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    Predefinito Vladimir Putin è molto arrabbiato.

    UCRAINA: UNA SCONFITTA CHE BRUCIA


    DI GIULIETTO CHIESA

    Vladimir Putin è molto arrabbiato.
    Sarà utile che Washington e Bruxelles non sottovalutino questo dato. Il pragmatismo del leader russo ha un limite, e questo limite è stato raggiunto. Forse non ancora superato, ma sicuramente raggiunto. L'Ucraina non è archiviata. La sconfitta di Mosca era ormai inevitabile, ma non tutte le sconfitte danno luogo alla pacificazione tra i contendenti. Janukovic era battuto ancor prima dell’ultimo ballottaggio, ma non era un bluff, come dimostra il 43,77% che ha raccolto. L’Ucraina è divisa in due ed è fin d’ora evidente che - come Janukovic ha già annunciato - come minimo Jushenko dovrà fronteggiare un’opposizione «molto, molto dura». Del resto l’Ucraina che ha vinto le elezioni potrà anche «andare verso Occidente», ma si tratta di desideri. Nella realtà resterà dove l’ha collocata il destino. Con il petrolio e il gas russi che l’attraversano per lungo e per largo. Di cui ha fruito, quasi gratis, in questi anni. A Jushenko - che andrà a Mosca come vincitore, nel suo primo viaggio all’estero - verrà detto senza mezzi termini che adesso, se vorrà andare verso Occidente, dovrà pagare il gas e il petrolio. E Jushenko ha da riscaldare 49 milioni di abitanti, e il problema non potrà essere risolto né da Washington (troppo lontana), né dall’Europa (che si rifornisce anch’essa al Cremlino). L’Ucraina non è la Georgia, e nemmeno l’Estonia.

    Perché Putin è davvero arrabbiato, e non è disposto a fare un’altra ritirata strategica. Il suo progetto di una Grande Russia (Russia, Ucraina, Bielorussia, Kazakhstan, Armenia) non sta in piedi senza l’Ucraina. E non lo abbandonerà facilmente. Tirando la corda c’è la certezza di innescare una crisi grave tra la Russia, da un lato, e tutto l’Occidente dall’altro. Anche perché, nel caso ucraino, l’Europa è stata perfino più intransigente degli Stati Uniti nella difesa della «rivoluzione arancione». Quindi è il momento del sangue freddo e del realismo. La crisi ucraina si annuncia ancora lunga e complicata. Pensare che la maggioranza possa decidere senza e contro la minoranza significa sottovalutare le carte che restano nelle mani di Janukovic (e di Putin). L’uscita dalla crisi dovrà essere negoziata, comunque, con Mosca. E con Putin, che è davvero arrabbiato. Appena prima di Natale ce lo ha fatto sapere, con un’inedita e stupefacente chiacchierata di tre ore con un gruppo di giornalisti, russi e occidentali.

    Una conversazione senza precedenti in tutta la carriera del capo del Cremlino, in cui il non più sorridente Putin ha sbattuto la porta in faccia al giudice americano che voleva fermare, da Huston, Texas, la vendita della Jukos a una sconosciuta compagnia russa, per la metà del suo valore reale. «Non sono nemmeno sicuro se quel giudice sa dov’è la Russia», ha ironizzato. Non v’immischiate nei nostri affari.

    Giulietto Chiesa
    Fonte:www.lastampa.it
    29.12.04
    "Sarà qualcun'altro a ballare, ma sono io che ho scritto la musica. Io avrò influenzato la storia del XXI secolo più di qualunque altro europeo".

    Der Wehrwolf

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    Predefinito

    Yukos e Ucraina non fermano «zar» Putin

    In tre ore di conferenza stampa il leader del Cremlino ha risposto colpo su colpo. Lodati George W. Bush (uomo «perbene e coerente» e «alleato contro il terrorismo») e il pretendente filo-occidentale alla presidenza ucraina Viktor Yushenko

