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Discussione: "... In Principio..."

  1. #1
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    Predefinito "... In Principio..."

    Non volendo incorrere in un indecoroso OT, avendo seguito con un certo interesse la dottissima discussione sulla teoria dell’evoluzione e le sue dissonanze e/o consonanze con la concezione creazionistica, non essendo mia intenzione distogliere gli schermidori dalle loro schermaglie dialettico-filosofiche, inauguro il mio apparire in queste plaghe del virtuale ponendo un quesito. Nel far ciò, a mò d’incipit, attingo dal Thread sull’evoluzione:

    posto che “prima di Tutto” non v’era né tempo né spazio, atteso che Dio è ritenuto eterno e increato, cioè il suo esistere ed essere dovettero necessariamente precedere l’incipit della Bibbia (in principio) ed avendo appreso dai dottissimi interventi che impregnano quelle pagine del forum che “non ha senso parlare di” […] un prima, ma esordendo il Pentateuco, nel suo primo libro, appunto con la locuzione In principio, domando se possa essere ritenuto sensato e valga la pena porsi almeno il quesito di cosa fosse e cosa permeasse ciò che necessariamente precedette il principiare del Tutto, giacché ciò atterrebbe esclusivamente a Dio stesso?
    Lo domando perché la Creazione stessa potrebbe essere il risultato non di un atto d’amore del Creatore, ma istigata o indotta o, meglio ancora, voluta da Dio per mitigare la Sua profondissima solitudine e lenire così il Suo profondissimo intimo dramma: Il dramma è Dio.

    Ringrazio in anticipo per i validissimi contributi che vorrete apportare.

  2. #2
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    Citazione Originariamente Scritto da Voy_ager Visualizza Messaggio
    Non volendo incorrere in un indecoroso OT, avendo seguito con un certo interesse la dottissima discussione sulla teoria dell’evoluzione e le sue dissonanze e/o consonanze con la concezione creazionistica, non essendo mia intenzione distogliere gli schermidori dalle loro schermaglie dialettico-filosofiche, inauguro il mio apparire in queste plaghe del virtuale ponendo un quesito. Nel far ciò, a mò d’incipit, attingo dal Thread sull’evoluzione:

    posto che “prima di Tutto” non v’era né tempo né spazio, atteso che Dio è ritenuto eterno e increato, cioè il suo esistere ed essere dovettero necessariamente precedere l’incipit della Bibbia (in principio) ed avendo appreso dai dottissimi interventi che impregnano quelle pagine del forum che “non ha senso parlare di” […] un prima, ma esordendo il Pentateuco, nel suo primo libro, appunto con la locuzione In principio, domando se possa essere ritenuto sensato e valga la pena porsi almeno il quesito di cosa fosse e cosa permeasse ciò che necessariamente precedette il principiare del Tutto, giacché ciò atterrebbe esclusivamente a Dio stesso?
    Lo domando perché la Creazione stessa potrebbe essere il risultato non di un atto d’amore del Creatore, ma istigata o indotta o, meglio ancora, voluta da Dio per mitigare la Sua profondissima solitudine e lenire così il Suo profondissimo intimo dramma: Il dramma è Dio.

    Ringrazio in anticipo per i validissimi contributi che vorrete apportare.
    Personalmente, in quanto francescano (e sappiamo quanto san Francesco fosse diffidente verso una teologia puramente speculativa, alla fine fonte di divisioni, elucubrazioni mentali che non servono niente e a nessuno e non ultimo a porre in rilievo la propria cultura con molto orgasmo per il proprio orgoglio) non so rispondere a questa domana, e vorrei non rispondere.
    Conosco un Dio che ha creato ogni cosa per amore, per amore si è rivelato all'essere umano in molti modi diversi, non ultimo in forte pienezza si è rivelato in Gesù Cristo, per opera del quale abbiamo la redenzione, la liberazione, che ci invita ad ogni liberazione e a fondare la nostra vita sull'amore, dato e accolto.
    Tutto questo non mi pare in contraddizione con l'evoluzione o qualsiasi altra teoria scientifica.

    Per il resto diffido da certi teologismi e sopratutto, come diffido dell'accanimento terapeutico, diffido dell' "accanimento teologistico".

    Un po' di sano "silenzio" che non vuole spiegare, ma accogliere, sarebbe salutare.

    Pace & bene.
    Soprattutto BENVENUTO.

  3. #3
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    Io non ho capito la dottissima domanda.
    B.

  4. #4
    simposiante
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    Cm soleva dire Aristotele Dio non può che essere eterno, immutabile e puro atto, la sua stessa perfezione gli impedisce di amare altro che non sia lui stesso: è l'universo in quanto imperfetto che ama Dio, è l'universo che muovendosi tende alla perfezione senza poterla raggiungere, e il suo movimento e il suo divenire sono l'espressione migliore della sua imperfezione, del suo non essere atto puro ma della sua necessaria potenzialità.

