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Risultati da 1 a 7 di 7

Discussione: Problema Cecenia.

  1. #1
    Sopra il Nord
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    Predefinito Problema Cecenia.

    Due o tre cose sul terrorismo ceceno
    (e sulla Russia)
    1 Quando nel 1917 scoppiò e trionfò in Russia la rivoluzione ciò è stato possibile per due condizioni: 1) perché nel corso del grande conflitto la Russia rappresentava la maglia più debole della catena imperialistica; 2) perché esisteva un partito comunista con una teoria rivoluzionaria (il leninismo come sviluppo del marxismo), con una pratica rivoluzionaria consolidata e con una guida politico-organizzativa esemplare (Lenin).

    Quando, invece, alla fine degli anni Ottanta, dopo oltre un ventennio di revisionismo, disimpegno ideologico e di riforme economiche che portarono alla stagnazione economica ed all’immobilismo burocratico del periodo brezneviano (Breznev, come Moro in Italia, era un grande dosatore degli equilibri interni tra la nomenclatura politica e quella economica!), si afferma la perestrojka di Gorbacev, questa conduce al ridimensionamento sia del ruolo della classe operaia, dei tecnici e dell’intellighenzia che si erano formati nei decenni precedenti, sia dell’innovazione tecnico-scientifica e quindi anziché rilanciare lo sviluppo dello forze produttive e migliorare i rapporti sociali oppressi dal burocraticismo, dalla corruzione, dalla disaffezione al lavoro ci si incammina verso il caos economico e la disgregazione delle basi giuridico-statuali dell’Unione Sovietica, fomentando ed esasperando i contrasti nazionali tra repubbliche ed all’interno di ogni repubblica con le minoranze etniche.

    Lo scioglimento dell’Urss nel Dicembre del 1991 permette la formazione di “Stati sovrani”, i principali, come la Russia, l’Ucraina, il Kazakistan, si integrano, anzi si subordinano, immediatamente nel mercato capitalistico internazionale a scapito degli interessi nazionali ed a vantaggio di una élite politico-finanziaria locale ed internazionale che diventa proprietaria a basso prezzo dei mezzi di produzione gia statali.

    La Russia, in particolare, con la direzione di Eltsin e delle sue oligarchie si ridimensiona anche come grande potenza, diventando nelle scelte internazionali succube dell’imperialismo americano ed europeo. Un paese immenso, con grandi risorse naturali (fiumi, laghi, foreste, ecc.) e materie prime industriali (petrolio, gas, oro, diamanti, ecc.) diventa teatro in poche settimane dallo scioglimento dell’Urss di gravi e sanguinosi conflitti sociali ed etnici che indeboliscono il potere centrale e lo riportano, come se si vedesse un film dalla fine all’inizio, ad essere nuovamente la maglia più debole della catena imperialistica e quindi a quelle condizioni oggettive che furono alla base della rivoluzione sovietica.

    2 Gli Stati Uniti, negli anni ’90 penetrano con accordi militari in alcune repubbliche ex sovietiche costruendo loro basi e tramite l’allargamento della Nato nei paesi europei hanno trascinato quest’ultimi nelle loro guerre aggressive, come in Afghanistan e Iraq. I gruppi dirigenti di questi paesi si sono dimostrati meschini, imbroglioni, vigliacchi e lacché, se si pensa tutti i discorsi che facevano alla fine degli anni Ottanta sull’indipendenza dei loro paesi dall’oppressione del Patto di Varsavia.

    Dietro la copertura politica e militare degli Usa, anche la Turchia ha allungato le sue mani nei territori ex-sovietici di religione islamica, una volta inglobati nell’impero ottomano, magari gettando il sasso, nascondendo la mano, oppure partecipando allo sfruttamento di pozzi petroliferi e metaniferi ed alla costruzione di nuovi oleodotti, come quello in Azeirbaijan e nel Caucaso, sobillando dietro le quinte le rivendicazioni “autonomistiche” o addirittura “nazionali” e sostenendo i gruppi terroristici, come quelli ceceni ed altri nel Caucaso, per la creazione di nuovi Stati, dove durante il corso della civilizzazione storica non sono mai esistite le rappresentanze statuali, proprio perché non esistevano le condizioni oggettive e soggettive (una comunità nazionale stabilmente insediata in un territorio, una lingua, un governo, abitudini comuni, ecc.) mentre si è trattato principalmente di etnìe erranti inglobate in quel “modo di produzione asiatico” descritto da Marx e per la loro debolezza assoggettate dagli imperi più forti nelle diverse fasi storiche, come quello mongolico, ottomano o russo. Ed i gruppi militaristi, finanziari e religiosi turchi, infatti, pensano al loro retaggio storico per una nuova espansione poltico-economica.