    MOSCA - Tira dritto per la sua strada, dall’ Ucraina al caso Yukos, il presidente russo Vladimir Putin, concessosi oggi a una conferenza stampa di tre ore sui temi più scottanti dell’attualità interna e internazionale. Un incontro dalla durata record nel quale il leader del Cremlino ha tenuto aperta la porta del dialogo - nei confronti di George W. Bush, uomo «perbene e coerente» e «alleato contro il terrorismo», come del pretendente filo-occidentale alla presidenza ucraina Viktor Yushenko - ma non ha mancato di rispondere a muso duro alle critiche.
    Parlando a 700 giornalisti russi e stranieri, Putin ha tracciato un bilancio sul 2004 che ha definito «positivo per la Russia» a livello economico e politico, e tuttavia macchiato dall’assalto terroristico di matrice islamico-cecena e dalla strage di innocenti nella scuola di Beslan. Ma che ha anche indicato come «un anno difficile» sull’arena internazionale, «dall’Iraq al Medio Oriente».
    Le domande sono state 50 e hanno toccato gli argomenti più disparati: dalla libertà di stampa allo spinoso rapporto con la piccola Georgia e agli ammonimenti contro «il pericolo delle rivoluzioni permanenti» nello spazio ex sovietico.
    I toni più accesi hanno riguardato però due dossier in piena evoluzione: quello delle elezioni presidenziali nella vicina Ucraina, a tre giorni dal ballottaggio bis tra il premier filo-russo Viktor Yanukovic e il sempre più favorito oppositore liberale Viktor Yushenko; e quello dell’acquisizione, ieri, da parte della compagnia statale Rosneft di Yuganskenftegaz, la principale filiale del colosso petrolifero privato Yukos, da mesi nel mirino di una controversa offensiva fiscale e giudiziaria che ha portato tra l’altro in carcere il magnate anti-Cremlino Mikhail Khodorkovski. Questioni delicate, al centro entrambe di contestazioni in patria e all’estero, e in particolare di frizioni con gli Usa.
    YUKOS: Interpellato un paio di volte sull’argomento, Putin ha difeso a spada tratta la nazionalizzazione di fatto di Yugansk. «Rosneft ha comprato questa società nel pieno rispetto delle regole di mercato», ha tagliato corto, ribadendo di essere convinto che lo Stato debba «uscire da quei settori dell’ economia in cui la sua presenza non sia assolutamente ragionevole». Ma rivendicando anche il diritto a tutelare «i suoi interessi» nella costituzione di un polo energetico pubblico al quale ha associato il gigante del gas Gazprom.
    Un disegno che non significa «il passaggio a uno Stato centralista, tanto meno di tipo sovietico», ha precisato più tardi, liquidando i diffusi timori di un draconiano accentramento del potere da parte degli uomini d’ordine del Cremlino provenienti dagli apparati di sicurezza: dalle istituzioni, alle tv, all’economia.
    «Come tutti voi perfettamente sapete - ha detto alla platea - le nostre privatizzazioni, che nei primi anni ’90 consentirono a molti attori del mercato di acquisire proprietà statali multimiliardarie, si svolsero con diverse irregolarità e violazioni della legislazione, anche di quella in vigore all’ epoca. Oggi invece lo Stato usa meccanismi di mercato assolutamente legali per garantire i suoi interessi: credo sia del tutto normale».
    Quanto all’intervento nella vicenda Yukos della giustizia americana, Putin ha usato l’arma della derisione. «Quando ho letto della sentenza con cui un corte di Houston cercava di imporre alla Russia di rinviare un’asta mi sono stupito, anche perchè dubito che laggiù sappiano persino dove la Russia si trovi», ha polemizzato. Poi, serio, ha definito l’ iniziativa «inccettabile dal punto di vista giuridico» e «scorretta da quello delle relazioni internazionali» poichè in «un rapporto tra pari va rispettata la sovranità di un altro Stato».
    UCRAINA: Lo spettro di recenti dissidi con Washington, e con l’Occidente in generale, è aleggiato anche nelle risposte sulla crisi politica in Ucraina. Sostenitore dichiarato finora del filo-russo Yanukovic, Putin ha aperto uno spiraglio nei confronti del rivale Yushenko, ribadendo di avere «un buon rapporto» con lui e di essere pronto a lavorare con «il presidente scelto dal popolo ucraino, chiunque egli sia». Ma lo ha anche avvertito che la Russia - dalle cui forniture energetiche Kiev dipende in modo vitale in attesa di un’ integrazione con l’Ue che il leader del Cremlino giudica nè facile nè imminente - non è certo disposta ad accogliere a braccia aperte l’eventuale promozione nel futuro governo di quegli esponenti radicali dell’opposizione che fanno leva su «slogan antirussi e sionisti» (laddove l’ultimo aggettivo è stato probabilmente un lapsus in luogo di antisemita, imputazione più volte addebitata da Mosca ad alcune frange del nazionalismo ucraino). Putin ha inoltre confermato le sue perplessità per come si è arrivati alla ripetizione del ballottaggio, sull’onda della ’rivoluzione arancionè, dopo l’ annullamento per brogli del voto del 21 novembre favorevole a Yanukovic. Una svolta subita dalla Russia e sostenuta invece con entusiasmo da Europa e America, alle quali Putin è tornato a addossare la pratica del «doppio standard": atteggiamento che consente loro, ha denunciato, di accettare come «buone e democratiche» elezioni non prive di ombre in Afghanistan o in Kosovo - e di progettarle persino in Iraq, dove secondo il presidente russo rischiano di essere «una farsa» - salvo criticarle nella insanguinata Repubblica autonoma russa della Cecenia o nella stessa Ucraina.
    Sui rapporti tra Mosca e Kiev, Putin ne ha avute anche per il presidente polacco Aleksander Kwasniewski, che in una recente intervista aveva sottolineato come per gli Usa «una Russia senza Ucraina fosse meglio di una Russia con l’Ucraina». Dichiarazione «scorretta» e «sorprendente» da parte di «un buon amico come Aleksander», ha ribattuto lo zar Vladimir, invitando senza mezzi termini l’uomo di Varsavia a pensare «ai problemi di casa sua», a una disoccupazione tripla e un bilancio dello Stato molto peggiore «rispetto a noi».
    «Scorretta» - ha ripreso - anche perchè la Russia postsovietica si è ben guardata dal seguire «uno scenario jugoslavo» e «non vuole annettere nessuno». Ma neppure consente a chicchessia di «limitare la sua possibilità di sviluppare buoni rapporti con tutti i vicini». Chi volesse imporre una tale limitazione, ambirebbe infatti «all’isolamento della Russia». Obiettivo - ha concluso Putin quasi ammiccando - «che non credo sia nei piani della politica degli Stati Uniti: l’anno prossimo ho in programma un incontro con George Bush e certamente gliene chiederò conferma».
    Alessandro Logroscino

    23/12/2004
    "Sarà qualcun'altro a ballare, ma sono io che ho scritto la musica. Io avrò influenzato la storia del XXI secolo più di qualunque altro europeo".

    Der Wehrwolf

 

 

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