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15/1/2007 - IL FILONE INTER-TELECOM
Caro Borrelli,
ci dica quando quando quando

In attesa che la procura di Napoli cali l’asso - associazione a delinquere per Moggi e la Gea, sette arbitri e nove assistenti sotto tiro - mi chiedo che fine abbiano fatto le indagini dell’esimio dottor Borrelli sul fronte Telecom-Inter-De Santis-Vieri. Massimo Moratti ha ammesso di aver fatto pedinare Vieri, ma su De Santis è stato molto vago. Il caso era stato sollevato, il 31 agosto 2006, da Claudio Sabelli Fioretti sul Magazine del Corriere della Sera. Domanda: Metteste sotto sorveglianza l’arbitro De Santis. Risposta di Moratti: «Una persona si offrì di farlo. Conosceva alcune persone in grado di darci informazioni perché lavoravano al ministero doveva aveva lavorato De Santis. Ma non ne uscì nulla».

Chi scrive riprese l’argomento su La Stampa del 22 settembre 2006, nell’ambito di un’intervista al presidente nerazzurro. Domanda: Eppure faceste pedinare De Santis. Risposta: «È ormai un episodio di dominio pubblico. Le rispondo come risposi a Claudio Sabelli Fioretti: un tizio si offrì di farlo. Era in contatto con persone del ministero presso il quale aveva lavorato De Santis. Potevano offrirci delle informazioni. Risultato: zero su tutta la linea. E comunque, c’è un’inchiesta in corso. Meglio attendere gli esiti».

La «persona», il «tizio» non sono fantasmi: sono Giuliano Tavaroli, ex responsabile della sicurezza di Telecom, ed Emanuele Cipriani, boss dell’agenzia di investigazioni Polis d’Istinto. Furono loro a proporsi o fu qualcuno a contattarli? Telecom, cioè Inter. Inter, cioè Telecom. Fior di sinergie, mica pizza e fichi. Il presidente di Telecom, all’epoca dei fatti, era Marco Tronchetti Provera, azionista, tifoso e consigliere dell’Inter; vicepresidente esecutivo, Carlo Orazio Buora, vice presidente (allora) dell’Inter; consigliere Massimo Moratti (basta la parola). Per tacere del professor Guido Rossi, commissario straordinario della Figc sino al burrascoso ritorno in Telecom, e di tutti i dossier o report («Operazione ladroni», «Pratica Como) che grondano di intercettazioni palesemente illegali, Carraro, la Gea, Moggi, la Juventus eccetera eccetera.

Qui non si tratta di scovare un (eventuale) scandalo per coprirne un altro, quello che, in base alle responsabilità della coppia Moggi-Giraudo e alle relative sentenze, ha portato la Juve in B. Si tratta, più semplicemente, di far luce su un lato tuttora oscuro di una vicenda collaterale ma non marginale. L’ha sviscerata anche Mario Sconcerti sul «Corriere della Sera» del 13 gennaio: «Si va verso la conferma che Tronchetti Provera aveva una security molto attiva e invasiva, e che questa più volte si è occupata di calcio. Sono stati pedinati un giocatore (Vieri) e soprattutto un arbitro (De Santis)». Non solo (ancora Sconcerti): «Si è patteggiato per un reato (passaporto falso) che altri hanno fatto ma molti altri no. Avere qualcuno che chiede se sia questa (l’Inter) la squadra che può sostituire la qualità morale perduta dalla Juventus significa essere davanti a una domanda scomoda e a una risposta molto più pericolosa di sei mesi fa». Il riferimento è duplice: parte da Recoba-Oriali e arriva alla delibera con cui il Tar del Lazio ha deciso di entrare nel merito del ricorso presentato dall’assocazione L’Ego di Napoli contro il «trasferimento» dello scudetto 2005-2006 dalla Juventus all’Inter, un atto che personalmente ho censurato - in buona compagnia, fra parentesi - sin da quando Rossi e i suoi saggi (?) cominciarono a fabbricarlo.

Ci siamo. Come sempre, quando si parla di etica, il tifo espelle la ragione. Così facendo, si ritorna - o si resta - selvaggi. Non ce n’è per nessuno. La Juve ha peccato e pagato: per i suoi tifosi, troppo; per i suoi avversari, troppo poco. Qualcuno può scagliare la prima pietra? L’Inter è fuori da nastri e bobine, e di questo le va dato atto, ma finché la giustizia sportiva (Borrelli) e quella ordinaria non dipaneranno la matassa di Telecom, continueremo ad accumulare scheletri e sospetti. Tanto per dire: fossi un familiare di Facchetti, chiederei io alle procure di tirar fuori le intercettazioni di cui si riempie la bocca l’ex designatore Bergamo. Ci sono? E allora sentiamole: se la differenza risiede nei contenuti e non nelle frequenze, e proprio lì risiede, che paura c’è? Giacinto, adesso che non può più difendersi, non merita che qualcuno giochi con la sua carriera. Fossi un tifoso interista, spronerei io Borrelli e gli altri inquirenti: per favore, datevi una mossa.

Aspettando i fuochi d’artificio di Napoli. Sempre che siano fuochi.