    3 Al momento della costituzione dell’Urss sulla base del diritto dei popoli all’autodeterminazione furono create le repubbliche autonome e le regioni autonome nell’ambito di diverse repubbliche proprio per rispettare tutte le etnìe esistenti senza danneggiare la trasformazione dei rapporti sociali e l’unità dell’Unione Sovietica. Si fecero enormi passi avanti per garantire diritti eguali a tutti i cittadini e soprattutto per modernizzare le relazioni sociali e personali contro i riti e le tradizioni feudali o pre-feudali. I popoli sovietici, compresi quelli del Caucaso, tranne qualche piccolissima frangia di collaborazionisti lottarono uniti e vinsero sull’aggressore nazi-fascista. Questi elementi, sia bielorussi, ucraini, ceceni o altri furono puniti nel corso e dopo il conflitto. Nel corso della nuova ondata di revisionismo storico anche queste punizioni si addossano a Stalin facendole passare per repressioni nazionali.

    In epoca brezneviana le disparità economiche e la montante corruzione che si creavano alimentavano i contrasti regionali, territoriali ed etnici, ancora esistenti e di rimando per la pace sociale nell’Urss si lasciava spazio alla formazione di oligarchie locali che diventavano nuovi gruppi di tipo feudale, responsabili dell’ordine regionale.

    Nella Russia di Eltsin, mentre gli oligarchi creavano a Mosca il loro potere e spalancavano le porte alle multinazionali in ogni angolo della Russia indebolendo il potere statale centrale, si permetteva altresì agli oligarchi periferici, in combutta con loro, di fare accordi con le multinazionali e di crearsi le proprie milizie o bande.

    La disgregazione della Russia non gettava nel macero solo la storia sovietica, ma di fatto anche quella nazionale russa, ricca di una civilizzazione millenaria, di una cultura avanzata, di una lingua comune e di una spiritualità religiosa diffusa, nel tentativo di occidentalizzare il paese.

    Le contraddizioni quindi si accentuavano ed i comunisti, che non erano certamente quelli del tempo di Lenin, anzi erano profondamente divisi perché segnati da lotte di correnti o d’opinione passate e presenti, avevano il terreno favorevole per unire la lotta socialista per una seconda rivoluzione con quella della difesa del patrimonio storico nazionale e dell’unità della Federazione russa. Nell’agosto del 1998 in Russia scoppia una grave crisi finanziaria che si aggiunge a quella economica iniziata con Gorbacev ed esasperata dal processo di privatizzazioni eltsiniane, crisi che aveva immiserito le masse popolari ed anche strati privilegiati dell’era sovietica. La crisi finanziaria colpisce tutte le classi medie, anche i piccoli e medi capitalisti che si erano appena “arricchiti” con il crollo dell’Urss. Solo che, con la divisione e l’incapacità dei comunisti, il movimento di lotta, culminato in un grande sciopero generale, non andò al di là del cambiamento del primo ministro con la designazione di Primakov, un alto funzionario dell’ultima fase dell’Urss, sostenuto alla Duma dai comunisti (partito di maggioranza relativa).

    Il primo ministro Primakov che si era opposto ai bombardamenti ed alla politica della Nato sulla Jugoslavia (anche in modo plateale annullando la visita negli Usa, mentre il suo aereo faceva rotta in America e la Nato iniziava i bombardamenti) fu liquidato da Eltsin, quando le sorti belliche volgevano a favore degli aggressori e piegavano Milosevic (estate 1999), e sostituito da un uomo di sua fiducia, il ministro dell’interno, il quale non riceveva però l’approvazione della Duma.

    Nello stesso tempo si riaccendevano i focolai non solo in Cecenia, dove vi era stato un conflitto sanguinoso con le truppe russe e finito in un armistizio promosso dal generale Lebed nel 1996, ma anche in Daghestan, Inguscezia, con prospettiva di allargamento in tutto il Caucaso.

    Il conflitto in Cecenia, come è noto, è stato dapprima trascurato da Eltsin (perché troppo impegnato a conquistare il potere a Mosca e nella Russia europea, tanto è vero che alla dichiarazione di Dudaev sull’indipendenza della Cecenia non aveva nemmeno reagito sul piano politico), e poi represso violentemente con un impegno militare che colpiva non solo le bande armate ma anche la popolazione civile.