  5. #5
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    Riporto la Bolla "Dei Filius" di papa Pio IX del 24 aprile 1870, che sintetizza, in forma dogmatica, la visione cattolica di Dio.

    Pio IX
    Servo dei servi di Dio
    a perpetua memoria

    Ora poi essendo qui uniti con Noi, deliberanti, tutti i Vescovi del mondo cattolico, dalla Nostra autorità congregati nello Spirito Santo in questo Concilio Ecumenico, fondandoci sulla parola di Dio, contenuta nella Scrittura e nella Tradizione, come l'abbiamo ricevuta, santamente custodita e genuinamente interpretata dalla Chiesa cattolica, determinammo di professare e dichiarare al cospetto di tutti, da questa Cattedra di Pietro, con la potestà a Noi trasmessa da Dio, la salutare dottrina di Cristo, proscrivendo e condannando gli errori ad essa contrari.

    La Santa Chiesa Cattolica Apostolica Romana

    crede e confessa

    che uno solo è il Dio vivo e vero, Creatore e Signore del cielo e della terra, onnipotente, eterno, immenso, incomprensibile, infinito per intelletto, volontà e per ogni perfezione, il quale essendo unica singolare, assolutamente semplice ed immutabile sostanza spirituale deve essere predicato realmente e per essenza, distinto dal mondo, in sé e per sé beatissimo, ineffabilmente eccelso sopra tutte le cose che sono e che si possono concepire fuori di Lui.

    Questo solo vero Dio, per la Sua bontà e per la Sua onnipotente virtù, non già per accrescere od acquistare la Sua beatitudine, ma per manifestare la Sua perfezione attraverso i beni che dona alle Sue creature, con liberissima decisione fin dal principio del tempo produsse dal nulla l'una e l'altra creatura contemporaneamente, la spirituale e la corporale, cioè l'angelica e la terrena, e quindi l'umana, costituita in comune di spirito e di corpo [CONC. LATER. IV, c. 1, Firmiter].

    Iddio, con la Sua provvidenza, conserva e governa tutte le cose che Egli ha creato, estendendosi da un confine all'altro con forza, e disponendo soavemente ogni cosa (Sap 8,1). Infatti, tutte le cose sono nude e scoperte ai Suoi occhi (cf. Eb 4,13), anche quelle che per libera scelta delle creature saranno in avvenire.

  6. #6
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    "domando se possa essere ritenuto sensato e valga la pena porsi almeno il quesito di cosa fosse e cosa permeasse ciò che necessariamente precedette il principiare del Tutto, giacché ciò atterrebbe esclusivamente a Dio stesso?"


    Sensato?
    Bah, e' un po' come voler aver un amplesso con un muro.
    Sara' sensato? Non so....



    Se vale la pena?
    Non saprei. Si dice che solitamente questo porta ad amare delusioni o deliri di onnipotenza, seguiti ovviamente da dolori acutissimi (che magari con la sublimazione donano all'esaltato energia su energia).




    Do' il benvenuto da parte mia al neo arrivato.
    Buona permanenza a lei signor Voy-ager.

  7. #7
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    Ha un senso domandarcelo nel momento in cui possiamo arrivare a comprendere: obiettivamente per molti è impensabile già considerare il tempo cm un non assoluto ma cm un ente fisico a se stante e relativo ai + disparati sistemi di riferimento inerziali, figuriamoci se la gente riesce a concepire la possibilità di un inizio del tempo prima del quale non aveva nmmeno senso discutere di esso o addirittura di un tempo senza inizio e quindi eterno.

  8. #8
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    Io non ho capito bene la domanda.

    Posso però dirti che in una discussione di questo forum è emerso che non sappiamo molto nemmeno della storia degli ebrei.

    In ogni caso, temo che la risposta al tuo quesito possa venire solo da una congettura. Se vuoi invento pure io A mio avviso le capacità di un uomo del 2007 non hanno nulla da invidiare a quelle di un filosofo di 3000 anni fa.

