Le unioni di fatto ed i cattolici

Roma. Romano Prodi ha detto che il suo pensiero è stato distorto: i Pacs “non hanno nulla a che fare con l’impostazione di Zapatero: sono in linea con le proposte di Aznar, confortate peraltro dalla Chiesa spagnola”.
La Chiesa italiana però è contraria, e la Conferenza episcopale ha fatto sapere che “la famiglia non è un bene disponibile per nessun singolo o nessun gruppo organizzato”; ma le situazioni di fatto esistono, sono molteplici, necessitano di forme di riconoscimento: secondo la Cei basta “lo spazio lasciato dal diritto civile e dalla creatività dei giuristi, purché non si vada a mettere in discussione valori e principi essenziali per la sussistenza stessa della società”.
No ai Pacs, quindi, sì al diritto privato, no alla riproduzione in scala della famiglia, dicono i cattolici.
Ne è convinto anche Giorgio Rumi, ordinario di Storia contemporanea alla Statale di Milano, cattolico, ex consigliere Rai: “Il matrimonio è l’unione di un uomo e di una donna, previsto dalla Costituzione e dalla nostra storia – spiega al Foglio – il resto riguarda altre forme di convivenza, rispettabilissime per chi vi si ravvisa, ma sono fatti privati, lo Stato non c’entra e non può quindi diventare una faccenda politica e ideologica, non può essere una bandiera”.
Sono fatti privati ma richiedono una tutela: l’assistenza in ospedale, la casa, la pensione di reversibilità, ci sono diritti che non vanno negati, ci sono situazioni stabili di affetto e solidarietà di cui ci si deve occupare.
“Certamente l’affettività di due esseri umani ha bisogno dell’intervento del diritto privato, che di volta in volta può intervenire con una regola, con una legge ordinaria, con un miglioramento. Ma non esistono solo i diritti delle persone, andrebbe preso in considerazione il valore sociale di quel che fanno, e allora io vorrei che si sostenessero prima di tutto il matrimonio, i giovani sposi, i figli”.
Anche Mino Martinazzoli, ultimo segretario della Dc, condivide la distinzione di Giorgio Rumi:
“Non si deve inventare un altro tipo di famiglia, un sottoinsieme del matrimonio: io sono cattolico e per me il matrimonio è un sacramento indissolubile; detto questo, sono refrattario alle polemiche in corso: Romano Prodi non ha parlato di Zapatero, ma ha pronunciato una sigla, Pacs, a cui sono legate tra l’altro nove diverse proposte di legge, forse bisognerebbe leggerle prima di buttarsi in discorsi da campagna elettorale”.
Martinazzoli dice al Foglio che “si deve pensare a un’eventuale legislazione in materia, ed è irrilevante che si tratti di diritto pubblico o privato: bisogna sempre tener presente però che la famiglia è un’altra cosa, nessuna confusione va concessa, e allora per prima cosa bisognerebbe permettere un dibattito veritiero e non catastrofico e fasullo come quel che si è letto sui giornali in questi giorni”.

No al simil matrimonio
Due sorelle anziane, due vecchi cugini, due amici che decidono di dividere la pensione e le spese, di dividersi l’assistenza: Romano Prodi ha detto che “ci sono milioni di persone che hanno il problema di sistemare le conseguenze civili della loro unione; il 96-97 per cento di loro non ha nulla a che vedere con problemi omosessuali, sono persone che vivono insieme da anni, che hanno problemi patrimoniali, sull’appartamento, sulle pensioni”.
La storica Lucetta Scaraffia, cattolica, si trova “d’accordo con la regolamentazione delle convivenze, con una legge che garantisca alcuni diritti, come quello alla casa, senza però che prenda la tinta di un Pacs per omosessuali, di un simil matrimonio: dev’essere invece un modo per affrontare la vita e i problemi economici, e potrebbe essere una salvezza, ad esempio, per le persone anziane”.
Non per una coppia eterosessuale, “che può tranquillamente sposarsi in municipio o godere della tutela per il more uxorio”.
Non per gli omosessuali, “che potranno certamente usufruirne, ma non come se fosse uno speciale matrimonio civile pensato apposta per loro”.
Una caricatura del matrimonio, la relativizzazione della famiglia: per molti cattolici è questo il rischio dei Pacs.
Secondo Luisa Santolini, presidente del Forum per le famiglie, il Pacs è “il tentativo ideologico di destrutturare il matrimonio su cui si fonda la nostra società, e senza nemmeno rispettare il sentire della stragrande maggioranza dei cittadini, per i quali la famiglia è ancora un valore e andrebbe sostenuta, non omologata a qualunque altra scelta privata che diventa poi modello”.
E allora che si fa, come si tutela chi ne ha bisogno? “Vanno cercate soluzioni nel diritto privato, ha ragione Giorgio Rumi – dice la Santolini al Foglio – si deve ragionare sui singoli casi, ma non si possono riconoscere convivenze omosessuali come fossero un paradigma, un piccolo matrimonio; allora tutte le situazioni di solidarietà e affetto dovrebbero rientrare in questi patti: due suore che dividono l’appartamento, due amici che studiano all’università, e non credo che lo Stato possa reggere tutto questo, soprattutto credo che sia più urgente aiutare le famiglie, invece di trascurarle”.

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