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Discussione: Padaniagate

  1. #21
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    AHAHAHAHHAAH!!!! ..anche l'FBI!!!!

  2. #22
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    Vite parallele
    Parlamento, la Lega fa lo scambio di coppie
    Ballaman e Balocchi si assumono le mogli
    Sorpresa: gli scambisti sono sbarcati in politica. Certo, non gli scambisti a luci rosse dei club privé. Almeno che si sappia. Ma due deputati leghisti, forse per marcare una innovazione padana nei confronti del vecchio nepotismo partitocratico, si sono scambiati davvero le mogli. Ognuno ha assunto in ufficio, a spese dello Stato e quindi di noi cittadini, la moglie dell'altro. Una bella pensata che, aggirando gli stucchevoli paletti di una legge bigotta contro il familismo, apre nuovi orizzonti al mantenimento di figli e cugini, generi e cognati, zie e concubine. Senza più il fastidioso ingombro di provvedere al vitto e alloggio dei propri cari, comodamente collocati a carico delle pubbliche casse. I protagonisti della nostra storia, che pare fosse nota a un mucchio di addetti ai lavori rigorosamente omertosi ma non ai cittadini, sono Maurizio Balocchi ed Edouard Ballaman. Due personaggi piuttosto noti.
    Il primo è sottosegretario agli Interni, il secondo questore della Camera. Il primo, un genovese di nascita fiorentina, è stato il fondatore dell'Associazione italiana amministratori di condomini, è parlamentare dal 1992 e della Lega è stato il segretario amministrativo. Il secondo, nato in Svizzera ma cresciuto a Pordenone, è un commercialista finito spesso sui giornali. Prima per aver dato fuoco in diretta tivù al concordato fiscale del governo Dini. Poi per aver battuto Vittorio Sgarbi nell' uninominale anche grazie a volantini in cui invitava i cattolici a votare per lui (insegnante in una scuola salesiana) e non per gli avversari giacché uno era «comunista» e l'altro un «noto libertino frequentatore di pornostar». Quindi per aver proposto per due volte l'abolizione del «made in Italy» da sostituire al Nord con «made in Padania. Per non dire delle sparate sul diritto di Pordenone a diventare una provincia autonoma o di un'intervista al «Sole delle Alpi» dove alla domanda su cosa detestava rispondeva: «Il tricolore». Amici da anni, i due hanno vissuto insieme almeno tre avventure finanziarie. La prima fu la tentata speculazione immobiliare leghista a Punta Salvore, in Istria, che vide come progettista il futuro presidente del consiglio regionale veneto Enrico Cavaliere e come investitori nella «Ceit srl» un sacco di esponenti del Carroccio, a partire dalla moglie di Umberto Bossi: un'operazione disastrosa, finita con la sparizione di due miliardi, il fallimento e la decisione del pm Paolo Luca di contestare all'intero consiglio di amministrazione la bancarotta fraudolenta e il falso, «per aver segnato sui libri contabili della società che le quote ammontavano a cento mila lire, quando in realtà le azioni costavano dai quaranta milioni in su».
    La seconda fu la fondazione, ancora con soci leghisti come Stefano Stefani e il solito Enrico Cavaliere, della società «Santex» per gestire il casinò dell'Hotel Istria di Pola. Una vicenda chiusa con la vendita delle quote. A chi? Giuseppe Ragogna e Stefano Polzot, nel libro «L'aquila tradita», scrivono che «secondo alcuni periodici croati sarebbero state cedute a Moshe Leichner e al figlio Zvi, due americani di origine israeliana arrestati a Los Angeles per una presunta truffa valutaria da 77 milioni di dollari ai danni di un centinaio di risparmiatori ».
    La terza avventura fu quella delle sale Bingo. Maurizio Balocchi puntò sulla «Bingonet», della quale era amministratore unico e azionista di maggioranza. Il secondo, allora vicepresidente della commissione Finanze, sulla «Cristallina», una sua creatura che riuscì a ottenere la concessione di quattro sale: a Pordenone, Treviso, Belluno e Trieste. «Che male c'è?», rispose a chi sollevava perplessità. E spiegò: «Quando ho saputo che gli imprenditori romani volevano venire qui a far soldi mi sono attivato affinché la gestione fosse targata Destra Tagliamento». Finì malissimo.
    Fallì la «Bingonet», nonostante lo sconcertante prestito avuto dalla padana «Credieuronord», la banca di cui Balocchi era consigliere d'amministrazione (!) e i cui soci, piccoli risparmiatori leghisti rovinati, deliberarono «un' azione di responsabilità nei confronti degli amministratori e dei direttori generali per il risarcimento dei danni». E fallì, anche qui con uno strascico di denunce di soci che si ritenevano truffati, pure la «Cristallina». La quale, nata con un capitale di 20 milioni di lire, aveva puntato a rastrellare 14 miliardi e distribuito quote per oltre 4. Ma tra tante disavventure, almeno un'idea è stata per entrambi un affare.
    Quella che i due ebbero subito dopo la vittoria elettorale del 13 maggio 2001, quando la possente ondata liberale e liberista avrebbe dovuto spazzare il vecchio sistema clientelare del passato: perché non fare cambio delle mogli? Professionalmente, si capisce. E così, detto fatto, alla metà di giugno il neosottosegretario agli Interni Maurizio Balocchi prese come collaboratrice Tiziana Vivian, da quattro anni signora Ballaman. E contemporaneamente, la stessa settimana, il neoquestore della Camera Edouard Ballaman arruolò nel suo ufficio a Montecitorio la signora Laura Pace, cioè la nuova compagna che a Balocchi, separato dalla prima moglie, avrebbe di lì a poco dato un figlio di nome Riccardo.
    Dicono ora, nel piccolo mondo della politica, che erano in tanti a sapere. Come in tanti sapevano della scelta del sottosegretario azzurro alla sanità Elisabetta Casellati di assumere come capo della segreteria sua figlia. O del figlio Riccardo e del fratello Franco di Umberto Bossi mandati a fare i consiglieri a Bruxelles e fatti rientrare solo dopo lo scoppio dello scandalo.
    E in tanti ammiccano che insomma, i casi di «aiutini» tra parenti di questa Seconda Repubblica che avrebbe dovuto chiudere con le antiche botteghe familiste, sono diversi. E alludono a chi ha imbarcato mogli e chi cugini, chi cognati e chi amanti e insomma «è sempre andata così». Ecco: fosse davvero così, sarebbe bello se per una volta, a destra o a sinistra, qualcuno facesse «outing» prima di essere scoperto. Ma c'è da sperarci?