    Benvenuto

  9. #9
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    Neppure io, sebbene non sia francescano, mi curo troppo dell’ostentazione vetrinistica della cultura, solitamente sterile fastigio di un ego eccessivamente compresso che esige la propria ribalta per ricavarne emolumento necessario ad alimentare e nutrire l’orgoglio dell’espositore. Non è certo questo il mio intento.
    Nondimeno, anche se ad alcuni apparirà strano, vorrei proporre un diverso modo d’approccio al tema e ritengo il quesito più che stimolante e prodromo di sviluppi che potrebbero condurci a discostarci dal solito tracciato. Amo abbandonare, anche per un solo sospiro, l’usuale alveo per perlustrare gretti ancora non solcati dalle acque, percorrere a ritroso la corrente per ritrovare la polla sorgiva non intorbidata da acque reflue. Per far ciò è necessario risalire all’origine, senza però voler suggerire un’adesione letterale al testo cui far riferimento. La Bibbia usa spesso i linguaggi simbolico e metaforico. Metafora e simbolo che dischiudono orizzonti multiformi e policromatici che vogliono comunque narrare, in forma mitica, un evento creduto – a torto o a ragione – veritiero. Sappiamo dunque che la lettura del Libro sacro non potrà e non dovrà essere letterale, ma da esso attingiamo il nucleo signficativo, spesso recondito, che vuole trasmetterci. Se si parla di Adamo ed Eva, sappiamo che il riferimento non è al singolo uomo e alla singola donna, ma alla genia umana.

    Leggo: Dio creò per amore! Per amore, mi sarà dato atto, Egli “generò” una Natura difettata, monca, intrisa e satura di dolore e sofferenza. Sulla scorta di questa semplice e apodittica constatazione, mi domando se fu veramente l’amore la spinta propulsiva, il motore e il carburante che, ab-origine mundi, mise in moto tutto ciò che c’è? Ovvio che il forse vano tentativo di fornire una risposta a questo per certi versi inquietante quesito debba far appello alla nostra congenita propensione alla “congettura”, ma d’altra parte non è forse una congettura argomentare che Dio creò per amore? Amore verso che cosa o verso chi se prima della creazione era il Nulla? L’amore non è un sentimento solipsistico che si autogeneri in assenza di elementi di relazione; l’amore è un “termine” o un trait d’union relazionale, diversamente staremmo parlando di narcisismo, quindi di una patologia. Questo e solo in questa foggia a noi mortali è dato conoscerlo; a tale conoscenza, solo ad essa, possiamo appoggiare le nostre speculazioni, diversamente saremmo costretti a formulare congetture autoreferenziali, cioè non colloquianti con l’esperienza, tantomeno con la realtà. La Creazione, in estrema sintesi, si manifesta in un progetto perfettibile; il divenire e la mutabilità cui è assoggettata suggeriscono la sua intrinseca imperfezione.
    Se Genesi, già nell’esordire della narrazione, introduce la nozione di immagine e somiglianza, noi non possiamo che rinvenire i segni e il baluginio della rifrangenza di Dio nel riflettersi in immagine e somiglianza in una Natura dilacerata, non in una artatamente presupposta armonia: come se quest’ultima fosse l’unico polo privo di opposti di una corda tesa.
    Immagine e somiglianza sono proprio la matrice, il canone di riferimento, della Creazione: l’uomo è immagine e somiglianza di Dio nel suo palesare la tragicità del suo esistere (nell’accezione classica), nel suo essere immerso in un ambiente sostanzialmente ostile, soggiacente all’imperativo di soggiogare, per governarle, forze misteriose e terrifiche che tendenzialmente non lo assecondano. L’umanità, nel suo riflettere la natura e l’essenza divina, permane in una condizione tragica e di costante disputa che si traduce in dramma e costante tensione: la Vita è tensione, ove non v’è pacificazione, così come non ve n’è nel Creatore.

    L’argomento, me ne rendo conto, è ostico, talvolta risulta urticante e capace di creare frizioni con le convinzioni radicate in ciascuno di noi, ma le argomentazioni che lo sostengono ritengo siano sufficientemente solide.

