Abolire lo Stato e le Banche Centrali per tornare ad una moneta “onesta”, presumibilmente costituita da oro fisico: è questo il sogno dei libertari e dei sostenitori della cosiddetta scuola austriaca di economia. Ma è davvero un sogno, o sarebbe forse meglio dire un incubo? Pensate un po’ a cosa accadrebbe se lo Stato italiano fallisse: da quel momento, milioni di individui che vivono in condizioni relativamente agiate, si troverebbero improvvisamente a fare una fatica oggi inimmaginabile per mettere sotto ai denti anche un solo pasto al giorno. Milioni di individui non avrebbero più le cure di cui necessitano. Milioni di padri e di madri non potrebbero più soddisfare i bisogni dei propri figli. Certo, la colpa di un simile male non sarebbe da ascrivere all’ amara medicina austriaca, bensì a quello scellerato keynesismo e a quello statalismo selvaggio che hanno, negli anni, dato vita a questa depressione economica dalle dimensioni ancora difficilmente quantificabili. Ma può avere successo una teoria economica (ed il movimento politico che se ne fa portatore) il cui obiettivo primo è di fatto quello di ridurre buona parte del paese in miseria per ripartire poi da basi solide ed oneste e costruire così un futuro migliore?
Immaginare riforme e mutamenti tanto drastici e repentini senza rivolgere al contempo il proprio sguardo anche alle conseguenze disastrose che ne deriverebbero per i più, cercando di trovare delle contromisure per quanto possibile adeguate, sembra proprio un progetto dal respiro corto e destinato all’insuccesso. Pensare del resto che sarà la potenza dei fatti a garantire un futuro radioso al libertarismo, i cui fautori potrebbero così anche infischiarsene del favore delle masse, significa ignorare la storia del nostro paese, molto più propenso in casi simili ad innamorarsi di un Mussolini che non ad intraprendere la strada di un mercato finalmente libero e concorrenziale. Si dirà che a patire le conseguenze di un possibile default sarebbero coloro i quali non hanno seguito gli insegnamenti degli austriaci, disfacendosi delle banconote di Stato per incamerare oro fisico (della serie tanto peggio per loro!), ma anche in questo caso siamo innanzi ad una visione ristretta, dimentica del fatto che per comperare oro (la moneta “vera”) serve tanta, troppa moneta falsa, ammesso e non concesso che in uno scenario post default (con conseguente esplosione delle tensioni sociali) sia davvero possibile difendere il proprio oro con lo schioppo che abbiamo riposto nell'armadietto.
Il libertario finisce insomma spesso con l’essere avulso dalla realtà che lo circonda, una sorta di marziano che finisce con l'inimicarsi un pò tutti. E se simili considerazioni non possono neppure portarci – è persino superfluo sottolinearlo - a sostenere quindi lo Stato e le Banche Centrali, che con i prestiti “monstre” degli ultimi giorni hanno mostrato una volta di più la propria natura truffaldina, la campagna elettorale per le presidenziali statunitensi portata innanzi da Ron Paul negli Usa mostra come sia possibile comunque intraprendere una strada di maggior moderazione, che punti a stravolgere il sistema dall’interno senza toni apocalittici ed il continuo rifiuto del confronto politico. Lo stesso Mises del resto potrebbe essere definito un "moderato", ben lontano da certo sterile settarismo: è la strada che i libertari italiani hanno sinora sempre evitato di intraprendere. E’ la strada che, nonostante l’Italia non abbia la storia e la cultura degli Usa ed il nostro sistema partitico sia da tempo tutto fuorché una “fucina di idee”, dovremmo adesso iniziare tutti assieme. Lo spazio per farlo c'è, anche se magari piccolo: cerchiamo di non sprecare questa clamorosa, per quanto tragica occasione fornitaci dalla storia.
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