  3. #23
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    La Politica Rende Tratto da un articolo di Marina Martinetti
    SOLDI & PARTITI
    HOLDING LEGHISTA PER LA GESTIONE Voti alle politiche: 1.464.301
    Dipendenti: 43
    Rimborsi 2002: 1,81 milioni
    Entrate totali: 9,65 milioni
    Spese: 8,1 milioni

    I conti della Lega Nord sono solidi e consolidati. Come i suoi colleghi, anche il tesoriere Maurizio Balocchi chiede contributi ai suoi deputati e senatori: 3,5 milioni nel 2002, poco meno di un terzo dell’attivo del movimento, pari a 9,6 milioni. Il resto? Quasi 1 milione arriva dal tesseramento; 3,7 dallo Stato come rimborso delle spese elettorali; 1,4 dalle feste e pochi spiccioli, 148 mila euro, dal fund raising effettuato principalmente tra artigiani e commercianti. Quanto basta per dare benzina e nel 2002 ne ha consumata per 9 milioni, a un carro con 43 dipendenti.

    Ma soprattutto quanto basta per chiudere il 2002 senza debiti con il sistema bancario, un utile di 361 mila euro e una liquidità in depositi bancari e postali per 3,7 milioni di euro, che si vanno a sommare agli 1,3 che sono nelle casse delle sezioni. Perché la gestione del movimento di via Bellerio è decisamente centralista: tiene sotto controllo i conti, fino al centesimo, anche delle sezioni territoriali. Tanto da essere l’unico partito a presentare un vero e proprio bilancio consolidato.

