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Discussione: Opera a Fronte

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    Predefinito Opera a Fronte

    Comune di Calcinaia

    Provincia di Pisa

    Assessorato alla Cultura





    Sabato 5 Novembre 2005 / ore 16,30

    Sala Geloni / Piazza della Repubblica / Fornacette / Pi









    Opera a Fronte
    Pittura / Installazione / Performance


    ENZO CORRENTI / PAOLO SALVADORI / ANTONIO DE ROSE / IGNAZIO FRESU
    INTRODUCE Paolo Grigo’ PRESENTAZIONE Tiziana Presi


    Se quattro artisti decidono di riunirsi in un medesimo luogo, che le loro opere ridefiniranno rispetto alla nostra percezione, noi stessi siamo invitati ad arricchire il nostro linguaggio con vocaboli nuovi, per accedere a quattro possibilità parallele della realtà che essi ci offriranno, come quattro letture differenzianti la presunta unità del reale.

    Il cromatismo sospeso di Paolo Salvadori accostato alle impermanenze di Ignazio Fresu assieme agli avvolgimenti fibrosi di Enzo Correnti e alle intuizioni visive di Antonio De Rose, formuleranno nella loro reciproca relazione un’inedita interpretazione dello spazio che condivideranno.

    La concertazione delle loro intenzioni, tuttavia, non manifesterà necessariamente una volontà di incontro, esaurendosi in una sintesi ricercata. E’ più probabile, invece, che i loro linguaggi resteranno l’uno fronte all’altro, in una dignitosa quanto fruttuosa distanza, restando fedeli alla propria fisionomia.

    L’arte come “opera a fronte” rimane allora il pretesto per riunire, in una medesima frazione dello spazio-tempo, dimensioni espressive talmente distanti da offrirci un panorama insolito della realtà, che rimane essa stessa “opera aperta” rispetto alla nostra percezione, sollecitata dagli indizi che questi quattro artisti introdurranno nei suoi tessuti, per tentare di tradurne il senso.

