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Discussione: Africa

  1. #1
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    Predefinito Africa

    martedì 26 maggio 2009
    Ospedali milanesi



    Domenica a Milano faceva un caldo atroce, ero in canottiera, jeans e infradito.
    Lorenzo aveva la febbre e non mangiava, per il terzo giorno consecutivo. Sta mettendo i dentini e, come tutti i genitori sanno, inappetenza e febbre sono tipici sintomi di imminente dentizione. Alle 13.30, come ogni giorno, l’ho messo a dormire. Mezz’ora dopo l’ho sentito piangere, sono andata nella sua stanza e l’ho trovato in un lago di vomito e diarrea.
    L’ho preso in braccio e sono volata al pronto soccorso più vicino, quello della Macedonio Melloni.

    Appena arrivati, Lorenzo ha di nuovo rigettato. Un lago di vomito liquido.
    Mi si sono avvicinate due infermiere e, mentre mio figlio continuava a contorcersi e a dare di stomaco, mi hanno urlato: “Non può farlo rimettere così, dica al bambino di farlo in un catino!”. Intorno a me, neanche l’ombra di un cestino. Ho risposto, evidentemente alterata, di provar loro a suggerire ad un bambino di un anno e tre mesi dove doveva vomitare. Mi hanno portato uno scatolone di cartone: “Lo faccia vomitare qui!”. Ho risposto: “Se il vostro problema è che non avete voglia di pulire, portatemi uno straccio, non rompetemi più i coglioni e andate a vergognarvi lontano da me, ché non vi voglio più vedere”.
    Il pediatra lo visita, ordina esami del sangue, flebo di fisiologica per idratarlo (c’erano 37 gradi), ovviamente non può bere, perché rimetterebbe ancora di più. E’ disidratato, le piccole labbra sono tutte secche. Sta male.