    «Siamo nati così, all’insegna della trasparenza» spiega Balocchi. Che, però, al bilancio non ha allegato quello delle due partecipate al 99,99% (lo 0,01% è del segretario Umberto Bossi): la Pontida Fin srl, nata nel ’91 e amministrata dal commercialista Ugo Zanello, è l’immobiliare proprietaria del quartier generale di via Bellerio (per il quale la Lega sta pagando un mutuo di circa 4,5 milioni) e del terreno di Pontida, che valgono circa 8 milioni di euro. E la Fin Group spa, gestita dall’avvocato Matteo Brigandì, che svolge la funzione di holding: ha il 100% di Check up srl (sondaggi d’opinione) e di Padania viaggi, il 99% di Media Padana (concessionaria pubblicitaria), il 90% di Celticon (produzioni video) e il 60% di Ctn compagnia televisiva del Nord.

    Un impero che si traduce, per la Lega Nord, in un netto patrimoniale di 4,6 milioni. Ma nel conto mancano altri tasselli: il quotidiano La Padania, edito dall’Editoriale Nord, cooperativa presieduta da Giuseppe Leoni, che ha chiuso il 2002 in utile di 1 milione, e la Banca popolare Credieuronord, che ha raccolto dai suoi 3.200 soci 52 milioni di euro. «Ma con la Lega non c’entriamo nulla» assicura Piero Franco Filippi, braccio destro del presidente Gianmaria Galimberti. «Siamo solo la banca di riferimento del movimento».

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    Rimborso spese della campagna elettorale per le europee 2004 Tratto da un articolo di Sergio Rizzo
    I partiti costano 200 milioni l’anno
    ...Con una legge approvata nel 2002, che ha fatto gridare allo scandalo, i rimborsi elettorali sono stati portati da 680 lire a un euro l’anno per ogni iscritto alle liste elettorali, che in Italia sono ormai 50.007.650. I soldi finiscono in un fondo, che ammonta a 250.038.250 euro per il quinquennio di durata in carica degli eletti e viene ripartito fra i partiti in proporzione, sulla base dei voti ricevuti. Compresi, quindi, anche i soldi di chi non è andato a votare. Fondi identici a questo vengono attribuiti alle formazioni politiche per le elezioni di Camera, Senato e per le regionali. Così, nell’arco di ogni quinquennio, i partiti ricevono dallo Stato un miliardo di euro, 200 milioni l’anno. Che è ovviamente molto di più di quanto si spenda per le campagne elettorali propriamente dette. Il «rimborso elettorale» sostituisce in questo modo, non senza ipocrisia, il finanziamento pubblico abolito per referendum. Ma senza il quale i partiti non potrebbero sopravvivere. E sarà così anche stavolta. Il Triciclo incasserà quasi 78 milioni. An circa 28. Di Pietro-Occhetto e i socialisti di Gianni De Michelis, 5 milioni a testa. Rifondazione e l’Udc, 15. La Lega Nord poco meno di 13. Ma il vero mito è Carlo Fatuzzo, leader del partito dei pensionati. Nel 1999 spese 12 milioni per la campagna elettorale e incassò 1,2 miliardi di rimborsi. Questa volta ha moltiplicato ancora per cinque: quasi 3 milioni di euro.

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    FINANZIARIA: Verdi denunciano, "marchetta" a Radio Padania
    (ASCA) - Roma, 16 dic - Spulciando tra i commi del maxiemedamento che racchiude la finanziaria i verdi denunciano una "marchetta" a favore di Radio Padania e di Radio Maria.
    Si tratta del comma 218 del maxiemendamento che stanzia a partire dal 2005 un milione di euro "allo scopo di promuovere il potenziamento della strumentazione tecnologica e l'aggiornamento della tecnologia impiegata nel settore della radiofonia". Possono usufruire del contributo i soggetti beneficiari delle disposizioni di cui al comma 190 dell'articolo 4 della legge finanziaria per il 2004. I soggetti in questione, ha spiegato Natale Ripamonti mostrando i riferimenti normativi "non sono tutte le emittenti, come sarebbe giusto, bensì soltanto le 'emittenti radiofoniche nazionali a carattere comunitario'. Con questa dizione esistono in Italia soltanto Radio Padania e Radio Maria".
    Per accedere ai fondi deve essere presentata la domanda entro il 31 gennaio di ciascun anno.
    "E' una chiara marchetta - ha detto Ripamonti - tra le tante che ci sono tra i provvedimenti microsettoriali inseriti in finanziaria".