    Tiziana Presi


    ---------------------------------------

  2. #2
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    OPERA A FRONTE : cosmogonia di un incontro.
    Ognuna delle opere d’arte presenti in questa stanza, presa nella sua singolarità, somiglia ad una piccola soglia, attraverso cui scorgere questo medesimo spazio in un orizzonte più vasto.
    La dimensione, che noi condividiamo con esse, si differenzia in quattro direzioni, indicate dai quattro linguaggi utilizzati dagli artisti qui presenti.
    Ogni artista, con le sue opere, arricchisce la nostra percezione rispetto a questo medesimo spazio, indicandoci una prospettiva ulteriore da cui scrutarlo. Noi, di conseguenza, siamo indotti a riappropriarcene in quanto spazialità, intesa come la sua capacità di espandersi rispetto ai nostri sensi.
    Le opere d’arte non riposano in modo inerte nello spazio: sono esse stesse “spazio ulteriore”, perché stimolano dinamicamente la nostra percezione delle forme, delle proporzioni, della luce, quindi ogni implicazione razionale ed irrazionale che ciò comporta.
    Lo spazio dell’arte non si offre mai in modo unitario e ripetitivo, poiché esso è sempre un evento: una manifestazione straordinaria dell’ordinario. E’ una geografia di transizioni in atto, cioè una combinazione imprevedibile di tutti i possibili in un orizzonte illimitato.
    Lo spazio, in realtà, prende origine da una serie di tracciati paralleli, tutti validi. Esattamente come accade in questa stanza al cospetto dei quattro linguaggi espressivi di questi artisti.
    In questo modo, tutto ciò che pare circondarci con fermezza, non è affatto fermo. Noi stessi non stiamo sostando, ma ci ritroviamo in viaggio. Nella nostra stessa quotidianità si celano piccoli segni che ci rammentano questo andamento, che è poi il nostro confronto più spicciolo con l’ignoto.
    Gli artisti, rispetto a noi, aderiscono forse con più convinzione alle sfide dell’ignoto, focalizzando il loro sguardo proprio sul solco tra ciò che appare più familiare e la sua immagine proiettata nel Nulla.
    Essi si lasciano trasportare dalle loro percezioni su un margine, come i ragazzini che camminano sui muretti pericolanti dei giardini abbandonati, rimanendo in bilico per divertimento.
    Il fine che si prefiggono gli artisti, non è solo ludico, ciò che vogliono è la mutazione del loro punto di osservazione. Scelgono, in sostanza, di non essere residenti stanziali dello spazio, trasformandosi in nomadi entro di esso.
    Il loro vagabondaggio sui margini dei possibili spaziali non rimane però un’esperienza esclusiva, perché, attraverso le loro opere, essi ce ne offrono testimonianza. Il documento vivo che ci mettono a disposizione è capace di ridarci quella stessa esperienza nella sua freschezza, fornendoci la possibilità di sondare, a nostra volta, la realtà nei suoi diversi registri.
    E’ molto semplice per noi, quindi, decidere di seguirli, basta collocarci sul loro stesso margine, scivolando da una lettura della realtà ad un’altra, più prossima oppure più distante. Per noi, il passaggio sarà lievemente più semplice, perché qualcuno ci ha già indicato un percorso possibile, con la rispettiva soglia da varcare.
    Mi permetto di fare un parallelismo con la tradizione indù più ortodossa, considerando il pensiero di Ishvarakrsna, un pensatore vissuto nel III sec. d.C., che nel suo Samkhya-karikas, afferma che i cinque elementi fondamentali della creazione sono rispettivamente: lo spazio, l’aria, il fuoco, l’acqua e la terra (nell’ordine in cui procedono differenziandosi l’uno dall’altro).
    Le opere di Antonio De Rose, Paolo Salvadori, Ignazio Fresu, ed Enzo Correnti, si possono far corrispondere ai quattro elementi fondamentali della filosofia greca (aria,fuoco, acqua e terra), assieme al quinto (propriamente orientale), cioè lo spazio.
    Le quattro componenti alchemiche dell’universo darebbero origine quindi, al pari di questi quattro artisti, a tutte le qualità sensibili dello spazio, che vanno dal semplice al massimamente complesso.
    Avvicino le opere di Antonio De Rose all’aria per la loro corporeità sottile. La sua pittura si versa nelle cose, toccandole con una parte dello spirito, ma senza oscurarle, senza opacizzarle, senza lasciar sopra di loro le tracce mistificatrici del proprio passaggio. La trasparenza è capace di svelare quanto lo è un segno, come un segno deciso può avere in sé la levità della trasparenza. La pittura di Antonio si muove su terreni poco frequentati, come la sua poesia, mostrandoceli nella loro intimità con ferma intenzionalità. Similmente all’azione dell’aria, che modella i deserti con la sua forza inoltrandosi in luoghi dove raramente l’uomo sa orientarsi.
    I colori che Paolo Salvadori sceglie per riportarci le sue percezioni, ci suggeriscono il tema del fuoco se riusciamo a coglierli come una forza, la traduzione un magnetismo latente tra noi e ciò che ci circonda. Il gioco neosurrealista, che ripropone nelle sue immagini dei suoi dipinti, ci seduce per l’inquietante scambio di ruoli che intrattiene con i suoi illustri predecessori, ma non ci distoglie dalla percezione della forza dell’oggetto rappresentato. Il suo realismo “magnetico”, prima di essere considerato nella sua componente poetica, ci arriva come irriducibile asserzione del contatto diretto tra noi ed esse, sebbene sia impossibile non rimanere coinvolti dalla sospensione meditativa delle sue tele, rivelanti assetti insospettabili del quotidiano, forse per noi insostenibili.
    L’acqua, nell’installazione di Ignazio Fresu, è l’elemento entro cui l’artista stempera ogni riducibilità della materia entro una forma stabile, reinterpretando la materia secondo suoi dinamismi de-compositivi. Un’operazione fine, attraverso cui l’artista vuole farci intravedere le sequenze infinitesimali dei passaggi con cui materia disgrega la sua forma, per trascinarci oltre questo orizzonte e porre la nostra attenzione anche verso ciò che segue la scomposizione di essa. L’acqua è l’origine e il ritorno di un processo che possiamo solo intuire nella sua circolarità, esattamente come suggerisce il flusso dell’acqua nell’installazione dell’artista. Si aggiunga che, per questo artista, il tema dei quattro elementi corre sinuoso entro la sua produzione: dai processi di ossidazione (l’aria) alla fusione dei metalli (fuoco) con altre componenti organiche (terra), fino all’acqua, qui presente nella sua primigenia fecondità.
    Enzo Correnti ci trasporta, invece, nella fibrosità più recondita della materia, che si da dal macroscopico al microscopico con il medesimo vigore. L’artista sembra inserirsi in prima persona entro una frazione del flusso, esattamente come accade quando realizza le sue performance, dove il processo si trasforma in spazialità pura resa nell’intenzionalità del gesto. La genesi terrestre della materia è viva nelle contorsioni dinamiche della carta trattata dalle mani di Enzo Correnti. Per un delicato gioco di equilibri, che solo l’artista sa condurre nel suo dialogo segreto con la essa, sembra quasi che Enzo Correnti possa scrutarla nel nucleo racchiudente ogni sua successiva evoluzione.



    Tiziana Presi

 

 

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