    Travolto dalle contraddizioni sociali e nazionali in Russia, con una Duma ostile e con i sondaggi che davano Cernomyrdin (uomo di Eltsin per le elezioni presidenziali del 2000, dato che lui non si poteva ripresentare per la terza volta ed in ogni caso la sua popolarità era caduta molto in basso) in netto svantaggio rispetto a Ziuganov, l’apparato statale russo (oligarchia economico-finanziaria, alti gradi dell’esercito, funzionari ministeriali, ecc.) entra in conflitto e si formano nuovi equilibri, tenendo conto anche delle istanze che provengono dai settori inferiori della stessa classe dominante. Il compromesso raggiunto lascia da parte Cernomyrdin e lancia Putin come primo ministro e poi dopo le improvvise dimissioni di Eltsin (chissà quante pressioni contrastanti ci sono state su questa decisione arrivata come un fulmine a ciel sereno che non c’entrava niente con la motivazione ufficiale: “la salute molto precaria del presidente”!) Putin assume le funzioni di presidente fino alla sua elezione.

    E’ chiaro che Putin rappresenta gli interessi delle gerarchie militari e dei funzionari statali che vogliono difendere l’unità territoriale della Federazione russa rispetto agli oligarchi ed ai nuovi ricchi; ma oligarchi e nuovi ricchi conservano un grande potere, anche per i loro intrecci con il capitale transnazionale, con le mafie nazionali ed estere e con la polizia privata, oltre che con i legami stretti con la polizia di Stato, creata ex-novo da Eltsin, e con alte gerarchie dell’esercito che lo hanno appoggiato a respingere l’iniziativa militare del “Comitato per la salvezza nazionale” dell’Agosto 1991, in particolare il generale Graciov, diventato ministro della Difesa e principale responsabile della guerra e della sconfitta delle truppe russe in Cecenia.

    Putin, quindi, deve tener conto degli equilibri consolidati, pur se a lungo andare pensa di modificarli, tanto è vero che all’inizio del suo governo e poi del mandato presidenziale nomina ministri liberali, e successivamente getta le basi di un nuovo partito, “Unità della Russia” che raggruppa esponenti di diverse correnti, compresi esponenti di spicco dell’Armata russa, ex rossa. Nello stesso tempo promette battaglia contro le tendenze separatiste bloccando le azioni delle bande armate nel Caucaso con dei successi sul campo. Per tutta risposta le azioni terroristiche si spostano a Mosca dove saltano alcuni palazzi di periferia con centinaia di vittime e poi proseguono con altri atti criminali nella metropolitana, nel cinema per finire alla scuola di Beslam in Ossezia.

    4Cosa sta dietro questi atti terroristici? In primo luogo, il tentativo come già detto di alcune grandi potenze di mettere le mani sulle immense ricchezze della Russia. Ed il modo più fruttuoso per farlo è disgregandola politicamente, come già avvenuto con l’Urss, approfittando del fatto che in Russa vivono decine di minoranze etniche, spesso domate con la guerra nel processo di russificazione ordinato dagli zar (basti pensare alla rivolta di Pugacev descritta nel racconto di Puskin, La figlia del capitano). Il problema delle nazionalità è stato un problema serio per la rivoluzione sovietica e nonostante i miglioramenti apportati, soprattutto nella prima fase dell’Urss, evidenzia diverse contraddizioni territoriali e regionali. D’altra parte, nella storia dell’Occidente industrializzato le contraddizioni nazionali e territoriali sono ben presenti, anzi negli Usa non si usa una mano più leggera di quella usata dagli zar, se si pensa allo sterminio degli indiani oppure ancor oggi allo sfruttamento delle minoranze afro e ispano-americane.

    In secondo luogo, l’azione degli oligarchi spodestati, i quali come metteva bene in evidenza Manlio Dinucci nell’articolo su “il Manifesto” del 10 settembre, finanziano Basaev e vogliono bloccare per altri aspetti la seconda fase della politica di Putin di ripristinare il controllo dello Stato, in forma diretta od indiretta, sulle principali risorse (petrolio, gas, ecc) e di riordinare l’apparato statale secondo una rigida centralizzazione politica e militare, sulla base dell’esperienza storica consolidata sia in epoca zarista (in tal senso un sostegno importante a Putin viene dato dalla Chiesa ortodossa!), ma anche in epoca sovietica. Nei due discorsi pubblici di Putin dopo la strage nella scuola, si mettono in evidenza i nuovi aspetti della politica statuale, militare e delle nazionalità, con il rafforzamento del potere centrale attraverso la nomina di responsabili del presidente presso le regioni autonome, della subordinazione delle autorità regionali militari a quelle centrali, con la riorganizzazione dei servizi di sicurezza, con la nomina di un ministro per le nazionalità e con la riforma del sistema elettorale in senso proporzionale, al posto di quello maggioritario imposto da Eltsin. Putin, ha altresì sottolineato, polemizzando con la Commissione europea, che alcune grandi potenze non accettano che la Russia rivesta nel mondo la funzione che prima aveva l’Urss e che colpirà ovunque, anche all’estero, i nidi del terrorismo. Verrebbe da chiedere dove, se in Georgia che vuole entrare nella Nato (dopo che ha accettato gli istruttori americani per ricostituire il suo esercito!), se in qualche repubblica ex-sovietica dell’Asia centrale, oppure in Turchia? Vedremo!