  4. #24
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  5. #25
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  6. #26
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    Latte nero per la Lega

    Nuova inchiesta a Milano sulla Credieuronord. Per riciclaggio

    di Vittorio Malagutti

    Nel mirino i rapporti tra la banca e una serie di società tra cui quelle di Robusti, ex senatore leghista e leader dei Cobas Giù le mani dalle vacche padane, scandivano in coro i leghisti ai tempi eroici (per loro) della guerra sulle quote latte. E poi: «Nessuno tocchi gli allevatori del Nord», intimavano al mondo, con il leader Umberto Bossi che minacciava di guidare 50 mila manifestanti sotto le finestre degli eurocrati di Bruxelles. L'esercito è rimasto a casa. I Cobas del latte hanno rinunciato al viaggio. Perché muoversi? A Milano, nel bel mezzo della Padania, c'era già una banca che lavorava per loro. Una banca di sicuro affidamento, leghista al 100 per cento: la Credieuronord, pronta a mettersi al servizio degli allevatori più irriducibili, quelli che proprio non ne volevano sapere di rispettare le norme imposte dall'Europa all'Italia sulla produzione di latte. Un grande affare. Un giro da decine di milioni di euro. Ed è proprio seguendo le tracce di questi movimenti di denaro che la procura di Milano è arrivata a ipotizzare il reato di riciclaggio.

    I soldi neri del latte, quelli incassati dribblando la legge sulle quote, venivano incassati dai produttori grazie anche all'attiva collaborazione del piccolo istituto sponsorizzato da Bossi e dai suoi. Questa, in estrema sintesi, la pista seguita dai magistrati milanesi, che si sono mossi anche in seguito a un voluminoso rapporto dell'Ufficio italiano cambi, l'ente a cui spetta la sorveglianza su società finanziarie e affini.

    È un'altra brutta storia che tira in ballo la Credieuronord. Un'altra tegola per i vertici della Lega che cinque anni fa avevano lanciato l'idea di una banca popolare tagliata su misura per il popolo padano. E che da mesi tentano di limi tare le conseguenze politiche, ma anche le possibili ricadute giudiziarie, di quella fallimentare avventura nel mondo della finanza. Si spiega anche così il clamoroso voltafaccia su Antonio Fazio. Le critiche intransigenti del recente passato si sono trasformate in un appoggio incondizionato del governatore di Bankitalia, l'uomo che poteva decidere il destino del piccolo istituto leghista.

    Nel consiglio di amministrazione di Credieuronord trovarono posto alcuni colonnelli del partito di Bossi, come Maurizio Balocchi, Stefano Stefani e Giancarlo Giorgetti, ma nell'autunno del 2004 solo una complicata operazione gestita dalla Popolare di Lodi allora guidata da Gianpiero Fiorani, ha evitato il crack. Scampato pericolo? Pare di no, perché il salvataggio, gestito con la supervisione di Fazio, si è fermato a metà del guado. Tutta colpa dei guai che hanno costretto alle dimissioni il cavaliere bianco Fiorani. Risultato: centinaia di militanti leghisti attendono ancora, come gli era stato promesso un anno fa, di cambiare le loro azioni della vecchia Credieuronord con quelle del gruppo di Lodi, nel frattempo, ribattezzato Popolare italiana.

    Insomma, la brutta storia della banca padana non è ancora arrivata all'ultimo capitolo. E la nuova indagine per riciclaggio riapre vecchie ferite ai vertici della Lega.

