Israele. La Lobby vuole la sua testa, dopo la batosta presa dall'esercito israeliano in Libano ad opera degli Hezbollah
TEL AVIV - Il rapporto preliminare della Commissione Winograd sulla Guerra in Libano è uno dei più pesanti mai pubblicati nella storia di Israele nei confronti di un governo. Nelle sue pagine torna ripetutamente la parola "fallimento". Non figura una richiesta perentoria di dimissioni nei confronti del premier Ehud Olmert e del ministro della difesa Amir Peretz (mentre il capo di stato maggiore Dan Halutz le ha già rassegnate): ma il testo redatto da Winograd non lascia loro molto spazio di manovra.
La Commissione non mette in dubbio che di fronte alla provocazione compiuta dagli Hezbollah libanesi il 12 luglio scorso quando bombardarono la Galilea, rapirono due soldati e ne uccisero altri otto il governo Olmert avesse il diritto di esaminare la possibilità di una reazione armata pesante. Ma si trattava, ricorda, di una decisione grave, che avrebbe potuto (come avvenne) innescare una guerra.
Sarebbe stato opportuno studiare la situazione in Libano, soppesare in maniera approfondita la opportunità di abbandonare "la politica più remissiva di fronte alle provocazioni degli Hezbollah" adottata negli anni precedenti dai premier Ehud Barak ed Ariel Sharon, verificare se le retrovie israeliane fossero pronte di fronte ai probabili bombardamenti di razzi libanesi, considerare il fatto che ai vertici di governo c'erano persone relativamente inesperte.
La Commissione lamenta anche che non sia stata discussa la possibilità di reagire inizialmente all'attacco degli Hezbollah con mezzi politici, o diplomatici. Invece, nota la Commissione con "sbigottimento", al governo israeliano bastarono nella sera del 12 luglio due ore e mezzo per "intraprendere una operazione militare che deviava in modo significativo dalla politica precedente, tutto ciò in maniera affrettata, senza che fossero stabiliti obiettivi chiari e concordati". I responsabili di governo pensavano che le forze armate fossero pronte al confronto, ma così non era secondo la Commissione.
Già nei primi giorni di combattimento esaminati (fra il 12 e il 17 luglio) fu subito uno sfacelo. Il premier Ehud Olmert non chiese alle forze armate piani alternativi, il ministro della difesa un ex sindacalista digiuno di questioni militari, entrato in carica appena due mesi prima - non riuscì a colmare le proprie lacune.
Comandò una campagna militare che, in sostanza, non comprendeva. Il generale Halutz mancò al suo dovere di illustrare ai vertici politici le implicazioni delle decisioni che via via prendevano: "Eppure esclama con indignazione la Commissione Winograd sapeva di avere di fronte persone inesperte". In definitiva, conclude la Commissione, il responsabile principale resta comunque Ehud Olmert. "E' lui responsabile scrive che fu decisa una operazione senza un piano ben definito, senza un tracciato strategico chiaro. E' lui il responsabile che gli obiettivi della campagna non furono fissati con chiarezza e prudenza. E' lui il responsabile per non aver verificato se l'esercito fosse pronto, né la situazione nelle retrovie. Ci fu dunque un grave fallimento nel ricorso alla ponderatezza, alla responsabilità, alla prudenza".