Lo statista italiano comunica:In Origine Postato da Shaytan
Cosparse di benzina dipendente, condanna quasi dimezzata
Il secondo processo d'appello riduce la pena da 30 a 16 anni di reclusione. Esclusa l'aggravante dei motivi abbietti. La figlia dell'uomo, di origine rumena, alla lettura della sentenza è scoppiata a piangere
MILANO - Condannato in primo grado a 30 anni di reclusione, condannato in Corte d’Assise d’Appello alla stessa pena. Poi l’intervento della Cassazione che definisce il verdetto d’appello non adeguatamente motivato e rinvia gli atti per una seconda sentenza in appello.
E la seconda sentenza, pronunciata oggi, decide che aver dato fuoco a un proprio dipendente che chiedeva un’assunzione, vale “solo” una condanna a 16 anni. Che i 30 anni precedentemente inflitti sono troppi, che i motivi abbietti non sussistono.
I fatti: nel marzo del 2001 un piccolo imprenditore, Cosimo Iannece diede fuoco a un suo dipendente rumeno, Jan Casacu, piastrellista. L’uomo, avendo un contratto a tempo determinato, chiedeva l’assunzione definitiva. Dalla richiesta nacque un litigio al quale l’imprenditore mise fine, gettando benzina sul suo dipendente e accendendo un fiammifero.
Nell’udienza di oggi, a tre anni di distanza, Iannece ha affermato poco prima della sentenza “di non aver avuto alcuna intenzione di uccidere l’uomo”. Precisando: “Più che i 30 anni di reclusione già ricevuti mi hanno fatto male le parole degli avvocati di parte civile. Io sono andato a Genova dove era ricoverato Casacu e ho visto che le ustioni non erano poi così gravi”. Tant’è che l’uomo a causa di quelle ustioni "non poi così gravi" è morto.
Alla lettura del verdetto, una delle figlie, universitaria (così come l’altra) è scoppiata a piangere. La madre, prima ha cercato di consolarla, poi anche lei si è lasciata prendere dallo sconforto e ha gridato “E’ una vergogna, una vergogna”. Confermato invece il risarcimento danni stabilito in primo grado: 400 milioni di vecchie lire per ciascun familiare.
Il sostituto procuratore, Bruno Fenizia, ha annunciato che valuterà se fare appello o meno, sulla base delle motivazioni della sentenza. Perplessi anche gli avvocati di parte civile, Milena Mottalini e Ugo Gianageli che ritengono la riduzione di pena eccessiva.
L’imputato alla lettura della sentenza non ha pronunciato parola. Per lui hanno parlato, invece, gli avvocati difensori: “Sentenza umana”, hanno commentato Giovanni Aricò e Alberto Telamone. I legali avevano sostenuto la mancanza di volontà di uccidere del loro assistito.
Per la Corte d’Assise d’Appello, dopo sei ore di camera di consiglio, l’imprenditore è colpevole. Ma, evidentemente, bruciare un uomo perché chiede di lavorare, non è abbastanza abietto.
(4 NOVEMBRE 2003, ORE: 21:20)
Giusto cacciamoli via a calci nel culo questi magistrati incompetenti
«Il mandato d’arresto europeo è un meccanismo che nasconde un progetto dittatoriale. Un’Europa del terrore governata dai magistrati. Una follia».
U. Bossi, Ministro delle Riforme, Repubblica Italiana (Corriere della Sera, 4 novembre)
Cacciamoli via.