    Anche perché molte operazioni finite nel mirino dei magistrati riconducono a una galassia di società gestite o controllate da Giovanni Robusti, leader storico dei Cobas del latte, già senatore leghista, candidato del partito di Bossi alle ultime elezioni europee. Dopo una breve apparizione nella primavera del 2003 (amministratore per soli due mesi). Robusti siede dall'aprile dell'anno scorso nel consiglio di amministrazione della Credieuronord, che da poco ha cambiato nome in Euronord holding. Il suo nome spunta anche dalle carte dell'ispezione di Bankitalia alla banca leghista (marzo-maggio 2003). I funzionari della Vigilanza avevano segnalato «gravi carenze nell'erogazione del credito» dovute anche alle facilitazioni accordate a soggetti definiti già «in sofferenza presso il sistema». In altre parole, i vertici dell'istituto avrebbero concesso finanziamenti ad alto rischio. E gli ispettori indicavano anche Robusti tra i beneficiari di questi prestiti.

    Del resto va segnalata anche un'altra coincidenza che non appare proprio casuale. Dopo la sede di Milano e uno sportello di tesoreria comunale a Erbusco (Brescia), nel marzo del 2003 la Credieuronord ha aperto la sua seconda filiale a Treviso.

    Da quelle parti non mancano certo i militanti leghisti, ma c'è anche il quartier generale della Finanziaria Giovanni Robusti (in sigla FGR spa). Anzi, di più: la società di famiglia dell'uomo simbolo dei Cobas del latte ha cominciato a lavorare giusto un paio di mesi dopo l'inaugurazione della nuova agenzia bancaria, con tanto di cerimonia alla presenza di Bossi.

    L'indagine si collega a quella aperta dalla procura di Saluzzo sulle truffe all'Unione europea.

    I guai di Robusti però non nascono a Treviso. A Saluzzo, provincia di Cuneo, un'altra cittadina del profondo Nord, il procuratore Maurizio Ascione lavora da mesi all'inchiesta "Black milk", latte nero, un titolo che è già un programma. Gli investigatori piemontesi sospettano che decine e decine di allevatori siano riusciti ad aggirare le norme sulle quote latte grazie a un ingegnoso artificio finanziario messo in pratica da numerose società, quasi tutte cooperative. In pratica, queste ultime compravano per intero la produzione delle stalle clienti, compresa la quantità in eccesso rispetto ai tetti fissati dalla legge, per poi girarla ai trasformatori, cioè le imprese casearie. A questo punto, per aggirare i controlli, il latte extra quota veniva comunque pagato dalle cooperative prime acquirenti ai produttori sotto forma di corrispettivo per altri servizi, ovviamente fittizi.

    Nel 2003 con il cosiddetto decreto Alemanno sulle quote latte, duramente contestato in Parlamento dalla Lega che arrivò a minacciare la crisi di governo, le norme in materia vengono in parte modificate. Gli artifici contabili utilizzati fino ad allora diventano più difficili da applicare. Niente paura. Si cambia strada. Le cooperative acquirenti vengono in parte sostituite da alcune finanziarie che, con il meccanismo della cessione dei crediti, riescono comunque, secondo la ricostruzione degli investigatori, ad aggirare le multe per la produzione in eccesso.

    Il sistema funzionava. Alla grande. Tanto che in base alle stime della Guardia di Finanza gli allevatori coinvolti nell'affare avrebbero guadagnato in totale oltre 150 milioni di euro. Tra il 2001 e il 2004 la moda del Black milk si era diffusa da un capo all'altro della Padania. Dal Monferrato alla Marca trevigiana, da Mantova, Crema e Cremona fino alle campagne torinesi. Le aziende sotto inchiesta sono molte decine e tra le carte dell'indagine spunta più volte il nome di Robusti che negli ultimi anni aveva promosso un gran numero di aziende, in buona parte cooperative, con lo scopo dichiarato di commerciare latte all'ingrosso fornendo anche servizi di consulenza agli allevatori. Per esempio le Coop Latte Savoia Uno, Savoia Due e Savoia Tre, tutte con sede a Saluzzo. E poi le cugine Savoia Quattro e Savoia Cinque, con base poco distante, a Carmagnola in provincia di Torino. Della stessa galassia fanno parte anche una mezza dozzina di cooperative (Coop produttori latte della Pianura Padana) attive a Crema e dintorni, un territorio ad altissima densità di allevamenti dove ha messo radici il movimento di Robusti, nativo proprio di quella zona.