    Mio figlio è su una barella, piange, due infermiere hanno il compito di inserirgli un catetere in vena.
    Conoscete tutti lo strumento: un lungo e sottile tubicino di plastica, con dentro un ago metallico sfilabile. Le infermiere gli mettono il laccio emostatico e bucano l’interno del suo piccolo gomito destro. Una volta bucata la pelle, iniziano a muovere avanti e indietro (alla cieca) il lungo ago rivestito di plastica, ruotando un po’ a destra un po’ a sinistra. Lorenzo grida di dolore, mi chiedono di montargli sopra per farlo star fermo, eseguo. Dopo ripetuti inutili tentativi una delle due afferma: “Ho rotto la vena, questo braccio non va più bene, chiama Tizio”. Un ematoma nero intanto si allarga nell’incavo del suo braccino. Arriva Tizio (e aggiungo per fortuna), che evidentemente è l’unico infermiere di turno in grado di eseguire la manovra, altre grida, ago in vena. Prelievo e flebo inserita. Lorenzo, che è un bimbo molto coraggioso, si calma tra le mie carezze.
    Arrivano i risultati delle analisi: gastroenterite virale acuta da Rotavirus di tipo II. Il pediatra spiega. Si tratta di un’infezione che porta infiammazione di stomaco e intestino (vomito e diarrea), non c’è cura, si può solo seguire il decorso e bisogna idratare per via endovenosa (flebo). Ricovero obbligatorio. Peccato che alla Macedonio Melloni non ci sia posto. Il pediatra di turno: “Cercherò un posto in un altro ospedale. Sono le 18.30.
    Alle 20: “Ho trovato posto alla De Marchi”. La De Marchi è una clinica pediatrica con ottima nomea. Mi sento sollevata. Sta arrivando l’ambulanza per il trasporto del mio e di un altro bimbo nelle medesime condizioni.
    I due volontari in ambulanza sono angelici (volontari, appunto).
    Arriviamo al nuovo ospedale, scendiamo dall’ambulanza con i bambini in braccio e i due volontari con la flebo in mano e il braccio alzato per far fluire il contenuto nei tubicini infilati nelle piccole braccia.
    Ci dirigiamo al pronto Soccorso, dove troviamo una decina tra infermiere e medici in tranquilla conversazione. I volontari: “Al telefono ci hanno detto di portarli qui”. Qualcuno dal gruppetto: “Non è di nostra competenza (sic!), dovete andare in reparto”. I volontari (sempre braccio alzato con flebo in mano accanto a due mamme con bambini, a questo punto piangenti, tra le braccia): “Sareste così gentili da chiamare il reparto, tanto per non farci girare ancora a vuoto…”. Telefonata e: “Andate al terzo piano”. Torniamo indietro, tutti stretti stretti tra noi, perché obbligati dai tubicini che ci collegano. Ascensore, terzo piano, porta chiusa e citofono. Citofoniamo. Niente. Citofoniamo ancora, niente. Dal vetro vediamo passare una puerpera, le facciamo segno, ci apre la porta. Dentro il deserto. Andiamo a destra, tutto il corridoio: nessuno. In fondo a sinistra, nessuno. In fondo a destra, nessuno. Torniamo indietro, i bambini sempre in braccio, sempre più disperati. A metà corridoio emergono una dottoressa e un’infermiera che ridono: “Ha ha, ci avete fatto ridere, girate alla cieca senza sapere dove andare”. Io: “ Ci fa piacere di avervi fatto ridere”. La dottoressa: “Ridere amichevolmente, s’intende”. Io, superandola: “Amichevolmente un par di palle, stronza”. Spunta un’altra infermiera: “Andate nelle due camere in fondo”. Occupiamo le stanze libere, un po’ come si fa all’università, autonomamente. Oramai anche al cinema ci sono i posti numerati e spesso qualcuno che, a luci spente, ti accompagna. Qui no.
    Poggio Lori sul letto, alzo le sbarre laterali. Sono inutili, a misura di adulto, un bimbo ci passa orizzontalmente solo girandosi nel sonno. E meno male che era la clinica pediatrica. Il materasso è composto da tre cuscini quadrati, di diverse altezze, il più erto genialmente piazzato al centro. Chiedo come mai non c’è il materasso, mi risponde che così, quando si sporca un pezzo, sostituiscono solo quello. Una cerata no? In bagno non c’è sapone, non ci sono asciugamani, mio figlio ha continue scariche diarroiche e io sono sempre in jeans, canottiera e infradito. Non lo posso neanche lavare col sapone.
    Arriva l’infermiera che attacca il turno di notte, dice che verrà per cambiare la flebo finita. Mi dice di farmi il letto (una specie di poltrona allungabile). Seee…. A Lorenzo cola il naso, le chiedo fazzoletti: “Non ne abbiamo”. Gli pulisco il nasino con le garze. Sono le 21.30.
    A Mezzanotte, Lorenzo riattacca a gridare, di nuovo vomito e scariche diarroiche.
    Si è strappato la flebo, il letto è sporco di sangue, feci liquide e vomito.
    Chiamo l’infermiera, mi dice di portarlo nella saletta infermeria, dove in due (ancora) tentano di inserire un nuovo catetere.
    Ricomincia quel bel lavoretto di ago, avanti e indietro, destra e sinistra, in ordine: nell’incavo del gomito destro, nell’incavo del gomito sinistro, polso destro, polso sinistro, caviglia destra, caviglia sinistra. Lorenzo ora urla come un matto, gli hanno fatto molto male, gli hanno frantumato tutte le vene possibili. E tappezzato di cerotti che coprono brutti ematomi neri.
    Memore di Tizio alla Melloni, mi permetto di chiedere se c’è qualcun altro che abbia più confidenza con i cateteri endovenosi. Le infermiere cominciano ad urlare, mi dicono che non riescono ad inserire l’ago perché il bambino (con me sopra di lui per tenerlo fermo) “si sarebbe agitato”. Alzo molto il tono della voce: “Mi sta dicendo che ci sono bambini di un anno che non si agitano mentre gli ravanate dentro la carne con gli aghi? Mi sta dicendo che sapete infilare i cateteri SOLO ai bambini sedati?”. Interviene la dottoressa del turno di notte: “L’unica soluzione è il sondino naso-gastrico”, quello di Eluana, per intenderci. Ma come? Non può bere perché altrimenti vomiterebbe ancor di più e questa gli vuol mandare il liquido direttamente nello stomaco col sondino che passa per il naso? Forse ha bevuto prima di attaccare il turno. Le rispondo: “Deve passare sul mio cadavere”.
    E’ l’una e mezza di notte, Lori piange, ha perso un chilo dei suoi undici totali, è sfinito. Mi si stringe il cuore come un nocciolino: il mio cucciolo sta male e tutte le persone che ho incontrato sino ad ora in ospedale hanno solo peggiorato la sua situazione.
    Mi danno un contenitore con 250 ml di un liquido “energetico” e mi ordinano: “Non più di un cucchiaino ogni 3 minuti”. Lorenzo è mortalmente assetato. Ci impiegherò delle ore…
    Rientro in camera, lo lavo con la sola acqua per tutta la notte, lo asciugo con le lenzuola. Gli somministro cucchiaini e cucchiaini di liquido zuccheroso sino alle 7 del mattino. Poi lo lascio addormentare, è sfinito, è piccolo, ha solo un anno e poco più. Ma dura poco.
    Alle 7.30 entra sbattendo la porta un’altra infermiera, Lorenzo si sveglia di soprassalto terrorizzato e ricomincia ad urlare. Lei: “Devo pulire la stanza” (ossia passare un mocho per terra). Le chiedo un asciugamani e del sapone: “Eh no! Quelli se li deve portare da casa!”, Io: “Sì, ha ragione, vado sempre al pronto soccorso con sapone e asciugamani”. Lei: “Io me li porto sempre dietro”. Non ho più la forza per dirle vaffanculo. L’aria condizionata è rotta e la notte a 35 gradi ha sfinito anche me.

