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Discussione: Fini....

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    Predefinito Fini....

    ...intervistato da Feltri

    «TASSE E GOVERNO: ECCO LA VERITÀ»

    Gianfranco Fini smoscia. Eccome se smoscia. Dice: «Non hai capito niente». E questo mi pare normale. Comprendere la politica italiana è impossibile anche per chi la fa, figuriamoci per chi la osserva dall’esterno. Lo ascolto volentieri.
    Da qualche giorno sui giornali, sulle agenzie, in tivù si parla di lui in rotta di collisione con il premier. Motivo, le tasse.
    Berlusconi è fermamente intenzionato ad abbassarle entro l’anno;le aliquote da gennaio dovrebbero essere più umane rispetto ad ora. Ma tutti gli danno addosso.
    La sinistra è fuori dai gangheri: mascalzone di un premier, pretende di essere il primo presidente del Consiglio capace di ridimensionare il fisco. È un pazzo.
    Anche i sindacati protestano: i tributi non si toccano, altrimenti, sciopero.
    Il mondo si è ribaltato.
    Eravamo abituati a vedere gente incavolata per l’eccesso di pressione fiscale, adesso è incavolata perché il governo va incontro ai lavoratori. Paradosso difficile da digerire. Cosa è accaduto?
    Sono diventati tutti reazionari, anche Fini?
    Il quale a un dato momento pur non essendo all’opposizione pareva dalla parte degli esattori.
    - Scusa Gianfranco, dacci un po’ di luce? Veramente sei contrario a ridurre le tasse?
    «Basta scherzare col fuoco. La storia che sarei amico dell’erario è una comica».
    - Al Corriere della Sera, se ho letto correttamente, hai dichiarato: serve un Berlusconi bis e serve la stesura di un nuovo programma adeguato ai tempi (tempi grami) nel quale non si prometta quanto non si può mantenere, ad esempio l’abbattimento delle aliquote.
    «Mai pronunciato una frase simile. Il programma fu scritto dalla Casa delle libertà e firmato dalle sue componenti, senza eccezioni. Significa che ogni partito si assunse la responsabilità di realizzarlo».
    - Hai cambiato idea?
    «Nemmeno per sogno. Ero e sono favorevole alla riforma fiscale. Ci mancherebbe altro. Il problema è diverso» .
    - Quale?
    «Berlusconi ha proposto tre aliquote: 23 per cento, 33 e 39 per i redditi alti, superiori a 70mila euro lordi l’anno. Io invece sono del parere che i ricchi debbano pazientare».
    - In che senso?
    «Riduciamo subito le aliquote per le classi deboli. Riduciamole anche per i ceti medi, quelli sotto i 70mila euro. Alla minoranza benestante provvederemo dall’inizio del 2006. Questo perché la situazione economica non è esaltante ».
    - Non afferro.
    «Peccato. Mi sforzerò di essere chiaro. Abbiamo a disposizione cinque miliardi e mezzo di euro, non un centesimo di più. Due le opportunità. Agire sull’Irpef e sull’Irap, oppure agire solo sull’Irpef. Se ritocchiamo in basso anche l’Irap agevoliamo la produzione e il rilancio economico. Se ritocchiamo esclusivamente l’Irpef difendiamo gli stipendi (il loro potere d’acquisto) ma non spingiamo la ripresa. An punta ad equilibrare i tagli: un po’ in soccorso all’economia e un po’ in soccorso alle buste paga. Trascurare le imprese e la produzione per incrementare soltanto i consumi comporterebbe avere una gamba più corta dell’altra e, quindi, zoppicare».
    - Andiamo giù piatti. Desideri che i ricchi non beneficino della riforma. D’altronde il tuo portavoce, Landolfi, si è espresso in maniera inequivocabile: qualora tutti i redditi fossero tutelati, compresi quelli altissimi, si arriverebbe all’assurdo che lo stesso Berlusconi, miliardario com’è, pagherebbe assai meno e incasserebbe di più. È così?
    «Landolfi con la sua provocazione ha dimostrato che bisogna procedere per gradi: prima si va incontro ai deboli, poi ai ceti medi, infine, ma proprio infine, ai signori. Esigenze sociali impongono maggiore attenzione per chi è alla canna del gas. Non dico che gli abbienti non debbano avere agevolazioni, però un criterio di precedenza è indispensabile: quest’anno aiutiamo i povericristi, nel 2006 ci dedicheremo ai signori. Sbagliato?».