    L’intera fatica di Dio, resa concreta e manifesta da e nella Creazione, è contrappuntata dall’aggettivo <<buona>>. L’intero Creato è <<cosa buona>>. Solo in seguito, con la comparsa dell’uomo, appare l’espressione <<cosa molto buona>>. Tale differenza di linguaggio, rilevabile nel I Capitolo della Genesi, offre la misura dell’atto più eccelso dell’intera opera creatrice di Dio. Solo con la creazione dell’uomo si giunge al culmine della fatica divina. L’uomo rappresenta, infatti, il fastigio del processo creativo. Solo in tale occasione il Libro della Genesi si esprime in termini di somiglianza ed immagine del Creatore. Somiglianza non uguaglianza, dunque. L’uomo è posto all’apice del creato, e ciò per espressa volontà di Dio, poiché fu Dio stesso che adunò tutte le creature viventi, le condusse al cospetto dell’uomo affinché questi imponesse loro un nome: chiaro simbolo dell’estensione della signoria di quest’ultimo sull’intero creato – attribuire un nome a cose, persone o animali significava prenderne possesso -. I capitoli I e II del Libro Sacro narrano con sufficiente chiarezza questa determinazione originaria della volontà di Dio: un’opera definita <<buona>> sottoposta alla signoria di un’altra creatura considerata <<molto buona>>. In ciò è ravvisabile anche la scaturigine dell’ordinamento cosmologico che d’allora informa il creato. In ogni caso, entrambe le definizioni - <<buona>> e <<molto buona>> - lasciano ben intendere che non si tratta di creature perfette – somiglianza, non uguaglianza -, mancando appunto dei crismi di questa suprema qualificazione.
    Somiglianza, per quanto o per quel che non è coincidenza o uguaglianza ma eccedenza o assenza (in questo caso è evidente si tratti esclusivamente di “mancanza”), è anche dissomiglianza.
    Ritenere che nello slabbro prodotto dal “mancare” dell’una - creatura - rispetto all’altro - Creatore - s’insinuino l’angoscia, il conflitto, il male e il dolore, equivale a dire che Dio, essendo sempre uguale a se stesso, non possa essere anche Male. E’, infatti, più corretto inferire che la dissomiglianza sia la scaturigine del trabocco del Male, e, quindi, ne rappresenti l’esperienza che la coscienza ne fa, circostanza che, appunto, nell’uomo si traduce in una perdita di senso e significato, entrambi – senso e significato – invece ben presenti a Dio.
    <<La dissomiglianza invece secondo Pascal apre alla doppiezza metafisica della natura, che non conosce acquietamento possibile, ma, al contrario, comporta conflitto, disperazione, agonia fino alla fine del mondo. Doppia è la natura: originaria e corrotta, integra e decaduta. L’una e l’altra convivono nell’uomo; che perciò non è né angelo né bestia, ma non è neppure mai se stesso, essendo piuttosto un impasto di entrambi – un centauro, un mostro, anzi «le plus prodigeux objet de la nature» (Givone – Storia del Nulla)

    La Creazione è dunque un’opera completa e “molto buona” solo con l’apparire dell’uomo. Successivamente il Libro della Genesi c’informa che Dio, rivolgendosi all’uomo, l’ammonì: <ma dell'albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, quando tu ne mangiassi, certamente moriresti>. Egli impartì alla propria Creatura un ordine perentorio: “non devi mangiar(ne)”, riferendosi all’albero della conoscenza del Bene e del Male perché l’uomo, cibandosi dei suoi frutti, ne sarebbe morto. Il conoscere assume qui le fosche connotazioni di una forza disgregante, che separa. Il mondano attrae e separa dal divino. Dio in origine passeggiava nel giardino dell’Eden, il che lascia ben trasparire la prossimità e l’intelligenza fra Creatura e Creatore.
    Ad ogni buon conto, non credo possa essere confutato il fatto che tanto l’esistenza del Bene, rilevabile nel precedente emistichio, quanto quella del Male permeassero la Creazione fin dalle origini. Cibarsi dei frutti attinti dall’albero della conoscenza significa elevare la creatura al livello di Dio, cioè sostituire l’unica vera fonte di Verità con le proprie determinazioni. La disobbedienza di Adamo ed Eva si traduce così in un atto che afferma l’autonomia morale dell’uomo – creatura – rispetto al Creatore, per cui è l’uomo e non più Dio a stabilire in base alle proprie determinazioni, volta per volta, ciò che è bene e ciò che è male. Da ciò deriva che non fosse più necessario soggiacere al ‘consiglio divino’. Il peccato di superbia narrato in Genesi è la cifra della lacerazione che è venuta a prodursi fra terra cielo e uomo. Genesi narra non solo il mito della Creazione, ma anche quello della profonda frattura che da allora impregna il creato. L’atto di superbia si concreta nella presunzione di poter fare a meno di Dio ogni qualvolta si pone il dilemma di scegliere, di decidere per un verso o per un altro. Accedere alla superiore conoscenza del Bene e del Male, determinando così autonomamente il grado gerarchico da attribuire a ciascun ‘valore’ morale, significa violare il sacro (separato) ed entrare in contatto con un qualcosa che già esisteva, che già impregnava ed intrideva la Creazione, seppur forse non ancora operante. Diversamente Dio avrebbe impartito un ordine assurdo. La Creazione è opera divina, è evidente che entrambe le forze che la impregnano siano anch’esse opera divina. La Creazione, evidentemente, era “cosa molto buona” ma non certamente “perfetta”, trattenendo in sé anche “cose non buone” o “cose meno buone”.

  10. #10
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    Citazione Originariamente Scritto da Voy_ager Visualizza Messaggio
    Neppure io, sebbene non sia francescano, mi curo troppo dell’ostentazione vetrinistica della cultura, solitamente sterile fastigio di un ego eccessivamente compresso che esige la propria ribalta per ricavarne emolumento necessario ad alimentare e nutrire l’orgoglio dell’espositore. Non è certo questo il mio intento.
    ...giuro che da questo momento sarò asciutto e sintetico come il rapporto di un maresciallo dell'Arma. Giuro. Giuro.

    :- ) B

 

 
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