    Metilparaben: Ospedali milanesi

  2. #2
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    Predefinito Riferimento: Africa

    Comunione e Liberazione

    A Firenze non sarebbe mai accaduto!
    "Quante persone ci sono in questa strada, un centinaio? Quante sono le persone intelligenti, sette, otto? Bene, io lavoro per le altre novantadue" Phineas Taylor Barnum

    UE, mondo, futuro Michio Kaku:
    https://www.youtube.com/watch?v=7NPC47qMJVg

  3. #3
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    Predefinito Riferimento: Africa

    Manco da Milano da 5 anni. Non era così.
    Deve essere passato un ciclone di merda.

  4. #4
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    Predefinito Riferimento: Africa

    il bello è che pretendono di governare l'italia intera

  5. #5
    Can che abbaia morde
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    Nessun altro commento?
    Forse è il modello del futuro.
    Oppure potrei sbagliarmi. Il modello potrebbe diventare questo: "Ospedale da
    campo n° X" -

  6. #6
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    Citazione Originariamente Scritto da assurbanipal Visualizza Messaggio
    Nessun altro commento?
    Forse è il modello del futuro.
    Oppure potrei sbagliarmi. Il modello potrebbe diventare questo: "Ospedale da
    campo n° X" -
    E' il modello di chi ci vuole tutti andare a fare una bella assicurazione
    "Quante persone ci sono in questa strada, un centinaio? Quante sono le persone intelligenti, sette, otto? Bene, io lavoro per le altre novantadue" Phineas Taylor Barnum

    UE, mondo, futuro Michio Kaku:
    https://www.youtube.com/watch?v=7NPC47qMJVg

  7. #7
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    Citazione Originariamente Scritto da Razionalista Visualizza Messaggio
    E' il modello di chi ci vuole tutti andare a fare una bella assicurazione
    Che comunque finanzierebbe un certo genere di personaggi.
    Il modello lombardo era appunto un modello. Era.

  8. #8
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    Predefinito Riferimento: Africa

    Citazione Originariamente Scritto da assurbanipal Visualizza Messaggio
    Che comunque finanzierebbe un certo genere di personaggi.
    Il modello lombardo era appunto un modello. Era.
    Magari sono i soliti in entrambi i casi...
    "Quante persone ci sono in questa strada, un centinaio? Quante sono le persone intelligenti, sette, otto? Bene, io lavoro per le altre novantadue" Phineas Taylor Barnum

    UE, mondo, futuro Michio Kaku:
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  9. #9
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    Predefinito Riferimento: Africa

    Non c'è nulla di più efficace della decostruzione rapida per restituire senso ai legami spezzati e, ove sia possibile, riannodarli.
    Nelle nostre menti è tornata la prospettiva della decostruzione.
    Del resto, ogni tanto accade.

  10. #10
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    Predefinito Riferimento: Africa

    dio, che schifo.
    -Ma dai, sarà la bora..
    -Ma non siamo a Trieste!

 

 

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