotto la cenere.

    Un problema di battaglia delle idee
    Ora il segno è stato passato e si è impedita la libertà di parola. Tutti – a partire da noi professori – abbiamo il dovere di chiederci se abbiamo fatto il possibile per evitarlo. Oggi c’è un problema di politica di sicurezza, dentro e fuori l’Università, a tutela del diritto di parola di tutti, a cui si aggiunge però un problema di battaglia delle idee, a cui ci richiamava ieri il Foglio. I
    o penso che non basti un vuoto impegno “contro l’antisemitismo”, obiettivo fuori bersaglio, ma che sia necessario spiegare come si è giunti a tutto questo.
    Il vero pericolo infatti, non è più da tempo l’antisemitismo classico (e non per caso i violenti che hanno bloccato Cohen rifiutano di essere definiti tali).
    Nel nostro mondo il razzismo antisemita è ormai un culto di pochi. Nel frattempo però l’avversione contro lo Stato di Israele si è trasformato in molti ambienti, in particolare della sinistra, in un nuovo tipo di antiebraismo che, successivamente ha riprodotto le pratiche dell’antisemitismo, delle quali continua ad apparire come un orrendo surrogato.
    L’episodio di Pisa rivela insomma che all’ordine del giorno c’è semmai la lotta contro una nuova oscena intolleranza fanatica verso gli ebrei, che vengono considerati, come tali, complici di Israele e quintessenza dell’imperialismo occidentale.
    Un mostro che non somiglia più all’antisemitismo, ma assume la veste di un antiamericanismo ideologico e si proclama fieramente antisionista, sino a identificare gli Stati Uniti con il “Grande Israele”, ed entrambi con il professor Cohen.

    Michele Battini, Università di Pisa

    Su Il Foglio del 21 ottobre

    saluti
    Però quando quel pezzo di merda di Martini invita i subordinati di Arafat essi vengono accorti con entusiamo eh; a cagare tutti i Nazikomunisti di merda anche se sono della mia regione, scusate il mio sfogo perchè sono toscano ma 'sti dementi andrebbero presi a sassate!

  5. #5
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    Predefinito Reibman e....

    ...Luzzatto

    Roma. Yasha Reibman, portavoce della comunità ebraica di Milano, pensa che Amos Luzzatto abbia fatto bene a “spiegare in modo chiaro che è interesse delle comunità ebraiche difendere i diritti di tutte le minoranze, a cominciare dagli omosessuali.
    Gli ebrei hanno ottenuto libertà soltanto in uno stato laico e liberale”.
    Ma avrebbe dovuto
    “sottolineare che è in quanto cattolico che Buttiglione è stato attaccato da una parte dei parlamentari. Ha subito un’autentica discriminazione. E’ come se a un ebreo fosse stato chiesto che cosa pensasse della legislazione europea sulla macellazione, che di fatto impedisce quella ebraica. Avremmo avuto un risultato analogo”.
    Il fatto inquietante è che
    “al Parlamento europeo chi è religioso viene a fatica tollerato. E’ una deriva volterriana, che paradossalmente indebolisce proprio la laicità delle istituzioni e finisce per colpire le libertà individuali, a cominciare da quella di opinione. Sarebbe stato importante se Luzzatto avesse usato un’indignazione altrettanto encomiabile sul caso Buttiglione. Ricordiamo poi che non è stato attaccato “solo” in quanto cattolico, ma come rappresentante del governo italiano, che ha fatto dell’alleanza con Stati Uniti e Israele un cardine della sua politica e ha lottato per inserire Hamas fra i gruppi terroristici”.
    Poi c’è Pisa, e Pisa significa far chiarezza sul rapporto con una parte della sinistra italiana, quella dei cortei della Pantera degli inkeffiati.