    In terzo luogo, indipendentemente dalle azioni delle bande terroristiche di Basaev o di altre esistono in diverse regioni (e non solo nel Caucaso) contraddizioni etniche che si intrecciano con quella sociale, generale per tutta la Russia: le masse, con la controrivoluzione di Eltsin, sono state espropriate di ogni diritto e quindi la rinascita della Russia non si può pensare senza il ripristino dei diritti dei cittadini già acquisiti in era sovietica. Si può pensarla, invece, con il potenziamento di questi diritti, considerando che spesso diritti enunciati nella Costituzione erano soffocati dalle pastoie burocratiche e dalla mancata partecipazione delle masse alla vita politica, dal momento in cui i militanti del Pcus (diventato partito-stato e non più avanguardia del proletariato), e soprattutto gli alti funzionari erano quelli che decidevano tutto. Ma ciò richiede la trasformazione dei rapporti di produzione in direzione del socialismo, sebbene ristudiando tutta l’esperienza sovietica, per evitare gli errori altre volte enunciati, a seconda dei diversi punti di vista. In ogni caso in ogni trasformazione bisogna sempre legare il particolare all’universale e d’altra parte non si può sviluppare la crescita delle forze produttive con localizzazioni industriali sbagliate o che arrechino danno ai diversi territori. Altre volte è stato detto che Russia ed Ucraina rappresentano due paesi che sul piano internazionale esprimono le maggiori contraddizioni in senso marxiano perché hanno attualmente forze produttive dotate di un certo sviluppo e rapporti di produzione al contrario arretrati (dopo la capitalizzazione forzata!).

    5 Per concludere, disgregare la Federazione russa come la Federazione jugoslava significa di fatto una ulteriore e più grande guerra alla civilizzazione raggiunta dai popoli slavi, cioè l’inizio della quarta guerra mondiale, considerando la terza, la guerra fredda, vinta dagli Usa sull’Urss. E, pertanto, quando a sinistra, sull’onda di fatti emotivi, come quelli segnati dal terrorismo ceceno e dalla reazione delle forze di polizia, si addossano, stringi stringi, le responsabilità su Putin, sia perché non permette la formazione di “repubbliche sovrane” nel Caucaso, sia perché attua una “reazione esagerata” si crea una gran confusione tra le masse del nostro paese e si prendono fischi per fiaschi oppure si fa il gioco di chi anche da noi vorrebbe frammentare l’Italia in tanti “Stati sovrani” annullando il Risorgimento con tante grazie da parte dei discendenti dell’impero austro-ungarico, dello Stato Pontificio e del Regno delle due Sicilie.

    Catania, 14 settembre 2004

    pasti.org

  2. #2
    Omia Patria si bella e perduta
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    Grazie, poi me lo studio.
    A presto

  3. #3
    email non funzionante
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    l'oceano perduto
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    A parte la chiusura ( che cazzo c'entra l'Italia? ), è un articolo eccellente.
    Grande Soviet.

    La colpa dell'escalation in Cecenia è sicuramente imputabile al maledetto "corvo bianco" El'cjn.
    Ciò non di meno, l'indipendentismo ceceno non esiste più.
    Quello che oggi sussiste è costituito da un insieme di gruppi addestrati nelle vicine basi militari americane, e finanziati da ambienti wa'abiti riconducibili in parte a correnti settarie presenti in Arabia Saudita.
    Il filo che lega quelle certi correnti agli USA non è mai venuto meno.
    Al queda (il database) è null'altro che un nome conferito a una rete di gruppi costituiti e addestrati dagli USA in chiave antisovietica durante la guerra afghana degli anni '80.
    La regia in Cecenia è senz'altro americana.