    - Sarebbe meglio che la limatura fiscale interessasse tutti.
    «Infatti. Portando due aliquote al 23 e al 33 per cento, pur lasciando al 44 per cento, anziché al 39 (come vorrebbe il premier) quella dei ricchi, qualsiasi reddito avrebbe comunque un vantaggio, poiché le trattenute sono scalari. Esempio. Chi incassa 100mila euro l’anno, fino a 70mila godrebbe subito di una notevole agevolazione, e dal 2006 riceverebbe un ulteriore regalo con l’abbattimento dell’aliquota massima dal 44 al 39 per cento».
    - Forse ci siamo. Ma perché non l’hai detto subito?
    «È quello che ho fatto. Ma voi, tu compreso, avete interpretato male la mia tesi attribuendomi la volontà di difendere il sistema vigente. Che noi della Casa delle libertà abbiamo invece in animo di modificare da più di tre anni. Mai mutato linea, An.
    Però preferiamo iniziare dal basso a lavorare di cesoie e non dal vertice. È stravagante?».
    - Hai litigato con Berlusconi su questi dettagli? Gli italiani hanno avuto la sensazione che foste vicini alla rottura.
    «Mai litigato. Solamente discussioni pacifiche, fisiologiche. Voi tuttavia avete montato polemiche sul vuoto. Il confronto nella maggioranza continua. D’altra parte il tema merita approfondimenti. Sugli obiettivi finali non vi sono divergenze. Sul metodo da seguire per raggiungerli viceversa stiamo dibattendo. Dov’è l’anomalia? In una coalizione spero sia consentito un minimo di dialettica».
    - Permettimi di insistere. Il tono di Landolfi più che dialettico sembrava sfottente. Dire a Berlusconi che diminuisce le tasse in Italia allo scopo di intascare personalmente un milione, due o tre di euro in più non è la via ottimale per rinsaldare un’amicizia.
    «È una via efficace per fissare un concetto esatto. Se è vero, e lo è, che Silvio devolverebbe in beneficenza i maggiori introiti derivanti dalla riforma, non altrettanto si può sperare dai 641mila connazionali ricchi, cioè con reddito superiore a 70mila euro » .
    - Quale sarà l’effetto di questa bega? Crisi o no?
    «Ma quale crisi? Nessuno si illuda. La maggioranza terrà fino al termine della legislatura. Garantisco. I rapporti nella Cdl sono eccellenti. Ciascuno cerca di offrire il proprio contributo d’esperienza. Altro che liti. Altro che scontri. A qualcuno fa comodo insinuare che sia in ballo la leadership del gruppo, ma è appunto soltanto una insinuazione, bassa e meschina. Berlusconi è il premier e noi ci facciamo in quattro perché tale rimanga a lungo. Occorre evitare passi falsi, scelte inpolitiche che diano fiato all’opposizione ».
    - Stringendo stringendo, queste benedette o maledette tasse le segate o no?
    «Saremmo degli sprovveduti se ci rimangiassimo la parola data agli elettori, e io mi batto perché ogni punto del programma si trasformi in realtà. Fedeltà e coerenza: ecco le parole d’ordine di Alleanza nazionale. Non perderemo per questo la nostra identità avvallando errori pericolosi. Ripeto: i ricchi attendano l’anno venturo. Ora preoccupiamoci delle classi medie e degli indigenti. Alla conclusione della legislatura ci presenteremo ai cittadini a testa alta: siamo stati di parola, la riduzione delle tasse è un fatto compiuto».
    - Pace fatta con Berlusconi dunque?
    «Chi non ha litigato non fa neanche la pace. Stiamo ancora discutendo. Troveremo un’intesa, e non è lontana. Ancora una volta chi ci dà per moribondi rientrerà a casa con le pive nel sacco. Siamo vivi, vegeti e compatti».
    - Però i commentatori scrivono che nel centrodestra siete litigiosi almeno quanto i signori del centrosinistra.
    «Ovvio, i commentatori di sinistra fanno il gioco del centrosinistra. Noi andremo avanti e vinceremo le elezioni del 2006 perché sul tavolo, in campagna elettorale, esporremo i risultati del nostro lavoro, assolutamente coincidenti con gli impegni presi nel 2001».