    A Treviso, invece, la società controllata dall'ex senatore leghista si era specializzata in quella che, nella relazione di bilancio, veniva definita «anticipazione di crediti sul latte». Somme importanti. Nei conti della Finanziaria Giovanni Robusti, alla voce "crediti ceduti da terzi" viene indicata la cifra di 60 milioni di euro. Poche pagine più avanti l'amministratore unico, cioè Robusti, segnala che la Guardia di Finanza ha richiesto l'esibizione di scritture contabili e rapporti bancari, «nell'ambito di indagini in corso per un procedimento penale circa la gestione del latte fuori quota a carico di un cliente» della società. A quanto pare, insomma, l'inchiesta Black milk ha finito per colpire anche la finanziaria personale di Robusti. A questo punto, però, è l'indagine milanese che potrebbe riservare novità clamorose. Tutto ruota intorno alla Credieuronord. Gli investigatori hanno individuato flussi di denaro in entrata e in uscita riconducibili a società coinvolte nell'inchiesta nata a Saluzzo. Da qui l'ipotesi di riciclaggio. Le operazioni sospette sono state tutte registrate come movimenti in contanti. Un fatto piuttosto singolare, visto che riguarda milioni e milioni di euro.

    C'è un elemento in più che ha finito per attirare l'attenzione dei magistrati. Le modalità di queste transazioni bancarie appaiono molto simili a quelle che pochi mesi hanno portato alla richiesta di rinvio a giudizio di Giancarlo Conti, ex direttore generale di Credieuronord, e del funzionario Alfredo Molteni. Secondo i pm Giulia Ferretti, Margherita Taddei e Riccardo Targhetti, la banca promossa dalla Lega si era prestata a riciclare il denaro sottratto a una lunga serie di procedure fallimentari dalla commercialista Carmen Gocini, per anni braccio destro del professionista milanese Giancamillo Naggi, indagato per falso e peculato.

    Parte dei soldi rubati era andata ai fratelli Angelo e Caterino Borra, ex proprietari di Radio 101, e questi avevano poi provveduto a versare oltre 13 milioni di euro su conti della Credieuronord. Le operazioni, tutte interne alla banca, venivano fatte passare come prelevamenti in contanti da un conto e versamenti su altri, sempre cash. Lo scopo? «Ostacolare», si legge nelle carte giudiziarie, «l'individuazione della provenienza illecita del denaro». Lo stesso schema torna d'attualità adesso. Questa volta però è di scena il latte. Latte nero.

  7. #27
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    e si, mi dissero un giorno, porta da noi i tuoi soldi abbiamo degli interessi da favola. stavano creando la credieuronord.ma per errore non mi sono mosso. che che decisione giusta che presi quel giorno.noi eravamo contro la creazione di una banca, i soldi bisognava utilizzarli x altri scopi ma ci dissero voi pensate solo alla secessione siete dgli imbecilli. è forse lo eravamo e lo siamo anche adesso pero' non stiamo piangendo i nostri risparmi evviva chi è imbecille e secessionosta

  8. #28
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    A proposito di soldi.Si potrebbe fare chiarezza sulla faccenda della donazione da 250.000 euro OBBLIGATORIA (oltre all'assegno da 25.000) per poter partecipare alle elezioni? E un povero e onesto militante dunque è escluso in partenza. Certo che quella sera si è visto un via vai di valigie che nemmeno al grand hotel... W paolino

  9. #29
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    In effetti: W Paolino. noi alla Cap lo gridiamo sempre...

  10. #30
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    Paolino sei un mito!!..e non dimenticarti della valigia!

 

 
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