  4. #4
    emiro omofobo meridionale
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    radio jolla, percolato dei bassifondi
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    per quanto gli americani, abbiano strumentalizato le ragioni dei ceceni, finanziando il terrorismo, in funzione antirussa, con modalità che ricordano, l'appoggio al terrorismo islamico in Afghanista, ai tempi del governo filosovietico, non bisogna dimenticare che la questione cecena esiste, e che i ceceni da secoli subiscono una criminale repressione, da parte delle autorità russe, e purtroppo continuano a subirle, dato che la repressione voluta da putin, non ha colpito solo di terroristi di basaiev, ma anche la maggior parte del popolo ceceno.
    Nè l'appoggio americano al terrorismo, e nè i crimini di putin contro la popolazione cecena, possono risolvere il problema della Cecenia, ma solo l'autodeterminazione del popolo ceceno

  5. #5
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    Citazione Originariamente Scritto da Spartaco
    per quanto gli americani, abbiano strumentalizato le ragioni dei ceceni, finanziando il terrorismo, in funzione antirussa, con modalità che ricordano, l'appoggio al terrorismo islamico in Afghanista, ai tempi del governo filosovietico, non bisogna dimenticare che la questione cecena esiste, e che i ceceni da secoli subiscono una criminale repressione, da parte delle autorità russe, e purtroppo continuano a subirle, dato che la repressione voluta da putin, non ha colpito solo di terroristi di basaiev, ma anche la maggior parte del popolo ceceno.
    Nè l'appoggio americano al terrorismo, e nè i crimini di putin contro la popolazione cecena, possono risolvere il problema della Cecenia, ma solo l'autodeterminazione del popolo ceceno
    I crimini sono stati indubbiamente compiuti: la strategia folle e sanguinaria però non è imputabile a Putin, ma a El'cjn.
    A El'cjn ( o, per meglio dire, ai poteri che lo sorreggevano ) si deve la devastazione della Cecenia.
    In particolare, decapitando e distruggendo il vero movimento indipendentista, quello di Dudayev, El'cjn ha consentito ai fondamentalisti wa'abiti manovrati da Washington di occuparne lo "spazio" politico.
    Quando dico che l'indipendentismo ceceno non esiste più intendo questo.
    L'autodeterminazione resta certo il mezzo, l'unico, per risolvere la questione.
    Ma sarebbe un errore mortale concepire questi assassini al soldo di Washington come personaggi titolati a negoziare alcunchè.
    Oggi come oggi è necessario trovare degli interlocutori per un dialogo, ma isolando le forze imperialiste ed i loro lacchè.

    La lezione di Guevara forse non è stata assimilata dal movimento rivoluzionario globale: di sicuro però è stata accolta e adattata dagli strateghi del Pentagono.
    L'autodeterminazione oggi non può essere considerata un assoluto valore in sé, di conseguenza: allorquando esiste una guerra, un nemico principale, quel nemico va avversato ad ogni costo e con ogni mezzo.
    L'autodeterminazione ha un valore assoluto se persegue fini egualitaristici e non subordinati alle strategie dell'imperialismo statunitense. Almeno oggi ed in condizioni di guerra.
    La questione cecena dovrà essere affrontata in altre condizioni, mai e poi mai concedendo un solo lembo di terra agli yankees.

  6. #6
    Sopra il Nord
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    Grozny nell'era sovietica (apparte qualceh traslocco di Stali che finì nel 57) non ha mai subito suprusi e veniva considerata come una popolazione fratelle assieme alle altre.

    i ribelli non sono altro che trafficanti di droga armi e altro squallore alle dipendenza degli amici atlantisti per destabilizzare la Russia.

  7. #7
    Saloth Sâr
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    Citazione Originariamente Scritto da Capitano Nemo
    A parte la chiusura ( che cazzo c'entra l'Italia? ), è un articolo eccellente.
    Grande Soviet.

    La colpa dell'escalation in Cecenia è sicuramente imputabile al maledetto "corvo bianco" El'cjn.
    Ciò non di meno, l'indipendentismo ceceno non esiste più.
    Quello che oggi sussiste è costituito da un insieme di gruppi addestrati nelle vicine basi militari americane, e finanziati da ambienti wa'abiti riconducibili in parte a correnti settarie presenti in Arabia Saudita.
    Il filo che lega quelle certi correnti agli USA non è mai venuto meno.
    Al queda (il database) è null'altro che un nome conferito a una rete di gruppi costituiti e addestrati dagli USA in chiave antisovietica durante la guerra afghana degli anni '80.
    La regia in Cecenia è senz'altro americana.
    Quoto !!!

 

 

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