    Sperém.

    saluti

  2. #2
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    Predefinito AN condannata a duellare...

    ....con Silvio

    Ma che succede a Fini? Era così bravo e misurato, non sbottava mai, non faceva mai autogol, a differenza del Cavaliere; preferiva non fare piuttosto che rischiare l'errore. E ora? Così dice la gente berlusconiana.
    Per carità, non voglio entrare nel merito della polemica.
    Convengo che Fini abbia sbagliato giorno per dire quelle cose; una giornata storica per l'Europa, grande evento guidato da piccoli uomini per una grande civiltà con una meschina costituzione, non puoi imbrattarla così.
    E un altro errore, probabilmente, è come ha impostato la sua battaglia sulle tasse.
    Ma la destra italiana è sociale e nazionale, profondamente radicata nel centro-sud e deve dunque rappresentare una sensibilità diversa in tema di tasse, liberismo, distribuzione del reddito.
    È la sua storia, la sua cultura, il suo mandato ricevuto dagli elettori.
    Ma non è di questo che voglio parlare. Ma tornare alla domanda di prima.
    Perché Fini si agita?
    Perché è prigioniero politico.
    Non solo di Berlusconi e della sua personalità debordante.
    Non solo di una situazione politica che non gli consente altre alleanze e altri giochi politici perché lui non sta al centro e non può fare il gioco antico e ripugnante dei due forni. Finché è questo il sistema, Fini o si allea con quel centro o va all'opposizione, e si lepenizza o si imbertinotta.
    Ma Fini è prigioniero politico per una ragione principale: il sistema di potere italiano, a cominciare dai mass media, gli riconosce un ruolo e una visibilità solo se intralcia, rompe e litiga con Berlusconi.
    È un meccanismo perverso ma è così: giacché i tre quarti del potere in Italia sono ostili al Cavaliere e alla destra e usano la frattura tra i due come cavallo di Troia, e che Troia, per sfasciare. Sarebbe facile dire: ah, Fini che fesso e che masochista, che si presta al gioco.
    No, il discorso è assai più complesso. Fini non può fare altro. Dentro l'alleanza, Berlusconi spadroneggia, ne ha i titoli e le capacità, ne convengo, è sette spanne sopra gli altri, nonostante la statura, in fatto di capacità e comunicativa.
    Ma questo mortifica, penalizza gli alleati, a cominciare dal più cospicuo. Quando poi non è nemmeno Berlusconi ma sono i suoi concessionari a sgomitare e a peggiorare perfino la detestabile lottizzazione, che pur sempre riconosceva delle regole, con una più detestabile occupazione generale, allora il condominio diventa insopportabile.
    E la cosa peggiore è che la destra in Italia si trova, nonostante rappresenti la terza forza nel nostro Paese, schiacciata in un angolo non solo per inagibilità politica, ma anche per invisibilità mediatica e culturale.
    Prendete il caso dell'informazione che è più vistoso anche se non è il solo: qui la destra ha insieme a Berlusconi i quattro quinti dell'ostilità della stampa e della cultura italiana, perché di destra e dunque fascista, e perché alleata, anzi asservita, dicono, a Berlusconi. E nel restante quinto che orbita dentro o intorno a Berlusconi è marginalizzata, ridotta ad un quartiere di periferia del Grande Centro, ad un suburbio di Berlusconia.
    È duro far politica così. Alla fine ti saltano i nervi.
    Perché poi se Berlusconi è maltrattato dai media ostili a lui, Fini e la sua destra sono ignorati, a volte disprezzati per fascisterie presunte; e non hanno dunque nemmeno il gusto mussoliniano di "molti nemici molto onore", che produce consensi per reazione. No, silenzio.
    L'unico modo per rubare i titoli in prima, per condizionare l'agenda politica, è ribellarsi al Capo.
    Allora hai interviste sulle prime pagine dei giornaloni, fai dibattito. E' un meccanismo perverso, ma inevitabile. Che vedo riprodursi in tante sfere, compreso quelle a me più vicine, da autore, editorialista e consigliere della Rai.
    Vai alla grande se spari contro il Cav. , passi inosservato se fai il tuo dovere o concordi con lui.
    E non ricevi il plauso riconoscente nemmeno da Berlusconia.
    Solo che io, in quanto libero pensatore, posso fregarmene, e poi darmi al bosco.
    Lui che tiene partito, e deve preoccuparsi di pesare, è costretto a fare il numero per avere più numeri.
    Meccanismo perverso, dicevo.
    La colpa è certo, soprattutto del conformismo canagliesco del sinistro paesaggio nostrano.
    Ma è anche un po' colpa di lorsignori della Casa.
    Degli abitanti di Berlusconia, che non riconoscono pari dignità ai loro alleati e non capiscono le loro sensibilità e le loro culture; la natura dei loro consensi e il ruolo per cui sono votati.
    E della destra stessa che poco ha fatto per crescere; oggi la destra è completamente cancellata nei media italiani, esiste solo in relazione a Berlusconi: per sottolinearne la dipendenza o per esaltare la divergenza.
    E basta. A questo ha contribuito in modo rilevante l'errore di partenza: l'aver accettato di fare il vice di Berlusca, per giunta senza ministero, a Palazzo Chigi, passando per un suo portavoce, una sua spalla.
    Meglio presidenti della Camera, o di altro; meglio ministri di qualcosa o meglio fuori dal governo.
    Vice è un errore.
    Crea una dipendenza anche simbolica, tremenda, che poi produce quelle frustrazioni e quelle sbottate.
    A questo aggiungete la scarsa attività e incisività della destra; ma tutto viene aggravato dall'inutilità degli sforzi perché qualunque cosa fai non fai agenda politica, non fai notizia, non fai copertina, se non in relazione a Re Silvio.
    Dieci anni fa, al primo affiorare di dissensi tra i due, sostenni che Fini e Berlusconi sono come Pesaro e Urbino, due città diverse e distinte, ma solo insieme fanno provincia.
    La mia opinione non è cambiata. Stringete i denti e accennate un finto sorriso.

    Marcello Veneziani su Libero del 31 ottobre

    saluti

 

 

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