Un bambino che è stato ammazzato deve avere solo pudore e silenzio. Come poi si dovrebbe fare coi suicidi, quegli auto-ammazzamenti del sé, quei girotondi di auto-celebrazione attorno all’Ego.
Nel caso di Cogne ora serve una fredda indagine protetta da una severa autocensura. Per il rispetto dovuto alla morte e per evitare di dover sopportare il pettegolezzo delle leggende intorno all’incredibile.
E’ incredibile dover pensare che la madre sia innocente solo perché è difesa dall’avvocato Carlo Grosso che a sua volta lavora per La Repubblica. Oppure, invertendo i poli del pregiudizio, colpevole perché appunto, Grosso, è pur sempre quello che va a cena con Luciano Violante.
Ed è incredibile quanti meccanismi possano scatenarsi intorno ad una macchia di sangue se poi, inevitabilmente, sappiamo tutto senza averne letto niente di Cogne.

Cogne è peggio del “Grande Fratello”. Cogne è la vergogna del guardonismoure i turisti ci vanno adesso per mettersi addosso alla casetta, invece di voltarsi dall’altra parte. Se si chiacchiera in giro si “scopre” che forse la madre era una testimone della Uno bianca messa apposta lì, in montagna. Per tacere le storie sul padre che forse le donne della valle se le faceva tutte; che forse anche la madre era nello stesso commercio delle suddette, per far immaginare una scena truce mischiando sesso, lenzuoline lorde si sangue, l’italico infanticidio sena ragione se non la vendetta di Madama Lussuria.
Questi pensieri li ho raccolti da un articolo di P.But. sul Foglio dell’11 aprile.
E, termina l’autore, affermando che Paolo Crepet merita “senz’altro” la galera. Siamo soprattutto garantisti e lo scriviamo tra le virgolette della metafora, ma lo diciamo soprattutto perché non avendolo mai visto all’opera (né sentito) ma, peggio, abbiamo captato i nefasti effetti della sua scienza sulla moviola dei commenti di piazza, in quel coro di falsa pietà che si concentra negli orribili tinelli dell’Italia psicanalizzata.
Tutte queste “storie” piaceranno al gusto medio livellato alle regole dell’audience, ma queste catene non fanno un Blob, piuttosto una televendita: al prezzo di un bambino ci campa l’Italia intera. Iva compresa.

Qualche sera fa, ore 19, tg di Emilio Fede, intervistano questo Crepet, che, più o meno, dice: “Ho sentito il padre della signora Anna Maria Franzoni dire che tutto incominciò con una tragedia ma che ora le cose son diventate enormemente più gravi. Il tutto per criticare il nonno come se l’uccisione del nipote non fosse una cosa gravissima. Oggi ho imparato che il Crepet è uno psicoanalista.
Una cosa gravissima l’assassinio del piccolo Samuele lo è stata, ma ancor più grave, infinitamente peggiore è avere una figlia alla quale hanno ucciso il bambino ed essere poi accusata del suo omicidio.
Naturalmente io parto dal principio che la madre sia innocente, fino a prova contraria, e a prescindere dagli Emilio Fede e dai colori politici della famiglia.
saluti