    Quelli urlanti “Morte a Israele”. Secondo Reibman “oltre a Pisa, dove c’è stato un atto di fascismo dell’antifascismo, c’è il ‘caso D’Alema’, che appena può parla delle ‘stragi’ dell’esercito di Sharon. E’ uno stillicidio continuo il suo, che merita la massima attenzione delle comunità ebraiche. Luzzatto è l’uomo giusto per dialogare con la sinistra, che più può cambiare questo rapporto perverso e farci uscire dalla ‘sindrome di Stoccolma’. Alla sinistra che lotta per le minoranze, che ha tanti ‘ma’ contro la guerra e mai uno contro il terrorismo, dobbiamo argomentare con altrettanta forza.
    E’ questo quello che sente la maggioranza degli ebrei italiani. Vogliamo delle comunità forti e chiare sull’uno e l’altro fronte”. Federico Steinhaus, storico dell’antisemitismo, nel caso di Luzzatto parla di “silenzio partitico” e di “sottovalutazione verso l’esterno, verso l’antisemitismo di matrice islamica.
    E’ forse l’imbarazzo di una persona da sempre schierata a sinistra”.
    Il giorno dopo l’attentato a Taba il capogruppo dei Comunisti italiani, Giuseppe Sgobio, ha detto che questo massacro era una lezione per gli israeliani, che li avrebbe aiutati a capire.
    In Italia era cominciata con la “Rivista del comitato nazionale contro il fascismo nel mediterraneo”, membri Zavattini, Fo e Monicelli, dove Israele è definito “uno dei regimi fascisti più sanguinari e razzisti della nostra epoca, un pugno di assassini venduti all’imperialismo”.
    “La sinistra sa che le comunità ebraiche se ne sono accorte e che non stanno più zitte – continua Reibman –.
    Sta a noi ora pretendere impegni concreti.
    Uno potrebbe essere una risposta italiana alla notizia che l’agenzia delle Nazioni Unite per i profughi palestinesi, l’Unrwa, finanzia Hamas.
    Poi un impegno chiaro sul ruolo dell’Italia per fermare la rincorsa nucleare iraniana, che gli ayatollah hanno annunciato useranno per distruggere Israele”.
    Fausto Bertinotti aveva accettato l’idea di fare un seminario congiunto sul sionismo:
    “Sarebbe una tappa importante per tentare di rimediare ad anni di manifestazioni nelle quali risuonavano indisturbati slogan come ‘Palestina/ vogliamo tutto/ lo Stato d’Israele/ deve essere distrutto’”.

    (gm) su Il Foglio del 22 ottobre

    saluti

  6. #6
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    Predefinito Arriva la....

    ....rivendicazione “dei compagni e delle compagne”, e anche le scuse del rettore

    Pisa. No news bad news. Fonti dell’ambasciata israeliana riferiscono che per il momento non sono stati pianificati nuovi incontri con l’Università di Pisa. Si sa solo che martedì prossimo il Senato accademico si riunirà sul caso dell’aggressione squadrista ai danni di Shai Cohen.
    Il rettore dell’Università, Marco Pasquali, con una lettera a Informazione corretta esprime “la più severa condanna per quanto accaduto e per ogni episodio di intolleranza e discriminazione e manifesta la solidarietà personale e di tutto l’ateneo” al Consigliere dell’ambasciata d’Israele.
    Su Indymedia è arrivata intanto la rivendicazione dell’agguato:
    “Tanto più provocatoria è parsa l’iniziativa organizzata dalla facoltà di Scienze politiche di Pisa in collaborazione con l’Associazione di Amicizia Livorno-Israele da alcuni soggetti appartenenti ai radicali, che avrebbe visto il consigliere di ambasciata di ‘Israele’ in Italia, Shai Choen, parlare dello ‘Stato democratico d’Israele oggi’. I compagni e le compagne di Pisa hanno impedito che fosse data voce al rappresentante ufficiale di uno stato assassino. Con fischi, insulti, slogan e varie amenità sono stati messi a tacere anche il professore che aveva organizzato l’incontro e il preside di Scienze politiche, che alla fine ha dovuto dichiarare annullata la conferenza”.

    Firmato “Pisa antagonista”.

    da Il Foglio del 22 ottobre

    saluti

  7. #7
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    E pensare che l'università di Pisa ha da pochi mesi salutato per l'ultima volta uno dei più grandi storici italiani dell'ultimo secolo: Marco Tangheroni...

    Che tristezza.

  8. #8
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    Roma. “Bisogna guardarsi da un nemico silenzioso”, recita un proverbio yiddish.
    Sui muri di via Festa del Perdono, sede dell’Università Statale di Milano, dopo molti anni è comparsa la scritta “Boicotta Israele”. Negli anni Ottanta, parlando di una docente ebrea, capitava che una studentessa dicesse:
    “Guarda com’è benvoluta e circondata. E pensare che pochi anni fa sarebbe diventata una saponetta”.
    O che due studentesse discutessero così di regali natalizi:
    “Ho comprato un’agenda di pelle. Di ebreo naturalmente”.
    O che un docente invitato a una conferenza esternasse:
    “Assumete dei prof. ebrei? Una volta non potevano insegnare”.

    Mentre negli Stati Uniti il Congresso ha approvato il Global Anti-Semitism Awareness Act, un monitoraggio annuale sul fenomeno, in una piazza di Oslo è stata eretta una statua con una stella di David inzuppata nel sangue, nelle parole “morte” e “Sabra e Chatila”.
    Stando a ciò che è emerso ieri dal Senato accademico di Pisa, il Rettore reinviterà il consigliere Shai Cohen.
    Mai come oggi però le parole di Martin Luther King furono più vere: “Dichiari di non odiare gli ebrei, di essere semplicemente antisionista. Quando qualcuno attacca il sionismo intende gli ebrei”.
    Anche dopo la vicenda, a Pisa circola un volantino: “Israele è la testimonianza di come lo stato e il capitale possono mostrare il loro volto più feroce”.
    Però c’è un’altra Pisa, senza olezzo antagonista, la Pisa a volto scoperto, che studia, viaggia, stringe mani e accordi.
    Il 9 dicembre 2003 l’Università ha firmato una convenzione con l’International Institute for Holocaust research dello Yad Vashem. Nei giorni dell’agguato a Cohen, tra il 10 e il 15 ottobre, a Gerusalemme c’è stato un seminario congiunto e l’11 novembre inizierà un ciclo di incontri.
    Pisa è la prima università italiana, purtroppo l’unica, ad aver attivato un centro di studi ebraici, presieduto da Michele Luzzati. Si sta lavorando a una ricognizione di tutte le epigrafi del cimitero ebraico della città e d’accordo con le università israeliane si terrà il nono convegno internazionale “Italia Judaica”.
    E’ in progetto il catalogo dei libri ebraici delle biblioteche pisane.

    L’Unione delle Università del Mediterraneo
    A Roma invece all’Università La Sapienza, insegnano docenti come Rita di Leo, che chiama Colin Powell “il giamaicano” e si compiace che i terroristi “tengono sulla graticola degli attentati quotidiani i generali latinos che vengono da West Point”. L’Unione delle Università del Mediterraneo, presieduta dal rettore della Sapienza, Giuseppe D’Ascenzo, ha sedi al Cairo e Algeri, e nel suo board uno sciame di docenti di Tunisi e Nablus, ma nemmeno un israeliano.
    Affiliate a Unimed sono le università di “Palestina”, tra cui quella di Nablus, An Najah. Najah è la roccaforte di Hamas in Cisgiordania.
    Sari Nusseibeh ci rischia la pelle quando va a parlare di accordo con Israele.
    E’ l’università da cui sono usciti moltissimi kamikaze, dove nel luglio scorso Hamas progettava una serie di attentati.
    E’ l’università di Samaa Atta Bader, una studentessa fermata prima di farsi esplodere, che ha detto: “Ho deciso di sacrificarmi uccidendo più soldati che potevo”.
    Unimed organizza conferenze sugli Hezbollah, ha il benestare della Lega araba e nella sua rassegna stampa fa bella mostra di articoli di El Watan, Al Ahram, Al Arabi sui “bambini vittime dell’aggressione israeliana”, analisi dell’Unicef sul “mondo pieno di tante Beslan dimenticate” e dell’Unrwa che “cerca l’appoggio mondiale per porre termine alle sofferenze del popolo palestinese”.
    “L’odio rende produttivi”, scriveva Karl Kraus.
    La Sapienza ha organizzato un convegno sull’antisemitismo, poi fallito, invitando Tariq Ramadan, e un altro sull’acqua in medio oriente, millantandolo come scientifico.
    Si è concluso con un video sul “Muro sionista”.
    Ma non ci si meraviglia più di niente, nemmeno che il giornale Maariv riferisca che il Brasile ha proibito ai coloni israeliani di adottare bambini brasiliani.
    Ci mancava però la notizia che un dipartimento di un’università italiana è affiliato col bacino di utenza di Hamas.
    Tutto questo si fa, ovviamente, in nome della pace, la stessa per cui l’avvocato Robert Jancu si era presentato a una manifestazione di New York con il cartello “Sionisti per la Pace”. Uno degli organizzatori lo ha aggredito:
    “Chi ti ha detto che si trattava di una dimostrazione per la pace?”.

    Giulio Meotti su Il Foglio del 27 ottobre

    saluti

  9. #9
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    Magari Skepto potrebbe saperne "di più"...

  10. #10
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    In origine postato da MrBojangles
    Magari Skepto potrebbe saperne "di più"...
    Skepto è pisano?

 

 
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